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Autore: Flicka_chan    22/04/2013    3 recensioni
Ognuno di noi ha visto le puntate, ma cosa pensano Deeks e Kensi nel loro profondo? Come si evolve la loro storia realmente? Cosa provano, sperano e temono in ogni vicenda? Quanto a lungo durerà la loro relazione, se ci sarà?
ATTENZIONE: ripercorro episodio dopo episodio le vicende della coppia, per cui possono esserci [spoiler]!!
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ed eccomi di nuovo! Questo capitolo mi piace, è commuovente l'episodio e sono soddisfatta ;) 

Deeks
 
Stanza di tiro, esercitazione con le pistole. Come mio solito sto facendo lo scemo ‹‹bene, micetta, dietro la schiena, su una gamba sola, colpo doppio, baricentro…›› Bang Bang. Accanto a me Kensi prende la posizione più consona al tiro e spara tre colpi in rapida successione, poi si avvicina il cartello con faccia soddisfatta. ‹‹posso vedere la tua pistola?›› ‹‹perché la mia pistola?›› resto spiazzato dall’insolita richiesta ‹‹Beretta 92 FS, la usa la polizia›› la guardo con la coda dell’occhio, calcolando per bene le parole ‹‹si, infatti…›› ‹‹gli agenti NCIS hanno le SIG›› si volta verso di me togliendosi le cuffie gialle ‹‹volevo vedere come spara la tua››. Tolgo il mio cartello bersaglio e le rispondo, un po’ inquieto ‹‹scusa, vorresti sparare con la mia pistola?››; lei mi guarda con faccia sconvolta ‹‹che c’è di strano?›› ‹‹non mi va che altri usino la mia pistola›› ‹‹ok, la tengo solo in mano!›› ‹‹non mi va che un altro la tenga in mano›› ‹‹puoi provare la mia!›› ‹‹non voglio provare la tua! Non voglio avere niente a che fare con la tua. Niente di personale.›› che si è messa in testa, ora? Perché vuole provare la mia pistola? Che fine ha fatto la Kensi del “ciò che è mio e mio e se lo tocchi ti faccio fuori”? Mi guarda poi abbassa lo sguardo sulla pistola che tiene in mano ‹‹non si direbbe›› ‹‹è una cosa da maschi!›› me ne esco, ma quando lei mi fissa puntualizzando l’ultima parola mi fa impallare ‹‹da… da fissati, diciamo una cosa da fissati›› ‹‹strano, ho sentito da maschi›› dice allontanandosi dalla stanza, dopo aver lasciato sul mio piano di appoggio il suo cartello bersaglio. Lo osservo e commento ammirato ‹‹oh, no, l’inferno non conosce furia peggiore di Kensi Mary Blye! All’inguine?! Sul serio?! Perché allenarsi a sparare a qualcuno all’inguine?!›› chiedo ormai all’aria, gli occhi dilatati al massimo, davanti a me il foro del proiettile al cavallo dei pantaloni.
 
‹‹io sinceramente non capisco dove sia il problema›› dico entrando in sala, dove si trovano già Sam e Callen, ‹‹che tu non ti fidi di me è un bel problema, non trovi?›› ‹‹ho solo una fissa per la mia pistola›› “e poi sei tu quella che non si fida di me!” vorrei dirle, ma mi astengo per non sfociare in conflitto mondiale. ‹‹a questo punto della nostra relazione, dopo tutto quello che abbiamo passato?›› ‹‹ho sentito bene? Scusa ma… hai appena detto relazione?›› oh questa? Come le è uscita? Stiamo insieme e non lo sapevo? Se usa il termine pistola per dire qualcos’altro bastava essere chiari e non mi sarei fatto sicuramente pregare… ‹‹collaborazione. Va bene? Sei proprio irritante.›› ‹‹forse ho solo bisogno dei miei spazi!›› ‹‹sei seduto sul mio tavolo!›› mi dice scandendo per bene le parole ma la zittisco appoggiando l’indice sulle mie labbra. Sam esplode e si volta verso di noi, urlando ‹‹state a sentire, tutti e due. Non vi fidate l’uno dell’altro? Dichiararvi amici e lavorare spalla spalla non vuol dire un cavolo se non c’è fiducia! Affrontate il problema, o ne subirete le conseguenze, è chiaro? E per la cronaca sto meditando!››. Callen interviene, la rivista ancora in mano: ‹‹oh, questo tu lo chiami meditare? Io lo chiamo urlare››. Un fischio interrompe qualsiasi possibile risposta e ci avviamo al piano di sopra. Quello che ha detto Sam mi fa riflettere, ha ragione… ma non è nella mia indole fidarmi di qualcuno, ho sempre lavorato da solo con tanti nemici… e confessare certe cose mi fa male, mi sembra di riviverle…
 
