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Autore: Lady Vibeke    06/11/2007    33 recensioni
Bill e Tom Kaulitz, i gemelli più amati ed uniti dell'universo, celeberrime rockstar e nuovi sex symbol del panorama musicale internazionale. I Tokio Hotel, la fama, i fans, i viaggi, i soldi, il successo, e poi... E poi lei. Leni.
Tom la odiava, Bill non sapeva cosa pensare di lei, ma per entrambi la sua presenza aveva portato non poco scompiglio. Nessuna ragazza era mai riuscita a dividerli, e di certo non ci sarebbe riuscita una semplice stylist neoassunta senza un briciolo di attrattiva.
Questo, almeno, era quello che tutti avevano creduto.
Genere: Romantico, Commedia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’arrivo di Bill fu come una calamita universale per le ragazze: non appena abbozzò un ‘ciao’ (peraltro foneticamente pietoso), tutte quante gli si radunarono intorno, chiocciando come uno stormo di tortore in amore, e tirarono fuori diari, cd e macchine fotografiche, sommergendo il povero Bill di risolini irritanti e un gran sbattere di ciglia che provocò a Tom un violento attacco di nausea.

Assurdo… Peggio che falene davanti al fuoco.

Passando praticamente inosservati, Georg e Gustav ne approfittarono per svignarsela e correre al buffet per mettere finalmente qualcosa sotto i denti. Anche Tom si allontanò di soppiatto, e si andò ad infilare in un angolo del salone, dietro ad un’enorme pianta tropicale che sgorgava dal pavimento come una verde fontana rigogliosa. Scovò una scorta reggimentale di bottiglie di birra ghiacciata e si precipitò ad accaparrarsene una.

Non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi dove si fosse andata a cacciare Leni, che lei gli si materializzò accanto, tutta gambe e scintillii di cristalli, e lo salutò briosa.

“Hey.”

Tom le sorrise, osservandola per bene: sembrava brillare di luce propria.

“Guarda, guarda, My Fair Lady in carne ed ossa,” disse, con un piccolo inchino, approfittandone per soffermarsi rapidamente su una zoommata completa delle gambe, fino a risalire all’orlo dell’abito più superfluo che avesse mai visto: lasciava – per la gioia di Tom e di un’altra decina di gentiluomini nei paraggi – ben poco all’immaginazione, e le stava da dio, ma lui non aveva certo intenzione di dirglielo. “Era un vero vestito, quello, prima che ti si restringesse in lavatrice?”

“Ma quanto siamo spiritosi, stasera.” Commentò lei, facendogli segno di ripulirsi una guancia. Tom si rese conto che doveva avere addosso più lucidalabbra lui di tutte le donne del mondo messe insieme, visto che il plotone delle isteriche arrapate se l’era spupazzato come una qualunque bambola gonfiabile.

“Devo pur ripiegare su qualche intrattenimento alternativo, se la mia prima scelta se l’è cuccata il mio amato fratellino.” Borbottò in tutta nonchalance, ma si morse la lingua appena si accorse di ciò che effettivamente aveva detto. Lesse il senso di colpa sul volto di Leni con lo stesso rammarico con cui avrebbe letto un epitaffio su una pietra tombale.

“Dai, era una battuta!” sdrammatizzò in fretta e furia, sventolando una mano per sminuire la cosa. “Non fare quella faccia. L’ho presa con filosofia, sai?” Trangugiò mezza bottiglia di birra in una volta, inalberando un’espressione fiera. “Da vero uomo.”

Vide gli angoli della bocca di Leni solleticati appena da un paio di riccioli rivolti all’insù.

“Lo so. E non sai quanto io sia orgogliosa di te.”

Però preferisci Bill, s’intromise la solita vocina indesiderata, più spietata del solito. Tom cominciava ed essere stufo marcio di dover condividere la testa con una presenza tanto irritante, tanto più che la maledetta sapeva sempre come andare a colpire i tasti più dolenti, e sempre al momento sbagliato, per giunta.

