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Autore: Bale    14/04/2013    2 recensioni
"E’ incredibile. Sono passati talmente tanti anni che quasi avevo rimosso dalla mia mente la storia con lui. Eppure sembra non essere passato nemmeno un giorno. Ci comportiamo normalmente, come sempre. Come allora"
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Mi rigiro nel letto irrequieta. Non riesco ad addormentarmi, a rilassarmi. Non riesco a smettere di pensare a lui. Rivedo i suoi occhi verdi ogni volta che tento di chiudere i miei e non so proprio spiegarmene il motivo.

Mi è mancato tanto, non posso negarlo. Eppure è stata tutta colpa sua. Ci siamo lasciati perché lui non si fidava di me ed io, per questo, dovrei avercela a morte con lui. E invece siamo usciti a cena e ci siamo comportati come se nulla fosse successo, come se il tempo non fosse mai trascorso.

Chiudo gli occhi e lo vedo: è diventato ancora più bello.

Mi tiro le coperte fin sopra la testa e vengo sopraffatta dai ricordi.

Il nostro primo bacio. Non lo dimenticherò mai.

Quel giorno avevamo marinato la scuola e ce ne stavamo seduti su di una scalinata lontana da occhi indiscreti. Stavamo insieme da poco, eravamo piccoli e inesperti. C’era l’imbarazzo nei suoi occhi, nei miei c’era confusione.

Il bacio fu rapido, improvviso, del tutto inaspettato. Mi colse alla sprovvista ed io impiegai qualche minuto per realizzare il modo in cui avrei dovuto rispondere. Le mie labbra rimasero inermi per un po’, prima di rispondere a quel bacio, al mio primo bacio.

Ricordo i suoi occhi, identici a quelli di ora. Verdi come la speranza, carichi di aspettative e sogni. Non lo dimenticherò mai.

Riapro gli occhi e mi impongo di ritornare alla realtà. Non posso continuare a fingere che sia tutto come prima. Non sono più una ragazzina, non ho più sedici anni. Scuoto la testa con convinzione, per allontanare il più possibile Edoardo da me. Eppure i suoi occhi sono sempre stati come dei magneti per me, troppo intensi. Non riesco a smettere di pensarci. Vorrei vederli ancora e ancora, vorrei percepire il suo sguardo ogni mattina al mio risveglio.

Mi addormento con un sorriso, pensando che l’indomani ci rivedremo.

 



***

 


E’ una giornata davvero pesante. Continuo a sbuffare mentre i clienti, invece di diminuire, aumentano. Sbircio il mio orologio da polso e mi rendo conto che sono già le quattro e venti. Tra dieci minuti chiuderemo al pubblico e per le cinque sarò fuori di qui. Edoardo sarà qua fuori ad aspettarmi per portarmi sulla Torre. Non vedo l’ora.

Non ci sono mai salita, non mi ha mai attirata l’idea di farlo, ma con Edoardo è sempre stato tutto molto diverso. Ha sempre saputo rendere ogni momento speciale e, mentre accolgo il mio prossimo cliente, la mia mente sprofonda nei ricordi.





Rientro nel mio corpo adolescente e sento il cuore battere forte. Sono arrabbiata, incredibilmente arrabbiata.

-Con chi eri ieri sera?-   mi chiede lui.

-Te l’ho già detto mille volte!-   sbotto in preda al panico   -Ero con mio fratello!-

-Quello non era tuo fratello!-   mi risponde indignato incrociando le braccia sul petto.

-E che cosa ne sai tu? Mi dici chi ti ha dato queste informazioni false e tendenziose?-

Lui non risponde ed io ritorno al presente.






Il mio cliente mi sta porgendo dei documenti ed io neanche ricordo cosa devo fare.

Finalmente il vecchietto va via ed io mi accorgo che il mio orologio segna quasi le cinque. Edoardo deve essere già qui fuori. Mi sento un po’ contrariata, forse a causa dei miei ricordi. L’entusiasmo è svanito ed io comincio ad essere irrequieta. Metto a posto i documenti, le carte. Sistemo per bene la mia scrivania. Chiedo alcune cose alle mie colleghe, poi afferro la borsa ed esco.

Lui è già lì, esattamente come avevo previsto. Indossa una t-shirt color ghiaccio e un paio di pantaloni grigio scuro. È bellissimo, ma io non posso e non voglio farci caso. Sento una morsa intorno alle viscere. Credo di essere rossa in volto a causa della rabbia.

