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Autore: altraprospettiva    24/04/2013    1 recensioni
- Ti piace il tuo professore di matematica- sentenziò mentre mi andavo vestendo. -No!- esclamai forse con troppa enfasi senza neppure guardarla in faccia. -Tu non me la dai a bere ragazzina. E poi come darti torto? Non è messo per niente male- le lanciai una maglia -Vedi che lo dico a Francesco- dissi ridendo -Ha-ha ti ho beccato, non hai negato. Ad Alice piace Edoardo ad Alice piace Edoardo- si mise a canticchiare come una bambina. -Senti, non ti mettere nei guai e non mettere nei guai neppure lui. È il tuo professore!- disse ad un tratto tornando seria.
mi hanno detto che dal terzo capitolo migliora molto, quindi continuate a leggere!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Quel giorno, a causa della settimana bianca anticipata del prof di italiano, avevamo due ore di supplenza. Le mie compagne di classe tirarono fuori tutto l’occorrente per fare una french manicure a tema natalizio. Smalto bianco, rosso, oro, brillantini, stickers per unghia con alberi, campanelle e palline. Non ero una fan dell’estetica, nonostante avessi diciassette anni, era come se stessi passando la fase adolescenziale di un ragazzino: preferivo i videogiochi e la palestra. Mi piaceva star comoda con la tuta, tenevo i capelli corti, mi scocciava andare a fare shopping o stare con la mano immobile per farmi mettere lo smalto. Cesare era al telefono con la ragazza, Mauro e Francesco assenti, Roberto era seduto in disparte a leggere qualcosa. Priva di alternative porsi la mano a Paola, che mi pregava da ore, consentendole di far alle mie unghia ciò che più le aggradasse. Paola era contenta, lei mangiava le unghia nonostante lo smalto al peperoncino o il gel della ricostruzione, dedicarsi alle mie unghia lunghe la facevano sentire come una bambina che aveva finalmente ricevuto il regalo tanto atteso. Poi entrò lui. Sorridendo. Indossava un maglione verde scuro, i jeans neri e le scarpe da tennis verdi. Riusciva quasi sempre ad abbinare scarpe e maglia meglio di qualsiasi ragazza. Restò mobile un secondo poi disse: «Scusate ho sbagliato classe? Pensavo di esser entrato nella quinta di un liceo scientifico non in un istituto professionale per estetiste». Si conquistò l’attenzione di tutte le ragazze e continuò: «Avevo portato un film interessante se volete vederlo, mi hanno assegnato queste due ore a voi, ma se non vi va…».
Le mie compagne si guardarono con gli smalti in mano. «Avevamo pensato anche noi a qualche film» disse Silvia «Non sapevamo se ci dessero il computer per vederlo, ci vuole l’autorizzazione di un prof» continuò.
«Allora vado a prendere il computer se è questo il problema» il prof uscì mentre sventolavamo le mani per far asciugare lo smalto e qualcuna tirò fuori dallo zaino alcuni DVD.
Il prof rientrò con la tracolla del computer in mano e la posò sulla cattedra. «Qualcuno può pensare ad accenderlo ecc…Alice?» guardò verso di me che ero seduta vicino alla cattedra in quel momento. Annuii mentre iniziai ad aprire la cerniera della tracolla e vidi il prof mettere sul banco una serie di DVD originali.
«A beautiful mind, Will Hunting genio ribelle, I ragazzi di via Panisperna…che palle di film prof » sbuffò Veronica.
«Modera il linguaggio ragazzina. Io ho questi film in questo momento qui, non ho completato del tutto il trasloco. Voi avete altri film da proporre?» In un attimo il banco si riempì di DVD masterizzati. C’erano film di tutti i tipi, per lo più rosa. «Kiss me, She’s the man, Mai stata baciata…ma che film guardate?» chiese il prof leggendo qualche titolo.
«Io lo so che vedere!» esordì Luana prendendo dalla borsa un DVD «Magic Mike!» esclamò entusiasta della sua pensata. Non ero molto aggiornata di film, ma quello lo conoscevo perché avevamo parlato in classe di andarlo a vedere tutte insieme. La classe era piuttosto soddisfatta della scelta.
