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Autore: itsmeWallflower    21/04/2013    2 recensioni
[STORIA TEMPORANEAMENTE SOSPESA]
E' la storia di Nicole e Darren e Sam.
E' la storia del destino, il loro.
E' la storia dei sogni di Nicole, e delle sue lotte per avverarli.
E' la storia di Sam, il piccolo Sam, nato da un piccola piacevole parentesi.
E' la storia di Darren che non sa di essere il suo papà.
E' la storia di una bugia, che verrà a galla.
E' semplicemente una storia di destino, bugia e amore.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Darren Criss
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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AVVERTIMENTO INIZIALE: voglio avvisarvi che questa non è una CrissColfer. E che in questo prologo c'è molto Nicole e poco Darren. Quindi se detto ciò ancora siete curiosi di leggere.. io non vi fermerò! 
Oh, questo è solo un esperimento che avevo iniziato un anno fa.. durante le ultime riprese della 3° stagione di glee.. è storia vecchia, insomma.. e ancora incompiuta.. Quindi vi chiedo di farmi sapere se può essere interessante, così da continuare a scriverla e concluderla.

Fatemi sapere!

Buona Lettura!


PROLOGO

                                      
 
Nicole Anderson era sempre la ragazza che portava guai. E dopo la morte della madre e il secondo matrimonio del padre, la sua matrigna non faceva altro che ricordarglielo.
I brutti voti a scuola, le brutte amicizie, i brutti vestiti.
Niente era giusto per la matrigna e per la sorellastra e quindi niente era giusto in lei per il papà.
Aveva passato le estati della sua infanzia a Londra dalla nonna. Da lei aveva ereditato la passione per i dolci.
Passava tutto il suo tempo libero a decorare torte.
Anche durante l’adolescenza, mentre sua sorella, che non aveva mai considerato tale, era interessata ai ragazzi, alle amiche, a quei tipi strani in tv, lei non faceva altro che meditare su come andare via da lì.
Da una vita grigia e spenta, che suo padre le aveva riservato dopo il funerale della madre.
Non spiccava in nessuna materia, a 18 anni era riuscita a diplomarsi senza non pochi ostacoli, ma come aveva programmato, riuscì ad avere una borsa di studio per un corso di Cake Design ad Arezzo.
Lavorava da quando ne aveva 15 in una piccola pasticceria di Napoli e poi come cameriera in un Hotel, per potersi permettere di andare via di casa a 18.
E ci era riuscita.
Non ci furono piagnistei quando annunciò che sarebbe partita.
La matrigna le diede la sua benedizione senza battere ciglio, la sorellastra chiese se poteva prendersi il suo armadio e il padre forse troppo occupato a far andare bene il suo secondo matrimonio,  non le chiese nemmeno se era sicura di quello che stava facendo.
“Ritornerai?” chiese però l’uomo seduto di fronte a lei con lo sguardo abbassato sul giornale che era intento a leggere, “il corso dura un semestre, se non trovo lavoro lì.. credo che andrò dalla nonna.. quindi no,non tornerò.” Nicole aveva letto in quella domanda tutta la poca fiducia che il padre aveva in lei.
Suo padre credeva che avrebbe fallito, che era un desiderio ridicolo quello di essere una pasticciera.
Senza neanche sapere che quello che lei aspirava era diventare una Cake designer, lei non glielo aveva mai detto e lui non aveva mai chiesto.
Nicole però era convinta. Era convinta del suo sogno, del suo progetto e delle sue forze.
Cake designer o no, lei non si sarebbe voltata indietro.
Non aveva niente lì che la tratteneva.
Sua madre era andata via già molto tempo fa.
Suo padre pure, in un modo, forse, anche più doloroso era andato via da lei.
La nuova famiglia non le era mai andata bene o meglio lei non era mai andata bene alla nuova famiglia.
Non aveva amici, se non quelle poche persone con cui passava il tempo in un bar, quando la sua stanza le andava troppo stretta.
Sì, lei ne era sicura. Se ne sarebbe andata da lì e non si sarebbe mai voltata indietro. Mai.
 
