Illustrazione di Ron Hicks
Fin
da quando ero giovane
sapevo
che ti avrei trovato
Ma
il nostro amore è una canzone
cantata
da un cigno morente.
E
nella notte
Mi
senti chiamare...
E
nei tuoi sogni ci vedi cadere.
La
caduta.
(traduzione 'Oblivion'
di M83 feat Susanne Sundfor)
Amore Sospeso
Apprezzai
il distacco dagli occhi di B, e dai suoi ricordi, non appena la mia testa si
mosse con lentezza verso terra. Il pavimento di moquette verdognola, venne
messo a fuoco lentamente sotto il mio sguardo e mi era sembrato di essere stata
in uno stato paradossalmente simile alla trance. Il racconto di Beyond mi era passato così bene davanti, che ne apprezzai
ogni momento, fatto, movimento con spaventoso realismo; ogni parola sembrò
pronunciata dai suoi occhi e non dalla bocca.
Quanto
mi bruciò il petto! Un dolore del genere non lo avevo mai provato.
Forse
era a causa di A, forse era per la
descrizione del cinico e insensibile L, forse era per la vita che aveva vissuto
B in quell'istituto o forse era la personalità di B, stravolta, violentata,
violenta, passionalmente vendicativa.
Forse
capii che qualcosa si frapponeva tra me e lui, ed era la verità.
Lui
sapeva fin dal primo momento in cui ci eravamo incontrato che la verità ci avrebbe separato di
netto, proprio come un taglio che non si rimargina e che lascia scorrere
l'essenza della vita, senza riuscirla più a
contenere. Sapeva che lo avrei visto alla stregua di un nuovo estraneo entrato
a far parte della mia monotona vita, sapeva che lo avrei visto da lontano,
senza che nulla ci potesse far avvicinare; nessuna circostanza, nessuna
variabile. Non saremmo dovuti stare insieme. Beyond Birthday, si era fatto attrarre da una persona normale e
lui non voleva che la sua anormalità si ampliasse oltre i confini della
singolarità che faceva percepire.
La
verità era l'ingombro.
Sì,
Leonor... ma gli omicidi, il tuo strangolamento. Te
ne sei dimenticata? Erano loro gli allarmi, erano loro la verità, l'anomalia.
Aggrappai
saldamente le mie mani alla testa, mi sembrò di cominciare ad impazzire per
davvero; avevo bisogno d'aria. Camminai scontrosa verso la finestra, sbattei
contro la salda spalla di B, che scansato via rimaneva a guardare le mie
reazioni serio, assurdamente premuroso. Facendo scorrere in alto l'anta della
finestra, la aprii, socchiusi gli occhi e
inalai tutta l'aria profumata ed innaturale di Los Angeles, tutta quella
che i miei polmoni potevano contenere. Attentamente cercai di assimilare
qualche parte della mia essenza; espirai e riaprii le palpebre.
Devo
ancora ammettere a me stessa, che sono in trappola. B è ancora il mio amore.
Anzi lo amo con maggiore forza, rispetto alle precedenti inconcepibili
situazioni in cui mi sono trovata. Non c'è spiegazione sono pazza anch'io. Ed
anche A forse lo era... anche A lo amava a questo modo? Lo ha fatto per liberarlo? Si è uccisa per scatenare una
reazione a catena in Beyond, permettendogli così di
fuggire dalla Wammy's House? Oppure è stata talmente
egoista da uccidersi ed abbandonarlo così?
Il
gesto di A, è stato amore, egoismo o codardia?
Mi
voltai a guardarlo, lì , dietro di me; non mi era mai apparso così
accattivante, pulito, sinceramente lui, lo vedevo per com'era. Non vedevo quel
qualcuno che tentava di impersonare da tempo... e i suoi occhi... oh, la luce
li rese irresistibili, niente sarebbe potuto essere più vermiglio e corposo,
decantavano come vino in un calice di cristallo.
Era
quel Beyond Birthday ancora
sano, quello della Wammy's House e in qualche angolo recondito
di lui c'era sempre stato e adesso era lì davanti a me.
Il
mio volto iniziò a manifestare quel sentimento d'amore e attrazione con un
timido sorriso.
Non
puoi e lo sai?
Drasticamente
la mia espressione si spense, il bruciore allo sterno si riaccese e
s'intensificò.
“Ti
amo B, ma sei un mostro...” mi girai di nuovo verso il sole cocente e proseguii
“Probabilmente A se ne era accorta da tempo e chissà come la corrodeva il non
sapere quello che invece ho visto e vissuto io. Ho sopportato la tua insanità fino a riuscire ad amarla, ma non credo che
riuscirei a capirla e a tollerarla per sempre. Come è possibile concepire un
futuro con qualcuno che per vendetta, nei confronti di qualcun altro, gli crea
un caso dove delle persone innocenti vengono uccise. Che questo è stato troppo,
lo avevo inteso da molto, ma ora che so, la mia visione nel complesso fa
crollare ogni irrazionale appiglio che mi creavo. Ancora più assurdo è che in
questo giorno, oggi, adesso... finalmente riesco a dirtelo senza temere le tue reazioni
insane e animalesche. Oggi sei diverso B, sei il Beyond
del tuo passato e sono molto innamorata di lui.” Addolcita e benevola mi voltai
parzialmente per scrutarlo.
Inaspettatamente
venni colta dalla sorpresa, gli vidi estrarre fluidamente, dalla tasca
posteriore dei suoi pantaloni jeans, un pacchetto di sigarette, prenderne una,
inumidirsi sensualmente le labbra e portarsela alla bocca. La accese poi con un
solitario fiammifero, che era nascosto all'interno della confezione di
sigarette. In tutto il tempo che lo avevo conosciuto, non l'avevo mai visto
fumare, era la cosa che meno mi sarei aspettata facesse in un momento come
quello.
“Leonor, quelle persone erano già segnate, l'ho visto. I
giorni, i nomi, erano mie. Sarebbero dovute morire comunque.” B, pigramente, in
modo rilassato e nel contempo quasi scocciato, fece quell'affermazione come se
stesse parlando di qualcosa di scontato e scansò via le mie riflessioni e
confessioni. Inalò ed inspirò il fumo della sigaretta, poi la lasciò sullo scrittoio
alla sua destra, metà testa del tizzone rimaneva fuori, quasi in bilico, e metà
era sulla base d'appoggio.