«Ma lo stanno dando ancora al cinema come avete fatto ad averlo?...Vabbeh non voglio saperlo…piuttosto non preferite vedere qualcosa di più significativo?»
«Prof, ma se lei fosse ad una serata insieme ai suoi amici maschi non scegliereste un film dove c’è un’abbondanza di donne seminude?» chiese Veronica.
Il prof inarcò le sopracciglia «Beh…dipende che tipo di serata voglio che sia».
«E noi vorremmo che fosse la serata dove noi vediamo Magic Mike!» disse Luana.
Il prof sospirò. «Ok, vedete sto film, però mi noia da morire restare in classe quindi vi lascerò sole. Mi raccomando fate le brave».
«Prof possiamo venire con lei? Anche a noi scoccia guardare questo film» chiese Roberto anche a nome di Cesare.
«Sì certo, portatevi qualcosa da fare e ce ne stiamo in aula insegnanti». Poi uscirono dalla classe mentre il prof scuoteva la testa dicendo “Donne”.
«Per quel che mi riguarda se ci fa uno spogliarello lui poi potrei anche guardare uno dei suoi film pallosi» disse Silvia non appena si accertò che il prof fosse uscito.
Scoppiammo a ridere, pensando tutte più o meno di essere d’accordo e io diedi l’avvio al film.
Ci furono subito risatine che mi fecero pensare di stare in una classe di adolescenti, dopo un poco iniziarono i commenti. «Come mi farei Pettyfer…cavoli è solo qualche anno più grande di noi, è perfetto».
«Io non mi faccio scrupoli per l’età. Se Channing Tatum venisse da me mi ci spoglierei davanti».
«Ma guardate che addominali perfetti…perché non abbiamo maschi del genere in classe…o meglio perché non si trovano maschi del genere in questo posto?»
«Secondo me qualcuno così c’è qua, solo che noi non abbiamo il permesso di vederlo».
Scoppiammo a ridere sapendo tutte a chi si riferisse.
«Anche come culo non sono messi male».
«Ma secondo voi chi ce l’ha più lungo?»
Si sentì un colpo di tosse e ci girammo tutte verso di esso, il prof stava appoggiato al muro. Nessuno lo aveva sentito entrare, chissà da quanto tempo ci ascoltava. Ringraziai la mia timidezza che non mi aveva ancora fatto fare alcun commento. «Ragazze ma siete terribili! Non vi si può lasciare sole un attimo e guardate che cosa mi tocca sentire!» «Quanto. Ha. Sentito?» chiese Veronica leggermente imbarazzata. Era stata lei a fare l’ultima domanda.
«Gli ultimi commenti li ho sentiti» disse sorridendo. Veronica arrossì.
«Ero venuto perché avevo dimenticato la borsa, ma ora non so se lasciarvi sole. Non immagino che cosa potreste fare» sorrideva divertito mentre andava a prendere la tracolla.
Ma perché ci voleva mettere tutte in imbarazzo? Mi domandai.
«Dai tornate a vedere il film. Prometto che non torno più. Solo vi chiedo che quando finisce qualcuna di voi mi venga a chiamare in aula insegnanti che devo riconsegnare il computer». Uscì dall’aula e noi restammo per un paio di secondi attonite.
Poi Silvia disse: «Sono sempre del parere che ci può fare lo spogliarello lui se vuole. Torniamo alla domanda di Veronica e aggiungiamo pure il prof alla lista?» Scoppiammo a ridere mentre un’immagine si intrufolò nella mia testa. Il prof che rientrava che aveva sentito l’affermazione. Spegneva il computer e lo buttava giù dalla cattedra per salirci lui. Levava il maglioncino. Si slacciava la cintura affermando che non aveva paura della sfida… non ho idea di come sia finito il film. Nella mia testa c’era solo lui che si andava spogliando.
