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Autore: Claire Piece    24/04/2013    4 recensioni
Nell’oscurità della mia camera non me ne ero accorta, ma erano di un colore diverso da quello che avevo visto ore prima.
Ora era un vero colore, naturale.
Erano iridi rosse.
Fui capace di non spaventarmene e improvvisamente capii che nel fondo del pozzo non ci avrei trovato elementi naturali comuni, ma ci avrei trovato del sangue.
Lo vidi spostarsi lento, parlò ancora vicino e mormorando “ Ti spaventano vero?”
“No…” bisbigliai “Li trovo orrendamente pieni di verità.”
Mi riaccostai per cercare un nuovo bacio ma lui sorridendo sghembo si allontanò appena e sussurrò “ In parte hai colto nel segno. Ma tu non puoi minimamente immaginare quante verità vedano.” Mi fissò per molto, serio.
I capelli corvini e la maglia altrettanto nera, fecero risaltare come una luce quel cremisi dei suoi occhi. Li vidi iniettarsi di sangue mentre mi guardava, sembrò volermi divorare, ma forse non è questa la sensazione più giusta per dire cosa provasse e cosa volesse realmente fare in quel momento Beyond .
Continuò a fissarmi e io non abbassai lo sguardo, non avrei mai perso nemmeno un attimo di quegli occhi.
Tornò poi a parlare piano e con sofferenza tentava di trattenere un impulso irrefrenabile che lo voleva spingere a fare qualcosa, ma non capivo bene cosa. Disse sotto voce solo poche parole prima di andarsene “Povera cappuccetto rosso è finita dritta, dritta nella bocca del lupo.”

Nella vita di una ragazza senza problemi, se non quelli della sua età, appare un'improvvisa ombra che oscurerà il sole che rendeva la sua vita serena e con una positiva monotonia.
L'apparizione di un misterioso personaggio le farà cambiare idea.
Salve a tutti.
Questa è diciamo una fan fiction sperimentale.
Vorrei divertirmi ad approfondire il personaggio di Beyond Birthday e ci proverò scrivendo questa storia.
Da subito ringrazio chi leggerà e spero sia di vostro gradimento.
Genere: Dark, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beyond Birthday, L, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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                                                                                                                   Illustrazione di Ron Hicks




 

 

 

Fin da quando ero giovane

sapevo che ti avrei trovato

Ma il nostro amore è una canzone

cantata da un cigno morente.

 

E nella notte

Mi senti chiamare...

E nei tuoi sogni ci vedi cadere.

La caduta.

 

                    

             (traduzione 'Oblivion' di M83 feat Susanne Sundfor)

 

                            

                      Amore Sospeso

 

 

Apprezzai il distacco dagli occhi di B, e dai suoi ricordi, non appena la mia testa si mosse con lentezza verso terra. Il pavimento di moquette verdognola, venne messo a fuoco lentamente sotto il mio sguardo e mi era sembrato di essere stata in uno stato paradossalmente simile alla trance. Il racconto di Beyond mi era passato così bene davanti, che ne apprezzai ogni momento, fatto, movimento con spaventoso realismo; ogni parola sembrò pronunciata dai suoi occhi e non dalla bocca.

Quanto mi bruciò il petto! Un dolore del genere non lo avevo mai provato.

Forse era  a causa di A, forse era per la descrizione del cinico e insensibile L, forse era per la vita che aveva vissuto B in quell'istituto o forse era la personalità di B, stravolta, violentata, violenta, passionalmente vendicativa.

Forse capii che qualcosa si frapponeva tra me e lui, ed era la verità.

Lui sapeva fin dal primo momento in cui ci eravamo incontrato che la verità ci avrebbe separato di netto, proprio come un taglio che non si rimargina e che lascia scorrere l'essenza della vita, senza riuscirla più a contenere. Sapeva che lo avrei visto alla stregua di un nuovo estraneo entrato a far parte della mia monotona vita, sapeva che lo avrei visto da lontano, senza che nulla ci potesse far avvicinare; nessuna circostanza, nessuna variabile. Non saremmo dovuti stare insieme. Beyond Birthday, si era fatto attrarre da una persona normale e lui non voleva che la sua anormalità si ampliasse oltre i confini della singolarità che faceva percepire.

La verità era l'ingombro.

Sì, Leonor... ma gli omicidi, il tuo strangolamento. Te ne sei dimenticata? Erano loro gli allarmi, erano loro la verità, l'anomalia.

Aggrappai saldamente le mie mani alla testa, mi sembrò di cominciare ad impazzire per davvero; avevo bisogno d'aria. Camminai scontrosa verso la finestra, sbattei contro la salda spalla di B, che scansato via rimaneva a guardare le mie reazioni serio, assurdamente premuroso. Facendo scorrere in alto l'anta della finestra, la aprii, socchiusi gli occhi e  inalai tutta l'aria profumata ed innaturale di Los Angeles, tutta quella che i miei polmoni potevano contenere. Attentamente cercai di assimilare qualche parte della mia essenza; espirai e riaprii le palpebre.

Devo ancora ammettere a me stessa, che sono in trappola. B è ancora il mio amore. Anzi lo amo con maggiore forza, rispetto alle precedenti inconcepibili situazioni in cui mi sono trovata. Non c'è spiegazione sono pazza anch'io. Ed anche A forse lo era... anche A lo amava a questo modo? Lo ha fatto per  liberarlo? Si è uccisa per scatenare una reazione a catena in Beyond, permettendogli così di fuggire dalla Wammy's House? Oppure è stata talmente egoista da uccidersi ed abbandonarlo così?

Il gesto di A, è stato amore, egoismo o codardia?

Mi voltai a guardarlo, lì , dietro di me; non mi era mai apparso così accattivante, pulito, sinceramente lui, lo vedevo per com'era. Non vedevo quel qualcuno che tentava di impersonare da tempo... e i suoi occhi... oh, la luce li rese irresistibili, niente sarebbe potuto essere più vermiglio e corposo, decantavano come vino in un calice di cristallo.

Era quel Beyond Birthday ancora sano, quello della Wammy's House e in qualche angolo recondito di lui c'era sempre stato e adesso era lì davanti a me.

Il mio volto iniziò a manifestare quel sentimento d'amore e attrazione con un timido sorriso.

Non puoi e lo sai?

Drasticamente la mia espressione si spense, il bruciore allo sterno si riaccese e s'intensificò.

