Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Ricorda la storia  |       
Autore: _KyRa_    23/04/2013    14 recensioni
[ Sequel di Coming Home ]
“Beh, io te l'ho sempre detto.” ribatté lui, per suo sollievo. “Sono i tuoi genitori. È normale per loro guardare oltre.” Parlava con calma ed Ingie non capiva se si trattasse di freddezza, serietà o quiete. “Anche io l'ho fatto, d'altronde.”
Abbassò lo sguardo, non più in grado di reggere il suo, e sorseggiò un po' d'acqua, percependola gelida lungo la sua gola. Una parte di lei avrebbe voluto gettare a terra quel bicchiere, fare di corsa il giro del tavolo e ricordarsi com'era fare l'amore con lui; l'altra, quella più razionale, sapeva che qualcosa stava per cambiare e che ciò avrebbe portato ad una decisione sofferta, che avrebbe fatto male ad entrambi.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Turning points'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa


One
Dealing with the past





Osservava quella mano da minuti interminabili, come fosse un qualche strano reperto archeologico da studiare con attenzione. Le vene scure a ricoprire il dorso pallido, le dita lunghe e sottili abbandonate sul materasso, a qualche centimetro dal suo corpo ancora nudo. Di tanto in tanto, sembravano muoversi impercettibilmente, come scosse da un sogno cui lei non poteva prendere parte.

Il sonno, che ancora non le permetteva di acquisire un diretto contatto con la realtà, le impediva di opporre la propria forza contro il macigno che le gravava sulle palpebre a mezz'asta e traballanti. La vista era offuscata ma le bastava per capire, attraverso i raggi solari che oltrepassavano le persiane, che una nuova giornata era giunta a bussare alla sua vita. Il cinguettio che le aveva dato il buongiorno, al di là della finestra, voleva incoraggiarla ad alzarsi dal letto, ma la tentazione di rintanarsi nuovamente fra le braccia calde ed invitanti di Morfeo era affascinante. Gettò un rapido sguardo all'orologio sul comodino ed un grugnito poco femminile si levò nella stanza debolmente illuminata.

Le sette in punto. Sapeva che era ora di scacciare l'illusione ed immergersi nel mondo del lavoro.

Con un sospiro che le costò tempo e sforzo, cercò di combattere il Demone del Letargo e poggiare i piedi intorpiditi sul freddo parquet. Il contatto fu quasi violento e la portò a trasalire, rabbrividita, reprimendo un'imprecazione che avrebbe espresso chiaramente il suo disappunto. Raccattò alla velocità della luce gli indumenti sparsi sul pavimento e si rifugiò in bagno, in punta di piedi, per evitare di fare rumore.

Sospirò non appena i suoi occhi vennero catturati dall'immagine che lo specchio rifletteva di se stessa. Un viso sbattuto, capelli scuri spaventosamente scompigliati ed una voglia di uscire di casa pari a zero. Ma non furono i soli dettagli che fu in grado di cogliere e sapeva bene che solamente una persona acuta avrebbe potuto comprenderlo. Le sue iridi castane non lasciavano spazio all'immaginazione; nascondevano un senso di incompletezza, di arrendevolezza, ma da tempo aveva deciso di non farvi più caso o la sua vita non avrebbe mai preso la piega che tutti si aspettavano da lei. Ed in un certo qual modo, l'aveva fatto. Aveva un lavoro che amava, un fidanzato tremendamente premuroso, una famiglia – anche se incompleta – che le voleva bene e la sosteneva in ogni sua scelta. Apparentemente, poteva essere la vita che tutti desideravano.

Si lavò i denti ed il viso, mirando a raggiungere uno stadio di presentabilità al mondo esterno degno di quel nome, seppur con qualche fatica, e successivamente si vestì. Indossò una semplice tuta; non le sarebbe servito altro, motivo per cui non perse nemmeno tempo a coprire la pelle chiara di trucco o riempire i capelli di fermagli. Una volta pronta, tornò nella sua camera da letto.

Da quando aveva comprato casa, per non vivere più con i suoi genitori, la sua vita era cambiata. Non se ne era andata perché non sopportasse più Kayla e Gale; l'aveva fatto per acquisire l'indipendenza che a ventuno anni aveva cominciato ad agognare. I suoi non avevano preso male quella notizia; fino a quel momento, si erano aspettati una decisione simile. Certo era che, tolta ulteriormente la presenza di suo fratello Tom, avevano percepito un vuoto non indifferente, ancora una volta. Il fattore positivo era la relativa vicinanza.

Non appena il suo sguardo raggiunse nuovamente il letto sfatto, notò due occhi osservarla assonnati.

Stai andando?” le domandò il ragazzo con la bocca ancora impastata, mentre con una mano si sfregava un occhio; ormai, era divenuta una sorta di routine.

Ingie, con un piccolo sorriso, gli si avvicinò fino a chinarsi per baciargli delicatamente la tempia ancora calda.

A dopo, Luke.” rispose divertita, divincolandosi dalla sua presa che cercava di trascinarla nuovamente sotto le coperte assieme a lui.

Ignorò il suo sguardo deluso e corse fuori dalla stanza.

Nell'istante in cui si ritrovò sola, in macchina, esitò prima di accendere il motore ed il suo sguardo venne catturato dal vuoto che la circondava, ma che sembrava fare così tanto rumore. Forse erano i suoi pensieri ad emettere tutto quel chiasso che mai la lasciava in pace, se non in sporadici momenti.

Luke. Ecco come si chiamava il ragazzo che avrebbe dovuto renderla felice.

Con un gran sospiro, poggiò la fronte al volante tornando a chiudere gli occhi, come appesantiti questa volta dalla stanchezza psicologica. Era tremendamente esausta di riportare alla luce del sole problemi, pensieri, tensioni evidenti, nonostante cercasse di nasconderli alla gente che la affiancava, eppure non poteva farne a meno. Ogni volta che le si presentava l'occasione di riflettere, la sua mente sfiorava luoghi che si era ripromessa persino di non menzionare più, per il bene di Luke, ma soprattutto di se stessa.