“Sì,
secondo i tuoi occhi, sì. Ma non dovevi essere tu a farlo...” Irritata mi
spostai dalla finestra tornando verso di lui. “SE SEI COSI' INTELLIGENTE, SE
SEI IL SUO SUCCESSORE O QUEL CHE SIA, AVRESTI POTUTO TROVARE QUALCHE ALTRO MODO
PER RIFARTI SU DI LUI!! Così... così...” Dalle urla
la mia voce venne stroncata e abbassata dalla pena, mentre
sbattevo debolmente i pugni sul suo petto “Così avrei potuto amarti senza
riserve, senza il timore dell'irrealizzabile con te.”
B,
mi prese piano per i polsi e mi guardò in faccia con una strana espressione,
paragonabile a quella di chi sapesse cosa gli sarebbe accaduto da un momento
all'altro e ne avesse la certezza categorica. “Leo, era l'unico modo. E'
l'unico modo. Io dovevo essere il suo caso irrisolvibile, io sono il suo caso
irrisolvibile. Ti assicuro che questa è l'unica maniera per renderlo inutile
sulla faccia di questa terra.” Concentrato continuava a colare parole negative
su L.
“Maledizione,
B. L, non può meritare questa tua eccessiva attenzione. Lascia...” Contraendo
la mascella lo guardai perplessa mentre avvicinava il suo profilo, sfiorò il
suo naso col mio; il respiro divenne agitato “Perché mi fai questo? Lascia.”
bisbigliai.
“Perché
so che sono abominevole, ma sono anche giusto, faccio il giusto e lo faccio
anche per te. Perché tu a differenza di A, non sei stata vigliacca. Hai trovato
la forza di avvicinati alla belva senza la paura di essere dilaniata. Ti amo
per questo e voglio abbandonati per questo. Non voglio renderti come me.”
Chiuse gli occhi che sembrarono diventare lucidi, ma non piansero, e mi baciò.
Assaporai
quel momento perché sentivo non ce ne sarebbe stato un altro, staccavo a
momenti le mie labbra dalle sue e potevo sentire il respiro mancarmi per la
sofferenza, ma colsi quell'attimo per rispondere alla sue parole “Tu non vuoi
che io diventi come A.”
Poi
di nuovo il morbido brivido caldo della sua bocca, mi aggrappavo a lui forte
fino a fargli male; avrei voluto lasciare le impronte delle mie mani sulla sua
t-shirt bianca. Eccolo, il Beyond che amavo; quella
fu la dichiarazione della parte sana ed era ambra in confronto alla soffocante
confessione d'amore che mi fece la bestia, mentre mi strozzava in un capanno
abbandonato.
D'un
tratto il distacco improvviso dal bacio, senza alcuna premura, B mi spinse via
verso la porta della stanza. Risoluto e a passi ampi andò verso il lato destro
del letto, sollevò il lenzuolo che toccava a terra e si cucciò per prendere
qualcosa sotto di esso; doveva essere abbastanza pesante perché nella posa in
cui era, faceva una leggera fatica per tirarlo fuori. Appena riuscì nel suo
intento, lo vidi sollevare una tanica con dentro del liquido dalla consistenza
non molto oleosa e poggiarla sulla fine del materasso.
“Che
vuoi fare?” Sibilai muovendomi con timore e incuriosita verso di lui,
contemporaneamente feci schizzare gli occhi su quella sigaretta che era rimasta
appoggiata sullo scrittoio e in quell'istante mi parve più una torcia
fiammeggiante. Ogni parte del mio corpo cominciò a mandarmi fitte, sentivo la
perdita di qualcosa e l'impotenza del non poter fare niente, il non poterlo
fermare qualunque cosa stesse per fare; ma non perdevo comunque la mia tenacia
e resistevo a quella sensazione fastidiosa.
“Beh,
a meno che tu non voglia aiutarmi a colarmi addosso, e su tutta la stanza, la
benzina, cosa che mi aspettavo mi aiutassi a fare, direi che ti conviene
andartene...” Mentre B svitava il tappo dalla tanica, alzò lo sguardo su di me
in maniera velenosa e accennò una risata sadica, divertita “Oppure sei venuta
qui solo per fermarmi, come Lui si aspetta che tu faccia? Perché so che
sei venuta qui per questo. So che, anche se mi vuoi, mi stai lanciando e
spingendo sulla gogna.”
“No!
Non... non lo faccio per Lui! Io non voglio davvero che tu lo faccia. Non
voglio che ti succeda niente. Metti giù quella benzina B...” Attenta mi
avvicinavo lenta verso di lui, che cominciò a ritrasformarsi nel folle di
sempre, nel serial killer BB, colui che non avrebbe mai dato ascolto a nulla e
nessuno, né a me, né ad A, né ad L, se non alla sua brama di vendetta, rabbia,
odio e sopratutto l'essere l'unico e originale.
“VATTENE!”
Quel ruggito uscito sotto forma della sua voce mi scosse, il volto di Beyond era sconvolto, strinse convulsamente le dita sul
manicotto di plastica del contenitore, abbassò il capo afflitto e lo rialzò
velocemente, poi con voce non del tutto calma, continuando a combattere con sé
stesso si rivolse di nuovo a me “Se non vuoi aiutarmi, non puoi restare qui. Tu
puoi capirlo Leonor. Tu puoi capirmi, non tentare di
fermarmi, sai che non lo farò.”
“Beyond...” Incapace e con un nodo alla gola, sentivo il
viso andare a fuoco per l'ondata di paura; dondolavo tra la camera e la porta,
il mio corpo era invaso da un'iperattività a cui non potevo dare uno scopo ben
definito e il cuore mi pulsava forte nella testa. Ero tensione concentrata.
B,
torvo, adagiò la tanica a terra, senza guardarmi mi prese per un braccio e mi
strattonò fuori dalla stanza. Scaraventata a terra nel corridoio, non ebbi il
tempo di rialzarmi e di bloccare la porta che lui stava chiudendo. Incredula
per via della situazione che non potevo salvare o aggiustare, osservai l'ultimo
spiraglio prima della chiusura definitiva della porta; impotente, con l'occhio
purpureo di B che mi guardava impietosito, distrutto, sofferente quanto me.
Lo
scatto della chiusura a chiave mi freddò, balzai in piedi e tentai in vano di
smuovere il pomello, sbattei i pugni sul legno talmente forte da farmi
formicolare le mani.
