Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: Frytty    13/04/2013    5 recensioni
Candice e Robert. Due vite e due sogni diversi, incompatibili con la loro voglia di amarsi. Candice parte per New York per frequentare la Julliard e coronare il suo sogno di danza; Robert rimane in Inghilterra con la speranza di riuscire a diventare un attore. E se, entrambi famosi, si incontrassero proprio a New York? E se non fosse tutto semplice? Potrebbero amarsi di nuovo?
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon sabato pomeriggio a tutti!

Eccomi con l'Epilogo di questa Ff :(

E' triste abbandonare dei personaggi, anche se non sono reali ç.ç

Ho appena pubblicato, tuttavia, il Prologo della Ff di cui vi parlavo nell'ultimo capitolo: Three Stones *.* che spero vi piaccia *.*

Che dire? GRAZIE ancora a tutti, specialmente a coloro che hanno recensito l'ultimo capitolo e che hanno letto <3

Vi lascio all'Epilogo, con la speranza di strapparvi un sorriso, perché, come si suol dire: la fine non è altro che un nuovo inizio ed io credo che questa frase calzi a pennello a Candice e Rob :)

 

Buon fine settimana a tutti e, per l'ultima volta...

 

 

 

... Buona Lettura! <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Still Into You-Paramore

 

 

 

 

 

Sei anni dopo

 

< No, Bentley! Non puoi tirare i capelli a tua sorella! > Stavo disperatamente cercando di fare almeno tre cose contemporaneamente: tentare di distogliere Bentley dai capelli di sua sorella Linda, raccogliere tutto il necessario per la lezione di danza classica, che sarebbe cominciata di lì a quaranta minuti, e controllare che la cena non si bruciasse.

Avrei dovuto esserci abituata, ma la verità era che non potevi abituarti al caos; non io, almeno, che avevo sempre cercato di vivere nella quiete e nell'ordine.

Eppure... eppure, era quello che era successo.

Sei anni e la mia vita era cambiata radicalmente.

La nostra vita era cambiata radicalmente.

Prendersi cura di Bentley, all'inizio, non fu semplice, specialmente perché dovevo conciliare le prove, i saggi, le lezioni, con il suo ritmo sonno-veglia e con gli sporadici impegni di Robert. Per non parlare delle notti insonni e dei suoi continui pianti.

Avevo pensato di arrendermi, di lasciar perdere, di non essere semplicemente portata per fare la madre, ma avevo resistito; avevo pianto tra le braccia di Robert e mi ero lamentata con i miei amici, ma avevo resistito e lottato, perché tutto funzionasse e perché Bentley, che sembrava essersi affezionato a me, non dovesse patire la mia lontananza.

Avevo rinunciato al contratto più importante della mia vita per lui, nonostante le insistenze di Robert e i suoi ti seguiremo, verremo con te. Non ne ero pentita. Lavorare in teatro a New York come prima ballerina era abbastanza e avere il continuo appoggio di tutti i miei amici, di Robert e di Bentley, che dichiarava con orgoglio ai suoi amichetti che la sua mamma danzava, non facevano altro che convincermi che avevo fatto la scelta giusta.

Durante il Saggio di sei anni prima ebbi modo di confrontarmi con due dei miei peggiori demoni: i miei genitori e quelli di Robert.

Avevo parlato con mia madre a telefono qualche giorno prima che partisse e le avevo spiegato l'intera situazione. Dire che ne rimase scioccata, sarebbe come dire che Arthur non fosse ancora, nonostante tutto, innamorato di me; inizialmente, per digerire la cosa, aveva balbettato qualche frase sconclusionata sul bambino, su me e Robert e su cosa avrei fatto con la mia carriera; poi, quando aveva compreso che era davvero quello che volevo e che non ero disposta a perdere Robert, non dopo tutto quello che avevamo passato, l'avevo sentita sorridere e affermare che sarebbe stata felicissima di conoscere il suo primo nipotino.

Clare mi aveva accolta con un sorriso e un enorme mazzo di rose rosse, subito dopo lo spettacolo, mentre Robert veniva da me per congratularsi, Bentley tra le braccia.

E poi... poi, era successa Linda.

Quando scoprii di essere incinta, tre anni più tardi, piansi come una fontana per ore.