“Ti chiedo solo una cosa.” Si rivolse al padre prima di lasciarlo, era già fuori all’uscio di casa con le sue poche valigie e tante aspettative mentre un taxi l’aspettava
“va a trovare la mamma. Io non posso più farlo anche per te” forse quella volta fu l’unica in cui il padre l’abbracciò. Fu l’unica volta che abbandonò la maschera di cera che si era messo dopo la morte della moglie e strinse forte a sé la figlia, che da sempre gli ricordava tanto la persona che aveva amato più di tutto.
L’abbracciò così forte da farle male, ma lei non si lamentò né si scostò, lo lasciò fare.
“Nicole spero tu sia felice.” Quella frase racchiudeva tutto e niente.
Racchiudevano le sue scuse per non esserci mai stato.
 
******************************
 
12 settembre 2008 – Arezzo.
 
Quel giorno cambiò radicalmente la sua vita.
Non proprio quel giorno, ma da lì iniziò tutto.
 
Il primo giorno di corso fu un disastro e niente era andato come voleva. Era arrivata in ritardo, anche se il suo minuscolo e misero appartamento era a tre passi dalla sede, l’insegnante era uno stronzo, e tutti i suoi compagni sembravano essere più in gamba di lei.
Dopo sei ore di lavoro e una torta mediocre, voleva solo prendersi un caffè, farsi una doccia e dormire.
Camminava a passo spedito per strada, maledicendo se stessa per aver messo da parte il design quell’estate per lavorare come cameriera in un misero hotel. Più ripensava a quella torta, più le veniva da urlare e piangere e pensare che forse il padre aveva ragione a non credere in lei.
E proprio quel pensiero era l’unica cosa che ancora la faceva desistere dal tornare indietro. Si era ripromessa di non mollare. Era il suo sogno, l’unico che poteva permettersi e niente, o almeno non una giornata storta, le avrebbe fatto cambiare idea.
Entrò nel bar che da una settimana a quella parte era solita frequentare, ordinò il suo solito caffè e si sedette al solito posto davanti al bancone.
Ma quel giorno c’era musica dal vivo, lei nemmeno ricordava che ci fosse mai stata musica in quel locale.
Quella voce, quella melodia della chitarra e quella canzone a lei sconosciuta la fecero distrarre da tutti i suoi pensieri.
Senza pudore si voltò a fissare il ragazzo, aveva i capelli ricci ridicolmente lunghi, scuri e disordinati, le sopracciglia folte di una strana forma triangolare e delle ciglia lunghissime, gli occhi erano chiusi ma lei aveva comunque pensato che fossero grandi e pieni di passione, le labbra erano piene ben delineate, le mani erano perfette per la chitarra, ma fu la voce a colpire Nicole.
Il ragazzo prese a cantare una canzone che lei sapeva bene questa volta.
Tu vuò fa l’americano.
La stava cantando in un italiano davvero stentato, ma comprensibile e adorabile.
Nicole si ritrovò a bere il caffè molto più lentamente, continuando a fissare il ragazzo seduto senza il minimo pudore e senza nemmeno accorgersene si era ritrovata a tenere il tempo col piede e a dimenticare quello che fino a poco prima la stava facendo demoralizzare.
Il riccio, però s’inceppò.. aveva dimenticato le parole “oh ahm.. Si, Apologize..” guardò il soffitto come se cercasse di ricordare.. Nicole aspettò che qualcuno gliele suggerisse, ma non arrivava parola.
“..l’ammor sott a lun” suggerì allora lei portandosi il bicchiere alle labbra.
Il ragazzo riprese a cantare dedicandole un sorriso, un sorriso che lei non fu in grado di reggere, così lasciò andare quegli occhi grandi e vivi e si voltò verso il barista, ordinando una brioche.
 
