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Autore: Blackmoody    16/04/2013    3 recensioni
Nel frattempo l’agente Hill si era spostata in un angolo, la fronte corrugata e due dita premute sul proprio auricolare come se stesse ascoltando qualcosa con estrema attenzione:
«Signori, devo interrompervi. Ho appena appreso novità importanti da Boston.» annunciò infatti, e i suoi occhi grigi saettarono nervosamente da Fury a Thor.
[...] «Diversi invasori sono stati uccisi prima che la nostra squadra di ricognizione giungesse in città, e non a opera dell’esercito o dei civili. Molti testimoni hanno confermato di aver visto un’auto decappottabile di marca italiana color verde oliva sfrecciare per le strade con a bordo due persone armate che hanno attaccato i nemici in almeno due differenti occasioni per poi scomparire verso le campagne. Una di esse portava in testa un elmo cornuto.»

Erin Anwar è una midgardiana giovane, brillante e arrogante. Non ha poteri o strani segreti, solo una mente particolare – e non brama l'asservimento. Non per se stessa, sicuramente. Il giorno in cui la sua strada incrocia quella di un certo dio asgardiano sarà un giorno che almeno due mondi ricorderanno a lungo.
Post-Avengers, diciassette capitoli, EPIC BADASSERY.
microcorrezioni 2O14
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Majestic Tale of the Mischief Maker and the Flute Maiden'
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A bunch of lonesome heroes

 

 

 

 

 

 

I soldati di Thanos che avevano occupato Seattle erano più cocciuti, numerosi e coriacei del normale: da circa due ore l’eccezionale mezza dozzina del Progetto Avengers stava dando loro battaglia nelle vie centrali della città e i nemici sembravano non finire mai. Attaccavano a piccoli gruppi, di continuo, e nemmeno quelli feriti o mutilati davano l’impressione di volersi arrendere. Dall’alto del velivolo di supporto Fury imprecava sparando sporadici colpi ben assestati con il lanciarazzi e incitava la squadra a spingere gli invasori verso il porto, dove avrebbero potuto crivellarli di pallottole senza temere per la vita dei civili o per l’integrità degli edifici, cosa che risultava difficile nel ristretto spazio disegnato dalle strade. La lotta era però troppo serrata per consentire ai Vendicatori grande libertà di manovra, persino per Banner.

D’un tratto potenti squilli di clacson risuonarono tra i palazzi e lungo la via principale arrivò sgommando un Duetto 1600 Alfa Romeo dipinto di verde che travolse molti guerrieri alieni per poi fermarsi di botto a pochi passi dai sei eroi. Tutti si bloccarono per un istante, giusto in tempo per vedere Loki di Asgard ed Erin di Galway scendere dalla macchina con sguardo temibile e già pronti allo scontro.

«Aspettate il vostro turno, signori.» intimò Clint Barton puntando l’arco su di loro, convinto, come i propri colleghi, che i due fossero lì per contrastarli.

Ma questi neppure li considerarono e si lanciarono come furie contro gli invasori, e fu chiaro che per qualche oscuro motivo erano lì per aiutare lo S.H.I.E.L.D.

«Sono dalla nostra parte! Continuate a combattere!» incitò Steve Rogers.

«Hulk, costringi i nostri nemici a ripiegare verso l’oceano. Noi ti copriremo le spalle!» tuonò Thor, rallegrato dalla provvidenziale comparsa di suo fratello.

Il gigante non se lo fece ripetere e con un poderoso ruggito si scagliò sugli avversari menando pugni a più non posso; i suoi compagni e il Duo degli Inganni si disposero dietro di lui per impedire al resto dei soldati di Thanos di superare la linea da loro formata: in tal modo Banner portò a compimento la mossa suggerita dal direttore, il quale lo seguì con l’elicottero per dargli manforte, e la battaglia si distribuì equamente su due fronti differenti.

Grazie a questo e alla venuta dell’asgardiano e dell’irlandese lo scontro si risolse in fretta e fu spettacolare a vedersi, per la gioia dei temerari giornalisti rimasti per documentarlo e per la meraviglia dei cittadini di Seattle che non erano riusciti a fuggire in tempo.

