11.
A
bunch of lonesome heroes
I soldati
di Thanos che avevano occupato Seattle erano più cocciuti, numerosi e coriacei
del normale: da circa due ore l’eccezionale mezza dozzina del Progetto Avengers
stava dando loro battaglia nelle vie centrali della città e i nemici sembravano
non finire mai. Attaccavano a piccoli gruppi, di continuo, e nemmeno quelli
feriti o mutilati davano l’impressione di volersi arrendere. Dall’alto del
velivolo di supporto Fury imprecava sparando sporadici colpi ben assestati con il lanciarazzi e
incitava la squadra a spingere gli invasori verso il porto, dove avrebbero
potuto crivellarli di pallottole senza temere per la vita dei civili o per
l’integrità degli edifici, cosa che risultava difficile nel ristretto
spazio disegnato dalle strade. La lotta era però troppo serrata per consentire
ai Vendicatori grande libertà di manovra, persino per Banner.
D’un tratto potenti squilli di clacson risuonarono tra i palazzi e lungo
la via principale arrivò sgommando un Duetto 1600 Alfa Romeo
dipinto di verde che travolse molti guerrieri alieni per poi fermarsi di botto
a pochi passi dai sei eroi. Tutti si bloccarono per un istante, giusto in tempo
per vedere Loki di Asgard ed Erin di Galway scendere dalla macchina con sguardo
temibile e già pronti allo scontro.
«Aspettate il vostro turno, signori.» intimò Clint Barton puntando l’arco su di
loro, convinto, come i propri colleghi, che i due fossero lì per
contrastarli.
Ma questi
neppure li considerarono e si lanciarono come furie contro gli invasori, e fu
chiaro che per qualche oscuro motivo erano lì per aiutare lo
S.H.I.E.L.D.
«Sono
dalla nostra parte! Continuate a combattere!» incitò Steve Rogers.
«Hulk,
costringi i nostri nemici a ripiegare verso l’oceano. Noi ti copriremo le
spalle!» tuonò Thor, rallegrato dalla provvidenziale comparsa di suo fratello.
Il
gigante non se lo fece ripetere e con un poderoso ruggito si scagliò sugli
avversari menando pugni a più non posso; i suoi compagni e il Duo degli Inganni
si disposero dietro di lui per impedire al resto dei soldati di Thanos di
superare la linea da loro formata: in tal modo Banner portò a compimento la
mossa suggerita dal direttore, il quale lo seguì con l’elicottero per dargli
manforte, e la battaglia si distribuì equamente su due fronti differenti.
Grazie a
questo e alla venuta dell’asgardiano e dell’irlandese lo scontro si risolse in
fretta e fu spettacolare a vedersi, per la gioia dei temerari giornalisti
rimasti per documentarlo e per la meraviglia dei cittadini di Seattle che non
erano riusciti a fuggire in tempo.
Quando
infine gli invasori accettarono la propria pesante sconfitta e batterono in
ritirata, l’attenzione dei Vendicatori si spostò puntualmente su Loki ed Erin. Tra l’esultanza generale della folla, mentre Fury e Banner facevano ritorno
dal porto, il Capitano parlò a nome della squadra e interpellò la coppia con
malcelata diffidenza:
«Siate
così cortesi da dirci la vera ragione per cui siete qui, adesso. Dubito che fosse
solo quella di offrirci supporto, per quanto esso ci sia risultato gradito.»
«Gli
uomini incaricati di seguirvi ci avevano già riferito che vi stavate dirigendo
qui. Non eravamo del tutto ignari del vostro arrivo.» interloquì Natasha
Romanoff.
La ragazza
di Galway scambiò un’occhiata divertita col dio:
«Sono
bravi nel loro lavoro. Io nemmeno mi ero accorta di averli sulle nostre tracce, finché non me lo hai detto tu.»
«Devo
riconoscere che alcuni mortali si distinguono dalla massa.» rincarò
l’asgardiano con ironia; quindi dedicò un cenno del capo a
Rogers e gli rispose direttamente:
«Ho
riflettuto, Capitano, e sono giunto alla conclusione che unire le forze in via
ufficiale sia vantaggioso per noi e per voi. In due è arduo uscire
sempre vittoriosi dalle battaglie, ma in compenso conosco particolari sul
nostro comune avversario che voi non immaginereste mai. Ci saremo utili a
vicenda e assieme solleveremo le sorti di questo vostro piccolo mondo. Le
discussioni sul suo destino possono aspettare.»