Quella fu l’ultima canzone, lei lo sentì posare la chitarra e salutare. Stava andando via? D’istinto si girò a cercarlo ma se lo ritrovò invece seduto di fianco a lei.
Ordinò una birra e scambiò quattro chiacchiere col barista in un italiano davvero, davvero precario.
  Solo quando aveva bevuto metà del suo bicchiere che il ragazzo le rivolse la parola.
“grazie per prima” indicò la chitarra, “per avermi ehm.. suggeritole parole ” continuò e lei annuì e sorrise, “figurati.. sei andato bene, per non essere la tua lingua” mormorò lei, “beh grazie.. sono qui da sei mesi e ancora ho molte difficoltà” lei fece spallucce, “io ti capisco, quindi non vai tanto male” gli occhi di lui erano puntati dritti nei suoi e finalmente potette vederli, guardarli per davvero.
Erano di un colore difficile da descrivere se non impossibile, c’era un universo di stelle e caramello in quelle iridi ambrate.
E sorridevano sempre. Tutto il suo viso sorrideva.
Parlarono per un po’, si scoprì che lui sarebbe stato li ancora per una settimana, lei per altri sette mesi almeno.
Lui le raccontò che stava seguendo un corso di recitazione, che era di San Francisco e che lì frequentava l’università di Arte della recitazione, stava formando una compagnia teatrale con i suoi compagni di college e voleva diventare un attore e un cantante.
Era molto ambizioso, e Nicole senza nemmeno conoscerlo credeva in lui.
Si stava impegnando troppo per non riuscirci.
Lei gli raccontò del suo corso di Cake design , definendolo come l’unico sogno a cui poteva aggrapparsi.
Gli parlò anche di come era andato male il suo primo giorno ma che non avrebbe mollato.. perché sì, prima o poi lei avrebbe aperto la sua pasticceria.
Gli parlò delle sue origini e del perché parlava così fluentemente l’inglese.
Gli parlò molto di sua nonna Sophie e anche di sua madre Lisa.
E lui ascoltò senza sembrare mai annoiato, l’ascoltò interessato.
 
 
Il tempo però era volato e si era fatto tardi e doveva andare.
 Pagò il conto e si alzò, “è stato un piacere conoscerti..” si accorse solo in quel momento di non sapere nemmeno il suo nome, “Darren” concluse l’altro, stringendole la mano, “piacere mio..” continuò lui aspettando di conoscere il suo di nome, “Nicole” disse allora lei sorridendo.
“Nicole..” ripetè Darren come per memorizzarlo e assaporarlo, e detto da lui quel nome, il suo nome, aveva un suono più dolce,  “che ne dici se ci vediamo questa sera? Per altre due chiacchiere?” domandò poi lui con un sorriso.
Era un appuntamento? Lei non aveva mai avuto un appuntamento, sempre se non si considera andare in piscina dai vicini della nonna col ragazzo strambo che si ritrovò a baciare in acqua, un appuntamento.
“alle nove qui?” chiese prima di pentirsene.
 
E alle nove lei era lì, e anche se non se lo aspettava c’era anche lui.
 
Ora vi starete chiedendo, perché un incontro casuale che sapeva non l’avrebbe portata a nulla, visto che lui se ne sarebbe ritornato in America di lì a poco, le avrebbe cambiato la vita?
 
Perché dopo quel primo appuntamento, c’è ne furono altri.
Perché dopo una settimana in cui entrambi avevano deciso di viversi. Di vivere quello che potevano offrirsi senza rimpianti, dopo una settimana di baci e carezze e belle parole arrivò l’ultima sera. L’ultima notte e Nicole era pronta.
Si era ripromessa di viverlo fino in fondo no?
Era stupido aspettare l’uomo giusto, e se non sarebbe arrivato? Lei cosa avrebbe fatto?
E poi quello era Darren, il dolce e simpatico e adorabile Darren.
Era il ragazzo che in una settimana le aveva insegnato a conoscersi meglio, le aveva fatto capire che era più forte di quanto pensasse.
Solo per quella notte voleva sentirlo davvero suo.
 