Quando il prof rientrò per prendere il computer io non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi. Sentii che l’aria in classe era tesa. Dopo due ore di visione di spogliarello maschile gli ormoni ci avevano mandato su di giri. Pensai che se il prof non fosse uscito di corsa sarebbero scappati commenti inappropriati e forse anche qualche palpatina. Giuro, avevo compagne capaci di farlo. Il giorno dopo aveva il giorno libero ma passò per augurarci un buon Natale. Lo salutammo tutte con un bacio per guancia, emozionandoci per quel contatto. Inalai la fragranza di cuoio, di dopobarba, di…maschio.
Fui incapace di pensare ad altro per tutto il resto della giornata. Quella giornata e quelle a seguire. Lo pensai giorno dopo giorno. Anche dopo la fine delle lezioni. Ossessivamente. Abitavo in una campagna fuori paese, non avendo ancora diciotto anni, dato che avevo fatto la primina, per poter scendere in paese dovevo aspettare un passaggio. Quando mia sorella mi chiese se volessi comprato qualcosa in paese le risposi che sarei scesa con lei.
Era una pazzia quella che stavo per fare? Non lo sapevo. Arrivai in paese, salutai mia sorella e mi avviai verso la palazzina dove abitava il professore. Abitando in un paese piccolo ci voleva poco ad ottenere le informazioni desiderate. Salii le due rampe di scale a piedi, feci un profondo respiro e bussai alla porta. Il cuore mi batteva all’impazzata. Ma che diavolo stavo facendo? Perché dovevo essere così impulsiva?
Quando mi accorsi che non aveva risposto ancora nessuno, non sapevo se sentirmi sollevata o delusa. Feci per andarmene quando si aprì la porta. Indossava una tuta grigia, aveva la faccia assonnata, come se si fosse appena alzato dal letto.
Mi mise a fuoco e disse con voce pastosa: «Alice, ciao. Che sorpresa vederti…» vidi che cercava un modo educato per chiedermi che cosa volessi o, forse, era semplicemente sorpreso.
«Scusi, forse l’ho disturbata…» dissi quasi balbettando. Certo che l’avevo disturbato! L’avevo tirato giù dal letto! Anche io non sapevo cosa ci facessi lì, mi ci avevano portato i miei piedi.
«Su, entra, fuori c’è freddo» si mise di lato per farmi passare.
Entrai quasi in punta di piedi mentre sentivo che chiudeva la porta. L’appartamento era buio e il prof si affrettò ad accendere una luce. Eravamo in un salottino elegante ed ordinato. Ad una parete c’era appoggiato il mobile con la tv al plasma, i DVD e i libri, al centro della stanza ci stavano delle poltrone grigio chiaro e un tavolino di vetro. Il prof mi invitò a levare il giubbotto e poi mormorò un “scusami” mentre entrava dentro una stanza. Subito dopo sentii rumore di acqua che scorreva nel rubinetto e lui uscì dalla stanza con la faccia ancora bagnata.
«Come nuovo, scusami, ero un po’ assonnato» disse sorridendo.
Mi sciolsi. «Mi scusi lei, l’ho svegliata…»
«No, anzi grazie, quando dormo troppo va a finire che ho mal di testa e non so che cosa fare la notte. Ma siediti, non stare lì in piedi. Sei venuta per dirmi qualcosa?»
Certo che me lo avrebbe chiesto e io come una scema non mi ero preparata alcuna scusa. Ero andata lì per chiedergli qualcosa? No. Solo per vederlo, mi mancava, ma non potevo certo dirgli questo. «Io…» mi sedetti sulla poltrona mentre cercavo nella testa qualcosa da dire.
«Ti va un tè?»
«Sì, grazie» risposi contenta di avere qualche altro minuto per pensare ad una scusa.
Si infilò in un’altra stanza. «Verde, grigio, al limone, alla pesca, al gelsomino, alla cannella. Hai qualche preferenza?» mi chiese quasi urlando.
«Verde, grazie».
Tornò con due tazze vuote che posò sul tavolo davanti a me. «Adoro il tè. In questo momento sono sfornito, ma sono capace di avere più di venti gusti diversi nella credenza» si sedette nella poltrona di fronte a me.
«Neanche credevo che ci fossero tutti questi gusti» ammisi.