«Siamo
qui per proporvi un armistizio.» riassunse Erin.
Il Dio
del Tuono sorrise con un fremito di gioia e i Vendicatori fissarono
la coppia inarcando le sopracciglia come un sol uomo, in preda a un evidente
dilemma. Fu poi Stark a dar voce ai pensieri dei suoi colleghi:
«Perché
dovremmo fidarci di voi? Vorrei ricordare che il
nostro Camoscio d’Oro è noto ai più come Dio dell’Inganno e della Menzogna.»
«E non
avete considerato che potreste essere voialtri a fregarci, magari
rinchiudendoci in qualche stanza speciale governativa per il resto dei nostri giorni?» ribatté l’irlandese,
seria; «Noi ci stiamo fidando di voi e credo che dovreste fare lo stesso, per
una volta.»
Iron Man rise:
«Io considero che tu, essendo umana e comportandoti così, sei ancora più
inquietante del tuo psicotico sposino, mia bella flautista.»
«Nessuna
stanza speciale governativa vi aspetta, se non ci state imbrogliando.» affermò
una voce alle spalle del gruppo.
Nick Fury
era lì, in compagnia di Banner di nuovo nei panni del
dimesso Bruce e di un nutrito drappello di agenti, e senza indugio si piantò
davanti a Loki sostenendone lo sguardo fermamente: «Ci seguirete alla base, e
lì parleremo come si deve. L’armistizio è stipulato.»
«Sei
sempre il più ragionevole, direttore Fury.» commentò l’asgardiano con un
ghigno soave; Erin non aprì bocca, impegnata com’era a cancellarsi dalla testa
il termine “psicotico sposino” con relativo e imbarazzante aggettivo
possessivo. Il dio proseguì:
«Accettiamo l’offerta. E ditemi, avete ancora la lancia che mi avete sottratto?»
Il
quartier generale dello S.H.I.E.L.D. si trovava in una non ben identificata
zona centrale degli States, lontana da case e città e in mezzo a brulle colline
senza nome. Il gruppo vi si recò a bordo di due dei neri velivoli
dell’organizzazione, ed Erin si vide costretta ad affidare il prezioso Duetto
alle cure degli agenti rimasti a terra, a Seattle: non ne fu entusiasta, ma
quelli le garantirono che avrebbero riportato l’auto a Boston in tutta sicurezza.
Sulla
pista d’atterraggio Maria Hill, Selvig, Jane e Pepper Potts attendevano il
rientro della squadra, una mano sulla fronte per proteggersi gli occhi dal sole
calante, e non indifferente fu la loro perplessità quando si accorsero dei due
ospiti inattesi. La scienziata e la manager non avevano mai avuto occasione di
vedere di persona quel Dio degli Inganni fratello di Thor di cui gli altri
tanto parlavano e ne rimasero affascinate e intimorite al tempo stesso, mentre
l’aspetto grazioso e familiare della ragazza di Galway fu una sorpresa anche
per il braccio destro di Fury e per il fisico europeo. Jane le sorrise d’impulso,
avvertendo una certa affinità con l’irlandese: erano le due donne midgardiane
che avevano intrecciato il proprio cammino a quello dei due principi asgardiani,
pensò, e ciò le accomunava profondamente.
Erin
colse l’espressione della giovane dai capelli castani e non ne capì il motivo,
dato che nulla sapeva di lei e del Dio del Tuono. Tuttavia le restituì il
sorriso, e nello sfilare davanti ai quattro per raggiungere l’ingresso della
base li salutò con un divertito cenno del capo. Camminare tra
quella gente fuori dall’ordinario, tra supereroi e agenti speciali, diretta alla sede operativa di un ente governativo altamente qualificato in compagnia del dio nordico suo compagno, era epico e ridicolo assieme, e le metteva voglia di ridere dal nervoso.