 
Fu così un gioco di mani, labbra e respiri affannosi.
Di baci romantici e passionali e bisognosi e desiderosi.
Di tocchi leggeri e curiosi e bramosi.
Di sguardi persi e ritrovati.
In quel letto, nel suo appartamento lei si era sentita per la prima volta amata.
Non era stato semplicemente sesso, era stato uno strano legarsi di anime.
Era stato uno scoprirsi e viversi.
 
E fu proprio come se lo era sempre immaginato e anche meglio, molto meglio.
Erano distesi stanchi e soddisfatti, sul letto, Darren la teneva stretta al petto e giocava con i suoi capelli.
“beh.. esistono telefoni e computer.. potremmo sentirci e poi..” Nicole troncò la conversazione sul nascere,
“No Dare, lo abbiamo promesso. Nessuno cerca nessuno. Doveva essere una piacevole parentesi per due stranieri.. ed è così che sarà, sarebbe solo da stupidi. Siamo stati bene, nessun rimpianto, nessun rancore.” Darren le baciò i capelli, poi si tolse il bracciale che aveva al polso e lo mise al suo, “per non dimenticarmi” mormorò con un sorriso triste che in realtà lei non potè vedere.
“Grazie” lo accettò lei, poi si alzò per trovare nella sua borsa, qualcosa di suo da dare a lui.
Gli diede un elastico per capelli nero, semplice che poteva essere scambiato tranquillamente per un bracciale su cui erano state cucite le sue iniziali, lo aveva fatto sua madre, era il suo elastico portafortuna, ma voleva darlo a lui.
“ecco prendi.. per non dimenticarmi” ripeté lei, “N. A. le tue iniziali..” disse lui mettendoselo al polso, “le ha cucite mia madre, è il mio elastico portafortuna” lui se lo tolse subito per ridarglielo, “oh, ma allora non posso accettarlo. Tua madre..” Nicole glielo mise nei capelli sorridendo, “con tutti i sogni che hai un po’ di fortuna ti serve. A mia madre farebbe piacere che lo avessi tu.” Darren le stampò un bacio sulle labbra e l’attirò di nuovo a sé, stringendola forte; come per poter imprimersi meglio nella mente ogni dettaglio del suo corpo, del suo profumo, dei cuoi capelli.
Ogni dettaglio di loro.
 
La notte però terminò e il mattino seguente lui partì.
Con la promessa di essere stato l’uno per l’altro solo una parentesi piacevole.
Nessun contatto, nessun rimpianto.
Solo il piacere della loro reciproca compagnia per una settimana. Non potevano avere altro.

******************************
Nicole era sicura che di quella sera, le sarebbero rimasti solo i bei ricordi e quel bracciale.
Ma un mese dopo dovette ricredersi. Il ritardo delle mestruazioni e tre test positivi dicevano che era incinta.
Era stata una sola volta, una sola volta con un solo ragazzo.
Non poté nemmeno andare nel panico, no non poteva.
Sapeva cosa doveva fare.
Sua madre non l’avrebbe mai perdonata se avesse ucciso o abbandonato una vita.
Si. L’avrebbe tenuto. E come aveva promesso a Darren, non l’avrebbe cercato.
Si rimboccò le maniche, s’impegnò al corso come se fosse tutto quello che aveva per il suo futuro e in un certo senso era vero.
Trovò lavoro al bar dove aveva conosciuto Darren e conservò tutto quello che poteva. Ma dopo sette mesi, la pancia era evidente, il corso era finito e lei riuscì ad avere il massimo dei voti.
Era a tutti gli effetti incinta e una Cake Designer.
Ma proprio perché era incinta non aveva potuto avere il posto di lavoro che le spettava quando concludi il corso col massimo dei voti.
Restare ad Arezzo quindi era inutile per lei e per il bambino, e allora andò dall’unica persona che sapeva l’avrebbe accettata e aiutata.
Sua Nonna.
Nonna Sophie dopo un attimo di smarrimento nel trovarsi sua nipote sull’uscio di casa sola e incinta, le preparò una tisana per calmarsi e calmare Nicole e accettò di aiutarla.
Sophie chiamò suo figlio, il padre di Nicole, per informarlo, visto che lei non aveva avuto il coraggio di farlo, e come risposta ebbe solo una cornetta del telefono attaccata in faccia.
 