Quando infine gli invasori accettarono la propria pesante sconfitta e batterono in ritirata, l’attenzione dei Vendicatori si spostò puntualmente su Loki ed Erin. Tra l’esultanza generale della folla, mentre Fury e Banner facevano ritorno dal porto, il Capitano parlò a nome della squadra e interpellò la coppia con malcelata diffidenza:

«Siate così cortesi da dirci la vera ragione per cui siete qui, adesso. Dubito che fosse solo quella di offrirci supporto, per quanto esso ci sia risultato gradito.»

«Gli uomini incaricati di seguirvi ci avevano già riferito che vi stavate dirigendo qui. Non eravamo del tutto ignari del vostro arrivo.» interloquì Natasha Romanoff.

La ragazza di Galway scambiò un’occhiata divertita col dio:

«Sono bravi nel loro lavoro. Io nemmeno mi ero accorta di averli sulle nostre tracce, finché non me lo hai detto tu.»

«Devo riconoscere che alcuni mortali si distinguono dalla massa.» rincarò l’asgardiano con ironia; quindi dedicò un cenno del capo a Rogers e gli rispose direttamente:

«Ho riflettuto, Capitano, e sono giunto alla conclusione che unire le forze in via ufficiale sia vantaggioso per noi e per voi. In due è arduo uscire sempre vittoriosi dalle battaglie, ma in compenso conosco particolari sul nostro comune avversario che voi non immaginereste mai. Ci saremo utili a vicenda e assieme solleveremo le sorti di questo vostro piccolo mondo. Le discussioni sul suo destino possono aspettare.»

«Siamo qui per proporvi un armistizio.» riassunse Erin.

Il Dio del Tuono sorrise con un fremito di gioia e i Vendicatori fissarono la coppia inarcando le sopracciglia come un sol uomo, in preda a un evidente dilemma. Fu poi Stark a dar voce ai pensieri dei suoi colleghi:

«Perché dovremmo fidarci di voi? Vorrei ricordare che il nostro Camoscio d’Oro è noto ai più come Dio dell’Inganno e della Menzogna.»

«E non avete considerato che potreste essere voialtri a fregarci, magari rinchiudendoci in qualche stanza speciale governativa per il resto dei nostri giorni?» ribatté l’irlandese, seria; «Noi ci stiamo fidando di voi e credo che dovreste fare lo stesso, per una volta.»

Iron Man rise: «Io considero che tu, essendo umana e comportandoti così, sei ancora più inquietante del tuo psicotico sposino, mia bella flautista.»

«Nessuna stanza speciale governativa vi aspetta, se non ci state imbrogliando.» affermò una voce alle spalle del gruppo.

Nick Fury era lì, in compagnia di Banner di nuovo nei panni del dimesso Bruce e di un nutrito drappello di agenti, e senza indugio si piantò davanti a Loki sostenendone lo sguardo fermamente: «Ci seguirete alla base, e lì parleremo come si deve. L’armistizio è stipulato.»

«Sei sempre il più ragionevole, direttore Fury.» commentò l’asgardiano con un ghigno soave; Erin non aprì bocca, impegnata com’era a cancellarsi dalla testa il termine “psicotico sposino” con relativo e imbarazzante aggettivo possessivo. Il dio proseguì:

«Accettiamo l’offerta. E ditemi, avete ancora la lancia che mi avete sottratto?»

 

 

Il quartier generale dello S.H.I.E.L.D. si trovava in una non ben identificata zona centrale degli States, lontana da case e città e in mezzo a brulle colline senza nome. Il gruppo vi si recò a bordo di due dei neri velivoli dell’organizzazione, ed Erin si vide costretta ad affidare il prezioso Duetto alle cure degli agenti rimasti a terra, a Seattle: non ne fu entusiasta, ma quelli le garantirono che avrebbero riportato l’auto a Boston in tutta sicurezza.

Sulla pista d’atterraggio Maria Hill, Selvig, Jane e Pepper Potts attendevano il rientro della squadra, una mano sulla fronte per proteggersi gli occhi dal sole calante, e non indifferente fu la loro perplessità quando si accorsero dei due ospiti inattesi. La scienziata e la manager non avevano mai avuto occasione di vedere di persona quel Dio degli Inganni fratello di Thor di cui gli altri tanto parlavano e ne rimasero affascinate e intimorite al tempo stesso, mentre l’aspetto grazioso e familiare della ragazza di Galway fu una sorpresa anche per il braccio destro di Fury e per il fisico europeo. Jane le sorrise d’impulso, avvertendo una certa affinità con l’irlandese: erano le due donne midgardiane che avevano intrecciato il proprio cammino a quello dei due principi asgardiani, pensò, e ciò le accomunava profondamente.