Le
porte blindate si richiusero frusciando alle loro spalle, lasciando fuori il
sole e la calura, e attraverso lunghi e dritti corridoi rivestiti di metallo e
marmo grigio il direttore Fury fece loro strada fino all’ampia sala riunioni
dove i suoi sei eroi si erano riuniti subito dopo la seconda chiamata alle
armi. Le tre donne e Selvig li seguivano a pochi passi di distanza, e dietro di
loro si radunò un contenuto drappello di agenti armati col preciso ordine di intervenire
al minimo accenno di attacco da parte di Loki – ma lui appariva
perfettamente tranquillo, come Erin, e aveva dipinto sulle labbra uno dei suoi
lievi, eleganti e indecifrabili ghigni.
Quando
tutti furono nella stanza, guardie comprese, Thor si precipitò dal Dio degli
Inganni ansioso di parlargli.
«Sono
felice che tu mi abbia infine dato ascolto, fratello mio. Non avrei mai
tollerato di dover combattere di nuovo contro di te, o di perderti ancora. Ma adesso
sei qui, e insieme andremo in battaglia e insieme ne usciremo vittoriosi.»
esclamò cingendogli le spalle con un braccio, le iridi blu ardenti e lucide; «Abbiamo così tante cose di cui conversare!»
«Converserò
io per primo con lui, se non ti dispiace.» s’intromise Nick Fury perentorio,
facendo segno al biondo di farsi da parte, e Loki fu grato all’uomo per
avergli evitato la seccatura di scrollarsi di dosso il suo sciocco congiunto:
«A me non dispiace, direttore. D’altronde siamo
qui per questo.» affermò infatti.
Il Dio
del Tuono annuì, lasciando la presa, e Fury fronteggiò l’altro dio a braccia
conserte:
«Ci hai
promesso informazioni di grande importanza sul nostro nemico comune,
asgardiano, e prima ce ne metterai al corrente prima tutto questo avrà fine.»
disse.
«Inizierò dal principio, da prima che il Tesseract aprisse un varco per me
all’interno dei vostri laboratori.» esordì il Dio degli Inganni senza
scomporsi, e tutti lo guardarono e sedettero attorno al tavolo. Il riferimento ai
fatti di New York e la prospettiva di scoprire quali oscure trame si celassero
dietro alle sue passate azioni avevano catturato
l’interesse dei guerrieri midgardiani, ed era proprio ciò cui Loki puntava. Contemporaneamente rifletté in fretta su cosa e quanto rivelare ai
Vendicatori: parlare delle mire che Thanos aveva sul Cubo avrebbe messo
in luce che il reale obiettivo del titano rosso era Asgard e avrebbe
insospettito il suo rutilante fratello circa la sincerità dei suoi piani – e,
cosa di gran lunga peggiore, lo avrebbe spinto a precipitarsi a casa per
sventare la minaccia di un assedio, così che ancora una volta sarebbe stato il
figlio prediletto a prendersi glorie e onori che spettavano al figlio bandito e
dimenticato.
«Non
nego di aver avuto in animo la totale conquista e sottomissione di Midgard per
divenirne il sovrano.» prese allora a raccontare: «Tuttavia non fu mia l’idea
di assoldare un crudele esercito e di seminare morte e distruzione contro umani
inermi. La lancia e l’armata dei chitauri mi furono offerti da qualcuno che in
cambio richiese il mio appoggio per assoggettare altri mondi e che mi garantì
che l’egemonia sul vostro pianeta sarebbe stata mia soltanto. Egli si sarebbe
servito unicamente delle vostre risorse e tecnologie per proseguire nella sua
folle corsa al potere, questo mi promise. Io gli credetti e fui uno stolto. Avrei dovuto capire che si stava prendendo gioco di me e che la mia sola
utilità era quella di mandarmi in avanscoperta per mettere le mani sul
Tesseract, creare scompiglio e aprire il varco tra gli universi. Non pensò
neppure per un istante di lasciare Midgard a me, come gli accadimenti di questi
strani giorni stanno dimostrando. E se io non fui abbastanza saggio da
rendermene conto, lui seppe comprendere la mia rabbia e il mio desiderio
di rivalsa e li sfruttò a suo favore.»
Il tono
di Loki era amareggiato e infastidito, e nessuno dei presenti dubitò che stesse
dicendo la verità.