I primi tempi furono davvero duri. Nelle sue condizioni non riusciva a trovare lavoro. Nessuno, di nessun genere.
Intanto, anche se non poteva e non voleva rintracciare Darren, da lontano lo seguiva, si stava facendo strada piano, ma ci stava riuscendo.
Aveva messo in scena insieme alla sua compagnia una web serie, stava per mettere su anche la loro prima opera teatrale.
Lei ancora credeva lui. Sarebbe riuscito a sfondare. Lo sapeva.
 
Intanto partorì un maschietto. Scegliere un nome fu facile. Sam.
Come la protagonista della web serie di Darren. Sami, così aveva intitolato la canzone che le dedica.
Nicole, sognava che un giorno lui l’avrebbe cantata a Sam.
 
 
Era passato un anno. Un anno pieno. Nicole era pronta per rimettersi in carreggiata.
Suo padre era diventato nonno, e forse per l’insistenza di Sophie o forse per il bel faccino di Sam che la nonna continuava a mandare per e-mail lo avevano convinto a farsi vivo.
Appena lo vide, l’uomo scoppiò in lacrime, “è bellissimo” disse, “proprio come te” e come quella volta quando lei stava partendo il padre l’aveva stupita. Ancora una volta a modo suo si stava scusando e lei di nuovo lo lasciò fare.
Lo lasciò fare anche quando dopo essersi accertato, che sì era cresciuta e che sì era in grado di gestire la sua vita, le aveva dato quello che sua madre le avevo lasciato prima di morire.
“Tua madre voleva che te li dessi quando saresti stata abbastanza grande da usarli in maniera saggia” erano 60 mila euro, “e invece questo è da parte mia. Per tutto quello che non ti ho saputo dare dopo che tua madre se n’è andata.” Era un assegno di 20 mila euro che il padre le diede, “ma papà.. quelli di mamma li prendo, visto che mi spettano.. ma questo..” indicò l’assegno, “non posso. Non voglio.” Lui fece spallucce, “dallo a Sam allora. Lui si che ne farà un buon uso.. vero ometto?” il nonno gli scompigliò i capelli riccioluti del bambino, gli stessi capelli del padre  “beh papà.. grazie. Davvero. Grazie per essere qui. Vale molto di più dell’assegno, vale molto di più di tutte quelle cose che tu hai detto di non avermi dato” per la prima volta dopo la morte della madre fu lei ad abbracciarlo.

******************************
 
Due anni dopo, Sam avrebbe compiuto 3 anni a breve, lei ne aveva già ventuno e Darren 25.
Darren, era sulla cresta dell’onda.
Era sempre un colpo al cuore quando lo vedeva in tv.
Ci era riuscito. Era un’attore, un attore di una serie televisiva canterina.
Come era possibile, che in così poco tempo, lui era riuscito a realizzare tutto quello che voleva dalla vita?
Era un attore.. non solo di cinema, aveva debuttato anche a Broadway. Aveva inciso un EP, e stava lavorando ad un cd vero. La sua compagnia andava a gonfie vele, tanto che avevano fatto un tour ed erano venuti anche a Londra, proprio come il suo cast di GLEE. Saperlo a Londra così vicino a lei e Sam le aveva fatto battere il cuore più forte, ma non aveva avuto il coraggio di cercarlo.
Seguiva Darren ad ogni evento pubblico, era sempre aggiornata facilmente grazie a internet su quello che faceva. Ed era sempre un colpo al cuore quando qualche sua foto lo ritraeva col suo elastico.. in effetti.. glielo vedeva spesso al braccio, perché? Perché? Aveva anche una ragazza lui. Perché tenere ancora quell’elastico al braccio? Anche lei aveva ancora il suo bracciale, non lo metteva mai però.. per non perderlo. Forse era proprio per questo che lui lo indossava di continuo, voleva perderlo.
Ma non voleva pensarci. Avrebbe perso il lume della ragione.
 