E quei luoghi portavano tutti il nome di Tom Kaulitz.

Tornare con Luke era stata una decisione strana, che quasi non ricordava di aver preso. Forse gli avvenimenti che si erano susseguiti, uno dietro l'altro, l'avevano portata a sentire la necessità di colmare il vuoto che aveva improvvisamente percepito attorno a lei. Non era felice; sapeva che Luke non sarebbe mai stato in grado, per quanto si sforzasse, di farla sorridere come desiderava. Eppure, stava bene con lui e nutriva nei suoi riguardi molto affetto. Si era dimostrato comprensivo, aveva perdonato i suoi errori, aveva accettato di ricominciare da capo ma niente di tutto ciò aveva reso Ingie la persona diversa che era invece diventata con il chitarrista. Pensare a lui ancora le procurava un forte nodo alla gola che ogni volta cercava di scacciare con decisione, ma aveva anche imparato a guardare avanti e cercare di ricostruire la sua vita senza di lui. Quasi un anno era trascorso dall'ultima volta che si erano visti, quel lontano e caldo giorno di Luglio duemiladodici in cui si era presentato a casa sua trafelato, prendendola alla sprovvista. Ed ora, primo Marzo duemilatredici, Ingie ancora non abbandonava quelle immagini che violente si insinuavano nel suo cervello, senza il minimo riguardo.





***





Luglio duemiladodici

I suoi occhi increduli non si spostavano da quelle righe nere su carta bianca, che sembrava volessero sradicarla dalla realtà e condurla verso una dimensione parallela, fatta di sogni, felicità e spensieratezza. Lesse più e più volte, non sicura di aver ben compreso ciò che stava accadendo.

Non è possibile, continuava a ripetersi nella testa, troppo eccitata ed incredula per poter rendersi conto di cosa quelle parole volessero veramente dire. Ma nell'esatto istante in cui ricominciò a leggere per la quarta volta, il campanello di casa la svegliò brutalmente dallo stato di trans in cui era inevitabilmente caduta.

Sollevò lo sguardo sulla porta davanti a lei ed aggrottò la fronte, chiedendosi se i suoi genitori si fossero dimenticati qualcosa. Cercando di accantonare l'entusiasmo ed acquisire nuovamente un atteggiamento più posato, andò ad aprire.

L'ossigeno le mancò, il pavimento sembrò tremare sotto i piedi, cosa che la portò a cercare sostegno nella porta. Quegli occhi castani che aveva temuto di non rivedere mai più erano davanti a lei, che la fissavano pieni di sentimenti contrastanti. Amore, odio, impazienza, paura. Un milione di domande le invasero la mente e non seppe nemmeno dire se fosse giusto esternarle. Al momento, sapeva solo che le parole avevano all'improvviso perso importanza o forse non riusciva semplicemente a dar voce ai suoi pensieri così ingarbugliati fra loro. La voglia di abbracciarlo faceva a botte con l'insicurezza e la paura di fare qualcosa di sbagliato, così si limitò a boccheggiare, per niente certa sul da farsi. Le era mancato disperatamente; dal suo sguardo, al suo tocco delicato e la voglia di stringerlo e non lasciarlo andare mai più era terrificante.

Beh, visto che non ho mai fatto una cosa simile prima d'ora, direi che questa è la reazione che speravo di ottenere.” sorrise lievemente il chitarrista, facendola sentire incredibilmente stupida. “Posso entrare?”

Ingie si trovava ancora immobile, nella stessa posizione, da quando i loro sguardi si erano incrociati per la prima volta. Il suono della sua voce, così profonda e mascolina, era stato per lei come uno schiaffo in pieno viso e si disse che mai ne aveva sentite di più belle.

Come un automa, si fece da parte per farlo passare, fino a richiudere la porta.

Scusami, sono –” balbettò, di nuovo di fronte al ragazzo. Si passava le mani fra i capelli con fare impacciato ed i suoi occhi non riuscivano a sostenere il suo sguardo per più di qualche secondo. Era incredibilmente strano averlo nuovamente davanti a sé, in casa sua. “Sono solo un po' sorpresa.” disse a fatica. Tom annuì distrattamente, senza dire una parola. Il suo sguardo era tornato serio e la scrutava con attenzione, come volesse scavarle nell'anima. “Come hai trovato casa mia?”

Fu la prima domanda che le venne spontaneo porre. Il ragazzo le aveva strappato anche l'ultima briciola di raziocinio di cui disponeva.

Amanda.” fu la semplice risposta di Tom e ad Ingie parve tutto chiaro ed ovvio. Tutte le informazioni che Amanda aveva preteso da lei non potevano essere state fini a se stesse. “Comincio a sentirmi stupido.” disse poi il ragazzo, portando le mani nelle tasche posteriori dei suoi jeans, ma senza abbandonare mai la figura della mora, la quale aveva sempre meno idea di come comportarsi.

Vuoi qualcosa da bere?” domandò a quel punto lei, dirigendosi nel frattempo in cucina, per cercare di toglierli dall'impaccio. Sentì il chitarrista seguirla e quasi percepì la schiena bruciare sotto i suoi occhi. “Ho solo acqua.” aggiunse, aprendo il frigo.