“TI
PREGO, B! APRI! NON LO STO FACENDO PER LUI!” Urlai disperatamente contro la
superficie piena della porta. Mi sarei aggrappata a qualsiasi cosa pur di
mantenerlo in vita, avrei ripetuto all'infinito la veritiera menzogna del non
fare nulla per L, se non per lui. Lo avrei proferito di continuo come un
rosario, pur di riuscire a placarlo da ciò che stava per fare, sarei stata
disposta anche a vederlo per sempre dietro a delle sbarre, pur di saperlo vivo.
Nel
mio continuare a battere energicamente le mani sulla barriera che mi divideva
da lui, la mia attenzione venne colpita dall'improvvisa entrata in scena di Weddy, che spalancò la porta d'ingresso dell'appartamento,
venne a passo lesto verso di me, mi prese tirandomi e iniziando a trascinarmi
via.
“No!
No! Weddy, lasciami ti prego! Vuole uccidersi!
Ferma!” Dissi agitata e cercando di divincolarmi.
Weddy, senza
guardarmi e attirandomi ancora più forte a sé, mi parlò proseguendo verso
l'uscita. “Dobbiamo andarcene di qui, stanno arrivando per arrestarlo. Dobbiamo
sparire. Ora!”
Dissuasa
dalle parole della donna incominciai ad assecondare i suoi passi iniziando a
seguirla, pensai che lo avrebbero fermato per tempo; ciò nonostante non ero del
tutto tranquillizzata. Scendemmo velocemente due piani e ci fermammo davanti la
porta di un altro anonimo appartamento di quell'infernale stabile. Weddy abbassando gli occhiali da sole mi mostrò i suoi
felini occhi smeraldini “Ora io devo risalire a controllare la situazione e
anche in fretta. Tu aspetta qui e non muoverti per nessuna ragione.” poi svelta
la donna risalì a doppi passi gli scalini e svanì attraversata la prima rampa,
mentre io rimanevo in attesa e osservavo convulsamente il di sotto e il di sopra
delle scale, in cerca dell'arrivo di quei stramaledetti rinforzi, che però non
vedevo arrivare.
“Che
sta succeden...” D'un tratto la mia solitaria domanda
venne bruscamente interrotta, prima da dei rumori e un terribile trambusto, poi
da delle urla strazianti, terrificanti, sembrava che a qualcuno venisse
strappato il cuore e sapevo anche di chi fosse. Dietro di me udii l'aprirsi di
alcune porte, gli inquilini messi in allarme dal frastuono iniziavano a
riversarsi sui piani.
“B...”
farneticai quella lettera, alzando la testa di scatto. Guardai in alto e vidi
del flebile fumo provenire dai pianerottoli superiori, l'odore nauseante che
inondava lentamente l'ambiente mi disgustò; ma questo elemento non mi avrebbe
fermato nella salita, lo sapevo per certo, quello che mi teneva incatenata lì
sotto erano le sue urla, era il terrore di vedere il mio B dilaniato dalle fiamme, umiliato dal
suo stesso gioco, sciolto dal calore della sua pazzia e ossessione.
Congelata
rimanevo a guardare il leggero fumo invadere un po' della mia postazione,
respirai tremante, abbassai il capo e vidi salire velocemente le scale Aiber seguito da Abel, con un tempismo assurdo anche Weddy scese, ritrovandoci così riuniti.
Per
quanto riguarda me, era come se non ci fossi, scoraggiata, esausta, poggiai le
mie mani sulla fredda e ferrea ringhiera. Non riuscivo a piangere o sfogarmi,
ero disperata, impaurita, avevo perso il mio amore, a cui mi ero legata
irrazionalmente per ben tre mesi, e non lasciavo cadere una sola goccia dai
miei occhi.
Weddy
prendendo da parte Aiber mi destò di colpo dalla mia
apatia “Dobbiamo chiamare il 911.”
“E'...
è vivo?” Con un filo di speranza mi avvicinai e mi aggrappai alla donna, che
incupendosi, prima si asciugò del
leggero sudore che aveva sulla fronte con il dorso della mano e poi smosse la
bionda testa con cenno negativo.
Ebbi
i brividi e la rabbia mi salì in corpo, feci cadere seccamente le mani dalle
braccia di Weddy, con vergogna non guardai il volto
segnato di Abel, vidi solo di sfuggita le sue mani chiuse in stretti pugni, poi
iniziai a camminare furiosamente verso la discesa. Me ne andavo arrabbiata con
me stessa per aver fallito sotto ogni punto di vista, me ne andavo perché ero
stata costantemente manipolata, maltratta senza accorgermene e nonostante
questo era stato tutto inutile. Scappavo perché non avrei potuto più
abbracciarlo, scappavo perché le lacrime vere, anche se con orgogliosa fatica,
iniziavano a scendere.
Basta!
Basta, non centro più in questa storia. Sono libera. Sono solo incespicata in
un mondo sconosciuto e con leggi tutte sue, che non comprendo e che forse non
comprenderò mai.
Prima
di congedarmi del tutto e in quel mio modo scostante, mi voltai verso le figure dietro di me e mi rivolsi solo a Weddy e ad Aiber. “Non voglio
sentirlo, non voglio che mi chiami. Non voglio sapere altro, non voglio sapere niente. Lasciatemi solo in
pace.”
Scesi
di corsa le scale e sentii poi dei passi dietro di me, era Abel che preoccupato
si era precipitato per raggiungermi. Lo
guardai, ma non gli dissi nulla, lasciai che mi seguisse, che mi accompagnasse
lontano da quell'orribile complesso condominiale numero 061550.
Nonostante
seguissimo la via del marciapiede, che si allontanava pian piano dai palazzi,
io ne continuavo a sentire l'ombra dietro la schiena.