E non poteva nemmeno lamentarsi di come stava proseguendo la sua vita. Aveva un lavoro soddisfacente in una pasticceria di Londra e guadagnava abbastanza bene, da avere tutto quello che le serviva per iniziare a pensare di aprirsi un’attività.
Sam era un bambino tranquillo, gli piaceva stare con la nonna quando lei era a lavoro.
Gli piaceva colpire ogni cosa potesse emettere suoni. Proprio come il padre forse? Aveva i suoi stessi capelli, e il suo stesso sorriso e anche la sua stessa energia.
Anche lui, senza saperlo, seguiva suo padre in tv.
‘Papà’ per lui e anche per Nicole era una parola tabù.
Una volta, però, ci provò a spiegarglielo.
“Vedi Sami quando ho conosciuto il tuo papà ero ancora piccola. E lui era proprio carino e allora decidemmo di stare un po’ insieme prima che lui sarebbe ritornato a casa sua. Ci siamo voluti bene per questo sei nato tu.” A Nicole sembrò che il discorso stesse procedendo bene quando il piccolo Sam le pose la fatidica domanda, “ma se vi siete voluti bene perché se n’è andato? Non voleva che io nascessi?” Nicole sprofondò, “Sam.. no! non è così” il piccolo continuava a non capire allora la nonna che stava ascoltando tutto s’intromise, “vieni qui.. sweetie, ascolta.. la tua mamma era piccola come ti ha detto.. e non sapeva che fare quando ha saputo che tu eri nel suo pancino, il tuo papà era già tornato a casa sua e non sapeva come contattarlo. Poi lei stava studiando per diventare pasticciera, sai? E lavorava tanto per comprarti tutto quello che ti sarebbe servito. Così non ha cercato più il tuo papà.. magari quando crescerai, se lo vorrai.. potrai farlo tu..” Nicole non riuscì più a trattenersi, scoppiò in lacrime e corse in bagno per nascondersi dal figlio.
Che stupida scelta aveva fatto? Quando aveva deciso di non cercare Darren pensava a lei, pensava a lui.. ma a Sam? Era lui che avrebbe sofferto di più.
Dopo quel giorno non parlarono più di un papà. Ma Sam non sembrava farlo stare male non avere una figura paterna. E Nicole riuscì a dimenticare un po’.
Anche se il senso di colpa, non l’abbandonava mai.
 