“Ti amo B, ma sei un mostro...” mi girai di nuovo verso il sole cocente e proseguii “Probabilmente A se ne era accorta da tempo e chissà come la corrodeva il non sapere quello che invece ho visto e vissuto io. Ho sopportato la tua insanità fino a riuscire ad amarla, ma non credo che riuscirei a capirla e a tollerarla per sempre. Come è possibile concepire un futuro con qualcuno che per vendetta, nei confronti di qualcun altro, gli crea un caso dove delle persone innocenti vengono uccise. Che questo è stato troppo, lo avevo inteso da molto, ma ora che so, la mia visione nel complesso fa crollare ogni irrazionale appiglio che mi creavo. Ancora più assurdo è che in questo giorno, oggi, adesso... finalmente riesco a dirtelo senza temere le tue reazioni insane e animalesche. Oggi sei diverso B, sei il Beyond del tuo passato e sono molto innamorata di lui.” Addolcita e benevola mi voltai parzialmente per scrutarlo.

Inaspettatamente venni colta dalla sorpresa, gli vidi estrarre fluidamente, dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni jeans, un pacchetto di sigarette, prenderne una, inumidirsi sensualmente le labbra e portarsela alla bocca. La accese poi con un solitario fiammifero, che era nascosto all'interno della confezione di sigarette. In tutto il tempo che lo avevo conosciuto, non l'avevo mai visto fumare, era la cosa che meno mi sarei aspettata facesse in un momento come quello.

Leonor, quelle persone erano già segnate, l'ho visto. I giorni, i nomi, erano mie. Sarebbero dovute morire comunque.” B, pigramente, in modo rilassato e nel contempo quasi scocciato, fece quell'affermazione come se stesse parlando di qualcosa di scontato e scansò via le mie riflessioni e confessioni. Inalò ed inspirò il fumo della sigaretta, poi la lasciò sullo scrittoio alla sua destra, metà testa del tizzone rimaneva fuori, quasi in bilico, e metà era sulla base d'appoggio.

“Sì, secondo i tuoi occhi, sì. Ma non dovevi essere tu a farlo...” Irritata mi spostai dalla finestra tornando verso di lui. “SE SEI COSI' INTELLIGENTE, SE SEI IL SUO SUCCESSORE O QUEL CHE SIA, AVRESTI POTUTO TROVARE QUALCHE ALTRO MODO PER RIFARTI SU DI LUI!! Così... così...” Dalle urla la mia voce  venne  stroncata e abbassata dalla pena, mentre sbattevo debolmente i pugni sul suo petto “Così avrei potuto amarti senza riserve, senza il timore dell'irrealizzabile con te.”

B, mi prese piano per i polsi e mi guardò in faccia con una strana espressione, paragonabile a quella di chi sapesse cosa gli sarebbe accaduto da un momento all'altro e ne avesse la certezza categorica. “Leo, era l'unico modo. E' l'unico modo. Io dovevo essere il suo caso irrisolvibile, io sono il suo caso irrisolvibile. Ti assicuro che questa è l'unica maniera per renderlo inutile sulla faccia di questa terra.” Concentrato continuava a colare parole negative su L.

“Maledizione, B. L, non può meritare questa tua eccessiva attenzione. Lascia...” Contraendo la mascella lo guardai perplessa mentre avvicinava il suo profilo, sfiorò il suo naso col mio; il respiro divenne agitato “Perché mi fai questo? Lascia.” bisbigliai.

“Perché so che sono abominevole, ma sono anche giusto, faccio il giusto e lo faccio anche per te. Perché tu a differenza di A, non sei stata vigliacca. Hai trovato la forza di avvicinati alla belva senza la paura di essere dilaniata. Ti amo per questo e voglio abbandonati per questo. Non voglio renderti come me.” Chiuse gli occhi che sembrarono diventare lucidi, ma non piansero, e mi baciò.

Assaporai quel momento perché sentivo non ce ne sarebbe stato un altro, staccavo a momenti le mie labbra dalle sue e potevo sentire il respiro mancarmi per la sofferenza, ma colsi quell'attimo per rispondere alla sue parole “Tu non vuoi che io diventi come  A.”

Poi di nuovo il morbido brivido caldo della sua bocca, mi aggrappavo a lui forte fino a fargli male; avrei voluto lasciare le impronte delle mie mani sulla sua t-shirt bianca. Eccolo, il Beyond che amavo; quella fu la dichiarazione della parte sana ed era ambra in confronto alla soffocante confessione d'amore che mi fece la bestia, mentre mi strozzava in un capanno abbandonato.

D'un tratto il distacco improvviso dal bacio, senza alcuna premura, B mi spinse via verso la porta della stanza. Risoluto e a passi ampi andò verso il lato destro del letto, sollevò il lenzuolo che toccava a terra e si cucciò per prendere qualcosa sotto di esso; doveva essere abbastanza pesante perché nella posa in cui era, faceva una leggera fatica per tirarlo fuori. Appena riuscì nel suo intento, lo vidi sollevare una tanica con dentro del liquido dalla consistenza non molto oleosa e poggiarla sulla fine del materasso.

“Che vuoi fare?” Sibilai muovendomi con timore e incuriosita verso di lui, contemporaneamente feci schizzare gli occhi su quella sigaretta che era rimasta appoggiata sullo scrittoio e in quell'istante mi parve più una torcia fiammeggiante. Ogni parte del mio corpo cominciò a mandarmi fitte, sentivo la perdita di qualcosa e l'impotenza del non poter fare niente, il non poterlo fermare qualunque cosa stesse per fare; ma non perdevo comunque la mia tenacia e resistevo a quella sensazione fastidiosa.

“Beh, a meno che tu non voglia aiutarmi a colarmi addosso, e su tutta la stanza, la benzina, cosa che mi aspettavo mi aiutassi a fare, direi che ti conviene andartene...” Mentre B svitava il tappo dalla tanica, alzò lo sguardo su di me in maniera velenosa e accennò una risata sadica, divertita “Oppure sei venuta qui solo per fermarmi, come Lui si aspetta che tu faccia? Perché so che sei venuta qui per questo. So che, anche se mi vuoi, mi stai lanciando e spingendo sulla gogna.”

“No! Non... non lo faccio per Lui! Io non voglio davvero che tu lo faccia. Non voglio che ti succeda niente. Metti giù quella benzina B...” Attenta mi avvicinavo lenta verso di lui, che cominciò a ritrasformarsi nel folle di sempre, nel serial killer BB, colui che non avrebbe mai dato ascolto a nulla e nessuno, né a me, né ad A, né ad L, se non alla sua brama di vendetta, rabbia, odio e sopratutto l'essere l'unico e originale.