Spiegazione, poi la guida di Kensi, auto rubata. La lascio parlare con il poliziotto, io ho già trovato il mio obiettivo: un gruppo di ragazzi che restano a guardare con aria attenta. Faccio qualche domanda ma collaborano solo quando tiro fuori le banconote: sapevo che sarebbe successo, ma per lo meno abbiamo una pista! Cinque uomini che entrano in un campo di notte, per poi uscirne in quattro… cosa ben sospetta! Vi entriamo e osserviamo la zona: in una macchina un cadavere mal ridotto, torturato, direi, che assomiglia abbastanza a un foglio dove dei bambini hanno giocato a tris. Inquietante.
Restiamo ad analizzare la dinamica, l’hanno sicuramente interrogato ‹‹nessun accanimento che indichi risentimento personale, come un colpo di pistola all’inguine, per esempio›› non posso far a meno che farle tornare alla memoria il bersaglio della mattina, e la sento sospirare.
 
Kensi
 
Sto girando per la scena del crimine quando vedo un personaggio strano, per cui decido di avvicinarmi al mio collega e di fotografarlo ‹‹vedi quello con l’abito che costa più di quanto noi guadagniamo in un anno?››. Quando si accorge che la nostra attenzione è puntata su di lui inizia ad allontanarsi correndo, così io gli sto dietro, lanciando a Deeks le chiavi della macchina ordinandogli di bloccarlo. Lo seguo per una stradina, ma mi coglie di sorpresa. Velocemente lottiamo, poi mi attacca alla rete di recinzione e mi tiene inchiodata li, ‹‹fermo›› grida una voce conosciuta alle mie spalle, permettendomi di tirargli un bel pugno nel plesso solare tale da mandarlo a terra. ‹‹è così che fanno Sam e Callen?›› ‹‹uno dei due farebbe una bella battuta, adesso›› non male, comunque, collaborare… ‹‹sto aspettando›› dice, occhi puntati su di me, pistola sul sospetto ‹‹grazie Deeks››, questa volta se lo merita! Ma è il sospetto ha l’immunità diplomatica. Odio questi cavilli burocratici.
 
Interrogo l’uomo che abbiamo fermato, molto chiacchierone, per fortuna… altrimenti, con la sua immunità, saremmo stati fregati… Deeks non c’è ma so che sta seguendo tutto dal monitor. Il discorso arriva all’uomo assassinato, era un amico del mio interlocutore, gli aveva fatto sapere di una soffiata, inoltre… erano parenti. ‹‹Butt era mio cognato››, resto interdetta e mi manca per un istante il fiato, questo proprio non lo immaginavo…
 
Siamo alla porta, l’informatore stringe la mano ad Hetty e si rivolge a me e alla mia superiore ‹‹sentirò i miei contatti, se scoprirò qualcosa sarai la prima a saperlo [il giro di parole inglesi basate sul you è reso malissimo in italiano… ma vabbè]›› ‹‹molto bene›› Fa Deeks, in piedi davanti a me. L’uomo in tenuta elegante si volta e con naturalezza lo smonta ‹‹parlavo con l’agente Blye››: vedo il mio collega un attimo interdetto, fissare il pavimento e il soffitto. ‹‹Che c’è?›› ‹‹hai dato a James Bond il tuo numero?›› ‹‹solo per motivi di lavoro››, poi mi stupisce, dal momento che si gira verso Hetty e fa una domanda che, obiettivamente, mi ero posta anche io: ‹‹quando iniziarono Callen e Sam a fidarsi l’uno dell’altro?››. Come due bambini intorno alla nonna che racconta una fiaba, ci sediamo in modo da sentire Hetty raccontare una vicenda relativa alla mafia armena, ‹‹fu un bell’atto di fede›› ‹‹di fiducia››, risponde lei, seria; il mio sguardo va sul biondo, dovrei affidare la mia vita a lui? Ma se non mi fido neanche di me stessa?
 