«Chi è
stato in grado di ingannare il Dio degli Inganni?» saltò su la Vedova Nera, l’espressione
impassibile e la voce fredda come di consueto. Sembrava la meno
convinta, tra i suoi colleghi, ma l’asgardiano conosceva ormai il suo gioco e
non si lasciò impressionare:
«Un
essere dalla mente geniale e terribile, padrone di così profonde e
fondamentali nozioni sul cosmo da aver trovato altre vie per far giungere qui i
suoi soldati. Egli è un Eterno del pianeta Titano, e Thanos è il suo nome.»
rispose.
«Il
figlio di Mentore!» esalò Thor facendosi pallido in viso.
Fury si
voltò verso di lui: «Pare che sia un individuo ben noto a entrambi voi.»
«Si
narra che abbia sventrato la propria madre e che sia devoto a colei che
chiamano Morte.» disse piano Loki. «I titani discendono in parte da coloro
che un tempo abitarono sulle cime del Monte Olimpo e sono belli, saggi e
forti. Ma Thanos venne alla luce brutto e deforme, più simile a un rampollo degli skrull che a un Eterno, e l’invidia per coloro che lo
circondavano corrose il suo spirito ed elevò il suo pensiero. Questo si narra.»
Nel pronunciare
quelle parole serrò le palpebre per una frazione di secondo, d’improvviso
conscio di avere fin troppi punti in comune con la propria nemesi. Altrettante
erano però le differenze, e un’empatia del genere poteva rivelarsi
vantaggiosa.
«Ti
credevo il megalomane con tendenze omicide più intrattabile del creato, ma da
come lo dipingi questo tizio ti batte senza sforzo, piccolo cervo.» se ne uscì
Stark, la fronte aggrottata a indicare che la sua non era, stranamente, una
battuta: «Perché vuole la Terra e gli altri mondi? Vuole esserne il re, come te, oppure il suo è un delirio
d’onnipotenza?»
«Thanos
farebbe qualunque cosa pur di compiacere la Morte. Immagino che
vorrà offrirle le vite dei midgardiani e il sangue di un altro
milione di galassie come pegno del proprio sconsiderato amore. Sì, il suo è un delirio d’onnipotenza.» suppose il dio annuendo in
direzione del miliardario.
L’asgardiano
dai capelli biondi si alzò e prese a camminare nervosamente intorno al
tavolo, carezzandosi sovrappensiero la corta barba, per fermarsi infine accanto
al fratello:
«Come
pensi che potremmo sconfiggerlo? Se gli attacchi dei suoi soldati seguiteranno
ad avere luogo su così vasta scala la nostra sarà una corsa impossibile. E se
Thanos non si mostrerà di persona come lo raggiungeremo, nella vastità
del cosmo?»
La
domanda era intelligente e quasi insidiosa, e fu il turno di Loki di
stupirsi:
«Non lo
so. La mia speranza è che essendoci riuniti decida finalmente di affrontarci qui, su Midgard,
magari sferrando il colpo finale dell’assedio, o non avremo modo di stabilire
una strategia di contrattacco.» ammise guardando Thor dritto negli occhi. «L’aver
unito le nostre forze potrebbe finanche rivelarsi inutile, fratello.»
L’udire
quell’appellativo dalle sue labbra provocò l’esatto effetto che il Dio degli
Inganni era andato cercando nell’utilizzarlo, e le reticenze che i Vendicatori
ancora nutrivano nei suoi confronti sbiadirono come colori al sole: non
avrebbero certo smesso di controllare che tenesse fede alla parola data, ma il
radioso sorriso che il Dio del Tuono gli dedicò fu sufficiente perché si
rilassassero e credessero a ciò che aveva loro detto.
«Un’unione simile non potrà mai essere priva di senso, fratello mio.» disse il
biondo.