«Dunque, Hai qualche problema matematico che ti assilla durante le vacanze?» fortunatamente non sembrava seccato della mia presenza. Un problema ce lo avevo: non riuscivo a non pensare a lui. Ma non era né di natura matematica né qualcosa da potergli dire.
«Ecco…pensavo…di prendere ripetizioni di matematica» dissi tutto d’un fiato l’ultima frase contenta di aver trovato qualcosa di sensato.
Lui aggrottò le sopracciglia. «Ripetizioni? Non mi sembra che tu ne abbia bisogno. Certo uno deve tendere sempre a migliorare ma tutto sommato…poi non so, ho dato ripetizioni in passato ancora non mi sono organizzato» si grattò il mento «Vado a prendere l’acqua per il tè» disse alzandosi. Effettivamente non aveva tutti i torti. Lui mica poteva sapere che il mio sette era dovuto ad un eccellente lavoro di copiatura. Ma ormai l’avevo sparata e poi come facevo a dirlo a mamma e papà? Perché ero così impulsiva-barra-scema da mettermi in quelle situazioni? Tornò con una teiera in mano, mi accorsi che aveva l’infuso e non le bustine. «Il tè verde si fa sempre due volte. Questo è il secondo, dovrebbe sapere meglio» mi disse versando il tè nelle tazze. «Gradisci dello zucchero?»
«Sì, grazie».
«Torno subito». E ritornò con una zuccheriera in mano, alcuni tovaglioli, cucchiaini, piattini e dei biscotti.
«Wow, ci sa proprio fare con gli ospiti».
Lui sorrise posando il tutto ordinatamente sul tavolo e si risedette di nuovo di fronte a me. «Dunque, dicevamo» prese la tazza di tè in mano e iniziò a soffiarci. Rimasi immobile a guardare le sue labbra schiudersi non del tutto sicura che sarei riuscita a parlare.
«Dunque…ripetizioni…ma hai qualche problema negli ultimi argomenti? Se è questione di poco non ti preoccupare, te li posso rispiegare senza problemi».
Presi la mia tazza e ci aggiunsi un cucchiaino e mezzo di zucchero. «A dire il vero non sono solo gli ultimi argomenti».
Lui parve stupito. «Hai la media del sette e mezzo o sbaglio? Hai otto di fisica se mi fai un buon orale ti posso passare il sette e mezzo ad otto. Non mi sembra tu abbia problemi» ero rimasta ferma alla frase “se mi fai un buon orale”, mi sentivo come alcune mie compagne di classe che vedevano il doppio senso dappertutto. Che mi era preso?
«Ecco…a dire il vero…non è tutta farina del mio sacco». Ormai era meglio cercare di dire la verità, altrimenti sarei sembrata troppo stupida.
La sua espressione divenne sia stupita che divertita. «Vuoi dire che sei stata ‘aiutata’durante i compiti?» pronunciò la parola aiutata facendo il movimento delle virgolette con le dita della mano libera.
«Più o meno. Ma adesso mi sono resa conto che poi mi troverò male all’università. È meglio che impari qualcosa ora». Bevvi un sorso di tè per poter fare qualcosa.
Lui rimase in silenzio per circa un minuto. Come imbambolato. «Cavoli. Hai copiato? Ma siete brave! Non sono riuscito a notarlo per niente! E per gli orali?»
«Imparavo tutto a memoria».
«A memoria? Complimenti» vidi che era leggermente stizzito.
«Scusi…» dissi.
Lui sorrise, quasi imbarazzato. «Beh, cose da ragazzi. Anche io copiavo le versioni di latino. Non ho mai capito a cosa servisse. Stavo pensando che me l’avete fatta sotto il naso…beh, sei stata sincera perlomeno. Posso chiederti in che università ti vuoi scrivere?» Bevve un po’, prese un biscotto e mi fece cenno con il capo.
«Prendine senza problemi».
«Grazie, sto bene così. Vorrei iscrivermi in chimica».
Lui parve un po’ divertito. «Chimica?»
«Sì, mi piace da morire. Mi sono iscritta allo scientifico per questo. Solo che non sapevo di avere tutti questi problemi con la matematica».