Va bene.” rispose Tom, sedendosi al tavolo. Ingie nel frattempo aveva posato la lettera ricevuta dalla compagnia di ballo sul bancone. Quando gli ebbe riempito un bicchiere d'acqua, glielo porse, sedendoglisi poi di fronte. “Grazie.” mormorò il ragazzo, prima di sorseggiare un po' del liquido fresco, così violento contro il caldo afoso di Luglio. Ingie si chiedeva quali fossero le sue intenzioni. Per aver intrapreso un viaggio lungo tutte quelle ore, doveva essere stato mosso da un desiderio molto forte ed incontenibile, poiché sapeva che era molto difficile per lui mettere da parte l'orgoglio, se ferito. Si torturava le mani, osservandolo senza pronunciare parola. Improvvisamente si era dimenticata di come si svolgessero le loro chiacchierate, le loro manifestazioni d'affetto, i loro momenti di intimità. Si sentì per la prima volta estranea a quella persona, intimidita da lui, forse perché sapeva di portare sulle spalle una colpa non indifferente. Quando gli occhi del ragazzo tornarono a scrutarla, sentì nuovamente il cuore mancare un battito. “Bill mi ha detto che con i tuoi va tutto bene.”

Fu sorpresa da quella frase. Non pensava potesse dare vita alla conversazione con qualcosa di apparentemente carino nei suoi riguardi. Si sarebbe aspettata durezza, freddezza ed indifferenza, ma sapeva bene che per Tom era impossibile non mostrare al mondo la grandezza del suo cuore. Sapeva che, prima di tutto, teneva alla sua felicità, cui si era dedicato durante la sua intera permanenza in Germania.

Sì.” annuì lei, insicura. “Hanno saputo guardare oltre.”

Si maledì mentalmente per quell'uscita involontariamente ambigua e pregò che Tom non la prendesse come qualcosa contro di lui. Non era nella posizione giusta per poter parlare a quella maniera.

Beh, io te l'ho sempre detto.” ribatté lui, per suo sollievo. “Sono i tuoi genitori. È normale per loro guardare oltre.” Parlava con calma ed Ingie non capiva se si trattasse di freddezza, serietà o quiete. “Anche io l'ho fatto, d'altronde.”

Abbassò lo sguardo, non più in grado di reggere il suo, e sorseggiò un po' d'acqua, percependola gelida lungo la sua gola. Una parte di lei avrebbe voluto gettare a terra quel bicchiere, fare di corsa il giro del tavolo e ricordarsi com'era fare l'amore con lui; l'altra, quella più razionale, sapeva che qualcosa stava per cambiare e che ciò avrebbe portato ad una decisione sofferta, che avrebbe fatto male ad entrambi. Il solo pensiero le procurava una dolorosissima morsa allo stomaco, che sembrò divorarla dall'interno.

Lo so.” soffiò la ragazza, tornando ad osservarlo in viso. “E non sono nemmeno sicura di meritarmelo.”

Quella frase nascondeva molte più verità di quanto lui potesse pensare.

Se ho fatto una follia simile, forse vuol dire che un po' te lo meriti.” Il lieve sorriso che si era formato sul volto del chitarrista la fece solamente soffrire di più e chiedere perché tutto nella sua vita accadesse in tempi sbagliati. “Il mio vero problema sei tu.” Rabbrividì a quell'ultima ammissione, pronunciata di nuovo con la serietà negli occhi. “Per quanto abbia cercato di odiarti... È più forte di me, non ci riesco.” E per la prima volta desiderò che ci riuscisse e che cominciasse a nutrire per lei tutto l'odio che si era meritata e che avrebbe meritato di lì a pochi istanti. “Mi manchi, Ingie. Stavolta sono io a mettermi completamente a nudo, davanti a te.” Si aggrappò al tavolo poiché aveva paura di cadere a terra, senza forze, e si chiese se fosse un bellissimo incubo.

Io non – non so cosa dire.” balbettò. Desiderò bruciare viva, piuttosto che affrontare il suo sguardo. Ricominciò a torturarsi le mani, come schizofrenica. “È tutto così inaspettato.” Si sfregò la fronte in difficoltà. “Dio.” Strinse ancora le palpebre.

Non volevo agitarti.” commentò Tom, quasi in colpa, cosa che la portò a riaprire gli occhi.

Non sei tu. Siamo io e la mia vita, che non andiamo mai per il verso giusto.” Lo sguardo di Tom si fece perplesso ma non disse una parola, probabilmente per lasciarle esprimere tutto ciò che provava. “Non posso credere di dover veramente dire una cosa simile.” le tremò la voce, prima che sollevasse nuovamente il capo per guardarlo attentamente nelle pupille, mentre un dolore simile a coltellate nella schiena le ricordava quanto ancora una volta fosse codarda. “Tom, io non posso venire con te.”

La bomba era stata scagliata; ora doveva solamente attendere i suoi effetti. Lo sguardo perso, quasi scioccato, del ragazzo fu insopportabile da vedere. Per un attimo non parlò, come alla ricerca delle giuste parole da pronunciare, poi la scrutò con una luce malinconica ma soprattutto incredula nelle iridi castane.

Aspetta. Tu cosa intendi? Perché, sai, io potrei interpretare questa frase in tanti modi diversi. Non puoi venire con me in senso metaforico o fisico? Io...”

Straparlava. Ingie pregò di non vederlo più così. Sembrava per la prima volta spaventato da ciò che avrebbe potuto rispondere, motivo per cui continuava a gesticolare eccessivamente, accompagnando quel suo fiume di parole quasi insensato.

Non posso venire in Germania con te.” mormorò a quel punto la mora. “Non – non possiamo stare insieme.”

Pronunciare quelle parole le era costato più del previsto. Fu come dover per la prima volta affrontare disarmata una realtà che le stava stretta, che la faceva soffrire nel cuore e nell'anima. Aveva aspettato fino a quell'istante un passo da parte del chitarrista, poter finalmente stare con lui e vivere la sua storia, come l'aveva desiderata. Eppure, nel giro di pochi minuti, era giunta a casa una semplice lettera. Una lettera che era stata in grado di mutare radicalmente gli eventi, contro ogni pronostico. Una lettera che assieme alla gioia, le aveva portato tanto dolore.