Prendemmo
il primo autobus che faceva fermata a Beverly Hills e per tutto il viaggio non
proferii parola, guardavo fuori dal finestrino mentre la luce solare mi
accecava e infastidiva; mi soffermai a notare che io mi sentivo totalmente
immersa nella notte. Per me quel viaggio era in modalità notturna, perfino, e
in maniera allucinatoria, l'ambiente circostante: il corridoio dell'autobus con
le lampade accese, i passeggeri nella semi oscurità, il mondo esterno con i
luminosi lampioni e le luci delle auto che ci passavano accanto; preferii
immaginare che fosse un'ora tarda della sera, come d'inverno in certe parti del
mondo. Volevo la fine prematura di quel giorno, la mia casa, un luogo dove
potevo arricciarmi su me stessa e restarci. Abel, mi rimaneva vicino,
rispettava il mio silenzio e percependolo con la coda dell'occhio notai che di
tanto in tanto giocherellava con i lacci del cappuccio della sua casacca blu;
ma fui io a rompere la nostra quiete, ancora rivolta verso il vetro parlai
flebile “Abel, so che non mi perdonerai mai. Voglio comunque chiederti perdono,
hai tutto il diritto di odiarmi, tutto. Non sai quante volte ho pensato questo,
mentre mi consumavo di rimorso.”
Percepii
il ragazzo accanto a me avvicinarsi e avvolgermi un braccio intorno alle
spalle. Voltandomi vidi il suo viso rassicurante che sorridendo accorciò il
segno che aveva sul labbro. “Io non ti ho mai odiata, Leonor.
Perché sei stata vittima quanto me di tutto questo. Ti ho voluta sempre
aiutare. Beh, per come ho potuto aiutarti, nei miei limiti di normalissimo
ragazzo e familiare di una vittima. Sai, avevo intuito che la tipa, Weddy e il tipo, Aiber, non erano
comuni sbirri, che c'era qualcosa sotto. Mi spiace solo di non aver potuto far
molto, tutto qui. E adesso, dato che siamo in due ad avere questo stesso peso e
segreto, direi che possiamo capirci e sostenerci a vicenda, no?” Poi si
rabbuiò, ma per poco, perché con una leggera aria soddisfatta finì proseguendo
“Oggi però posso gioire soltanto io. Mi dispiace per questo, Leonor.”
Abbattuta
da quelle parole, sentendomi profondamente e infinitamente in colpa, poggiai le
mani e la testa sullo schienale del sedile davanti a me e mentre la mano
rovente di Abel, poggiata sulle mie spalle, mi consolava e mi faceva percepire
ancor di più la sensazione di perdita e sconfitta, mi abbandonai ai primi
sussulti del mio silenzioso, nascosto pianto.
Finalmente
rincasai.
Abel
si sentì sollevato solo dopo avermi riaccompagnata sino alla soglia di casa e
mi salutò con un gesto saldo della mano, andandosene parlò con solennità e
attenzione “Ti chiamerò molto spesso per sapere come stai, quindi non spegnere
il cellulare. Ti prometto che non
parlerò mai più di questa storia, lo giuro. Quindi cerca di
riprenderti.”
Annuendo
e sola, mi trascinai nella casa silenziosa
di mio padre, invasa dall'irritante luce delle undici del mattino. Non mi
riconoscevo più, stavo odiando il sole, la cosa che più al mondo mi dava gioia,
serenità e calore all'anima. Dopo aver passato quelle devastanti due ore del
mattino, a sgretolare e punire me stessa e B, sentii che in quel momento stavo
vivendo un crepuscolo interiore.
Io
non ero mai stata così, quale parte di me si era incrinata?
Non
avendo nulla da fare e non avendo voglia di far nulla, andai nella mia camera,
sfidai quella mia insolita avversione al sole e ne lasciai le tende spalancate;
mi trascinai sul letto e mi accoccolai seduta tra parete e materasso, rimanendo
e costringendomi ad osservare tutti i cambiamenti della luce solare che si
spostava, ora, per ora sul pavimento della mia stanza. Non saprei definire per
quanto tempo rimasi in quello stato, so solo che mi ritrovai addormentata e in
seguito, nonostante mi stessi risvegliando, rimanevo con gli occhi serrati udendo le tiepide voci che mi arrivavano dal soggiorno.
“Ottimo
lavoro agente Wilson, la ringrazio per l'aiuto e mi scuso per lo scomodo.
Adesso che questa storia e il caso è risolto, mi sento molto più tranquillo. Ci
si vede in centrale.” Poi la porta di casa che si chiuse.
Papà,
stavi parlando con Weddy? E' venuta a togliere quelle
scomodissime cimici e a completare il teatrino per coprirmi fino alla fine e
poi se ne è andata. Se ne è andato anche lui... devo risollevarmi o
capiranno... devo risollevarmi.
In
quel momento però riuscivo solo a tenere gli occhi chiusi, volevo rimanere al
buio ancora un po', ancora un po', perché il giorno seguente avrei dovuto
alzarmi e interpretare me stessa.
Una
settimana esatta dopo la risoluzione del 'Los Angeles BB Murder Cases', io e mia
madre potemmo tornare nell'accogliente casa nel nostro Brentwood
e nonostante fosse il posto in cui era nata e cresciuta quella mia travagliata
e maledetta storia, fu il luogo dove più trovai consolazione e che mi permise
di rientrare in possesso di me stessa. Mia madre mi fu molto vicina e attribuì
quel mio strano stato d'animo, tra la serenità e l'apatia, e che a volte
sfiorava quasi un bizzarro tentativo di trascendenza, come qualcosa di
ricollegato alla lite avuta con papà tempo prima. Era convinta che non lo
avessi del tutto perdonato. La verità è che dopo quegli eventi, lo amai ancora
di più e non lo avrei più trascurato come facevo un tempo, gli sarei stata il
più vicina possibile.
Con
una settimana di ritardo, finalmente tornò dall'Europa la mia Jesse. Ricordo ancora quando scesa dall'auto dei suoi, con
le sue lunghe dorate ciocche al vento trattenute da un cerchietto rosa in
plastica, corse verso di me, che ero intenta a piantare delle fragole su un
fazzolettino di terra che avevamo proprio sotto la finestra della mia stanza e
che avevo recintato con un mini steccato bianchissimo; così quando sarebbero
nati i frutti il loro rossore sarebbe spiccato ancora di più. Quel giorno dei
primi di Settembre con me c'era anche Abel che mi stava aiutando e quando notò
l'arrivo entusiastico di Jesse, ne rimase incantato.