“VATTENE!” Quel ruggito uscito sotto forma della sua voce mi scosse, il volto di Beyond era sconvolto, strinse convulsamente le dita sul manicotto di plastica del contenitore, abbassò il capo afflitto e lo rialzò velocemente, poi con voce non del tutto calma, continuando a combattere con sé stesso si rivolse di nuovo a me “Se non vuoi aiutarmi, non puoi restare qui. Tu puoi capirlo Leonor. Tu puoi capirmi, non tentare di fermarmi, sai che non lo farò.”

Beyond...” Incapace e con un nodo alla gola, sentivo il viso andare a fuoco per l'ondata di paura; dondolavo tra la camera e la porta, il mio corpo era invaso da un'iperattività a cui non potevo dare uno scopo ben definito e il cuore mi pulsava forte nella testa. Ero tensione concentrata.

B, torvo, adagiò la tanica a terra, senza guardarmi mi prese per un braccio e mi strattonò fuori dalla stanza. Scaraventata a terra nel corridoio, non ebbi il tempo di rialzarmi e di bloccare la porta che lui stava chiudendo. Incredula per via della situazione che non potevo salvare o aggiustare, osservai l'ultimo spiraglio prima della chiusura definitiva della porta; impotente, con l'occhio purpureo di B che mi guardava impietosito, distrutto, sofferente quanto me.

Lo scatto della chiusura a chiave mi freddò, balzai in piedi e tentai in vano di smuovere il pomello, sbattei i pugni sul legno talmente forte da farmi formicolare le mani.

“TI PREGO, B! APRI! NON LO STO FACENDO PER LUI!” Urlai disperatamente contro la superficie piena della porta. Mi sarei aggrappata a qualsiasi cosa pur di mantenerlo in vita, avrei ripetuto all'infinito la veritiera menzogna del non fare nulla per L, se non per lui. Lo avrei proferito di continuo come un rosario, pur di riuscire a placarlo da ciò che stava per fare, sarei stata disposta anche a vederlo per sempre dietro a delle sbarre, pur di saperlo vivo.

Nel mio continuare a battere energicamente le mani sulla barriera che mi divideva da lui, la mia attenzione venne colpita dall'improvvisa entrata in scena di Weddy, che spalancò la porta d'ingresso dell'appartamento, venne a passo lesto verso di me, mi prese tirandomi e iniziando a trascinarmi via.

“No! No! Weddy, lasciami ti prego! Vuole uccidersi! Ferma!” Dissi agitata e cercando di divincolarmi.

 Weddy, senza guardarmi e attirandomi ancora più forte a sé, mi parlò proseguendo verso l'uscita. “Dobbiamo andarcene di qui, stanno arrivando per arrestarlo. Dobbiamo sparire. Ora!”

Dissuasa dalle parole della donna incominciai ad assecondare i suoi passi iniziando a seguirla, pensai che lo avrebbero fermato per tempo; ciò nonostante non ero del tutto tranquillizzata. Scendemmo velocemente due piani e ci fermammo davanti la porta di un altro anonimo appartamento di quell'infernale stabile. Weddy abbassando gli occhiali da sole mi mostrò i suoi felini occhi smeraldini “Ora io devo risalire a controllare la situazione e anche in fretta. Tu aspetta qui e non muoverti per nessuna ragione.” poi svelta la donna risalì a doppi passi gli scalini e svanì attraversata la prima rampa, mentre io rimanevo in attesa e osservavo convulsamente il di sotto e il di sopra delle scale, in cerca dell'arrivo di quei stramaledetti rinforzi, che però non vedevo arrivare.

“Che sta succeden...” D'un tratto la mia solitaria domanda venne bruscamente interrotta, prima da dei rumori e un terribile trambusto, poi da delle urla strazianti, terrificanti, sembrava che a qualcuno venisse strappato il cuore e sapevo anche di chi fosse. Dietro di me udii l'aprirsi di alcune porte, gli inquilini messi in allarme dal frastuono iniziavano a riversarsi sui piani.

“B...” farneticai quella lettera, alzando la testa di scatto. Guardai in alto e vidi del flebile fumo provenire dai pianerottoli superiori, l'odore nauseante che inondava lentamente l'ambiente mi disgustò; ma questo elemento non mi avrebbe fermato nella salita, lo sapevo per certo, quello che mi teneva incatenata lì sotto erano le sue urla, era il terrore di vedere  il mio B dilaniato dalle fiamme, umiliato dal suo stesso gioco, sciolto dal calore della sua pazzia e ossessione.

Congelata rimanevo a guardare il leggero fumo invadere un po' della mia postazione, respirai tremante, abbassai il capo e vidi salire velocemente le scale Aiber seguito da Abel, con un tempismo assurdo anche Weddy scese, ritrovandoci così riuniti.

Per quanto riguarda me, era come se non ci fossi, scoraggiata, esausta, poggiai le mie mani sulla fredda e ferrea ringhiera. Non riuscivo a piangere o sfogarmi, ero disperata, impaurita, avevo perso il mio amore, a cui mi ero legata irrazionalmente per ben tre mesi, e non lasciavo cadere una sola goccia dai miei occhi.

Weddy prendendo da parte Aiber mi destò di colpo dalla mia apatia “Dobbiamo chiamare il 911.”

“E'... è vivo?” Con un filo di speranza mi avvicinai e mi aggrappai alla donna, che incupendosi, prima si asciugò  del leggero sudore che aveva sulla fronte con il dorso della mano e poi smosse la bionda testa con cenno negativo.

Ebbi i brividi e la rabbia mi salì in corpo, feci cadere seccamente le mani dalle braccia di Weddy, con vergogna non guardai il volto segnato di Abel, vidi solo di sfuggita le sue mani chiuse in stretti pugni, poi iniziai a camminare furiosamente verso la discesa. Me ne andavo arrabbiata con me stessa per aver fallito sotto ogni punto di vista, me ne andavo perché ero stata costantemente manipolata, maltratta senza accorgermene e nonostante questo era stato tutto inutile. Scappavo perché non avrei potuto più abbracciarlo, scappavo perché le lacrime vere, anche se con orgogliosa fatica, iniziavano a scendere.

Basta! Basta, non centro più in questa storia. Sono libera. Sono solo incespicata in un mondo sconosciuto e con leggi tutte sue, che non comprendo e che forse non comprenderò mai.