Tom si portò improvvisamente una mano al viso.

Oh Cristo.” mormorò. “Oh Cristo.” ripeté come si fosse reso conto per la prima volta di ciò che stava accadendo. Quando tornò a guardarla, sembrò incredulo. “Tu mi stai dicendo di no. Cazzo, Ingie, mi stai dicendo di no!” Aveva alzato la voce, alzandosi all'improvviso, facendola sobbalzare. “Tredici ore d'aereo, tredici fottutissime ore d'aereo.” continuava a ripetere come in una cantilena, massaggiandosi le tempie mentre faceva avanti e indietro per la cucina. Quando si voltò di nuovo verso di lei, quasi ebbe paura. “Ti prego, dimmi che è uno scherzo. Dimmi che è tutto un dannatissimo scherzo, Ingie.” Quei suoi occhi imploranti e distrutti furono anche troppo. Decise che avrebbero parlato i fatti al suo posto, così si alzò dalla sedia e recuperò dal bancone la lettera che ora pareva infuocata. Quando tornò a sedersi, la poggiò sul tavolo, in direzione del chitarrista, ed attese in silenzio. Tom, ora accigliato, prese posto di nuovo di fronte a lei e la avvicinò a sé. Ingie cercò di respirare regolarmente, senza mai perderlo d'occhio, così che potesse catturare ogni minima sfumatura nel suo sguardo, ogni minimo cambio d'espressione. Lo scrutò leggere attentamente per qualche secondo, senza proferire nemmeno un fiato. “Ti hanno presa.” mormorò il ragazzo all'improvviso, più a se stesso, come volesse metabolizzare quella notizia a piccole dosi.

Credevo non ti avrei più visto.” parlò lei a fatica, cercando di sostenere il peso del suo sguardo ormai vuoto. “E ho deciso di tentare, proprio come mi avevi detto tu.” Tom ancora non disse nulla, troppo impegnato ad osservare la lettera fra le sue mani. “Io, non so, mi sono detta che forse avrei fatto bene a seguire il tuo consiglio. Che forse avrei realizzato il mio sogno e quello di Tom.” Al suono di quel nome, il chitarrista sollevò nuovamente lo sguardo su di lei, stavolta triste. “Il contratto che dovrò firmare richiederà completa disponibilità per le tournée. Non riusciremmo mai a vederci, capisci?” Il cuore accelerò il battito. “Tu hai il tuo lavoro, io sto per avere il mio. Nulla combacia, passeremmo il tempo a litigare perché non riusciremmo ad incastrare i nostri impegni. E siamo a tredici ore di distanza.” Scosse la testa, chiudendo gli occhi. “Io non ce la posso fare, Tom.”

I secondi di silenzio che susseguirono le fecero paura perché non poteva sapere cosa il ragazzo avrebbe detto o fatto ed il suo sguardo così enigmatico certamente non le suggeriva nulla.

Stai scappando di nuovo.” mormorò lui all'improvviso, gelandola nell'immediato. Quell'affermazione valeva più di qualsiasi altra parola o addirittura schiaffo. Forse uno schiaffo le avrebbe fatto meno male. “Tu continui a scappare, Ingie. La tua vita è tutta una fuga ma non è così che funzionano le cose. Non puoi, alla minima difficoltà, arrenderti e fuggire mandando tutto a puttane come se niente avesse valore. Non sono gli altri che ti rovinano la vita, Ingie, sei tu.”

Copiose lacrime si erano accumulate sugli occhi della mora, rendendo meno nitida la figura di Tom, in quel momento così serio, così sincero.

Aveva ragione; sapeva che tutto ciò che aveva appena finito di esternarle in maniera così schietta e quasi sfrontata era la pura e semplice verità con la quale lei ancora non riusciva a fare i conti. Scappare le era sempre parsa la scelta più facile e veloce ma non aveva mai tenuto conto del dolore che questo causava attorno a lei, alle persone che facevano di tutto per aiutarla senza però ottenere risultati. Tuttavia, era più forte di lei: la paura avrebbe sempre avuto la meglio.

Io sono fatta così, Tom. Penso che tu non possa ridurre la tua vita a stare con una persona come me.” soffiò con un lieve sorriso intriso di tristezza e dolore, ma ciò non sembrò intenerire il ragazzo. Al contrario, parve più livido di rabbia.

Non ci provare, Ingie. Con me non funzionano questi mezzucci per ribaltare i ruoli. Ora non usare la scusa del 'sei troppo per me, non ti merito'. Decido io come ridurre la mia vita. Decido io con chi stare o meno. Mi sembra di averti capita sin dall'inizio con tutte le tue stranezze, i tuoi problemi ed il tuo carattere così instabile. Ti ho conosciuta abbastanza per poter dire che, sì, voglio stare con te, anche se potresti essere la persona più sbagliata per me.”

Quelle parole la colpirono nel cuore e per un attimo fu tentata di ritornare sui suoi passi. Lo amava disperatamente e ciò che stava succedendo non andava a suo favore, nonostante le apparenze. Quanto poteva essere dura rinunciare a quella maniera all'amore? Quanto poteva essere meschino ed insensibile?

Tom, non mi rendere le cose più difficili, ti prego.” fu tutto ciò che riuscì a dire con estrema fatica, sotto il suo sguardo sempre più corrucciato.

Io non ho esitato a prendere un cazzo di aereo, Ingie.” La ragazza chiuse gli occhi addolorata. Non riusciva a sostenere oltre i suoi occhi, così puri rispetto a lei. “Ma vedo che con te queste stronzate non servono.”

Sobbalzò quando lo sentì alzarsi dalla sedia con fare nervoso ed esitò prima di fare altrettanto.