Per tutto il tempo in cui io e la mia amica ci scambiavamo gesti d'affetto e
esclamazioni di gioia, lui rimaneva lì impalato ad osservarla. Dovetti
presentarli io perché altrimenti saremmo rimasti lì imbambolati tutti e tre
come statue. Ovviamente a Jesse raccontai che Abel
era il fratello di una mia vecchia amica che si era trasferita a New York e lui
si era avvicinato alla mia famiglia per non rimanere solo lì a Los Angeles. Jesse dal suo canto fu cordiale e gentile con lui, sembrò
perfino non far caso alla deturpazione che segnava il bel volto di Abel. In
assoluto quella fu la giornata più bella e placida che io avessi passato in
tutta la mia vita, dopo molto, moltissimo tempo. Risi a crepa pelle con i
racconti del viaggio di Jesse e Abel cominciò a
rilassarsi, non rimaneva più impacciato, né con me, né con lei. Constatai che
la mia brillante Jesse era diventata ancora più
spigliata dopo la sua avventura europea, mi coinvolgeva nella sua chiacchiera
più che mai, non so se questo fosse anche frutto della sua mancanza, poi però
arrivò un intoppo. “Allora, Leo? Com'è finita poi con quel ragazzo della
consegna delle pizze?” Jesse, con un sorriso radioso,
dopo nemmeno due settimane dall'accaduto, fece riemergere quella puntigliosa
questione, che non si era ancora sanata e chissà, probabilmente, non si sarebbe
mai riparata.
Presa
in contropiede evitai i suoi occhi turchesi bofonchiando “Credo che non si farà
più rivedere.”
“Accidenti,
Leo. A me tempo fa, quando ti chiesi di uscire, avevi detto che la pizza non ti
piaceva poi molto.” Abel, con uno scherzoso broncio che lo rese adorabilmente
dolce, deviò il discorso ed io ovviamente lo assecondai.
“Sì,
ma non mi piace mangiarla solo con te.” Con quell'uscita fui in grado di far
morire dalle risate entrambi, quasi certamente dovevo aver avuto una strana
faccia mentre dicevo quella battuta, ma sentivo una sola, certa, espressione
facciale in quel momento; ed era una
specie di smorfia simile ad una risata, mentre sentivo l'amarezza crescermi
dentro ad ondate.
Quella
mattinata passò veloce grazie a quella visita provvidenziale dei miei due
amici, che all'ora di pranzo si congedarono,
una per impegni da rientro in terra statunitense e l'altro per il
proprio lavoro.
Rimasi
di nuovo da sola, ma fortunatamente la mamma dopo il gran casino del caso BB,
iniziò a rimanere di più a casa, per lo meno a pranzo e per cena.
Quel
giorno, dopo aver pranzato, decisi di salire in camera per mettere ordine nei
vari cassetti e armadio, avevo trascurato per molto quella mansione, a causa
del soggiorno forzato nell’appartamento di mio padre. Fu davvero una gran pena
ritrovare nell'ultimo tiretto della mia cassettiera, quella maglia bianca che B
mi aveva ordinato di tenere lì per ogni evenienza.
Già,
per cambiarsi nel caso la prima si fosse macchiata irrimediabilmente di sangue,
vero? Per fortuna non è mai accaduta una cosa del genere, a parte un cambio per
un banale temporale.
“B,
Beyond. Mi dispiace così tanto.” Intristita presi la
t-shirt e la accostai al mio viso, chiusi gli occhi, inalai l'odore del sapone
e rividi i suoi occhi su di me.
“Leo!”
Di colpo venni risvegliata dal chiamarmi di mia madre dal piano di sotto.
Mi
rialzai dal pavimento su cui mi ero inginocchiata e con flemma mi diressi verso
le scale per iniziare a scenderle. “Mamma, quante volte ti ho detto di...”
Non
saprei descrivere come rimasi, ero statica, immobile, di granito; i miei occhi
erano proiettati davanti alla figura che si trovava davanti alla porta di casa
spalancata. Non ho mai creduto molto all'esistenza dei fantasmi, ma in
quell'occasione per me fu come vederne uno.
Era
un ragazzo alto, slanciato, molto atletico, anche se ripiegato un po' su se
stesso, quasi come un vecchio; e poi quella dannata maglia candida che non si
distingueva dalla tonalità della sua pelle.
Sì,
dev'essere un fantasma...
I
jeans di quel blu slavato e larghi. Capelli senza un senso, scuri come la notte
e come lo erano anche i suoi occhi, vere
violacee occhiaie segnavano il contorno delle palpebre inferiori; lo sguardo
nel complesso appariva un po' assonnato e nascondeva qualcosa che lui poteva
ridestare a comando. Fu come contemplare l'opera originale di un quadro falso,
era così diverso da...
“Ah,
Leo, che ti prende non vieni a salutare il tuo amico Beyond?”
Guardai sorpresa la mamma come se avesse appena insultato qualcuno, ma non
saprei bene dire chi; non si era accorta di nulla, lo aveva scambiato per B e
con la sua solita cortesia lo invitava ad entrare.
“Signora
Summers, può chiamarmi Ryuzaki
se vuole. Beyond è un mio vecchio nomignolo.” Il
ragazzo fantasma si rivolse a mia madre con una voce ruffiana e molto
educatamente, per poi portare i suoi occhi rianimati su di me ancora ferma al
piano di sopra.
Scesi
gli scalini con calma e gli parlai “ Non mi avevi mai detto che ti chiamassi
così?”
“Beh,
tendo a cambiare spesso il luogo in cui vivo, così decido di farmi chiamare in
altro modo. Sai, la questione dell'affezionarsi troppo.” Ryuzaki
con un sorrisetto falso mi prese in giro con quella risposta, sembrava comunque
avesse un fondo di verità mentre lo diceva.
“Questa
è la risposta più scema che abbia mai sentito.” Sorridendo lo presi in giro a
mia volta. Molto probabilmente avrei dovuto odiarlo, ma la sensazione che mi
rimandò non era negativa come mi aspettavo, mi piaceva. Seppur così diverso da
B, lui aveva un'aura diversa, oscura e benefica insieme, al contrario di B era
una persona che sapeva bene come porsi.
Mentre
mia madre si sbellicava dalla risate, per quella strana scena comica che si era
venuta a creare tra me e quel Ryuzaki, ne approfittai
per dirle che ci saremmo andati a fare una passeggiata fuori.
Il
ragazzo che diceva di chiamarsi Ryuzaki, mi seguì
strascicando le sue logore e vecchie scarpe da tennis, poi sul marciapiede mi
fermai e mi voltai ad osservarlo.
“Così
è te che imitava?” Dissi decisa.