«Me lo
auguro proprio.» convenne Nick Fury levandosi in piedi: «Ci daremo due giorni
di tempo per attendere una mossa risolutiva da parte del nemico, signori. Se al
terzo giorno non avremo visto niente di nuovo riprenderemo a contrastare gli
invasori di città in città, cominciando ad agire anche oltreoceano. Voglio che
il dottor Selvig e la dottoressa Foster non si allontanino dai monitor e che ci
avvertano di qualunque fenomeno anomalo, terrestre o celeste che sia. Agente
Hill, lei si occupi di chiamare a raccolta ogni uomo e corpo speciale che non
si trovi alla base in questo momento, nessuno escluso. Quanto a voi,» si rivolse
sbrigativo all’asgardiano dai capelli neri e alla ragazza di Galway, «sarete
accompagnati al vostro alloggio seduta stante. Non prendete iniziative di testa
vostra, nemmeno per arrampicarvi sul tetto a scolarvi una birra, o ve la
vedrete con me.»
«Io non
bevo birra.» fu la laconica precisazione di Loki.
«Alloggio? Uno solo?» s’informò
invece Erin con interesse.
«Sapete,
cominciamo a essere in molti qui, e le camere scarseggiano. Ma immagino che a
voi due non dispiaccia troppo, così come non dispiace a me e alla mia
incantevole signora.» rispose Stark con estrema nonchalance mentre Pepper
alzava gli occhi al cielo.
L’irlandese
scoppiò in una risata argentina: «Perspicace, mastro Iron Man!»
«La
riunione è terminata, signori.» decretò seccamente il direttore dello
S.H.I.E.L.D.
Erin sistemò
le due grosse borse che costituivano il suo bagaglio nello stretto armadio
della stanza che Nick Fury aveva loro assegnato, tirando fuori gli
indumenti di ricambio e oggetti per la toeletta, e volle sapere dall’asgardiano cosa avrebbero fatto se il titano rosso non si fosse mosso in quelle quarantotto ore di tempo che avevano.
Il Dio
degli Inganni, seduto su una delle due brande che occupavano l’alloggio, fissò
il vuoto con espressione concentrata: «Thanos dovrà mostrarsi. Stark
non ha torto nel definirlo un megalomane. Non resisterà alla tentazione di
sfidarmi e prendersi gioco di me adesso che ho accettato di collaborare con i
paladini midgardiani e con Thor. Ci ha entrambi qui, ai suoi occhi deboli e
sciocchi e lontani da Asgard, e vorrà ostentare tutta la sua potenza
prima di attuare il suo piano conclusivo. Io così farei, almeno.»
E il
figlio di Mentore non era troppo dissimile da lui, si ripeté mentalmente.
«Ne sei
talmente sicuro che mi fiderò di te.» sorrise l’irlandese.
Loki la
guardò e per un attimo sul suo volto si dipinse qualcosa di innocente e
genuino che mai aveva lasciato trapelare, qualcosa che stava a metà tra
l’incredulità e la commozione e per cui Erin fu attraversata da un sussulto che
le mandò il cuore dritto in gola.
«Dunque
ti fidi di me, donna d’Irlanda?» egli chiese con voce roca e calda.
«Certo
che mi fido. Lo capisci solo ora?» mormorò la musicista in risposta.
L’asgardiano
la prese per un polso e la tirò a sé per baciarla, e fu un bacio diverso dai
precedenti, quasi dolce e grato e tuttavia non meno intenso. L’ombra
dell’imminente separazione tornò a gravare su di loro, ma vi fu anche una
scintilla completamente nuova, una luce che andava prendendo forma già da
qualche tempo e che avvertivano entrambi.
Poi il
dio si alzò e annunciò che sarebbe andato a cercare Fury per convincerlo a
rendergli l’arma che aveva utilizzato per conto di Thanos, facendogli presente
che essendo stata creata da quest’ultimo potevano sfruttarne il potere contro
di lui.
«Allora
avverti il signor direttore che io me ne vado sul tetto a scolarmi una birra.
Naturalmente con qualcuno alle calcagna.» sogghignò la ragazza di Galway, e
nell’uscire dalla camera Loki annuì. Erin indossò un paio di
corti calzoni di jeans, sostituì gli stivali impolverati con scarpe sportive di
tela e infilò iPod e cuffie in una tasca, uscendo a sua volta; si diresse dagli
uomini che stavano di guardia nel corridoio e li pregò di procurarle una buona
birra fredda e di accompagnarla sul tetto della base, poiché desiderava
respirare aria fresca e godersi la sera che avanzava. Gli agenti considerarono
che potevano permetterglielo e la accontentarono, e l’irlandese si premurò di
invitarli a farle compagnia, se lo ritenevano un buon modo per tenerla
d’occhio. Quelli però sorrisero e le dissero che aspettarla nei pressi della
botola che conduceva al tetto sarebbe stato sufficiente.