Per me non sono stronzate. Significa molto, invece.” la sua voce tremò, poiché una lacrima salata le era sfuggita al controllo. Quella volta, nemmeno provò a scacciarla; ormai, aveva visto tutto di lei, anche i suoi lati più deboli.

Non abbastanza, evidentemente, dato che non stai esitando a mandarmi via.”

Credi che per me sia facile, Tom?!” Stavolta fu lei ad alzare la voce, risentita. Non poteva sopportare che il chitarrista la considerasse così vuota. “Io non so che razza di idea tu ti sia fatto di me e forse ne hai anche il diritto, considerati i miei precedenti. Ma non puoi parlare come se non mi stessi mangiando il fegato nel dirti queste cose!” Le lacrime, ormai, non avevano più barriere. “Io sto cercando di essere il più razionale possibile per te, per me, per tutti quanti!”

Tu credi sempre di agire per il bene di tutti! Credi sempre di sapere cosa sia giusto o sbagliato, quando invece fai solo errori più grossi di te! Ormai ne sei sommersa, Ingie!”

Sarà ciò che mi merito, allora!”

Smettila di fare la vittima! Puoi cambiarla, questa vita, se ti sta davvero così stretta!”

Fai sempre tutto facile!”

Quello che vedo è che tu neanche ci provi perché forse non sei nemmeno così interessata a farlo.”

Ingie per qualche attimo non seppe cosa rispondere, scrutandolo quasi scioccata per quella sua affermazione. Davvero stava mettendo in dubbio i suoi sentimenti? Davvero stava mettendo in dubbio tutto ciò che avevano vissuto insieme, le sue lacrime, le sue parole ed ogni cosa?

Allora, apri bene le orecchie, Tom, una volta per tutte.” Abbassò il tono ma mai in vita sua era stata più seria. “Io mi sono innamorata di te.” A quell'ammissione, credette di cadere a terra. Il cuore aveva smesso di battere e non riuscì a contare i secondi di apnea che aveva dovuto sopportare, davanti ai suoi occhi sgranati. Non riusciva a credere di avergli confessato i suoi veri sentimenti senza riflettere; aveva agito d'impulso come sempre, ma l'aveva ritenuto necessario. Non poteva permettere che se ne andasse di nuovo, ricordandola unicamente come una seconda Ria. “Li vedi, i miei occhi? Prova a mettere ora in dubbio tutto quanto. Abbi il coraggio di guardarmi in faccia e dimmi che sto mentendo e che non me ne frega un cazzo di te.” Le sue mani tremavano così forte che quasi credette di perderne la sensibilità. “Io non so cos'altro fare per dimostrarti quanto io soffra nel mandarti via e quanto mi costi starti lontana. E se non credi nemmeno a questo, mi arrendo.”

Nelle sue iridi non leggeva più la rabbia che l'aveva assillato fino a quel momento; ora vi era una sfumatura di malinconia, quasi di disperazione.

Allora non mi mandare via.” sussurrò come senza forze. “Non ti arrendere, senza prima provarci.” La stava implorando, lo sapeva. Aveva accantonato ogni singolo rimasuglio di orgoglio per aprirsi completamente a lei e renderla partecipe delle sue emozioni; lei non lo stava ripagando con la giusta moneta. “Potremmo trovare una soluzione.”

Ingie scosse quasi impercettibilmente la testa. Di nuovo quel masso sul cuore.

Non me la sento, Tom.” Quasi fece fatica lei stessa ad udire tali parole; le aveva pronunciate in un soffio, come intimorita. “Scusami.”

Sapeva benissimo che le scuse non sarebbero servite a nulla; non l'avrebbero pulita dell'immagine della menefreghista, egoista di cui si era macchiata senza fatica. Ma una cosa, la sapeva e valeva più di ogni altra pugnalata al cuore: Tom non l'avrebbe mai più perdonata. Le aveva concesso un'ultima possibilità, ne era consapevole, e lei l'aveva gettata nella pattumiera, assieme alla sua dignità.

Lo vide annuire appena, a pugni stretti e con le tempie pulsanti.

Bene.” concluse apparentemente tranquillo ma con la delusione negli occhi. “A questo punto, posso anche togliere le tende.”

Tom...”

No, Ingie. In questo momento, l'unica cosa di cui ho bisogno è lasciare immediatamente New York.” Ingie si sentiva un essere spregevole, la cattiveria personificata. Tom era atterrato da meno di un paio d'ore dopo un lungo ed estenuante viaggio. Il fatto che ripartisse senza nemmeno riposare la rendeva ancora più mostruosa. Vederlo camminare in direzione della porta di casa fu per lei straziante ma cercò di combattere con le poche forze che le erano rimaste per lasciarlo andare. Continuava a ripetersi che era per il bene di entrambi ma cominciava a non credervi nemmeno più. L'idea di non rivederlo, quella volta per sempre, era insopportabile, ma forse sarebbe stata la soluzione migliore. “Una cosa però.” La prese nuovamente in contropiede, voltandosi di nuovo nella sua direzione con una mano sulla maniglia, pronto ad uscire. “Io avrei sopportato la distanza, per te.” le disse, serio. “Perché io ti amo davvero.”

La casa, il mondo, tutto le crollò addosso, schiacciandola e soffocandola. All'improvviso, gli occhi di Tom erano divenuti due tizzoni cui lei non poteva sottostare. Il pavimento sotto di lei sembrò tremare di nuovo ed una voragine aprirsi sotto i suoi piedi, facendola precipitare in un orrendo baratro.

Tom la amava.

Quella nuova consapevolezza premeva nel suo cervello con violenza, mozzandole il respiro. Ora tutto si era fatto più difficile; egoisticamente, desiderò non averlo mai saputo. Come avrebbe fatto a vederlo uscire da casa sua e dalla sua vita per sempre, sapendo che l'amore che provava per lui non viaggiava a senso unico?

Doveva essere folle.

