VELLUTO
Kreacher era combattuto.
In piedi di fronte al letto a baldacchino osservava le tende tirate, conscio di colui che dormiva dall’altra parte.
Certo, quando aveva preso la decisione di uccidere il suo vecchio padrone, Sirius Black, non si era immaginato che sarebbe finito a lavorare nelle cucine di Hogwarts.
Aveva invece sperato con tutto se stesso di venire lasciato in eredità alla signorina Bella, erede di diritto di Sirius in linea di successione.
Lei sì che era una vera Black! La signorina incarnava tutti i valori tradizionali della famiglia, come l’amore per le Arti Oscure e la repulsione per tutta quella feccia di Babbani, Maghinò e Mezzosangue che tanto abbondavano in quei tempi bui.
E invece era stato lasciato a quel sudicio ragazzo, quell’Harry Potter.
Camminando in punta di piedi per non farsi sentire, l’elfo si avvicinò alla testata del letto. Allungò una mano e le sue dita incontrarono lo spesso velluto delle tende.
Una volta amava quel tessuto. Era lo stesso del drappo che nascondeva il ritratto della padrona Walburga. Solo che quello era vecchio, sudicio e pullulante di tarme; questo era pulito, caldo e di un intenso color sangue. Proprio come il rosso dello stemma dei Grifondoro. Proprio come il rosso della bandiera appesa alla parete della vecchia stanza di padron Sirius, quella che per anni aveva tentato di rimuovere senza successo, ottenendo solo dita scorticate e un crescente senso di frustrazione.
Tirò la tenda del letto.
Lui era lì. Dormiva profondamente, i tratti del viso vagamente distesi, rilassati.
Avrebbe voluto ucciderlo. Sì, lo voleva morto e non tentava minimamente di nasconderlo. Ma per quanto morbosamente lo desiderasse, non poteva farlo. Adesso era lui il suo padrone, era a lui che doveva obbedienza.
Ma non gli avrebbe mai donato la propria devozione. Questo mai.
Il giovane Weasley, nel letto a fianco, russò rumorosamente e mugolò qualcosa nel sonno. Per Kreacher era giunto il momento di andarsene.
Distese il drappo di velluto, sistemandolo come l’aveva trovato e schioccò le dita, Smaterializzandosi lontano dalla stanza e dal suo padrone.