Non riuscivo ancora a gestire Bentley, come avrei fatto con un nuovo bambino?

Quando l'avevo confessato a Robert, dopo aver rimboccato le coperte a Bentley, temevo sarebbe svenuto. Aveva assunto un colorito pallido e sembrava sul punto di vomitare. Poi, dopo qualche minuto, ripresosi dalla sorpresa, mentre io mi torturavo le mani e lo osservavo di sottecchi, spaventata, mi aveva sorriso, gli occhi luminosi e mi aveva sollevata tra le braccia, facendomi fare una giravolta.

< Non è uno scherzo, vero? > Aveva ripetuto una, due, tre, quattro volte, fin quando non avevo perso il conto dei suoi baci.

Avevo imparato a convivere con la nausea dei primi mesi e a rinunciare alle lezioni di danza, quando, all'ottavo mese, sembrava dovessi prendere il volo da un momento all'altro.

Ho continuato a sentirmi inadeguata, fin quando non ho stretto Linda tra le braccia, un mese dopo, e non ho notato tutte le piccole somiglianze con noi. Aveva i capelli del mio colore, gli occhi di Robert e un sorriso dolcissimo.

Eravamo riusciti a costruirci una famiglia, quella che avevamo tanto desiderato ed io non potevo che esserne orgogliosa.

< Mamma! Linda mi ruba i colori! > L'urlo di Bentley mi riportò alla realtà, lontano dai ricordi.

< Potete usarli insieme, senza litigare. > Ammonii entrambi, recuperando un pastello dal pavimento.

< Ma lei li ruba! > Protestò ancora.

< Bentley, non è ancora in grado di parlare, non può chiederteli in prestito, no? Li usate a turno. > Cercai di spiegargli, accarezzandogli i capelli.

Lui sbuffò, mettendo il broncio, in attesa che la sorellina terminasse il suo disegno.

Sorrisi intenerita, preoccupandomi, l'istante successivo, di ritrovare le mie scarpette da ballo.

Robert, rientrato da poco, era ancora sotto la doccia, così decisi di cambiarmi, prima di ritornare in salotto e apparecchiare per i bambini.

Avevo appena finito di sistemare i bicchieri e le posate, quando sentii qualcuno richiamare la mia attenzione, cercando di spogliarmi dei pantaloni della tuta: Linda, dai suoi cinquanta centimetri, mi sorrideva, tendendomi il foglio su cui aveva designato la sua personale interpretazione di noi quattro.

La sollevai in braccio, osservando il disegno.

< Ma che brava! Siamo noi, questi? > Indicai una serie di spalle che emergevano dal divano. Lei annuì, contenta, stampandomi un bacio sulla guancia. Ogni giorno che passava, mi ricordava sempre più me da piccola: piena di affetto per tutti, sempre disposta a donare una carezza o un bacio a tutti i componenti della famiglia.

< Bentley, la cena è pronta. > Lo chiamai, portando in tavola il suo piatto preferito di quel mese: pollo arrosto e patatine fritte.

Abbandonò i colori, fiondandosi a tavola, cominciando già a riempirsi il piatto, mentre io facevo sedere Linda accanto a lui e la servivo, dopo averle sistemato la bavetta.

< Fai l'ometto di casa e badi a lei, mentre la mamma finisce di prepararsi? > Gli domandai, baciandogli una guancia.

Lui assunse subito un'espressione seriosa, annuendo.

Volai alla ricerca di un elastico per legarmi i capelli, fermandomi davanti allo specchio nel corridoio del secondo piano.

Intravidi Robert intento a rivestirsi, così, una volta completata la mia coda, mi fermai ad osservarlo dalla soglia della porta della nostra stanza.

Com'era possibile che, più passava il tempo, e più lui diventava bello? Forse ero io che, nonostante gli anni trascorsi, non smettevo di avere i brividi quando mi guardava, né le farfalle nello stomaco quando mi sfiorava. Persino durante le nostre discussioni, non riuscivo a concentrarmi sul motivo della lite, insignificante, rispetto all'amore che sentivo e che tutte le volte mi scuoteva.

Quando si accorse di me, mi sorrise ed io ricambiai.