Lui fece di sì con la testa.
«Purtroppo la matematica ti serve a chimica. Non ad altissimi livelli, ma hai analisi, hai fisica…spero che con i semplici calcoli di stechiometria non abbia problemi» rise. Si poteva essere più belli di così? Gli occhi sembravano brillargli…dovevo assolutamente smetterla.
Bevvi il tè e cercai di concentrarmi sul calore di esso.
«Da quale punto del programma vorresti partire?»
«Ehm…logaritmi?»
Lui fece come per sputare il tè dalla sorpresa. «Cazzo! Scusa…pensavo fossi messa meglio…beh allora ce n’è lavoro da fare. Potremmo iniziare anche durante queste vacanze se vuoi».
Davvero? Aveva detto sì? Ci saremmo incontrati io e lui da soli a casa sua? E chi avrebbe pensato alla matematica?
«Ma lei non torna a casa a Natale?».
Il suo volto si rabbuiò. «No. Sono una testa di cazzo. Ho dimenticato di comprare prima i biglietti e quando ci ho pensato costavano un occhio della testa. Parto il 28. Quest’anno non è Natale con chi vuoi ma Natale con chi puoi…»
«E lei con chi può?» che domanda idiota. Da dove mi era uscita?
«Eh? Non lo so ancora a dire il vero...»
«Ma è fra due giorni!...Perché non viene a mangiar da me? Tra cugini e amici di famiglia poco meno di un centinaio. Nessuno farà caso a lei, penseranno che sia qualche fidanzato di qualche mia cugina».
Lui sorrise. «Un centinaio? Sei sicura che non dovremmo iniziare dalle tabelline?»
Io annuì «Sì, sì…mia nonna aveva sette fratelli e mio nonno cinque. Ci rispettiamo tutti sa? Abito in campagna, abbiamo una casa grandissima, così le feste si fanno sempre da noi. Sul serio, non scherzo».
Cominciò a far girare la tazza fra mani. Sembrava pensarci. «Non so…non conosco nessuno…e poi non mi sembra il caso». «E si passa il Natale da solo?»
Fece mezzo sorriso. «A dire il vero non è che abbia mai dato importanza al Natale, anche per questo ho dimenticato di comprare i biglietti».
«Ma si deve far pregare? Ad ogni modo, io le lascio il mio indirizzo. Un posto all’ultimo momento si può aggiungere senza problemi. Ha un foglietto e una penna? Le lascio pure il mio numero di cellulare per metterci d’accordo per le ripetizioni». Si alzò e andò a prendere un block notes e una penna.
Notai che stava pensando sul serio alla proposta. «Dovrei portare qualcosa…E poi come mi presenti? Dici che sono il tuo professore? Che figura ci faccio?» Si grattò la nuca mentre mi porgeva il block notes.
«A differenza sua, a casa mia il Natale è una festa piuttosto sentita. Se spiego a mia madre che lei è solo a casa sarà proprio lei a proporre di farla venire. E poi certo che devo presentarla come il mio professore! Fra poco ci sarà ricevimento».
Lui si mise a ridere. «Ora non so neanche qual è il tuo vero andamento a proposito…mi sa che devo farti fare un orale come si deve per poterti valutare».
La mia mente si fermò di nuovo a quella frase. «Non mi può punire così. Ormai mi lascia il voto che ho, poi le prometto che mi metto d’impegno». Mi alzai e posai la tazza sul tavolo. «La ringrazio per il tè e per la chiacchierata. Ma adesso devo proprio andare».
Lui annuì e mi fece strada verso la porta.
«Ci pensi, mi farebbe piacere vederla a Natale, sul serio».
Arrivati davanti al portone mi sistemai il giubbotto. Poi quasi automaticamente mi baciò su entrambe le guance e avvampai.
«Ci…sentiamo» mi disse.
Uscii che ci fu una folata di vento capace di farmi volare. Ma io mi sentivo già come se stessi camminando sopra le nuvole. Note dell’autrice. Se il professore avvisa di stare facendo ripetizioni alla propria alunna, è legale poterlo fare. Vi è piaciuto il capitolo? :D
  
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