Erin colse l’espressione della giovane dai capelli castani e non ne capì il motivo, dato che nulla sapeva di lei e del Dio del Tuono. Tuttavia le restituì il sorriso, e nello sfilare davanti ai quattro per raggiungere l’ingresso della base li salutò con un divertito cenno del capo. Camminare tra quella gente fuori dall’ordinario, tra supereroi e agenti speciali, diretta alla sede operativa di un ente governativo altamente qualificato in compagnia del dio nordico suo compagno, era epico e ridicolo assieme, e le metteva voglia di ridere dal nervoso.

Le porte blindate si richiusero frusciando alle loro spalle, lasciando fuori il sole e la calura, e attraverso lunghi e dritti corridoi rivestiti di metallo e marmo grigio il direttore Fury fece loro strada fino all’ampia sala riunioni dove i suoi sei eroi si erano riuniti subito dopo la seconda chiamata alle armi. Le tre donne e Selvig li seguivano a pochi passi di distanza, e dietro di loro si radunò un contenuto drappello di agenti armati col preciso ordine di intervenire al minimo accenno di attacco da parte di Loki – ma lui appariva perfettamente tranquillo, come Erin, e aveva dipinto sulle labbra uno dei suoi lievi, eleganti e indecifrabili ghigni.

Quando tutti furono nella stanza, guardie comprese, Thor si precipitò dal Dio degli Inganni ansioso di parlargli.

«Sono felice che tu mi abbia infine dato ascolto, fratello mio. Non avrei mai tollerato di dover combattere di nuovo contro di te, o di perderti ancora. Ma adesso sei qui, e insieme andremo in battaglia e insieme ne usciremo vittoriosi.» esclamò cingendogli le spalle con un braccio, le iridi blu ardenti e lucide; «Abbiamo così tante cose di cui conversare!»

«Converserò io per primo con lui, se non ti dispiace.» s’intromise Nick Fury perentorio, facendo segno al biondo di farsi da parte, e Loki fu grato all’uomo per avergli evitato la seccatura di scrollarsi di dosso il suo sciocco congiunto:

«A me non dispiace, direttore. D’altronde siamo qui per questo.» affermò infatti.

Il Dio del Tuono annuì, lasciando la presa, e Fury fronteggiò l’altro dio a braccia conserte:

«Ci hai promesso informazioni di grande importanza sul nostro nemico comune, asgardiano, e prima ce ne metterai al corrente prima tutto questo avrà fine.» disse.

«Inizierò dal principio, da prima che il Tesseract aprisse un varco per me all’interno dei vostri laboratori.» esordì il Dio degli Inganni senza scomporsi, e tutti lo guardarono e sedettero attorno al tavolo. Il riferimento ai fatti di New York e la prospettiva di scoprire quali oscure trame si celassero dietro alle sue passate azioni avevano catturato l’interesse dei guerrieri midgardiani, ed era proprio ciò cui Loki puntava. Contemporaneamente rifletté in fretta su cosa e quanto rivelare ai Vendicatori: parlare delle mire che Thanos aveva sul Cubo avrebbe messo in luce che il reale obiettivo del titano rosso era Asgard e avrebbe insospettito il suo rutilante fratello circa la sincerità dei suoi piani – e, cosa di gran lunga peggiore, lo avrebbe spinto a precipitarsi a casa per sventare la minaccia di un assedio, così che ancora una volta sarebbe stato il figlio prediletto a prendersi glorie e onori che spettavano al figlio bandito e dimenticato.

«Non nego di aver avuto in animo la totale conquista e sottomissione di Midgard per divenirne il sovrano.» prese allora a raccontare: «Tuttavia non fu mia l’idea di assoldare un crudele esercito e di seminare morte e distruzione contro umani inermi. La lancia e l’armata dei chitauri mi furono offerti da qualcuno che in cambio richiese il mio appoggio per assoggettare altri mondi e che mi garantì che l’egemonia sul vostro pianeta sarebbe stata mia soltanto. Egli si sarebbe servito unicamente delle vostre risorse e tecnologie per proseguire nella sua folle corsa al potere, questo mi promise. Io gli credetti e fui uno stolto. Avrei dovuto capire che si stava prendendo gioco di me e che la mia sola utilità era quella di mandarmi in avanscoperta per mettere le mani sul Tesseract, creare scompiglio e aprire il varco tra gli universi. Non pensò neppure per un istante di lasciare Midgard a me, come gli accadimenti di questi strani giorni stanno dimostrando. E se io non fui abbastanza saggio da rendermene conto, lui seppe comprendere la mia rabbia e il mio desiderio di rivalsa e li sfruttò a suo favore.»