Vidi
il suo sguardo affilarsi e diventare guardingo, ma con una smorfia beffarda
sollevò da un lato un sorriso sfacciato. Ne rimasi colpita, chissà se quella
facciata buffa era realmente lui o se lui fosse davvero così, punto. “Leonor, non parliamo qui, si può parlare in un posto dove
non ci siano orecchie e sguardi indiscreti?”
Distogliendo
gli occhi da Ryuzaki, scoprii la signora Rolland che fingeva di raccogliere qualcosa davanti l’aiuola
del suo vialetto.
“Sì,
c'è un parco qui vicino casa, sempre poco trafficato dopo l'ora di pranzo.
Andiamo lì e poi oggi siamo fortunati c'è molto poco del sole della California.
E' nuvolo, forse pioverà.” Svelta cominciai a dirigermi verso il luogo
stabilito.
Ad
un certo punto, mentre facevamo il nostro percorso, notai che una lussuosa auto
nera ci stava seguendo a passo d'uomo sul marciapiede opposto al nostro.
“Cos'è
hai le guardie del corpo? Sarò anche stata con lui, ma non vuol dire che non ti
sopporto al punto di scomodare Weddy o Aiber.” Sarcasticamente feci capire a Ryuzaki
che mi ero accorta della sorveglianza.
“Lo
so che non mi faresti nulla, anche perché sei pur sempre una ragazza, è
semplicemente il mio autista e
sinceramente per oggi direi che ho avuto la mia dose di scontri corpo a corpo*.” Un po' imbronciato il ragazzo farfugliò l'ultima
parte di frase con un leggero imbarazzo.
Non
capendo cosa intendesse quell'affermazione finale, sorvolai e continuai a
passeggiare con lui.
“Ecco,
siamo arrivati.” Aprendo la piccola cancellata d'ingresso del parco, di
grigissimo ferro battuto, feci strada a Ryuzaki e ci
sedemmo alla prima panchina isolata che trovammo. Mentre sedevo sulla sua
spalliera della panca, percepii che il legno era ancora intiepidito dopo il
precedente passaggio dei deboli raggi di sole; nel frattempo anche Ryuzaki mollò le scarpe a terra per rimanere scalzo e si
accomodò vicino a me rannicchiandosi sulla parte corretta per sedersi. Quei
suoi gesti non mi apparvero nuovi e non me ne meravigliai affatto, mi limitai a
guardarlo come se fosse abitudine, ma non potevo negare a me stessa che gli
appartenevano essenzialmente.
“Lo
faceva anche lui,vero?” Il ragazzo guardando avanti parlò atono.
“Tu
sei L, vero?” Presa da una strana intenzione di sfida, risposi alla sua domanda
con una domanda.
Ryuzaki
poggiò le braccia incrociandole sulle sue ginocchia ed annuì lentamente.
“Sei
la solita sagace, Leonor. Non lasci scappare niente,
vuoi le tue risposte alle tue domande, sempre...” voltandosi verso di me mi
guardò in maniera insistente, forse pensava di mettermi in soggezione? “...E
lui? Te ne ha date di risposte? Se non sbaglio ti dissi che non saresti
riuscita a capirlo.” concluse con voce roca.
“Sì,
le sue verità le ho avute. Forse adesso so troppo, anche su di te, ma vedi non
è la storia dell'istituto che mi ha messo tristezza o paura, o buttato addosso
sensazioni simili alla pietà. E' importante che delle anime disperse abbiano un
luogo che possano chiamare casa; quello che mi agghiaccia è che alcune di
quelle anime prescelte, debbano essere intrappolate nel tuo nome. Questo è
crudele. Certo, Beyond aveva l'aggravante di quegli
occhi stranissimi, che non hanno nessuna origine umana... ma A, lei... lei era una ragazza e
lo amava, ci sono cose che non può controllare nemmeno il tuo nome e nemmeno tu
potrai essere così per sempre...” di scatto L portò gli occhi sul bianco delle
sue maniche ed io continuai “...arriverà qualcosa che ti farà cambiare idea. Il
tempo passa, tutto cambia, tu per primo potresti cambiare. B, è stato questo
per me, mi ha fatto capire che quando si vuole qualcuno intensamente, dovranno
esserci sempre dei presupposti, altrimenti è un perpetrare una penitenza senza
fine. Non è sacrificio, ma annientamento e io c'ero quasi vicina. O forse ci
sono dentro fino al collo.” Una leggera brezza che portava con sé l'odore
fresco della pioggia, smosse i miei capelli ondulati, ma non li
ricomposi, li lasciai fluttuare nell'aria, mentre L vicino a me rifletteva
muto.
“Sai,
molte cose sono cambiate 'nell'istituto', da
quando A si suicidò e B scomparve. Ora diciamo che le regole si sono
ammorbidite, sono cambiate. C'è anche da dire che per ereditare il mio titolo,
ci vuole una certa dose di fegato. Probabilmente né A e né B, ne avevano.” Con
una specie di fare distaccato e rinfilandosi le scarpe consumate, L si alzò in
piedi e mise la mani nelle larghe tasche dei jeans, volgendomi le spalle.
Una
vena d'irritazione mi portò a sbottare “Dio santo! Ti senti mentre parli? Anche
nelle tue telefonate sentivo questa tua mancanza di tatto hai limiti dell'aridità
emotiva. E' vero, non avranno avuto fegato per prendersi il tuo titolo,
ma hanno vissuto. Si sono esposti alla morte per qualcosa di vero, intenso,
indelebile, come l'amore. Certo, ognuno di loro aveva la propria folle
soggettiva credenza in questo sentimento e si sono anche fatti mal influenzare
dalle loro debolezze e forze, ma hanno agito, si sono scoperti. Tu saresti in
grado di farlo?” Turbata dai nervi stavo respirando agitata “Aveva ragione B,
tu dal tuo angolo nascosto, comandi, manovri, muovi le forze della giustizia,
ma ti sei chiesto che cosa sei oltre a questo? Hai un cuore? Ho possiedi solo
il tuo bel cervello che ti consente di fare tutto tranne che lasciarti andare?”
Stizzita scesi della panchina e mi incamminai verso la riva del laghetto artificiale che si trovava a pochi
metri da dove eravamo seduti.
Non
sentendolo più, pensai se ne fosse andato al diavolo, invece lo sentii arrivare
trascinando il suo flemmatico passo sull'erba.
“Cos’altro
vuoi? Perché sei venuto qui? Vuoi sapere se ti odio? Cosa può importare una
cosa così a uno come te?” Ero furiosa e con lui non ci tenevo a nasconderlo.