Prima di congedarmi del tutto e in quel mio modo scostante, mi voltai verso  le figure dietro di me e mi rivolsi solo a Weddy e ad Aiber. “Non voglio sentirlo, non voglio che mi chiami. Non voglio sapere altro, non  voglio sapere niente. Lasciatemi solo in pace.”

Scesi di corsa le scale e sentii poi dei passi dietro di me, era Abel che preoccupato si era precipitato per  raggiungermi. Lo guardai, ma non gli dissi nulla, lasciai che mi seguisse, che mi accompagnasse lontano da quell'orribile complesso condominiale numero 061550.

Nonostante seguissimo la via del marciapiede, che si allontanava pian piano dai palazzi, io ne continuavo a sentire l'ombra dietro la schiena.

Prendemmo il primo autobus che faceva fermata a Beverly Hills e per tutto il viaggio non proferii parola, guardavo fuori dal finestrino mentre la luce solare mi accecava e infastidiva; mi soffermai a notare che io mi sentivo totalmente immersa nella notte. Per me quel viaggio era in modalità notturna, perfino, e in maniera allucinatoria, l'ambiente circostante: il corridoio dell'autobus con le lampade accese, i passeggeri nella semi oscurità, il mondo esterno con i luminosi lampioni e le luci delle auto che ci passavano accanto; preferii immaginare che fosse un'ora tarda della sera, come d'inverno in certe parti del mondo. Volevo la fine prematura di quel giorno, la mia casa, un luogo dove potevo arricciarmi su me stessa e restarci. Abel, mi rimaneva vicino, rispettava il mio silenzio e percependolo con la coda dell'occhio notai che di tanto in tanto giocherellava con i lacci del cappuccio della sua casacca blu; ma fui io a rompere la nostra quiete, ancora rivolta verso il vetro parlai flebile “Abel, so che non mi perdonerai mai. Voglio comunque chiederti perdono, hai tutto il diritto di odiarmi, tutto. Non sai quante volte ho pensato questo, mentre mi consumavo di rimorso.”

Percepii il ragazzo accanto a me avvicinarsi e avvolgermi un braccio intorno alle spalle. Voltandomi vidi il suo viso rassicurante che sorridendo accorciò il segno che aveva sul labbro. “Io non ti ho mai odiata, Leonor. Perché sei stata vittima quanto me di tutto questo. Ti ho voluta sempre aiutare. Beh, per come ho potuto aiutarti, nei miei limiti di normalissimo ragazzo e familiare di una vittima. Sai, avevo intuito che la tipa, Weddy e il tipo, Aiber, non erano comuni sbirri, che c'era qualcosa sotto. Mi spiace solo di non aver potuto far molto, tutto qui. E adesso, dato che siamo in due ad avere questo stesso peso e segreto, direi che possiamo capirci e sostenerci a vicenda, no?” Poi si rabbuiò, ma per poco, perché con una leggera aria soddisfatta finì proseguendo “Oggi però posso gioire soltanto io. Mi dispiace per questo, Leonor.”

Abbattuta da quelle parole, sentendomi profondamente e infinitamente in colpa, poggiai le mani e la testa sullo schienale del sedile davanti a me e mentre la mano rovente di Abel, poggiata sulle mie spalle, mi consolava e mi faceva percepire ancor di più la sensazione di perdita e sconfitta, mi abbandonai ai primi sussulti del mio silenzioso, nascosto pianto.

 

Finalmente rincasai.

Abel si sentì sollevato solo dopo avermi riaccompagnata sino alla soglia di casa e mi salutò con un gesto saldo della mano, andandosene parlò con solennità e attenzione “Ti chiamerò molto spesso per sapere come stai, quindi non spegnere il cellulare. Ti prometto che non  parlerò mai più di questa storia, lo giuro. Quindi cerca di riprenderti.”

Annuendo e sola,  mi trascinai nella casa silenziosa di mio padre, invasa dall'irritante luce delle undici del mattino. Non mi riconoscevo più, stavo odiando il sole, la cosa che più al mondo mi dava gioia, serenità e calore all'anima. Dopo aver passato quelle devastanti due ore del mattino, a sgretolare e punire me stessa e B, sentii che in quel momento stavo vivendo un crepuscolo interiore.

Io non ero mai stata così, quale parte di me si era incrinata?

Non avendo nulla da fare e non avendo voglia di far nulla, andai nella mia camera, sfidai quella mia insolita avversione al sole e ne lasciai le tende spalancate; mi trascinai sul letto e mi accoccolai seduta tra parete e materasso, rimanendo e costringendomi ad osservare tutti i cambiamenti della luce solare che si spostava, ora, per ora sul pavimento della mia stanza. Non saprei definire per quanto tempo rimasi in quello stato, so solo che mi ritrovai addormentata e in seguito, nonostante mi stessi risvegliando, rimanevo con gli occhi serrati udendo le tiepide voci che mi arrivavano dal soggiorno.

“Ottimo lavoro agente Wilson, la ringrazio per l'aiuto e mi scuso per lo scomodo. Adesso che questa storia e il caso è risolto, mi sento molto più tranquillo. Ci si vede in centrale.” Poi la porta di casa che si chiuse.

Papà, stavi parlando con Weddy? E' venuta a togliere quelle scomodissime cimici e a completare il teatrino per coprirmi fino alla fine e poi se ne è andata. Se ne è andato anche lui... devo risollevarmi o capiranno... devo risollevarmi.

In quel momento però riuscivo solo a tenere gli occhi chiusi, volevo rimanere al buio ancora un po', ancora un po', perché il giorno seguente avrei dovuto alzarmi e interpretare me stessa.

 

Una settimana esatta dopo la risoluzione del 'Los Angeles BB Murder Cases', io e mia madre potemmo tornare nell'accogliente casa nel nostro Brentwood e nonostante fosse il posto in cui era nata e cresciuta quella mia travagliata e maledetta storia, fu il luogo dove più trovai consolazione e che mi permise di rientrare in possesso di me stessa. Mia madre mi fu molto vicina e attribuì quel mio strano stato d'animo, tra la serenità e l'apatia, e che a volte sfiorava quasi un bizzarro tentativo di trascendenza, come qualcosa di ricollegato alla lite avuta con papà tempo prima. Era convinta che non lo avessi del tutto perdonato. La verità è che dopo quegli eventi, lo amai ancora di più e non lo avrei più trascurato come facevo un tempo, gli sarei stata il più vicina possibile.