Il tono di Loki era amareggiato e infastidito, e nessuno dei presenti dubitò che stesse dicendo la verità.

«Chi è stato in grado di ingannare il Dio degli Inganni?» saltò su la Vedova Nera, l’espressione impassibile e la voce fredda come di consueto. Sembrava la meno convinta, tra i suoi colleghi, ma l’asgardiano conosceva ormai il suo gioco e non si lasciò impressionare:

«Un essere dalla mente geniale e terribile, padrone di così profonde e fondamentali nozioni sul cosmo da aver trovato altre vie per far giungere qui i suoi soldati. Egli è un Eterno del pianeta Titano, e Thanos è il suo nome.» rispose.

«Il figlio di Mentore!» esalò Thor facendosi pallido in viso.

Fury si voltò verso di lui: «Pare che sia un individuo ben noto a entrambi voi.»

«Si narra che abbia sventrato la propria madre e che sia devoto a colei che chiamano Morte.» disse piano Loki. «I titani discendono in parte da coloro che un tempo abitarono sulle cime del Monte Olimpo e sono belli, saggi e forti. Ma Thanos venne alla luce brutto e deforme, più simile a un rampollo degli skrull che a un Eterno, e l’invidia per coloro che lo circondavano corrose il suo spirito ed elevò il suo pensiero. Questo si narra.»

Nel pronunciare quelle parole serrò le palpebre per una frazione di secondo, d’improvviso conscio di avere fin troppi punti in comune con la propria nemesi. Altrettante erano però le differenze, e un’empatia del genere poteva rivelarsi vantaggiosa.

«Ti credevo il megalomane con tendenze omicide più intrattabile del creato, ma da come lo dipingi questo tizio ti batte senza sforzo, piccolo cervo.» se ne uscì Stark, la fronte aggrottata a indicare che la sua non era, stranamente, una battuta: «Perché vuole la Terra e gli altri mondi? Vuole esserne il re, come te, oppure il suo è un delirio d’onnipotenza?»

«Thanos farebbe qualunque cosa pur di compiacere la Morte. Immagino che vorrà offrirle le vite dei midgardiani e il sangue di un altro milione di galassie come pegno del proprio sconsiderato amore. Sì, il suo è un delirio d’onnipotenza.» suppose il dio annuendo in direzione del miliardario.

L’asgardiano dai capelli biondi si alzò e prese a camminare nervosamente intorno al tavolo, carezzandosi sovrappensiero la corta barba, per fermarsi infine accanto al fratello:

«Come pensi che potremmo sconfiggerlo? Se gli attacchi dei suoi soldati seguiteranno ad avere luogo su così vasta scala la nostra sarà una corsa impossibile. E se Thanos non si mostrerà di persona come lo raggiungeremo, nella vastità del cosmo?»

La domanda era intelligente e quasi insidiosa, e fu il turno di Loki di stupirsi:

«Non lo so. La mia speranza è che essendoci riuniti decida finalmente di affrontarci qui, su Midgard, magari sferrando il colpo finale dell’assedio, o non avremo modo di stabilire una strategia di contrattacco.» ammise guardando Thor dritto negli occhi. «L’aver unito le nostre forze potrebbe finanche rivelarsi inutile, fratello.»

L’udire quell’appellativo dalle sue labbra provocò l’esatto effetto che il Dio degli Inganni era andato cercando nell’utilizzarlo, e le reticenze che i Vendicatori ancora nutrivano nei suoi confronti sbiadirono come colori al sole: non avrebbero certo smesso di controllare che tenesse fede alla parola data, ma il radioso sorriso che il Dio del Tuono gli dedicò fu sufficiente perché si rilassassero e credessero a ciò che aveva loro detto.

«Un’unione simile non potrà mai essere priva di senso, fratello mio.» disse il biondo.