“Tu stai cercando di mettermi in imbarazzo, confessa.” Glissò abilmente, combattendo contro un profondo desiderio di annegarsi nel punch sul tavolo accanto per la pur involontaria inclemenza con cui l’aveva appena trattata.

Leni gli appioppò uno di quei suoi sguardi compunti e maturi che sembravano volerlo richiamare all’ordine.

“Tom, ce la facciamo a sostenere un dialogo serio, per una volta?”

Lui le sorrise.

Chi l’avrebbe mai detto che un giorno sarei stato felice di farmi infastidire da te?

“Io sono serio,” si difese, l’espressione che contraddiceva ogni singola sillaba. “È che il concetto di noi due che facciamo i seri ha la sua comicità intrinseca, capisci…”

A Leni non restò che concordare.

“Sì, forse hai ragione.”

L’aborto di un sorriso le indugiò sulle labbra per meno di una frazione di secondo, ma abbastanza a lungo perché Tom lo notasse e se ne dispiacesse.

“Hey,” Cercò i suoi occhi, e sperò che lei potesse percepire la sua onestà. “Tu hai scelto Bill, e a me sta bene – all’incirca – ok?” Fece una pausa, cercando di capire se lei gli credesse o meno. Sembrava di sì. “L’unica cosa che mi premesse veramente era non perderti, perché, ad essere sincero, trovo piuttosto gradevole parlare con una ragazza senza che lei mi sbavi sulle scarpe ed annuisca a tutto ciò che dico solo perché sono Tom Kaulitz.”

I lineamenti di Leni, addolciti dal leggerissimo velo di trucco, si aprirono in un’espressione sorpresa che lasciò Tom lievemente basito.

“Oddio, tu sei Tom Kaulitz? Dei Tokio Hotel?” Il tono canzonatorio di Leni era musica per le sue orecchie. “Oh, ho tutti i vostri cd e un sacco di poster in camera! Siete bravissimi e bellissimi, vi adoro!”

Tom roteò gli occhi, anche se, ad essere sincero, era piuttosto divertito.

“Ti spiace se non rido?” fece in tono annoiato. “Tendo ad avere problemi di ipossia dopo certe esibizioni impegnative…”

“L’ipossia è l’ultimo dei tuoi problemi, credimi, cheri.”

“Hai ragione. La tua traboccante petulanza ha la precedenza su ogni altro tedio.”

Leni si portò una mano alla bocca, ritraendo magistralmente una parodia di stupore.

“Sbaglio o Vostra Sboccatezza ha appena inforcato un’eccelsa triade di colti latinismi?”

Tom non poté che sorridere di cuore.

“Siamo di nuovo noi,” osservò, sentendosi improvvisamente leggero e rasserenato. “Cane e Gatto, sempre e comunque.”

“Quindi,” Leni sembrava temere di incontrare il suo sguardo. “Non ce l’hai con me… O con Bill…”

Ah, ecco, mi pareva che la conversazione fosse un po’ troppo sul leggero… Avrei dovuto immaginare che ci fosse il trucco.

Tom dovette fermarsi a pensarci sopra, perché in effetti non era poi così sicuro della risposta. Insomma, era ovvio che si sentisse un – bel – po’ abbattuto per via della situazione, ma non ne avrebbe mai fatta una colpa a lei, e a Bill ancor meno. Come lui stesso aveva recentemente avuto modo di constatare, infondo, il nocciolo della questione era proprio l’impossibilità di prevedere, prevenire o curare certi sentimenti.

“Ma che domanda idiota!” sbuffò. “Certo che ce l’ho con voi, per colpa vostra mi è toccato sorbirmi la versione Kaulitz delle gemelle Olsen che si prodigavano in strane digressioni sull’importanza delle relazioni interculturali.”

Leni sollevò un sopracciglio, un adorabile broncio disegnato sulle labbra.

“Credevo ti piacessero quelle due ochette decerebrate.”

“Chi, le Olsen o le loro repliche italiane?”

“Le Olsen.” Rantolò lei, schifata.

“Oh, sì,” Tom annuì, del tutto privo di entusiasmo. “Tu prova a dire davanti ad una telecamera o ad un microfono che l’umorismo di Jim Carrey non ti fa completamente schifo… Tempo due ore e scopriresti di avere una rovente attrazione per lui.”

