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Autore: L_aura_grey    24/04/2013    2 recensioni
L'Argentato
Il Dorato
Il Guercio
Vi può essere qualcosa oltre al destino che possa accomunare creature più diverse?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Odino, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Il Dorato§*
mantello

 

 






 
Il silenzio della carta, il pungere dell’ignoranza.
               
Era quello il più segreto ricordo legato alle quelle rari notti di fanciullo, a quelle notte nascoste a tutti sennonché a quelle mura, a quei libri che lo circondavano, altissimi, elevati, irraggiungibili. Per le sue piccole mani e per quelle gambe non ancora muscolose, ma già forti.
Ci aveva provato tante volte, e in tutte si era ritrovato a dover  portare le piante dei piedi a terra, le mani vuote attorno ai fianchi.
Si lasciò scivolate tra quegli infiniti corridoi, stretti, larghi, semplici anfratti o infinite strade, in quelle mura fatte di copertine, senza azzardassi a sfiorarle neppure con una spalla, finché non raggiunse la sua meta; quel tavolino sgombro di tutto se non da un grosso e dorato orologio, quelle due sedie, e quella luce tenue che lo aveva guidato fin lì, in quel luogo che, dopo una grande giornata, con gradi vittorie e grandi risate, lo lasciava inaspettatamente vuoto.
 
Il suo posto era occupato, quella sera. Qualcun altro si era seduto  sulla sua sedia, le gambe larghe per comodità e lo sguardo puntato verso l’alto, verso  quella torre di libri che puntava in su, sempre più su, quasi volesse raggiungere il cielo, sfondarlo e andare ancora oltre.
Qualcun altro era scivolato tra quei corridoi, attento a non sfiorarne le mobili pareti neppure per sbaglio.
 
Si avvicinò, lasciandosi cadere con la sua poca grazia sulla sedia rimasta libera, divaricando anch’esso le gambe, e appoggiando pigramente la schiena allo schienale. La testa cadde all’indietro, gli occhi azzurri puntati verso le cime di quelle librerie.
 
“Me n’ero dimenticato… dei rari momenti in cui mi trascinavo qui. A osservare questi presuntuosi libri che, con tutti il loro sapere, mi sovrastavano, ridendo di me, del mio poco sapere e della mia nulla voglia di conoscenza nel loro ambito” l’atro aveva un tono triste, malinconico.
“Di come mi sembrava ridessero di me, sminuendomi e additandomi, come mia unica pecca. Io, che ero il più amato, il più rispettato, il più forte… loro erano i miei unici nemici concreti. Gli unici che non riuscivo a sconfiggere…”
 
I libri tornarono ad essere gli unici oratori, con le loro parole fatte di silenzio ed inchiostro, le loro storie e i loro contenuti. Nessuno dei due abbassò lo sguardo. Infondo, non ve n’era bisogno. Uno sapeva come era stato. L’altro era solo un ricordo tirato fuori da uno scrigno, spolverato, e messo sulla mensola più alta nel soggiorno della sua mente, o di ciò che rimaneva.
 
“Thor” esordì forte quel Ricordo dai capelli lunghi e intrecciati, quegli occhi puliti e le gote che spesso arrossivano dall’orgoglio di se stesso “Quando vengo qui non mi sento sbeffeggiato. Non vedo questi libri irrisori e nemici…”
 
Sentì lo sguardo dell’altro posarsi su di lui, stupito, probabilmente, o forse più interdetto.
 