«Me lo auguro proprio.» convenne Nick Fury levandosi in piedi: «Ci daremo due giorni di tempo per attendere una mossa risolutiva da parte del nemico, signori. Se al terzo giorno non avremo visto niente di nuovo riprenderemo a contrastare gli invasori di città in città, cominciando ad agire anche oltreoceano. Voglio che il dottor Selvig e la dottoressa Foster non si allontanino dai monitor e che ci avvertano di qualunque fenomeno anomalo, terrestre o celeste che sia. Agente Hill, lei si occupi di chiamare a raccolta ogni uomo e corpo speciale che non si trovi alla base in questo momento, nessuno escluso. Quanto a voi,» si rivolse sbrigativo all’asgardiano dai capelli neri e alla ragazza di Galway, «sarete accompagnati al vostro alloggio seduta stante. Non prendete iniziative di testa vostra, nemmeno per arrampicarvi sul tetto a scolarvi una birra, o ve la vedrete con me.»

«Io non bevo birra.» fu la laconica precisazione di Loki.

«Alloggio? Uno solo?» s’informò invece Erin con interesse.

«Sapete, cominciamo a essere in molti qui, e le camere scarseggiano. Ma immagino che a voi due non dispiaccia troppo, così come non dispiace a me e alla mia incantevole signora.» rispose Stark con estrema nonchalance mentre Pepper alzava gli occhi al cielo.

L’irlandese scoppiò in una risata argentina: «Perspicace, mastro Iron Man!»

«La riunione è terminata, signori.» decretò seccamente il direttore dello S.H.I.E.L.D.

 

 

Erin sistemò le due grosse borse che costituivano il suo bagaglio nello stretto armadio della stanza che Nick Fury aveva loro assegnato, tirando fuori gli indumenti di ricambio e oggetti per la toeletta, e volle sapere dall’asgardiano cosa avrebbero fatto se il titano rosso non si fosse mosso in quelle quarantotto ore di tempo che avevano.

Il Dio degli Inganni, seduto su una delle due brande che occupavano l’alloggio, fissò il vuoto con espressione concentrata: «Thanos dovrà mostrarsi. Stark non ha torto nel definirlo un megalomane. Non resisterà alla tentazione di sfidarmi e prendersi gioco di me adesso che ho accettato di collaborare con i paladini midgardiani e con Thor. Ci ha entrambi qui, ai suoi occhi deboli e sciocchi e lontani da Asgard, e vorrà ostentare tutta la sua potenza prima di attuare il suo piano conclusivo. Io così farei, almeno.»

E il figlio di Mentore non era troppo dissimile da lui, si ripeté mentalmente.

«Ne sei talmente sicuro che mi fiderò di te.» sorrise l’irlandese.

Loki la guardò e per un attimo sul suo volto si dipinse qualcosa di innocente e genuino che mai aveva lasciato trapelare, qualcosa che stava a metà tra l’incredulità e la commozione e per cui Erin fu attraversata da un sussulto che le mandò il cuore dritto in gola.

«Dunque ti fidi di me, donna d’Irlanda?» egli chiese con voce roca e calda.

«Certo che mi fido. Lo capisci solo ora?» mormorò la musicista in risposta.

L’asgardiano la prese per un polso e la tirò a sé per baciarla, e fu un bacio diverso dai precedenti, quasi dolce e grato e tuttavia non meno intenso. L’ombra dell’imminente separazione tornò a gravare su di loro, ma vi fu anche una scintilla completamente nuova, una luce che andava prendendo forma già da qualche tempo e che avvertivano entrambi.

Poi il dio si alzò e annunciò che sarebbe andato a cercare Fury per convincerlo a rendergli l’arma che aveva utilizzato per conto di Thanos, facendogli presente che essendo stata creata da quest’ultimo potevano sfruttarne il potere contro di lui.

«Allora avverti il signor direttore che io me ne vado sul tetto a scolarmi una birra. Naturalmente con qualcuno alle calcagna.» sogghignò la ragazza di Galway, e nell’uscire dalla camera Loki annuì. Erin indossò un paio di corti calzoni di jeans, sostituì gli stivali impolverati con scarpe sportive di tela e infilò iPod e cuffie in una tasca, uscendo a sua volta; si diresse dagli uomini che stavano di guardia nel corridoio e li pregò di procurarle una buona birra fredda e di accompagnarla sul tetto della base, poiché desiderava respirare aria fresca e godersi la sera che avanzava. Gli agenti considerarono che potevano permetterglielo e la accontentarono, e l’irlandese si premurò di invitarli a farle compagnia, se lo ritenevano un buon modo per tenerla d’occhio. Quelli però sorrisero e le dissero che aspettarla nei pressi della botola che conduceva al tetto sarebbe stato sufficiente.