Con una settimana di ritardo, finalmente tornò dall'Europa la mia Jesse. Ricordo ancora quando scesa dall'auto dei suoi, con le sue lunghe dorate ciocche al vento trattenute da un cerchietto rosa in plastica, corse verso di me, che ero intenta a piantare delle fragole su un fazzolettino di terra che avevamo proprio sotto la finestra della mia stanza e che avevo recintato con un mini steccato bianchissimo; così quando sarebbero nati i frutti il loro rossore sarebbe spiccato ancora di più. Quel giorno dei primi di Settembre con me c'era anche Abel che mi stava aiutando e quando notò l'arrivo entusiastico di Jesse, ne rimase incantato. Per tutto il tempo in cui io e la mia amica ci scambiavamo gesti d'affetto e esclamazioni di gioia, lui rimaneva lì impalato ad osservarla. Dovetti presentarli io perché altrimenti saremmo rimasti lì imbambolati tutti e tre come statue. Ovviamente a Jesse raccontai che Abel era il fratello di una mia vecchia amica che si era trasferita a New York e lui si era avvicinato alla mia famiglia per non rimanere solo lì a Los Angeles. Jesse dal suo canto fu cordiale e gentile con lui, sembrò perfino non far caso alla deturpazione che segnava il bel volto di Abel. In assoluto quella fu la giornata più bella e placida che io avessi passato in tutta la mia vita, dopo molto, moltissimo tempo. Risi a crepa pelle con i racconti del viaggio di Jesse e Abel cominciò a rilassarsi, non rimaneva più impacciato, né con me, né con lei. Constatai che la mia brillante Jesse era diventata ancora più spigliata dopo la sua avventura europea, mi coinvolgeva nella sua chiacchiera più che mai, non so se questo fosse anche frutto della sua mancanza, poi però arrivò un intoppo. “Allora, Leo? Com'è finita poi con quel ragazzo della consegna delle pizze?” Jesse, con un sorriso radioso, dopo nemmeno due settimane dall'accaduto, fece riemergere quella puntigliosa questione, che non si era ancora sanata e chissà, probabilmente, non si sarebbe mai riparata.

Presa in contropiede evitai i suoi occhi turchesi bofonchiando “Credo che non si farà più rivedere.”

“Accidenti, Leo. A me tempo fa, quando ti chiesi di uscire, avevi detto che la pizza non ti piaceva poi molto.” Abel, con uno scherzoso broncio che lo rese adorabilmente dolce, deviò il discorso ed io ovviamente lo assecondai.

“Sì, ma non mi piace mangiarla solo con te.” Con quell'uscita fui in grado di far morire dalle risate entrambi, quasi certamente dovevo aver avuto una strana faccia mentre dicevo quella battuta, ma sentivo una sola, certa, espressione facciale in quel momento; ed era  una specie di smorfia simile ad una risata, mentre sentivo l'amarezza crescermi dentro ad ondate.

Quella mattinata passò veloce grazie a quella visita provvidenziale dei miei due amici, che all'ora di pranzo si congedarono,  una per impegni da rientro in terra statunitense e l'altro per il proprio lavoro.

Rimasi di nuovo da sola, ma fortunatamente la mamma dopo il gran casino del caso BB, iniziò a rimanere di più a casa, per lo meno a pranzo e per cena.

Quel giorno, dopo aver pranzato, decisi di salire in camera per mettere ordine nei vari cassetti e armadio, avevo trascurato per molto quella mansione, a causa del soggiorno forzato nell’appartamento di mio padre. Fu davvero una gran pena ritrovare nell'ultimo tiretto della mia cassettiera, quella maglia bianca che B mi aveva ordinato di tenere lì per ogni evenienza.

Già, per cambiarsi nel caso la prima si fosse macchiata irrimediabilmente di sangue, vero? Per fortuna non è mai accaduta una cosa del genere, a parte un cambio per un banale temporale.

“B, Beyond. Mi dispiace così tanto.” Intristita presi la t-shirt e la accostai al mio viso, chiusi gli occhi, inalai l'odore del sapone e rividi i suoi occhi su di me.

“Leo!” Di colpo venni risvegliata dal chiamarmi di mia madre dal piano di sotto.

Mi rialzai dal pavimento su cui mi ero inginocchiata e con flemma mi diressi verso le scale per iniziare a scenderle. “Mamma, quante volte ti ho detto di...”

Non saprei descrivere come rimasi, ero statica, immobile, di granito; i miei occhi erano proiettati davanti alla figura che si trovava davanti alla porta di casa spalancata. Non ho mai creduto molto all'esistenza dei fantasmi, ma in quell'occasione per me fu come vederne uno.

Era un ragazzo alto, slanciato, molto atletico, anche se ripiegato un po' su se stesso, quasi come un vecchio; e poi quella dannata maglia candida che non si distingueva dalla tonalità della sua pelle.

Sì, dev'essere un fantasma...

I jeans di quel blu slavato e larghi. Capelli senza un senso, scuri come la notte e come  lo erano anche i suoi occhi, vere violacee occhiaie segnavano il contorno delle palpebre inferiori; lo sguardo nel complesso appariva un po' assonnato e nascondeva qualcosa che lui poteva ridestare a comando. Fu come contemplare l'opera originale di un quadro falso, era così diverso da...

“Ah, Leo, che ti prende non vieni a salutare il tuo amico Beyond?” Guardai sorpresa la mamma come se avesse appena insultato qualcuno, ma non saprei bene dire chi; non si era accorta di nulla, lo aveva scambiato per B e con la sua solita cortesia lo invitava ad entrare.

“Signora Summers, può chiamarmi Ryuzaki se vuole. Beyond è un mio vecchio nomignolo.” Il ragazzo fantasma si rivolse a mia madre con una voce ruffiana e molto educatamente, per poi portare i suoi occhi rianimati su di me ancora ferma al piano di sopra.

Scesi gli scalini con calma e gli parlai “ Non mi avevi mai detto che ti chiamassi così?”

“Beh, tendo a cambiare spesso il luogo in cui vivo, così decido di farmi chiamare in altro modo. Sai, la questione dell'affezionarsi troppo.” Ryuzaki con un sorrisetto falso mi prese in giro con quella risposta, sembrava comunque avesse un fondo di verità mentre lo diceva.

“Questa è la risposta più scema che abbia mai sentito.” Sorridendo lo presi in giro a mia volta. Molto probabilmente avrei dovuto odiarlo, ma la sensazione che mi rimandò non era negativa come mi aspettavo, mi piaceva. Seppur così diverso da B, lui aveva un'aura diversa, oscura e benefica insieme, al contrario di B era una persona che sapeva bene come porsi.