“Venivo qui dopo una giornata passata  a sorbire complimenti, sfide e complimenti ancora. Perché, per quanto non ne avessi mai abbastanza, di tutto ciò, a volte, raramente, mi sentivo pesante. Pesante, e imbattibile. Venivo qui per trovare nuovi nemici, che sapevo avrei prevalso con difficoltà. Dovevano essere uno stimolo, a divenire Migliore…”
 
“No…” un sospiro… il muoversi placido di un ricordo dimenticato “Non tra questi libri. Non ancora, almeno… non subito. Venivi qui per il contrario, per sentirti piccolo. Quando le tue spalle non erano ancora abbastanza larghe e possenti per portare tutto ciò che il tuo nome portava. I doveri, le aspettative altrui, tue e di chi ti voleva bene”
 
“Quindi questa…”
“Questa è la tua biblioteca del prima… prima che la vanagloria e la vanità ti facessero diventare cieco e sordo a… questo!” spalancò le braccia, tornando retto e osservando con orgoglio quei libri che osservavano, ora, silenziosi e non più accusatori, saggi, vecchi a bambini, sopra di se.
“La Sapienza! Era per questo che venivi qui… per levarti quel mantello fatto di doveri che ti buttavano addosso, che ti oscurava la vista, con quel po’ di sapere pura che ti arrivava da qui, in questo luogo abbastanza basso da riuscire a vederla tutta, e abbastanza vicino  da riuscire a sfiorarla e a sciacquarti con essa”
 
E dopo quel fiume di parole, una più forte e vera dell’altro, riabbassò le braccia, il naso di nuovo all’aria. Eccoli lì, quelle mille pagine, una più piena e infinita dell’altra.
Quando era fanciullo aveva alzato lo sguardo, e, lassù in cima, aveva visto qualcosa di irraggiungibile, al di fuori della spada, del sudore e del sangue. E li, quell’imponente figura, quel Re saggio e giusto, che solo in un ambito riusciva a eguagliare, e sapeva bene che ciò che sfiorava con quelle piccole dita non era il Tutto.
 
“Già… e per lui… per lui ho lasciato questo posto. L’ho dimenticato, perché avevo cose più importanti, più urgenti da fare, e lo feci senza guardare cosa mi lasciavo indietro…”
“Non sei sempre stato questo”
“Ma non potevo non diventarlo”
“Hai lasciato questo…”
“Pe lui”
 
“E poi il buio quando sei riuscito a toglierti il mantello dagli occhi…”
“Ciò che visto…”
 
“Però ci ha voluto bene. Non poteva non innamorarsi di noi”
“La luce del mio titolo offuscava la nostra luce…”
“Ma la vedeva. Gli piaceva!”
“La accettava. Per il bene di Asgard. Per il bene del regno. Con quell’unico occhio che gli era rimasto… quando ci guardava non vedeva il futuro. Vedeva solo il nostro titolo. Non guardava nello stesso modo Loki… quando guardava lui… non vedeva un figlio, vedeva il Futuro”
 
“Loki…”
“Tanto furbo… tanto orgoglioso…”
“Lui con la sua indotta cattiveria ci ha aiutati a essere così”
“Con gli sguardi di invidia con cui ci ricopriva”
“Chi eravamo, noi, per lui?”
“L’osacolo”
“Il fratello da distruggere”
“L’invidia per ciò che eravamo”
“Gli unici a cui era permesso di vedere chi fosse realmente”
 
“L’ho odiato. Lo amo…”
“Lo ami o lo odi?”  Thor si ritrovò a puntare i propri occhi in quelli del Ricordo, tanto blu, tanto giovani e intatti. Brillavano, quasi, mentre i suoi erano sporchi e lerci, da ciò che si era visto compiere, e da ciò che aveva visto subire.
“Non lo so…” ammise. Perché il Dio del Tuono non poteva che essere che limpido. Accecante, certo, ma nulla di più, nulla di meno di ciò che si riusciva a vedere “ Spesso sono la stessa cosa…”
Il giovane se tornò a osservare la volta celeste, per poi alzare piano un braccio, e indicargli i libri “Non volevo essere come loro?” domandò, mentre Thor seguì il braccio e si ritrovò ad osservare soffitto di pagine, che un tempo era stato Foresta.
 
Bellissimi
 
Essenziali
 
Presenti
 
Amati
   
 
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