Erin ne fu soddisfatta e si accomodò sulla superficie liscia e piatta che ricopriva il quartier generale dello S.H.I.E.L.D., una bottiglia di Red Stripe ghiacciata tra le dita e gli occhi puntati sulla vastità di alture e terra brunita che si stendeva sotto di lei. Il sole era da poco scomparso a occidente, lasciando nel cielo un nitido alone d’oro rosato, e il vento leggero del crepuscolo aveva spazzato via la calura diurna; dalla pista d’atterraggio giungevano fiochi rumori e sommesse erano le voci degli uomini di Fury che chiacchieravano alle sue spalle.

La ragazza di Galway incrociò le gambe e accese l’iPod, gli auricolari ben calcati nelle orecchie, scegliendo di ascoltare della buona musica classica: le mancavano le prove e i concerti con l’orchestra, si disse nel mirare le prime stelle che si accendevano sopra la sua testa.

Poi dalle cuffie fluirono le note d’inizio della Sicilienne di Fauré, la stessa che avevano proposto alla Symphony Hall, e subito i ricordi di quella serata la travolsero – dapprima complici e splendidi, quindi colmandosi rapidamente d’un significato ben più profondo, di quella luce che Erin tentava invano di afferrare tra le malinconiche prospettive che da troppi giorni la attanagliavano. E quando la Sicilienne cedette il passo all’Intermezzo di Mascagni, l’irlandese seppe con certezza di non aver mai provato niente del genere in vita sua e di provarlo adesso e paradossalmente per una creatura straordinaria, insidiosa, antica e lontana che mai avrebbe potuto avere davvero, per un folle sogno: e per quanto non riuscisse a dargli un nome, o per quanto non volesse farlo, quel sentimento era tanto forte da pungerle gli occhi con lacrime non richieste.

Erin strizzò le palpebre per scacciarle e scrollò il capo con violenza, interrompendo la musica, e in quella udì un discreto colpetto di tosse a pochi passi da lei. Si guardò intorno e scoprì che gli agenti non erano più gli unici suoi compagni di tetto: la giovane donna dai capelli castani che aveva notato scendendo dall’elicottero e che Nick Fury aveva chiamato “dottoressa Foster” era lì e le stava di nuovo sorridendo, osservandola con aperta simpatia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

> Note a piè di pagina

Ecco i Magnifici Sei tornare in scena in grande spolvero, mentre Loki affina il proprio piano ed Erin si lascia distrarre, suo malgrado, da sentimenti non richiesti. Ancora un capitolo di pensieri e parole e poi avranno inizio almeno un paio di grandiose battaglie definitive: perché i capitoli sono 17 in tutto, lo rammento, e non manca molto alla fine.

La base “a terra” dello S.H.I.E.L.D. me la sono immaginata in una zona che potrebbe essere il deserto dello Utah – quello che fa da sfondo alle prime due puntate della sesta stagione di Doctor Who; e sempre parlando di DW, ho inserito una piccola citazione dalla quinta stagione nel discorso che Loki fa su Thanos. Non è niente di che, ma se la riconoscete ditemelo :)

La Red Stripe è una buonissima birra prodotta in Jamaica. Se vi capita assaggiatela, merita!

Il titolo del capitolo è quello dell’omonima canzone di Leonard Cohen (a bunch of lonesome and very quarrelsome heroes / were smoking out along the open road / the night was very dark and thick between them / each man beneath his ordinary load).

Cominciano a sentirsi in sottofondo le note di Burn it to the ground dei Nickelback e di Everybody is on the run di Noel Gallagher e i suoi High Flying Birds, pezzi che la faranno da padrone tra un paio di capitoli; qui il brano portante è Mad about you degli Hooverphonic, perché è perfetta, veramente, per descrivere ciò che esiste tra Erin e Loki.

O, dovrei forse dire, per descrivere ciò che Erin prova per lui…

Ossequi asgardiani primaverili e alla prossima!

 

 

 

 

  
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