Mentre mia madre si sbellicava dalla risate, per quella strana scena comica che si era venuta a creare tra me e quel Ryuzaki, ne approfittai per dirle che ci saremmo andati a fare una passeggiata fuori.

Il ragazzo che diceva di chiamarsi Ryuzaki, mi seguì strascicando le sue logore e vecchie scarpe da tennis, poi sul marciapiede mi fermai e mi voltai ad osservarlo.

“Così è te che imitava?” Dissi decisa.

Vidi il suo sguardo affilarsi e diventare guardingo, ma con una smorfia beffarda sollevò da un lato un sorriso sfacciato. Ne rimasi colpita, chissà se quella facciata buffa era realmente lui o se lui fosse davvero così, punto. “Leonor, non parliamo qui, si può parlare in un posto dove non ci siano orecchie e sguardi indiscreti?”

Distogliendo gli occhi da Ryuzaki, scoprii la signora Rolland che fingeva di raccogliere qualcosa davanti l’aiuola del suo vialetto.

“Sì, c'è un parco qui vicino casa, sempre poco trafficato dopo l'ora di pranzo. Andiamo lì e poi oggi siamo fortunati c'è molto poco del sole della California. E' nuvolo, forse pioverà.” Svelta cominciai a dirigermi verso il luogo stabilito.

Ad un certo punto, mentre facevamo il nostro percorso, notai che una lussuosa auto nera ci stava seguendo a passo d'uomo sul marciapiede opposto al nostro.

“Cos'è hai le guardie del corpo? Sarò anche stata con lui, ma non vuol dire che non ti sopporto al punto di scomodare Weddy o Aiber.” Sarcasticamente feci capire a Ryuzaki che mi ero accorta della sorveglianza.

“Lo so che non mi faresti nulla, anche perché sei pur sempre una ragazza, è semplicemente  il mio autista e sinceramente per oggi direi che ho avuto la mia dose di scontri corpo a corpo*.” Un po' imbronciato il ragazzo farfugliò l'ultima parte di frase con un leggero imbarazzo.

Non capendo cosa intendesse quell'affermazione finale, sorvolai e continuai a passeggiare con lui.

“Ecco, siamo arrivati.” Aprendo la piccola cancellata d'ingresso del parco, di grigissimo ferro battuto, feci strada a Ryuzaki e ci sedemmo alla prima panchina isolata che trovammo. Mentre sedevo sulla sua spalliera della panca, percepii che il legno era ancora intiepidito dopo il precedente passaggio dei deboli raggi di sole; nel frattempo anche Ryuzaki mollò le scarpe a terra per rimanere scalzo e si accomodò vicino a me rannicchiandosi sulla parte corretta per sedersi. Quei suoi gesti non mi apparvero nuovi e non me ne meravigliai affatto, mi limitai a guardarlo come se fosse abitudine, ma non potevo negare a me stessa che gli appartenevano essenzialmente.

“Lo faceva anche lui,vero?” Il ragazzo guardando avanti parlò atono.

“Tu sei L, vero?” Presa da una strana intenzione di sfida, risposi alla sua domanda con una domanda.

Ryuzaki poggiò le braccia incrociandole sulle sue ginocchia ed annuì lentamente.

“Sei la solita sagace, Leonor. Non lasci scappare niente, vuoi le tue risposte alle tue domande, sempre...” voltandosi verso di me mi guardò in maniera insistente, forse pensava di mettermi in soggezione? “...E lui? Te ne ha date di risposte? Se non sbaglio ti dissi che non saresti riuscita a capirlo.” concluse con voce roca.

“Sì, le sue verità le ho avute. Forse adesso so troppo, anche su di te, ma vedi non è la storia dell'istituto che mi ha messo tristezza o paura, o buttato addosso sensazioni simili alla pietà. E' importante che delle anime disperse abbiano un luogo che possano chiamare casa; quello che mi agghiaccia è che alcune di quelle anime prescelte, debbano essere intrappolate nel tuo nome. Questo è crudele. Certo, Beyond aveva l'aggravante di quegli occhi stranissimi, che non hanno nessuna origine  umana... ma A, lei... lei era una ragazza e lo amava, ci sono cose che non può controllare nemmeno il tuo nome e nemmeno tu potrai essere così per sempre...” di scatto L portò gli occhi sul bianco delle sue maniche ed io continuai “...arriverà qualcosa che ti farà cambiare idea. Il tempo passa, tutto cambia, tu per primo potresti cambiare. B, è stato questo per me, mi ha fatto capire che quando si vuole qualcuno intensamente, dovranno esserci sempre dei presupposti, altrimenti è un perpetrare una penitenza senza fine. Non è sacrificio, ma annientamento e io c'ero quasi vicina. O forse ci sono dentro fino al collo.” Una leggera brezza che portava con sé l'odore fresco della  pioggia,  smosse i miei capelli ondulati, ma non li ricomposi, li lasciai fluttuare nell'aria, mentre L vicino a me rifletteva muto.

“Sai, molte cose sono cambiate 'nell'istituto', da quando A si suicidò e B scomparve. Ora diciamo che le regole si sono ammorbidite, sono cambiate. C'è anche da dire che per ereditare il mio titolo, ci vuole una certa dose di fegato. Probabilmente né A e né B, ne avevano.” Con una specie di fare distaccato e rinfilandosi le scarpe consumate, L si alzò in piedi e mise la mani nelle larghe tasche dei jeans, volgendomi le spalle.

Una vena d'irritazione mi portò a sbottare “Dio santo! Ti senti mentre parli? Anche nelle tue telefonate sentivo questa tua mancanza di tatto hai limiti dell'aridità emotiva. E' vero, non avranno avuto fegato per prendersi il tuo titolo, ma hanno vissuto. Si sono esposti alla morte per qualcosa di vero, intenso, indelebile, come l'amore. Certo, ognuno di loro aveva la propria folle soggettiva credenza in questo sentimento e si sono anche fatti mal influenzare dalle loro debolezze e forze, ma hanno agito, si sono scoperti. Tu saresti in grado di farlo?” Turbata dai nervi stavo respirando agitata “Aveva ragione B, tu dal tuo angolo nascosto, comandi, manovri, muovi le forze della giustizia, ma ti sei chiesto che cosa sei oltre a questo? Hai un cuore? Ho possiedi solo il tuo bel cervello che ti consente di fare tutto tranne che lasciarti andare?” Stizzita scesi della panchina e mi incamminai verso la riva del  laghetto artificiale che si trovava a pochi metri  da dove eravamo seduti.