Erin ne
fu soddisfatta e si accomodò sulla superficie liscia e piatta che ricopriva il
quartier generale dello S.H.I.E.L.D., una bottiglia di Red Stripe ghiacciata
tra le dita e gli occhi puntati sulla vastità di alture e terra brunita che si
stendeva sotto di lei. Il sole era da poco scomparso a occidente, lasciando nel
cielo un nitido alone d’oro rosato, e il vento leggero del crepuscolo aveva
spazzato via la calura diurna; dalla pista d’atterraggio giungevano fiochi
rumori e sommesse erano le voci degli uomini di Fury che chiacchieravano alle
sue spalle.
La
ragazza di Galway incrociò le gambe e accese l’iPod, gli auricolari ben calcati
nelle orecchie, scegliendo di ascoltare della buona musica classica: le
mancavano le prove e i concerti con l’orchestra, si disse nel mirare le prime
stelle che si accendevano sopra la sua testa.
Poi dalle
cuffie fluirono le note d’inizio della Sicilienne
di Fauré, la stessa che avevano proposto alla Symphony Hall, e subito i ricordi
di quella serata la travolsero – dapprima complici e splendidi, quindi
colmandosi rapidamente d’un significato ben più profondo, di quella luce che
Erin tentava invano di afferrare tra le malinconiche prospettive che da troppi
giorni la attanagliavano. E quando la Sicilienne cedette il passo all’Intermezzo di Mascagni, l’irlandese
seppe con certezza di non aver mai provato niente del genere in vita sua e di
provarlo adesso e paradossalmente per una creatura straordinaria, insidiosa, antica
e lontana che mai avrebbe potuto avere davvero, per un folle sogno: e per
quanto non riuscisse a dargli un nome, o per quanto non volesse farlo, quel
sentimento era tanto forte da pungerle gli occhi con lacrime non richieste.
Erin
strizzò le palpebre per scacciarle e scrollò il capo con violenza,
interrompendo la musica, e in quella udì un discreto colpetto di tosse a pochi
passi da lei. Si guardò intorno e scoprì che gli agenti non erano più gli unici
suoi compagni di tetto: la giovane donna dai capelli castani che aveva notato
scendendo dall’elicottero e che Nick Fury aveva chiamato “dottoressa Foster”
era lì e le stava di nuovo sorridendo, osservandola con aperta simpatia.
> Note a piè di
pagina
Ecco i Magnifici Sei tornare in scena in grande spolvero, mentre Loki
affina il proprio piano ed Erin si lascia distrarre, suo malgrado, da
sentimenti non richiesti. Ancora un capitolo di pensieri e parole e poi avranno inizio
almeno un paio di grandiose battaglie definitive: perché i capitoli sono 17 in
tutto, lo rammento, e non manca molto alla fine.
La base “a terra” dello S.H.I.E.L.D. me la sono immaginata in una zona che
potrebbe essere il deserto dello Utah – quello che fa da sfondo alle prime due
puntate della sesta stagione di Doctor
Who; e sempre parlando di DW, ho inserito una piccola citazione dalla
quinta stagione nel discorso che Loki fa su Thanos. Non è niente di che, ma se
la riconoscete ditemelo :)
La Red Stripe è una buonissima birra prodotta in Jamaica. Se vi capita
assaggiatela, merita!
Il titolo del capitolo è quello dell’omonima canzone di Leonard Cohen (a bunch of lonesome and very quarrelsome
heroes / were smoking out along the open road / the night was very dark and
thick between them / each man beneath his ordinary load).
Cominciano a sentirsi in sottofondo le note di Burn it to the ground dei Nickelback e di Everybody is on the run di Noel Gallagher e i suoi High Flying
Birds, pezzi che la faranno da padrone tra un paio di capitoli; qui il brano
portante è Mad about you degli
Hooverphonic, perché è perfetta, veramente, per descrivere ciò che esiste tra
Erin e Loki.
O, dovrei forse dire, per descrivere ciò che Erin prova per lui…
Ossequi asgardiani primaverili e alla prossima!