Leni non rise alla battuta. Piuttosto, lo guardò con un misto alquanto inquietante di affetto e rimpianto che le rendevano gli occhi due specchi vagamente tremolanti.

“Kaulitz?”

“Mmm?”

“Sarai anche uno schifoso misogino ninfomane, ma –”

“Ti prego,” la interruppe senza riguardi, mettendo le mani avanti, quasi ci fosse bisogno di difendersi da lei. “Se non vuoi seriamente minare all’integrità sadico-decadente della serata, non dire che mi vuoi bene.”

Leni lo scrutò severamente, corrucciata.

Sì, sì, lo so, borbottò lui tra sé, stronzo, coriaceo, immaturo, menefreghista, infantile, bla bla bla…

Ma alla fine Leni liquidò il tutto con una misera scrollata di spalle.

“Ok, non lo dico.”

“Bene,” approvò lui, nascondendo un ghigno compiaciuto e, sì, anche un po’ commosso. “Non lo dico nemmeno io.”

“Bene.”

Si concessero una pausa per sgranocchiare qualche strano biscotto dal forte sapore di cannella, che però ben si accompagnava allo champagne servito, che Tom aveva fatto presto a sostituire alla birra. Strano ma vero, fu solo dopo che ebbe tracannato il terzo bicchiere che si rese conto di un particolare buffo che stonava nel look impeccabile di Leni.

“Hai perso un orecchino.” Le fece notare.

“Non l’ho perso.” Rispose lei, leccandosi le dita una per una, e per un fugace attimo Tom si sentì autorizzato a fremere di frustrazione repressa.

Va bene, l’aspetto sentimentale scemerà, prima o poi, ma come la mettiamo con il fatto che le farei un check-up completo qui e ora, e probabilmente anche più tardi e altrove?

Un parte di Tom, però, era cosciente che quell’attrazione fisica così viscerale non era sempre esistita. Dopotutto, aveva sempre trovato Leni un manichino secco e nero senza un briciolo di femminilità (anche se poi la realtà si era rivelata essere ben differente), ed era decisamente ipocrita da parte sua, adesso, mettersi a piagnucolare perché non sarebbero state le sue mani a toglierle quel vestito, quella notte.

In ogni caso, Bill che si da da fare con una ragazza non ce lo vedo proprio, ragionò, calmandosi un poco, con la competenza che ha in materia, ci sono buone probabilità che nemmeno sappia cosa sia un bacio alla francese…

“Ti rimando a tuo fratello per la tragicomica storia dell’orecchino perduto.” Leni terminò il discorso ravviandosi la cascata di lustri boccoli con fare un po’ seccato.

Tom scorse una certa attitudine al natural sexy che si celava latente dietro a quel semplice gesto apparentemente casuale.

Giochi tanto a fare la tisica asociale, ma c’è una gattina che fa le fusa dentro di te, mia cara, pensò beffardo.

“Cioè mi condanni a morire di curiosità?” replicò, tenendola d’occhio. “Perché dubito che lo squadrone di arpie assatanate lo mollerà entro la prossima glaciazione.” E fece un cenno verso il lato opposto del salone.

“Fossi in te, farei appello al mio senso del dovere ed accorrerei in suo soccorso.”

“Mmm, dici? Forse in effetti sarebbe il caso che riacciuffassi il duo sbevazzante e li arruolassi per una crociata in nome della salvaguardia del giovane martire.” Lanciò uno sguardo in tralice a Georg e Gustav, che si stavano facendo fare un paio di cocktail all’angolo bar, e poi a Bill, che sorrideva al massimo della sua plasticità pochi metri più in là.

“Mi pare una buona causa.” Sostenne Leni.

Ansiosa che io protegga il tuo bello dalle grinfie delle Sei dell’Apocalisse, mh?

“Magari, invece,” fece lui. “Visto che io ho già dato, potrei lasciarlo in pasto alle allegre comari e cercare di farti ubriacare.”