Non sentendolo più, pensai se ne fosse andato al diavolo, invece lo sentii arrivare trascinando il suo flemmatico passo sull'erba.

“Cos’altro vuoi? Perché sei venuto qui? Vuoi sapere se ti odio? Cosa può importare una cosa così a uno come te?” Ero furiosa e con lui non ci tenevo a nasconderlo.

“Volevo conoscere  la persona che ha scelto B, volevo sapere cosa avevi di così interessante.  Al telefono non amo parlarci molto...” con una sotto specie di tono gentile sembrò voler continuare, ma rimase zitto.

“Certo che sei proprio stupido.” Dissi ancora imbronciata e prendendomi ancora una volta  gioco di Lui.

“Se la prima persona che me lo dice.” Voltandomi sorpresi il volto di L in un'espressione incuriosita e sorrisi in maniera forte.

“Sei umano, certo che lo sei e se può consolarti anch'io brucerei il mio telefono...” intenerita mi avvicinai a Lui e proseguii “Il concetto di stupidità ha uno spettro molto ampio, anche se non sembra, ma questo tu lo saprai anche meglio di me. Le persone si fanno passare davanti vite, possibilità, in nome di qualcosa e per valori che ritengono più importanti delle esistenze altrui. E' in questo la vera stupidità. L...” dissi il suo nome quasi sotto voce “Non sono qui a giudicare cosa sia giusto e cosa non, ma sai che c'è altro oltre te, la successione e quello che fai e che devi continuare a fare.” Sorridendo abbassai il capo “E tra l'altro se mio padre sapesse che ho collaborato con il detective del secolo, sarebbe eroso dall'invidia. Ad ogni modo, io non ti odio, forse te lo saresti aspettato e meritato, dopo tutto quello che è successo e dopo la morte di B. Invece io trovo che tu sia una brava persona, proprio come mi disse Weddy, maldestra sotto alcuni punti di vista, da quello che ho potuto constatare vedendoti, ma puoi andare fiero di essere te stesso. Guarda B, il mio B, si è logorato per diventare migliore di te e non ci è riuscito, ma questo non vuol dire che sei una figura negativa. L, il punto è che solo tu puoi essere quello che sei. Chi verrà dopo di te dovrà nascere sotto la tua stessa stella oppure sarà dannato come B.”

“Sei molto buona, Leonor.” Con un tono amareggiato e facendomi intendere che mi sbagliavo sul suo conto, L abbassò gli occhi cerchiati di nero per fissarsi le punte delle scarpe.

“Smettila, hai l'aria di uno che vuole avere sempre ragione. Sì, l'avrai avuta e ce l'avrai , ma ce l'ho anch'io.” Piano gli presi le braccia e Lui sussultò, fissandomi e sgranando gli occhi come un gufo; il mio contatto lo prese in contropiede.

“Sei davvero temeraria.” Stranamente interessato, teneva le braccia protratte di poco in avanti, quasi le avesse gessate entrambe.

“Mai quanto te che sei venuto qui solo per incontrarmi.” ridendo lasciai la presa e mi riavviai verso la riva. C'era una strana chimica tra me e L, era come stare con la persona più simile e più diversa di te a questo mondo, ed era bellissimo, completo.

Tornando seria domandai “Ti prego non dirmi che hai fatto tutto questo solo per te stesso? Non dirmi che mi hai fatto patire queste pene per niente. Dimmi che avevi uno scopo più importante oltre a riportare il 'figliol prodigo' a casa.” Eccolo di nuovo l'amaro in bocca e la mia subdola, nascosta, ostilità nei suoi confronti, cercavo qualcosa che riscattasse L ai miei occhi, qualcosa che mi dimostrasse, che le parole che gli avevo proferito poc'anzi le avessi sentite davvero, che non ero stata buttata in quell'occhio del ciclone invano.

Leonor, hai mai pianto per lui fino ad ora? Io conosco qualcuno che per amore lo fa molto spesso. Io ti ho portato via quello che amavi di più al mondo. Sono stato crudele e tu mi giustifichi, mi perdoni, ti infliggi punizioni e penitenze.” L alle mie spalle parlò fermo e seriamente interessato a quello che avrei risposto.

“Non posso piangere...” La mia voce ferma cominciò a tremare “non posso essere così egoista; né con i miei genitori, né con le vittime che ha ucciso, né con gli altri miei affetti che ne sono stati coinvolti. Se lo faccio, è una terribile trasgressione, cerco di farlo sopratutto quando sono sola e nessuno può vedermi, quando nella mia stanza entra la notte, quando non lo vedo più intrufolarsi in camera mia dalla finestra, quando so che non potrò più toccarlo e vederlo.” L, aveva fatto pressione su un punto, quel preciso punto, che iniziò a farmi scorrere quelle lacrime. Non mi voltai a guardarlo mentre stava iniziando a  muoversi per andare via e per un istante si fermò, molto probabilmente dalla mia risposta dipendeva quella sua ultima asserzione.

“Lui è vivo, ma non ti dirò dove sia e so per certo che non vorrebbe essere visto da te nelle condizioni in cui si trova. Sì, ti ho fatto mentire riguardo la sua morte, perché ero convinto sarebbe stato meglio che lo avessi creduto morto per un certo periodo di tempo. Ma dopo quello che mi hai detto, trovo sarebbe profondamente ingiusto farti sentire in colpa. Le colpe sono solo di Beyond Birthday, Leonor. E devo ammetterlo, mi ero sbagliato, sei riuscita a capirlo e hai anche scoperto che non ho fatto tutto questo soltanto per me. Lui oltre ad aver minacciato la sicurezza del mio nome, la mia stessa vita, l'equilibrio stesso della Wammy's House, dei suoi orfani e del mondo, ha anche calpestato qualcosa a cui tengo molto e la stava inaridendo, la stava facendo morire di paura.” Proseguivo a non girarmi per vederlo, ma sapevo di avere i suoi occhi puntati sulla mia schiena “Sai Leonor, mi piacerebbe rincontrarti sulla mia strada. Mi piacciono molto le persone come te, a presto.”

Quanto suonò triste quel suo 'a presto'. L, che mi aveva fatto credere di essere un accanito insensibile, mi fece cambiare idea. Su questo B si era sbagliato in maniera a dir poco vergognosa.