Il fiatone le impediva di parlare ma era sicura che il suo sguardo racchiudesse molto più di ciò che il chitarrista potesse semplicemente udire dalla sua voce e pregò perché lo afferrasse nella sua interezza.

Una nuova lacrima le sfuggì al controllo ma non mosse un muscolo, non ce la fece. L'unica cosa cui riusciva a pensare era di non perdere quella determinazione – giusta o sbagliata che fosse – che l'aveva accompagnata fino a quell'istante.

Quasi riuscì ad avvertire il rumore del suo cuore che si frantumava in tanti piccoli pezzetti, nell'esatto momento in cui il ragazzo – dopo averla osservata per un ultimo, breve minuto – uscì dall'appartamento, chiudendosi la porta alle spalle.





***





Il suono di quel ti amo era ancora impresso nella sua memoria, indelebile. Ricordava di non avervi dormito per settimane, annullandosi completamente come persona, e di avervi pianto fino allo sfinimento. Non lo aveva mai più sentito dal quel giorno, era ovvio, ma la cosa che più era stata dura da ingoiare fu che nemmeno Bill aveva più dato segni di vita. Sapeva che era furioso con lei, era comprensibile. L'aveva deluso per la seconda volta, nonostante le avesse dato la possibilità di rimediare e la fiducia che non aveva meritato. L'unica persona che ancora la teneva aggiornata sulla vita in Germania, ormai saltuariamente, era Amanda. Lei era stata l'unica – forse perché donna – a capire i suoi reali sentimenti e a sostenerla in quella sua scelta così sofferta sin dal primo giorno.

Non sapeva dire se fosse ancora innamorata del chitarrista. Forse no; ma certo era che ancora rappresentava una fonte di grande emozione per lei, perché ciò che avevano condiviso non poteva essere dimenticato. Era stato troppo forte e travolgente.

Finalmente, mise in moto la macchina e si immise in strada, in mezzo al turbinoso traffico newyorchese che le faceva compagnia ogni mattina. Adorava la sua città, per quanto caotica potesse essere; la folla, il brusio, i clacson, se per qualcuno rappresentavano motivo di fastidio, per lei erano quasi piacevoli.

Una ventina di minuti più tardi, si trovava davanti alla sede della sua compagnia di ballo, un edificio grigio apparentemente inospitale. Non appena fece il suo ingresso, i suoi compagni la raggiunsero con un sorriso.

Lo so, sono in ritardo.” borbottò, gettando a terra il proprio borsone. “Come mai non siete già in sala?” domandò poi, sorpresa di averli trovati perfettamente asciutti e intonsi.

Roy aspettava che ci fossimo tutti. Dice che deve comunicarci qualcosa di importante.” rispose Ty dall'alto del suo metro e novanta.

Ingie si chiese cosa il loro coreografo avesse per la mente così, senza fare ulteriori domande, seguì i ragazzi in direzione della sala.

Doveva ammettere che non era stato difficile divenire un gruppo ben amalgamato; volersi bene era stato qualcosa di incredibilmente naturale, forse alimentato dalla passione che li accomunava. Erano in sette e nessuno, fino ad allora, aveva manifestato il minimo disappunto nei confronti dell'altro. Certo, le discussioni prendevano luogo sporadicamente, ma il tutto finiva in pochi istanti. Ingie sentiva di aver trovato un posto sano, delle persone affidabili e di valore. Ty era il ragazzo più grande; il classico bel tipo e consapevole di esserlo, in grado di sterminare qualsiasi donzella con un solo sguardo. Adam era il bizzarro del gruppo, con le sue movenze effeminate e la sua omosessualità fieramente dichiarata. Keri, diciannovenne, era la più piccola e veniva spontaneo proteggerla in ogni situazione. Page, soprannominata 'Miss Hilton', era la classica germofobica terrorizzata dal più piccolo e mostruoso granellino di polvere che potesse incrociare il suo cammino e la passione, o meglio ossessione, per tutto ciò che concernesse cure di bellezza era un perfetto eufemismo. Sid era una dispensa vivente di ironia e perversione che non esitava a mettere in pratica su qualsiasi essere umano di sesso femminile. Infine, c'era Milo, un tenero ventenne che qualunque ragazza avrebbe scelto come peluche da strapazzare. L'affiatamento che si era creato fra loro era stupefacente e ciò si poteva notare in particolar modo durante le loro esibizioni; l'alchimia, il feeling erano particolari che il pubblico poteva facilmente percepire nelle ossa ed Ingie si sentiva davvero fortunata a far parte di quel nucleo.

Una volta entrati in sala, scorsero Roy seduto sul parquet, con la schiena poggiata all'enorme specchio che copriva l'intera parete, in attesa.

Ciao, Roy, scusa.” disse Ingie non appena i loro sguardi si incrociarono e lui, in risposta, le sorrise tranquillo.

Sedetevi, vi devo parlare.” annunciò, di umore incredibilmente sereno. I ragazzi si sedettero in cerchio, davanti a lui, curiosi di sapere cosa stesse loro per comunicare. “Come sapete, ho spedito dei video con le nostre coreografie fuori America. Qui siamo molto conosciuti ma all'estero, per forza di cose, meno. Ieri ho ricevuto una mail dalla Germania.” Ingie percepì i propri muscoli irrigidirsi, in una spontanea reazione. “Non so se siate a conoscenza di un Talent tedesco, DSDS, ma probabilmente no.” Le facce spaesate ed interrogative gli suggerirono che nessuno sapesse di cosa stesse parlando. Ingie, dal suo canto, aveva sentito un forte brivido lungo la colonna vertebrale al suono di quel nome, poiché qualcosa le diceva che non le era del tutto nuovo. Cercò di frugare nei cassetti della memoria e capire da dove poterlo recuperare ma ancora nulla le giunse in aiuto. “In poche parole, il sedici Marzo andrà in onda il primo Live con tutti i concorrenti e le loro esibizioni. Vi vorrebbero come corpo di ballo.” Il brusio che si levò in sala fece sorridere Roy, il quale si prese un momento di pausa per osservare le loro reazioni. Ingie fu, a primo impatto, piacevolmente sorpresa e pensò che fosse una notizia molto positiva per la compagnia, ma il nome di quel programma continuava a suggerirle qualcosa di ignoto, che la rendeva un tantino agitata. “Io credo che sia un buon inizio per farsi conoscere anche all'estero ma ho voluto prima parlarvene per sapere che ne pensate. Tanto la decisione finale è comunque mia.”