Deeks
 
Dobbiamo sorvegliare Brendon Boot. Qualcuno sta cercando di farlo fuori, anche se l’altra volta i miei colleghi gli hanno salvato la vita. ‹‹siete qui per parlare di mio padre? L’ultima volta che l’ho fatto a momenti ci rimanevo secco›› ‹‹siamo qui per proteggerti e non sei obbligato a parlare di tuo padre, tant’è vero che io non parlerò del mio. Kensi, tu vuoi parlare del tuo?›› ‹‹per niente›› ‹‹visto? Tutti della stessa pasta››. È un ragazzo di Los Angeles, spaventato e senza un punto fermo… come me alla sua età…
Lo accompagno in casa, controllando che non ci siano persone in agguato; sul tavolo una lettera ‹‹è la scrittura di mio padre, solo una settimana di ritardo… un classico›› ‹‹non la apri?›› ‹‹no››, dice voltandosi e buttandola nel cestino. E vedo un altro ragazzo fare una cosa del genere, solo molti anni prima… un ragazzo che rimase solo, lui e la tavola da surf, unica cosa che lo facesse liberare dai suoi pensieri… devo aiutare Brendon… così come io fui aiutato…
‹‹io… dopo la scuola non avevo progetti, non volevo né lavorare né andare al college… mio padre è l’opposto di me, uno di quelli che guarda in sei direzioni diverse, prima di attraversare la strada… ricordo che una volta mi disse “se non ti dai da fare passerai la vita in questa città, come un perdente qualsiasi, troppo spaventato per avventurarsi nel mondo e lasciare un segno›› ‹‹e quando l’hai fatto?›› ‹‹fatto cosa?›› ‹‹lasciato Los Angeles, venduto ai demoni, provato al vecchio il suo errore… non è questo il seguito del tuo discorsetto?›› abbasso lo sguardo e continuo, mi viene naturale… ‹‹fino ad oggi non ho mai vissuto lontano dalla casa in cui sono nato›› lo guardo, deve capire… dietro di me si apre la porta e sento la voce della mia partner parlare delle chiamate fatte dallo zio del ragazzo, il damerino di poco fa, e avvisarmi che siamo richiesti in centrale. ‹‹Se torno qui e tu non ci sei so dove trovarti. Lo sai, vero?›› sono duro, ma serve così. Vado alla porta ma vengo richiamato ‹‹aspetta… ti chiedi mai cosa pensa tuo padre di te?›› scuoto il capo con tristezza ‹‹no… non ha mai capito niente… vive nell’Iowa!›› si allontana con la posta, quindi prima di uscire prendo la lettera di suo padre. Dentro, un semplice biglietto di auguri, senza nulla di personale, nessuna scritta… Ma una foto mostra Brendon bambino, sorridente con suo padre.
 
Eric analizza la foto e vi trova un sigillo elettronico con le coordinate dell’uomo obiettivo di Butt… il padre di Brendon sapeva che avremmo indagato, aveva il sentore della morte, quindi ha voluto darci le indicazioni… e il colpevole di tutto questo era il damerino. Mi era stato sulle palle…
Callen e Sam sono in Pakistan, hanno convinto Hetty grazie al te, io invece sono dal ragazzo, a restituirgli la lettera del padre… sono triste… entro in macchina e Kensi è li… non sono più solo, c’è lei e tutto il team… ‹‹io uso la beretta 92FS perché la sicura manuale mi ha salvato una volta che un tossico cercò di rubarmela. E se il caricatore si inceppa posso caricare direttamente il proiettile nella camera.›› il suo sguardo è fisso su di me, stupita e forse emozionata… ma voglio che si fidi, che sappia che io mi fido di lei, quindi faccio ciò che mai ho fatto prima: prendo la pistola e gliela porgo ‹‹dai un’occhiata››, ma lei rifiuta con un sorriso ‹‹magari un’altra volta››. Kensi… grazie a te ho di nuovo qualcuno di cui fidarmi…
 
Quando tornano i miei colleghi non posso far altro che andare a congratularmi con loro per la fiducia reciproca che dimostrano sempre, da quella volta della mafia armena… sono stati una fonte di miglioramento anche di quella mia e di Kensi… o meglio mia verso di lei… la mia collega non so se si fida di me… ma io di lei si… assolutamente… siamo simili, come storia… e siamo soli, al di fuori del lavoro…
  
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