Attesi che si fosse allontanato per non farmi vedere debole e vulnerabile, poi mi volsi a guardarlo andar via verso il cancello, dove lo attendeva un distinto vecchio signore in smoking. Aveva vinto Lui quel sadico gioco e spariva, avanzava e camminava, come qualcuno che era stato bastonato pesantemente sul dorso fino a farglielo curvare. Nel vederlo andare via avevo la certezza matematica che forse non l'avrei rivisto mai più e immaginai che quel ragazzo dai capelli scurissimi, maglia bianca e jeans, fosse il mio B, che mi stava lasciando per sempre come mi aveva detto, ma che lo stesse facendo nella maniera più normale e nostalgica possibile. Già... come ci si aspetta di leggere in un qualsiasi romanzo in cui gli amanti che non possono stare insieme, devono affrontare forzatamente un sadico addio e non certo il mio rocambolesco e umiliante commiato.

 

 

Sbagli di valutazione, io ne ho fatti, A ne aveva fatti, B ne aveva fatti.

Immagino che tutti e tre dal nostro canto ci sentissimo convinti delle nostre certezze.

E' un classico, mentre si sbaglia c'è la dannata percentuale di sicurezza e auto convincimento, che fa perdere totalmente la bussola del giusto.

Io ho sbagliato ad anteporre il mio amore su tutto e ne ho subito tutti i maltrattamenti che poteva subire un cuore innamorato.

A, ha sbagliato gettando via la sua vita senza tentare di colmare il suo vuoto con l'amore per B.

Beyond, ha sbagliato a credere nella sua ossessione mancando l'occasione di diventare migliore, anche più di L; si è sporcato di sangue in maniera insensata e irreparabile.

Ed L, beh... malgrado quella sua ammissione, non ha sbagliato poi molto o meglio, ha solo sottovalutato la natura umana, l'imprevedibilità degli individui o forse solo la mia. Da egoista ha perseguito il suo obiettivo, ha usato le persone per catturare B senza affrontarlo faccia a faccia. A volte  non bastano i profili psicologici per capire gli esseri che abbiamo attorno, ci vuole dell'altro. L, dovrebbe impiegare i suoi metodi investigativi anche sui sentimenti altrui e forse un giorno si avvicinerà a qualcosa che lo renderà totalmente perfetto.

Dopo questa storia, ora, analizzando a sangue freddo la mia personalità, posso dire che ho una parte di tutti i personaggi di ciò che vi ho narrato.

Ho la pazzia che mi ha accomunato a Beyond Birthday, ho una strana componente dolce e ribelle che mi rende simile ad A, ho quella componente menzognera e arguta che mi rende simile ad L, ho l'incoscienza e impulsività di Dawson White, ho la sensibilità di Rose Summers, ho la capacità di dare tanto affetto di Jesse Knowles, ho l'attrazione sfrenata per il muovermi in situazioni poco tranquille e il ficcanasare, come Weddy, ho la rabbia e la quiete che smuovono l'animo di Abel.

Ma solo io posseggo il dono e la caratteristica del sacrificio. Ho sacrificato la mia vita, ho sacrificato il mio primo vero ed eterno amore, sopportandone tutt'ora le conseguenze, ho immolato per sempre la mia innocenza nel modo meno consono di come farebbe una persona normale. La verità è che io ho sempre voluto e cercato la diversità, se anche un giorno mi andasse bene con un Richard Hill, oppure un Abel, col quale non ho mai approfondito l'aspetto di una vera e propria relazione, perché io ero comunque stata la metà di B, ero infetta, probabilmente auspicherei sempre per qualcosa fuori dalle righe e dai canoni. Ho provato sulla pelle cos'è un amore sospeso e ne posso solo concludere, che anche se l'ho apprezzato nel senso più stretto e anche se ho cambiato idea un po' più negativamente su questo concetto, continuo comunque a trovarlo irresistibile.

Proprio come è successo con B, lui era sbagliato, io lo volevo. Voglio confortare e amare, chi potrebbe non essere mai amato, amarlo perché è diverso e per questo vulnerabile.

Perfino adesso, dopo due anni che il mio Beyond Birthday è davvero morto, la scia dell'amore che provo per lui è persistente.

Se t'innamori di Beyond Birthday, non c'è niente di paragonabile al mondo dopo di lui.

 

 

 

                                                                    Fine

 

 

 

 

* Per chi non ha letto il libro Another Note: The Los Angeles BB Murder Case’, qui mi riferisco all’incontro di L con Naomi Misora, dove poverino prende un bel calcione dalla Misora.

 

 

Eccomi qua dopo mesi di assenza, e me ne scuso profondamente, ma tra il lavoro con il disegno, preparativi per celebrazioni, vedi imminente matrimonio della sorellina, ho un po' subito la crisi d'astinenza da scrittura ( e spero non si sia visto vergognosamente, e se sì, chiedo scusa e perdono).

Ad ogni modo, spero tanto che questo ultimo capitolo sia stato di vostro gradimento (ma dubito, credo sia un disastro letterario, ahahahah). Vi dico solo che avrò nostalgia di questa storia, forse molto più della mia prima fan fiction 'SunShine' ( di cui, se avrete notato e se avrete letto la storia, ho inserito alcuni accenni nelle battute finali di L, che si riferisce a Belle), mentre ultimavo questo capitolo ho avuto la lacrima facile ed ero davvero dispiaciuta. Perché alla fine ho voluto bene alla mia versione di  B,  di L (ma il mio amore con lui è sconfinato, ahahah),  di Weddy,  di Aiber ( con il suo special guest ahahaha) e poi ancora più amore  ai miei personaggi originali, alla mia Leonor, alla mia Jesse, alla  mia Rose, al mio Dawson, al mio Abel e infine alla mia Molly, ispirata da una vera gattina di miei amici, che si chiama per davvero così.

Lascio a voi il giudizio su questa storia, ma il mio unico obiettivo, come sempre, era quello di divertirvi ed emozionarvi, come l'ho fatto io mentre la scrivevo, sopratutto il mio l'intento è quello di migliorarmi sotto il punto di vista della scrittura, ma so che ho ancora molto da imparare.

Penso di rifarmi viva presto con qualche altra storia, perché come ho detto prima, non posso stare senza scribacchiare qualcosa.

Quindi vi saluto tanto e vi ringrazio per aver seguito fino alla fine questa storia.

Avete e avrete sempre tutto il mio affetto.

 

Baci baci Claire Piece

 

   
 
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