Leni fece schioccare la lingua con un moto di stizza.

“Oh, credimi, non dovresti faticare più di tanto, ho il sospetto che quegli otto brandy che mi sono ingollata al cocktail party potrebbero tornare su da un momento all’altro.”

“Dopo questa, credo che mi dedicherò definitivamente al salvataggio di Bill.”

“Già, povero piccolo Tomi,“ le prese in giro lei. “Quale ingrato onere… So quanto odi essere circondato da belle ragazze.”

Tom storse il naso, inorridito.

“Belle, appunto. Sembravano decenti, da lontano, ma a ben guardarle sono ibridi malriusciti tra Britney Spears ed Avril Lavigne. Il che sarebbe già abbastanza stomachevole da sé, anche non contando tutto quel loro starnazzare emicraniogeno.”

“Carino il neologismo. Molto calzante.”

“A proposito di calzante,” Tom abbassò gli occhi a terra per un momento. “Ti ho già detto che quei deliziosi strumenti di tortura che hai ai piedi ti conferiscono un’alquanto conturbante andatura felina?”

“Peccato solo che il gioco non valga la candela,” Leni si guardò le caviglie, sconsolata. “Credi che qualcuno sia mai morto di tendinite fulminante?”

No, ma se mi dai un’altra scusa per sbirciare quei chilometri di gambe che ti ritrovi, io non rispondo di me.

“Non che io sappia,” disse distrattamente. “Ma vedo che Bill sta per cedere alla disperazione, sarà meglio che vada a dargli man forte.”

Leni spostò la propria attenzione in direzione di Bill e del piccolo manipolo flirtante che lo teneva in ostaggio.

“Per la gioia delle allegre comari.” Ironizzò.

Tom rimase ad osservarla mentre lei, a sua volta, osservava Bill, e lo smisurato affetto che vedeva nei suoi occhi, l’ammirazione, la devozione, la stima… Era tutto un mondo che lui non conosceva, che non aveva mai incontrato, e doveva ammettere che aveva il suo arcano fascino.

“Lo sai,” le disse lentamente, preso da un’improvvisa ondata di sincerità. “Vorrei che qualcuna mi guardasse come tu guardi lui, prima o poi. A semplice titolo cognitivo, s’intende,” puntualizzò prontamente, davanti all’espressione sgomenta di lei. “Io non sono tagliato per il Vero Amore.”

Leni annuì, senza nemmeno sforzarsi di apparire convinta.

“Certo.” Lo assecondò, maliziosa.

Razza di strega che non sei altro, ridacchiò Tom dentro di sé.

Si sollevò appena l’aletta del cappellino da baseball e si allontanò a larghe falcate, alla volta di Bill e delle gaie pulzelle.

Mai dire mai, comunque.

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Vedere Tom tornare da loro sembrò rappresentare per le sei ragazze la conferma definitiva che il Nirvana non solo esisteva, ma era anche comodamente raggiungibile. Addirittura, nel vederselo comparire davanti, la penosa copia femminile di Bill quasi annegò nella sua stessa aranciata, tossendo e sputando come un grazioso lama con la bronchite.

Leni si impegnò a reprimere le manie possessive che nutriva per entrambi i gemelli e decise che era giunto il momento di godersi una bella chiacchierata con la metà della band che aveva avuto la bontà di non causarle attacchi di cuore vari ed eventuali.

Raggiunse Georg e Gustav all’angolo bar, e fu accolta dai due sorrisi più ambigui che avesse mai visto.

“Hai un aspetto meravigliosamente orribile,” le comunicò Georg, sorseggiando tranquillamente il proprio Cuba Libre, appoggiato con un gomito al bancone. “O orribilmente meraviglioso, come preferisci... È questo che un’overdose di Kaulitz può causare?”

Lei lo trafisse con un’occhiata penetrante e lui rise. Leni lo adorava ancora di più quando sorrideva.

Come lei gli aveva praticamente imposto, aveva i capelli raccolti in una coda e con quell'attillata maglietta bianca stampata a caratteri gotici faceva la sua porca figura.