< Hai lezione? > Mi domandò, infilandosi la canotta.

< Già. I bambini stanno mangiando. > Risposi, osservando con attenzione i suoi movimenti.

< E...? > Continuò.

< E, cosa? > Aggrottai le sopracciglia.

< Non dimentichi niente? > Si infilò i pantaloni della tuta.

Riflettei, perplessa, convinta che fosse tutto: avevo fatto il bagnetto ad entrambi, li avevo vestiti, mi ero ricordata di somministrare l'antibiotico a Linda esattamente mezz'ora prima di cena, come da ricetta, li avevo lasciati liberi di disegnare e avevo controllato i compiti di Bentley un'ora prima. Cos'altro avevo mai potuto dimenticare?

Mi sorrise, vestendosi anche della maglia che utilizzava solitamente per dormire, avvicinandomisi.

< Non mi riferisco ai bambini, Candice. > Sorrisi anch'io, perché, come al solito, aveva indovinato i miei pensieri.

< Ho dimenticato di torturarti sul fatto che dovresti, finalmente, raderti? > Lo seguii in bagno, dove sistemò l'accappatoio e mise in ordine i flaconi di shampoo e bagnoschiuma utilizzati.

In risposta, mi fece una linguaccia, lanciando un'occhiata all'orologio: la mia lezione sarebbe cominciata entro quindici minuti ed io non ero ancora uscita di casa. Se prendevo in considerazione il fatto che, a quell'ora, il traffico doveva essere un inferno, non sarei mai arrivata in tempo.

< Dovresti andare, è tardi. > Mi lanciò un'occhiata dallo specchio.

Sospirai.

< Non mi hai ancora detto cosa mi sono dimenticata... > Borbottai come scusa per non allontanarmi.

Mi raggiunse, sistemandomi le ciocche ribelli di capelli che mi erano scivolate dinanzi agli occhi. Il mio cuore accelerò senza ritegno e le farfalle nel mio stomaco cominciarono a svolazzare, rischiando di farmi vomitare dall'emozione.

Allungò una mano verso il lavabo, recuperando qualcosa che non riuscii ad identificare, troppo concentrata sui suoi occhi, che mi osservavano attenti.

< Ho trovato questo, prima... > Cominciò, rigirandosi l'oggetto tra le mani.

Abbassai gli occhi e riconobbi il test di gravidanza che avevo fatto quella mattina e che dovevo aver dimenticato accidentalmente in bagno. Avevo cercato di dimenticarmene; non tanto perché, essendo positivo, avrei dovuto fare i conti con un altro neonato, ma perché, di lì a poco, Robert avrebbe intrapreso un nuovo progetto cinematografico ed io avrei sentito la sua mancanza più che mai.

In gravidanza tendevo ad essere un tantino troppo sensibile.

< Ah... quello... > Balbettai, in evidente difficoltà.

< Devi dirmi qualcosa? > Mi domandò ad un centimetro di distanza dalle mie labbra.

< Sonoincinta. > Dissi tutto d'un fiato, lasciandomi distrarre.

< Oh, sì, beh, sai, ci ero arrivato. > Socchiuse gli occhi ed io feci altrettanto, pregustando il sapore del suo bacio.

< Quindi? > Mormorai.

< Quindi... quando avevi intenzione di dirmelo? > Mi attirò a sé con entrambe le braccia intorno alla vita, facendomi sussultare.

< Presto. > Borbottai.

< Perché non ti credo? > Sorrise furbo ed io sbuffai come una bambina.

< Sarai più impegnato del solito in questo periodo e, lo ammetto, ho cercato di non pensarci. > Risposi rassegnata.

< Ma il film sarà girato a New York e sarò sempre presente, lo sai. > Posò la fronte contro la mia, baciandomi l'istante successivo.

< Bleah! Prendetevi una camera! > Ci separammo spaventati nell'udire la voce disgustata di Bentley, seguito da Linda, che, a quanto sembrava, doveva aver finito la cena e aveva pensato bene di venirci a cercare.

Ridemmo entrambi, spingendoli fuori dalla stanza, cominciando a rincorrerli.

In fondo, i bambini mi piacevano ed era ora di dare a Linda una sorellina, o un fratellino.


   
 
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