Quell'ultima affermazione suscitò lievi risate, fino a che tutti non tornarono seri, pronti a fare domande.

Quindi come funzionerebbe tutto quanto?” fu la prima, posta da Milo.

Il Live si svolgerà ogni sabato sera. Il contratto richiede disponibilità fino al diciotto Maggio, quindi si tratterebbe di un soggiorno di quasi tre mesi a Cologne. Vitto e alloggio pagati.” spiegò il coreografo.

Noi dovremmo ballare durante le esibizioni dei concorrenti?” intervenne Page.

Sì, a volte insieme, a volte da solisti, altre a gruppo dimezzato. Insomma, è molto libera come cosa.”

Le coreografie, le prepari sempre tu?” chiese a quel punto Sid.

Certo.” annuì il trentenne. “Allora, che ne dite?”

Beh, io dico che è una gran, bella idea.” sorrise Ty. “Più ci facciamo conoscere, meglio è.”

Quando dovremmo partire?” si informò di nuovo Page.

Considerando che il primo Live si svolgerà il sedici e che ci occorre almeno una settimana per preparare le coreografie, direi che massimo il sette Marzo dobbiamo essere in Germania. Anche perché dobbiamo discutere le varie cose, dare un'occhiata allo studio, capire come funziona tutto quanto, dove siamo...” Ingie pensò immediatamente a Luke e sperò con tutto il cuore che non si opponesse a tale decisione; solitamente era d'accordo con ogni suo impegno con la compagnia ma capitava, a volte, che reclamasse i suoi diritti di fidanzato, come li definiva lui. “Bene, allora, oggi darò la conferma. Ora iniziamo a lavorare.”





***





Aveva un disperato bisogno di buttarsi sotto il getto caldo della doccia.

Quando scese dalla sua macchina, si affrettò ad aprire la porta di casa; i muscoli imploravano riposo, vista la mole di lavoro cui ultimamente li stava sottoponendo. Era mezzogiorno e mezza e la fame reclamava – anche lei, come Luke – i suoi diritti. Gettò le scarpe in corridoio, senza curarsi di ordinarle in un angolo, ed entrò in cucina da dove recuperò una brioche alla crema.

Se Roy mi vedesse, farebbe diventare me una farcitura.

Addentò la brioche, quasi con foga, e si incamminò nuovamente verso il corridoio, con le guance gonfie. All'improvviso però, impuntò sui propri piedi, non appena Luke le apparve di fronte, inaspettatamente.

Lu...!” esclamò a bocca piena, cercando al contempo di masticare ed ingoiare sotto lo sguardo estremamente divertito del ragazzo.

Fame?” le chiese ironico, con un sopracciglio sollevato.

Ingie quasi si strozzò per ingoiare le prove.

No.” borbottò, facendolo ridacchiare. Le si avvicinò, circondandole la vita con le braccia, intenzionato a stringerla a sé con fare volutamente sensuale. “Devo farmi una doccia, puzzo.” lo mise in guardia, portandogli nel frattempo le mani al petto, con l'intento di allontanarlo.

Ho sopportato di peggio.” sorrise lui, guadagnandosi un pugno sul braccio in risposta, prima di riuscire a baciarla sulle labbra ancora dolci. “Non sono andato via perché volevo pranzare con te.” le disse poi con dolcezza, mentre la lasciava andare.

Ingie avrebbe dovuto mettere in chiaro alcune cose riguardo quella sua insistente presenza in casa sua; non che le dispiacesse passare del tempo insieme, ma quando aveva acquistato quell'appartamento, l'aveva fatto per appropriarsi dei suoi spazi vitali e non dover dipendere da nessuno. Luke, come era ovvio, trascorreva molto tempo con lei e passava spesso le notti nel suo letto, ma accadeva anche che pretendesse – senza palesarlo – di mangiare insieme ad ogni ora, trasformando quella sorta di compagnia nel principio di una spaventosa convivenza. Il solo nome la faceva rabbrividire, contrariata. Aveva ventuno anni e fra i suoi progetti di vita, non vi era nulla che potesse rimandare a quel concetto così seccante.

Io invece ho una novità da darti, riguardante la compagnia. Faccio la doccia e poi te ne parlo.” gli riferì camminando nel frattempo in direzione del bagno.

Sai, anche io mi devo lavare.”

Ingie sorrise divertita.

Vorrà dire che aspetterai il tuo turno.” ribatté, vipera, per poi chiudergli la porta in faccia.

Con un sospiro, estrasse il cellulare dalla tasca dei jeans. Quell'enorme dubbio le stava bruciando ogni neurone, uno ad uno, e finché non avesse scoperto se il suo sospetto fosse fondato o meno, sapeva che non vi avrebbe nemmeno dormito.


Amanda, come hai detto che si chiama il nuovo programma cui Tom e Bill stanno partecipando, in Germania?


Premette invio senza pensare un attimo di più. Di lei si poteva fidare.

La doccia durò più del previsto e si chiese se Luke l'avesse data per morta o si fosse semplicemente rassegnato alle sue tempistiche. Avvolta nell'accappatoio, diede un'occhiata al telefono – ancora privo di risposta – ed uscì dal bagno.