G, sei uno schianto, i miei più vivi e sinceri complimenti, constatò deliziata.

“Ti faccio presente che nelle ultime settimane ne sono successe di tutti i colori, e mi sento in diritto di arrivare a fine mese con l’aspetto di un facsimile di essere umano passato al frullatore.”

“Non dire cavolate,” l’apostrofò Gustav. “Sei splendida.”

Oh, Gusti, tu e quei tuoi occhioni adorabili…

Leni si ritrovò a sorridere radiosa, fluttuando beata a mezzo metro da terra.

È così bello essere di nuovo con voi…

“È davvero bello riaverti con noi.” Aggiunse Gustav, come se avesse ricevuto il dono celeste della telepatia giusto in tempo per intercettare il suo pensiero.

“Grazie.” Rispose lei, raggiante.

”Lo sai, a Georg è scappata una lacrimuccia quando Bill ha cantato In Die Nacht.”

“Ma davvero?”

La testa di Leni si voltò di scatto verso il diretto interessato, il quale si era convenientemente tuffato nel bicchiere di coca e rum.

Georg tergiversò con aria innocente, fino a quando non ci fu più niente da bere dietro a cui nascondersi.

“Tu,” Leni incrociò le braccia, divertita e lusingata al tempo stesso. “Georg Listing, il grand’uomo tutto d’un pezzo, il virile e mascolino bassista, il fiero re dei musoni patentati,” L’angolo destro della bocca le sfuggì di controllo e si piegò all’insù. “Hai pianto per me.”

Lui incrociò a sua volta le braccia muscolose, e le rivolse un sguardo quasi di sfida, imbronciando le labbra.

“E allora?” borbottò alla fine. “Mi sono tornate in mente le nostre nottate bianche e le nostre chiacchierate, tutte le volte che hai massacrato impietosamente la batteria di Gusti, i tuoi impagabili battibecchi con Tom, gli sguardi trasognati che strappavi a Bill…” Esalò una breve risata sommessa e nostalgica. “Avevi lasciato un certo vuoto.”

Sta’ un po’ zitto, dannato romanticone… Ho una dignità da difendere, io!

Ma l’altra Leni, quella realista e schietta, le ricordò che la sua dignità era andata perduta per sempre nell’esatto istante in cui quell’isterica estetista psicopatica l’aveva convinta a sottoporsi a quella terrificante ceretta brasiliana, solo qualche ora prima.

“Va bene, questo era un vile colpo basso, gente,” disse, ricacciando indietro la commozione. “Molto scorretto da parte vostra, viste le mie condizioni di semiubriachezza.”

“Nah,” Gustav fece un gesto distratto. “Se avessimo voluto commuoverti davvero, ti avremmo parlato della toccante scena di David che si domanda disperato chi avrebbe mandato Tom a cuccia, ora che tu te n’eri andata.”

“Be’, comunque sia,” intervenne Georg, elargendo a Leni un ampio sorriso. “Bentornata a casa.”

Leni si ripeté quella frase un’infinità di volte, gustandosi il sublime suono che aveva, l’incredibile bellezza del suo significato.

In quella, Bill e Tom le si materializzarono alle spalle, reduci dal tête-à-tête con le sei fortunate fans. Sembravano un po’ sfibrati, ma lieti di trovarsi lì, e non più altrove.

Leni trasalì impercettibilmente quando la mano di Bill le si andò a posare alla base della schiena, attirandola più vicina.

Lei restò come imprigionata tra una pulsazione e l’altra del suo cuore in fibrillazione.

Ecco, pensò, ci siamo. Questo è uno di quei momenti che si aspettano per tutta la vita, uno di quelli che ti rendono felice di essere nata e che ti ripagano di tutte le sofferenze… L’attimo perfetto.

“Che fate, brindate senza di noi?” protestò Tom, brandendo con eloquenza una bottiglia di champagne appena stappata che aveva trafugato dal bancone.

“Già,” ironizzò Leni. “Che celebrazione sarebbe senza Castore e Polluce?”

“Oh, le stelle gemelle,” intervenne Bill, afferrando uno dei calici che Tom e Gustav stavano riempiendo. “Molto appropriato.”