“Volevo
conoscere la persona che ha scelto B,
volevo sapere cosa avevi di così interessante.
Al telefono non amo parlarci molto...” con una sotto specie di tono
gentile sembrò voler continuare, ma rimase zitto.
“Certo
che sei proprio stupido.” Dissi ancora imbronciata e prendendomi ancora una
volta gioco di Lui.
“Se
la prima persona che me lo dice.” Voltandomi sorpresi il volto di L in
un'espressione incuriosita e sorrisi in maniera forte.
“Sei
umano, certo che lo sei e se può consolarti anch'io brucerei il mio
telefono...” intenerita mi avvicinai a Lui e proseguii “Il concetto di
stupidità ha uno spettro molto ampio, anche se non sembra, ma questo tu lo
saprai anche meglio di me. Le persone si fanno passare davanti vite,
possibilità, in nome di qualcosa e per valori che ritengono più importanti
delle esistenze altrui. E' in questo la vera stupidità. L...” dissi il suo nome
quasi sotto voce “Non sono qui a giudicare cosa sia giusto e cosa non, ma sai
che c'è altro oltre te, la successione e quello che fai e che devi continuare a
fare.” Sorridendo abbassai il capo “E tra l'altro se mio padre sapesse che ho
collaborato con il detective del secolo, sarebbe eroso dall'invidia. Ad ogni
modo, io non ti odio, forse te lo saresti aspettato e meritato, dopo tutto
quello che è successo e dopo la morte di B. Invece io trovo che tu sia una
brava persona, proprio come mi disse Weddy, maldestra
sotto alcuni punti di vista, da quello che ho potuto constatare vedendoti, ma
puoi andare fiero di essere te stesso. Guarda B, il mio B, si è logorato per
diventare migliore di te e non ci è riuscito, ma questo non vuol dire che sei
una figura negativa. L, il punto è che solo tu puoi essere quello che sei. Chi
verrà dopo di te dovrà nascere sotto la tua stessa stella oppure sarà dannato
come B.”
“Sei
molto buona, Leonor.” Con un tono amareggiato e
facendomi intendere che mi sbagliavo sul suo conto, L abbassò gli occhi
cerchiati di nero per fissarsi le punte delle scarpe.
“Smettila,
hai l'aria di uno che vuole avere sempre ragione. Sì, l'avrai avuta e ce
l'avrai , ma ce l'ho anch'io.” Piano gli presi le braccia e Lui sussultò,
fissandomi e sgranando gli occhi come un gufo; il mio contatto lo prese in
contropiede.
“Sei
davvero temeraria.” Stranamente interessato, teneva le braccia protratte di
poco in avanti, quasi le avesse gessate entrambe.
“Mai
quanto te che sei venuto qui solo per incontrarmi.” ridendo lasciai la presa e
mi riavviai verso la riva. C'era una strana chimica tra me e L, era come stare
con la persona più simile e più diversa di te a questo mondo, ed era
bellissimo, completo.
Tornando
seria domandai “Ti prego non dirmi che hai fatto tutto questo solo per te
stesso? Non dirmi che mi hai fatto patire queste pene per niente. Dimmi che
avevi uno scopo più importante oltre a riportare il 'figliol prodigo' a casa.” Eccolo di nuovo l'amaro in bocca e la mia
subdola, nascosta, ostilità nei suoi confronti, cercavo qualcosa che riscattasse
L ai miei occhi, qualcosa che mi dimostrasse, che le parole che gli avevo
proferito poc'anzi le avessi sentite davvero, che non ero stata buttata in
quell'occhio del ciclone invano.
“Leonor, hai mai pianto per lui fino ad ora? Io conosco
qualcuno che per amore lo fa molto spesso. Io ti ho portato via quello che
amavi di più al mondo. Sono stato crudele e tu mi giustifichi, mi perdoni, ti
infliggi punizioni e penitenze.” L alle mie spalle parlò fermo e seriamente
interessato a quello che avrei risposto.
“Non
posso piangere...” La mia voce ferma cominciò a tremare “non posso essere così
egoista; né con i miei genitori, né con le vittime che ha ucciso, né con gli
altri miei affetti che ne sono stati coinvolti. Se lo faccio, è una terribile
trasgressione, cerco di farlo sopratutto quando sono sola e nessuno può
vedermi, quando nella mia stanza entra la notte, quando non lo vedo più
intrufolarsi in camera mia dalla finestra, quando so che non potrò più toccarlo
e vederlo.” L, aveva fatto pressione su un punto, quel preciso punto, che
iniziò a farmi scorrere quelle lacrime. Non mi voltai a guardarlo mentre stava
iniziando a muoversi per andare via e
per un istante si fermò, molto probabilmente dalla mia risposta dipendeva
quella sua ultima asserzione.
“Lui
è vivo, ma non ti dirò dove sia e so per certo che non vorrebbe essere visto da
te nelle condizioni in cui si trova. Sì, ti ho fatto mentire riguardo la sua
morte, perché ero convinto sarebbe stato meglio che lo avessi creduto morto per
un certo periodo di tempo. Ma dopo quello che mi hai detto, trovo sarebbe profondamente
ingiusto farti sentire in colpa. Le colpe sono solo di Beyond
Birthday, Leonor. E devo
ammetterlo, mi ero sbagliato, sei riuscita a capirlo e hai anche scoperto che
non ho fatto tutto questo soltanto per me. Lui oltre ad aver minacciato la
sicurezza del mio nome, la mia stessa vita, l'equilibrio stesso della Wammy's House, dei suoi orfani e del mondo, ha anche
calpestato qualcosa a cui tengo molto e la stava inaridendo, la stava facendo
morire di paura.” Proseguivo a non girarmi per vederlo, ma sapevo di avere i
suoi occhi puntati sulla mia schiena “Sai Leonor, mi
piacerebbe rincontrarti sulla mia strada. Mi piacciono molto le persone come
te, a presto.”
Quanto
suonò triste quel suo 'a presto'. L, che mi
aveva fatto credere di essere un accanito insensibile, mi fece cambiare idea.
Su questo B si era sbagliato in maniera a dir poco vergognosa.