Luke stava servendo a tavola due piatti pieni di pasta.

Mmh!” sorrise lei con l'acquolina. “Ci voleva un bel piattone di pasta.” commentò con soddisfazione, mentre percepiva il proprio stomaco brontolare eccitato.

Dopo una brioche alla crema.” la prese in giro lui.

Zitto, faccio tanto movimento.” ribatté la mora fintamente offesa, per poi portarsi alla bocca la prima forchettata.

Buon appetito.” fece Luke con sarcasmo, sedendosi a tavola, di fronte a lei. “Certo che è sempre un piacere vederti mangiare.” ridacchiò inaugurando anche lui il pranzetto con il primo, consistente boccone. Doveva ammettere che se la cavasse egregiamente in cucina; spesso, al suo ritorno, le faceva trovare ottimi pranzetti o cenette che suscitavano in lei un delizioso languorino, pur nella loro semplicità. “Allora, che mi dovevi dire?” le sorrise dopo qualche istante in cui entrambi si erano immersi completamente nel cibo.

Oh.” fece Ingie, come illuminata, dopo essersi portata il tovagliolo alle labbra. “Ricordi che da un po' di tempo Roy aveva spedito dei video all'estero?” domandò ed attese il suo assenso con il capo. “Beh, pare che abbia ricevuto una risposta dalla Germania.” Gli lanciò un'occhiata per scorgere una sua reazione, visto e considerato che anche per lui il discorso Germania era piuttosto delicato. “Ci vorrebbero come corpo di ballo per un Talent a Cologne.” Fece una pausa, scorgendo le sue sopracciglia inarcarsi con sorpresa. “E dovremmo partire entro il sette Marzo, per una permanenza di circa tre mesi. Vitto e alloggio pagati.”

Adesso urla, si disse nella mente. Attendeva quasi con ansia il suo responso – che a poco sarebbe servito, dato che Roy aveva già firmato le carte – senza proferire parola.

Beh...” esordì lui dopo essersi schiarito la gola. “Complimenti.” le sorrise poi, contro ogni previsione.

Ingie, dal suo canto, aggrottò la fronte decisamente sbalordita da quella risposta.

Non sei arrabbiato?” le venne spontaneo domandare, sentendosi per un momento stupida.

Perché dovrei esserlo? È il tuo sogno.” ribatté lui con una scrollata di spalle, come fosse la cosa più semplice del mondo e la mora si sentì estremamente grata. “Non potrò stare a Cologne per tutti e tre i mesi ma posso fare avanti e indietro un paio di volte.” Ingie annuì appena. L'aveva immaginato fin da subito, lui avrebbe avuto problemi con il lavoro, ma – conoscendolo – avrebbe in ogni caso trovato il modo di raggiungerla il più spesso possibile. “Sono contento, Ingie. Davvero. Ve lo meritate.” le sorrise poi, sollevandosi dalla sedia per raggiungerla dall'altro lato del tavolo, dove le prese il mento con le dita e le sfiorò le labbra con le sue. Lei gli portò le braccia attorno al collo e si lasciò stringere per qualche secondo, fino a che non tornarono a sedersi al loro posto.

Ingie cominciava a percepire l'adrenalina nelle vene, quella vera, quella che provava ogni qual volta le sue scarpe calpestassero un palco e le sue orecchie si beassero degli applausi e delle urla del pubblico ad una loro acrobazia. Il ballo era la sua vita; l'aveva sempre saputo ma ultimamente stava realizzando quanto fosse indispensabile, quasi vitale nella sua esistenza. E se vi era una sola persona che doveva ringraziare al mondo per la piega che la sua vita aveva preso – dal punto di vista lavorativo – quella era in Germania, lontana da lei, sia fisicamente che mentalmente. Avrebbe tanto desiderato condividere quelle belle notizie con Tom, così come avrebbe desiderato trascorrere le sue giornate e le sue nottate con lui ed il solo pensiero le impediva di sollevare lo sguardo su Luke; ancora una volta si sentiva una traditrice. Eppure, stava facendo di tutto per andare avanti e mantenere saldo quel rapporto perché teneva particolarmente al biondo, nonostante non ne fosse innamorata come una volta.

All'improvviso, il suo cellulare segnalò l'avviso di un messaggio in arrivo ed il cuore le fece un balzo in petto. Il pensiero che potesse essere Amanda la agitò e non era sicura di voler leggere la risposta alla sua domanda. Senza che Luke lo notasse, deglutì un paio di volte e con mano tremante afferrò l'I-Phone che il chitarrista le aveva regalato per Natale. Bruciava a contatto con la sua pelle.

Forza, si disse. Aprì la cartella ed il mondo parve crollarle di nuovo addosso, come in quella lontana giornata di Luglio. I suoi occhi lessero più e più volte quella sigla, chiedendosi se fosse un incubo o meno.


DSDS


Quello era un dettaglio che Luke non era costretto a sapere.





-------------------------------





Eccomi qua, come promesso, con il sequel di Coming Home. Che dire, io spero di ritrovare tutte le persone che avevano seguito la storia precedente e di trovarne anche di nuove. Il primo capitolo, in quanto tale, ho dovuto renderlo molto descrittivo, perché era necessario per spiegare la situazione attuale e presentare i nuovi personaggi, i quali avranno tutti dei ruoli – chi più chi meno – non insignificanti. Spero comunque non sia stato noioso. Vi aspettavate un cambiamento simile? Vi ho sorpreso o è andato tutto secondo le vostre ipotesi? Spero che come inizio vi “intrighi” e che mi facciate sapere che ne pensate; ormai sapete quanto io tenga a conoscere i vostri pareri personali (:
Niente, detto questo, vi lascio e spero che intraprendiate questo “nuovo percorso” assieme a me (:
Un bacione a tutti.



Kyra.

  
Leggi le 14 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: _KyRa_