Lei fu piacevolmente sorpresa dalla sua risposta erudita. Doveva ammetterlo, sotto questo punto di vista lo aveva sottovalutato.

“A tutte le stelle che hanno brillato stasera,” esclamò Tom, levando il proprio calice in aria con fare cerimonioso. “Siano esse dei giovani musicisti di gran fascino e talento, o eccentriche stylist scriteriate.”

“Ai Tokio Hotel e alla loro indispensabile Leni!” soggiunse Georg, imitando il gesto di Tom, seguito a ruota da tutti gli altri.

“Ai Tokio Hotel e alla loro indispensabile Leni!”

Il suono del cristallo che tintinnava in un teatrale brindisi fu presto sopraffatto da un coro di risate complici, e cinque paia di braccia si strinsero fra loro, mentre la musica di sottofondo faceva da perfetta didascalia a quell’istantanea di un momento che ciascuno di loro si sarebbe sempre portato nel cuore.

I am here, doesn’t count far or near, I am by your side, just for a little while…

“Maledizione,” Imprecò Leni seccata, districandosi dall’abbraccio comune, costretta per l’ennesima volta ad aggiustarsi addosso il tubino, onde evitare che la scollatura le scivolasse giù fino all’ombelico e contemporaneamente impedire che l’orlo salisse oltre i confini della morale decenza. “Non vedo l’ora togliere di mezzo questo stupido vestito.”

Bill le cinse la vita con le sue braccia sottili e le affondò il viso tra i capelli, inspirandone il profumo soffuso, accarezzandola con la punta del naso nel modo più erotico che Leni avesse mai saggiato.

“Ti dirò,” le sussurrò sornione, stringendola più forte, ancora più vicina. “Nemmeno io.”

We’ll make it if we try.



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THE END

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A/N: Dunque, eccoci qui, la storia è finita. Voglio che tutti sappiate quanto sia stato un piacere ed una gioia per me scriverla e poter leggere l'entusiasmo nei vostri bellissimi commenti. Spero con tutta me stessa che quest'ultimo capitolo sia una degna conclusione.
Sto meditando su un possibile sequel, ma non vi assicuro niente, tutto dipende dalla sacra Musa. ^^

Ora, per concludere, l'angolo della posta privata:

Tecla: oddio, un'altra che vuole a tutti i costi farmi arrossire! Ti ringrazio dal più profondo per la montagna di complimenti, è un peccato che tu sia arrivata solo ora che la storia è finita.

Quoqquoriquo: tu, invece, sei una fidata veterana ;) Vorrei solo puntualizzare che l'esperito scientifico che ho utilizzato, era voluto. Inoltre, un grazie enorme anche a te, mi procuri ogni volta una buona dose di orgoglio.

Mirandolina: tu resti sempre al top delle cause prime del mio gongolamento. La tua sacra parola mi rende felice oltre ogni dire, e sono davvero curiosa di sapere cos'avrai da dire di questo capitolo. ;) Ti lascio un bacio preventivo, per quest'ultimo capitolo (e scrivi, cavoli, sono in astinenza!)

Pia (ex anonima ^^): anche tu, devo dire, sai come lusingare un'umile scrittrice in erba... E vedo che anche tu, come molti, hai apprezzato il gioco di parole del titolo del capitolo, e questo mi compiace alquanto.

Marti483: gentilissima e carinissima anche tu. Quando i miei lettori mi dicono di essersi immedesimati in qualche mio personaggio, mi sento (per citare Catherine di CSI ^^) un King Kong sotto cocaina.

Samia: per te ho finito le parole, sappilo. Le tue lunghissime recensioni mi fanno talmente piacere che me le rileggo più e più volte, tutta fiera. ^^ Anche a te, un meritatissimo bacione.

E poi ancora grazie, danke, thanks, merci, gracias, takk, tack, tak, kiitos, arigato (etc) a Ladynotorius, Giuly Kaulitz, Muny_4Ever, ruka88, anna922e e ninilke... Tokio Hotel für Immer! :)
   
 
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