Attesi
che si fosse allontanato per non farmi vedere debole e vulnerabile, poi mi
volsi a guardarlo andar via verso il cancello, dove lo attendeva un distinto
vecchio signore in smoking. Aveva vinto Lui quel sadico gioco e spariva,
avanzava e camminava, come qualcuno che era stato bastonato pesantemente sul
dorso fino a farglielo curvare. Nel vederlo andare via avevo la certezza
matematica che forse non l'avrei rivisto mai più e immaginai che quel ragazzo
dai capelli scurissimi, maglia bianca e jeans, fosse il mio B, che mi stava
lasciando per sempre come mi aveva detto, ma che lo stesse facendo nella
maniera più normale e nostalgica possibile. Già... come ci si aspetta di
leggere in un qualsiasi romanzo in cui gli amanti che non possono stare
insieme, devono affrontare forzatamente un sadico addio e non certo il mio
rocambolesco e umiliante commiato.
Sbagli
di valutazione, io ne ho fatti, A ne aveva fatti, B ne aveva fatti.
Immagino
che tutti e tre dal nostro canto ci sentissimo convinti delle nostre certezze.
E'
un classico, mentre si sbaglia c'è la dannata percentuale di sicurezza e auto
convincimento, che fa perdere totalmente la bussola del giusto.
Io
ho sbagliato ad anteporre il mio amore su tutto e ne ho subito tutti i
maltrattamenti che poteva subire un cuore innamorato.
A,
ha sbagliato gettando via la sua vita senza tentare di colmare il suo vuoto con
l'amore per B.
Beyond,
ha sbagliato a credere nella sua ossessione mancando l'occasione di diventare
migliore, anche più di L; si è sporcato di sangue in maniera insensata e
irreparabile.
Ed
L, beh... malgrado quella sua ammissione, non ha sbagliato poi molto o meglio,
ha solo sottovalutato la natura umana, l'imprevedibilità degli individui o
forse solo la mia. Da egoista ha perseguito il suo obiettivo, ha usato le
persone per catturare B senza affrontarlo faccia a faccia. A volte non bastano i profili psicologici per capire
gli esseri che abbiamo attorno, ci vuole dell'altro. L, dovrebbe impiegare i
suoi metodi investigativi anche sui sentimenti altrui e forse un giorno si
avvicinerà a qualcosa che lo renderà totalmente perfetto.
Dopo
questa storia, ora, analizzando a sangue freddo la mia personalità, posso dire
che ho una parte di tutti i personaggi di ciò che vi ho narrato.
Ho
la pazzia che mi ha accomunato a Beyond Birthday, ho una strana componente dolce e ribelle che mi
rende simile ad A, ho quella componente menzognera e arguta che mi rende simile
ad L, ho l'incoscienza e impulsività di Dawson White, ho la sensibilità di Rose
Summers, ho la capacità di dare tanto affetto di Jesse Knowles, ho l'attrazione
sfrenata per il muovermi in situazioni poco tranquille e il ficcanasare, come Weddy, ho la rabbia e la quiete che smuovono l'animo di
Abel.
Ma
solo io posseggo il dono e la caratteristica del sacrificio. Ho sacrificato la
mia vita, ho sacrificato il mio primo vero ed eterno amore, sopportandone
tutt'ora le conseguenze, ho immolato per sempre la mia innocenza nel modo meno
consono di come farebbe una persona normale. La verità è che io ho sempre voluto e
cercato la diversità, se anche un giorno mi andasse bene con un Richard Hill,
oppure un Abel, col quale non ho mai approfondito l'aspetto di una vera e
propria relazione, perché io ero comunque stata la metà di B, ero infetta,
probabilmente auspicherei sempre per qualcosa fuori dalle righe e dai canoni.
Ho provato sulla pelle cos'è un amore sospeso e ne posso solo
concludere, che anche se l'ho apprezzato nel senso più stretto e anche se ho
cambiato idea un po' più negativamente su questo concetto, continuo comunque a
trovarlo irresistibile.
Proprio
come è successo con B, lui era sbagliato, io lo volevo. Voglio confortare e
amare, chi potrebbe non essere mai amato, amarlo perché è diverso e per questo
vulnerabile.
Perfino
adesso, dopo due anni che il mio Beyond Birthday è davvero morto, la scia dell'amore che provo per
lui è persistente.
Se
t'innamori di Beyond Birthday,
non c'è niente di paragonabile al mondo dopo di lui.
Fine
* Per chi non ha letto il libro ‘Another Note: The Los Angeles BB Murder Case’, qui mi riferisco all’incontro di L con Naomi Misora, dove poverino prende un bel calcione dalla Misora.
Eccomi qua dopo mesi di assenza, e
me ne scuso profondamente, ma tra il lavoro con il disegno, preparativi per
celebrazioni, vedi imminente matrimonio della sorellina, ho un po' subito la
crisi d'astinenza da scrittura ( e spero non si sia visto vergognosamente, e se
sì, chiedo scusa e perdono).
Ad ogni modo, spero tanto che
questo ultimo capitolo sia stato di vostro gradimento (ma dubito, credo sia un
disastro letterario, ahahahah). Vi dico solo che avrò
nostalgia di questa storia, forse molto più della mia prima fan fiction 'SunShine' ( di cui, se avrete notato e se avrete letto la
storia, ho inserito alcuni accenni nelle battute finali di L, che si riferisce
a Belle), mentre ultimavo questo capitolo ho avuto la lacrima facile ed ero
davvero dispiaciuta. Perché alla fine ho voluto bene alla mia versione di B, di
L (ma il mio amore con lui è sconfinato, ahahah), di Weddy, di Aiber ( con il
suo special guest ahahaha) e poi ancora più amore ai miei personaggi originali, alla mia Leonor, alla mia Jesse, alla mia Rose, al mio Dawson, al mio Abel e infine
alla mia Molly, ispirata da una vera gattina di miei amici, che si chiama per
davvero così.
Lascio a voi il giudizio su questa
storia, ma il mio unico obiettivo, come sempre, era quello di divertirvi ed
emozionarvi, come l'ho fatto io mentre la scrivevo, sopratutto il mio l'intento
è quello di migliorarmi sotto il punto di vista della scrittura, ma so che ho
ancora molto da imparare.
Penso di rifarmi viva presto con
qualche altra storia, perché come ho detto prima, non posso stare senza
scribacchiare qualcosa.
Quindi vi saluto tanto e vi
ringrazio per aver seguito fino alla fine questa storia.
Avete e avrete sempre tutto il mio
affetto.
Baci baci
Claire Piece