Poi arrivò la fatidica lettera di cui Nicole non sapeva nemmeno l’esistenza.
Sua nonna, aveva mandato a suo nome curriculum, foto e lettere di referenza alla famosa pasticceria di Los Angeles di Mary.
Era così famosa, perché come Buddy, aveva un suo show.. lei la seguiva tutte le settimane alla tv, e non faceva altro che ripetere che voleva lavorare per lei, senza però fare qualcosa per far sì che quello accadesse.
“Aprila che aspetti! Siamo curiosi!” la nonna seduta sul divano aveva preso Sam in braccio e aspettavano con ansia l’esito, “cavolo nonna! Perché lo hai fatto?! Io ho già un lavoro! E mi piace.. e poi non mi prenderà mai in considerazione! Ma hai visto quanto sono bravi quelli che lavorano per Mary?” la nonna alzò gli occhi al cielo, “cavolo apri questa lettera  prima che lo faccia io!” lei sbuffò e l’aprì.
Mantennero tutti il fiato sospeso, anche Sam che ancora non capiva a pieno quanto fosse importante quella lettera.
Nicole la lesse attentamente, più volte, immobile. Senza dire una parola si sedette per terra sul tappeto e guardò la nonna con le lacrime agli occhi, “non ti hanno presa?” chiese la donna dispiaciuta, Nicole scosse la testa, “no invece.. per una settimana di prova. Sono stata assunta.” Corse ad abbracciare Sophie e suo figlio.
“lo sapevo!” urlò la nonna contenta, “lo sapevo che quella donna era in gamba!” urlò baciando Sam sulla fronte, “che schifo nonna!” si lamentò lui, pulendosi svelto.
“ora ho un regalo per voi!” disse lei, andò nell’altra stanza e tornò con un'altra busta tra le mani, “un'altra lettera?” chiese Nicole ridendo, “aprila” suggerì la donna sedendosi di nuovo sul divano in attesa di un'altra reazione della nipote.
“sono dei biglietti per Los Angeles! Oddio! Nonna ti amo!” la strinse così forte da strozzarla, “sono per la settimana prossima..” mormorò poi controllando bene, “e ne sono solo due..” guardò la nonna dritto negli occhi, “io resto qui Nicole se è questo quello che stai per chiedere. Da qui non mi muovo! Tu devi pensare a te e Sam. Và in America e realizza i tuoi sogni e quelli di tuo figlio” Nicole in quella frase aveva capito tutto quello che la nonna non disse ad alta voce. Realizza i sogni di tuo figlio, suo figlio non aveva espresso nessun desiderio se non quello di conoscere suo padre.
“questo è stato subdolo. Davvero subdolo. Se credi così io non ci vado.” Lasciò cadere i biglietti sul tavolino da tè e fece per andare via.
“Nicole non essere stupida. Non potevi chiedere una vita migliore.. e hai fatto tutta da sola. Ti sei costruita un futuro anche con tutte gli ostacoli che hai incontrato. Però devi capire anche cos’è più importante per tuo figlio. Hai tutto quello che hai voluto dalla vita, se non di più..” disse Sophie guardando Sam, poi continuò, “perché devi negare qualcosa di più anche a tuo figlio?” Nicole alzò gli occhi al cielo, “nonna ne abbiamo già parlato. Credi che se mi presentassi ora davanti alla sua porta, ci crederà? Penserà che io sia solo un approfittatrice.. di sicuro.. e chi ci soffrirà di più?” anche lei guardò suo figlio, per farsi intendere dalla nonna, “allora promettimi una cosa.. va’ a Los Angeles, costruisciti una vita lì.. e se deve accadere qualcosa accadrà. Tu ci credi nel destino no? bene se il destino vuole che qualcosa accadi tu lascialo fare” Nicole scoppiò a ridere, “che romantica che sei nonna. Il nostro destino lo scegliamo noi, per questo ci credo. Lui da solo non può fare niente. Quindi okay, andremo a Los Angeles, ma solo perché voglio lavorare per Mary e voglio trovare un posto dove aprire la mia pasticceria.. voglio provarci almeno”
 
Ed ora noi possiamo definire il destino come un insieme di inevitabili eventi che accadono secondo una linea temporale oggetta alla necessità e che portano ad una conseguenza finale prestabilita o ancora come l’irresistibile potere che determina il futuroo come un qualcosa in cui credere per andare avanti. Definiamolo come vogliamo.. tanto non cambia il fatto che a volte questo, gioca brutti scherzi.
A volte cambia tutte le carte in tavola e tu non puoi fare altro che giocare.
Puoi anche provare a barare, ma il destino è furbo.. è tosto e capisce il bluff e allora tu puoi solo lasciarlo fare.
 
********************************
 
Angolo Wallflower_

Okay, cosa ne pensate?
Io sinceramente non lo so.
Ho ritrovato questa storia in un vecchia cartella dimenticata del mio computer.. e con le opportune modifiche mi è sembrata accettabile.

Non so.. addentrarmi in una Fanfiction con protagonista Darren Criss è un po' strano.. soprattutto quando al suo fianco non c'è Chris Colfer.. xD
Ma, ehi! Questa è una storia inventata, completamente inventata.. di reale c'è solo Darren, il suo lavoro, qualche amico e Mia.

Oddio, ho moooooolti dubbi e quindi non so che dire >.<
Ma se volete che continui dovreste dirmelo.. ho già detto che è un esperimento.. e se a voi non piace.. è inutile continuare a pubblicare, e cancellerò seduta stante sta roba che ho scritto.

Quindi, davvero.. recensite, mandatemi un messagio privato o qualsiasi cosa per dirmi se l'idea vi interessa.

Alla prossima, forse! xD
xoxo
Wallflower_

  
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