Lui non lo nota o forse fa finta di non notarlo. Forse crede che la mia rabbia sia dovuta al lavoro, forse si crede in grado di farla svanire.

Mi cinge i fianchi con un braccio e mi deposita un bacio sulla guancia destra.

-Tutto bene?-   mi chiede.

Io annuisco e mi dirigo verso Piazza del Campo. Non è molto distante, ma io mi affretto comunque.

Lui non capisce bene il mio comportamento, lo percepisco. Mi segue comunque fino all’entrata della Torre.

Tira fuori il portafogli mentre ci mettiamo in fila. Io evito accuratamente di guardarlo negli occhi. No emetto un fiato.

-Sei sicura di stare bene?-    mi chiede di nuovo.

-E’ stata una giornata pesante-   mi limito a rispondere. E non è del tutto una bugia.

-La vista ti farà stare meglio-   mi comunica soddisfatto.

Che diavolo ne sa lui? E’ sempre stato un po’ troppo sapientino per i miei gusti.

All’improvviso lo guardo e riesco a vedere solo i suoi difetti. Ha il naso troppo pronunciato, i piedi troppo lunghi. Anche lui si volta verso di me ed io incontro i suoi occhi. Non ho mai saputo dire di no a quel verde così particolare, così intenso.

Arriviamo in testa alla coda e paghiamo i nostri biglietti. E’ lui a pagare per entrambi in realtà.

Imbocchiamo l’entrata e cominciamo a salire le scale. Lui cammina dietro di me e la cosa mi rende nervosa. Sento il suo fiato sul collo e comincio ad essere irrequieta.

-Perché hai lasciato che ti lasciassi?-   sbotto indignata voltandomi di colpo. Lui quasi inciampa nei suoi stessi passi per lo spavento.

Mi guarda a bocca aperta.

-Co-cosa?-   mi chiede, convinto di aver capito male.

Io non rispondo e continuo a salire le scale. Raggiungo la cima senza nemmeno rendermene conto e senza neanche sapere se lui è ancora dietro di me.

Mi faccio spazio tra i turisti, mi affaccio e guardo in basso. Ho bisogno di respirare, ho bisogno di aria.

Che cosa diavolo gli ho detto? Perché l’ho fatto? Vorrei prendermi a pugni da sola. Mi sento un’idiota.

All’improvviso sento che mi ha raggiunta. E’ dietro di me. Sento il suo respiro, il suo fiato corto. Non riesco a girarmi, non riesco a guardarlo negli occhi. Mi sento trafitta dal suo sguardo. I suoi occhi mi pietrificano.

Inspiro ancora una volta, poi lo sento appoggiare le sue mani sui miei fianchi.

-Vieni giù-   mi sussurra ad un orecchio attraverso i miei capelli sconvolti.

Io non reagisco. Continuo a tenere la testa fuori per respirare meglio. Sono una stupida, una stupida. Una perfetta stupida. Non esiste altro termine per definirmi.

Lui mi tira giù e mi costringe a guardarlo. Ho gli occhi pieni di lacrime. Vorrei schiaffeggiare lui e poi me stessa.

-C’è una cosa che non ti ho detto-

Il suo tono è incredibilmente serio. Io strabuzzo gli occhi lasciando scivolare giù qualche lacrima. Non ho idea di cosa voglia dirmi, ma mi ritrovo lì, su quella torre, ad immaginare che lui mi dica di amarmi ancora, che ha sbagliato tutto e vuole stare con me.

-Ti ricordi quando ti ho detto che probabilmente non sarei rimasto qui a Siena?-

-Ieri sera, sì-   rispondo con la voce rotta dall’imbarazzo.

Lui china lo sguardo. Ha un’espressione che non riesco bene a decifrare.

-C’è un motivo per cui non posso rimanere-

Si blocca e china nuovamente la testa. Io lo guardo stralunata. Sono ancora pietrificata dalla sua presenza, come sempre. Come allora.

Gli poso una mano sul mento e lo costringo a guardarmi. Voglio che finisca la frase, lo voglio con tutte le mie forze anche se so che potrebbe farmi male.

-Sto per sposarmi-

Le braccia mi cadono lungo i fianchi. Mi sento improvvisamente svuotata. Sono un guscio vuoto.

Lo guardo stupefatta, poi mi volto di nuovo. Riporto il mio viso fuori e prendo qualche altra boccata d’aria.

   
 
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