Note :
Chiedo scusa per il ritardo! In realtà questo capitolo era già tradotto e betato da un pezzo, ma poi son dovuta partire, e sono
tornata da poco. Grazie a coloro che hanno
seguito questa mini long *_*
Words Left Unsaid
Stavano andando così bene. Non solo avevano trovato il
deposito d’armi e una quantità d’oro significativa. Avevano trovato lo Scrigno
Reale che una volta apparteneva alla famiglia reale Polacca, completo con molti
pezzi di gioielleria, opere d’arte che si pensava che esso contenesse. Fu un ritrovamento
incredibile. Entrambi erano ritornati in hotel al massimo della soddisfazione e prendendo in
considerazione di fare carriera nel recuperare oro nazista.
Poi Nicola aveva chiamato.
Erano nel bar dell’hotel quando il suo telefono aveva vibrato
nella tasca. John trovò una scusa per continuare la telefonata fuori ma
Sherlock sapeva chi era, e la loro discussione irrisolta poteva benissimo non
essere finita. Quando John ritornò al bar, Sherlock se n’era andato. John pensò
che fosse meglio così. Prese un drink da solo per rinforzarsi i nervi e si
azzardò verso la loro camera doppia. John non aveva intenzione di farsi
trascinare in una replica della scorsa notte.
Gli ci volle solo un commento sarcastico prima che
fossero di nuovo al punto di partenza. Le suppliche di non litigare furono
presto dimenticate con ogni parola malevola, insulto pungente e osservazione sarcastica. Finì quando Sherlock
si rinchiuse in bagno e cercò di usare tutta l’acqua calda nella doccia. John
aveva intenzione di farsi una doccia, ma ci rinunciò e stette furioso sotto le
coperte finché il sonno non solo gli si avvicinò silenziosamente, ma gli colpì
il cranio con una roccia. Era stanco, non solo della giornata, ma di questo.
John si sveglia nel buio pesto, nemmeno una luce in strada o la luna a gettare luce
nella stanza, quando lo spazio nel letto dietro di sé si abbassa.
“Sherlock?”
Una mano si stende, cauta, circospetta, e gli tocca la
spalla. Calda, soffice, molto delicata, non ciò che John si aspettava. Mi dispiace. Di nuovo.
John si volta per guardare in faccia Sherlock, ma
indietreggia finché la schiena non tocca il muro freddo tappezzato con carta da parati. La mano di Sherlock
si ritira. A me no. Va’ via.
Sherlock si avvicina, la sua bocca si apre e John percepisce
l’inalazione come prima di parlare, ma scompare nel nulla, persa nel silenzio
della stanza. Sto cercando di dirtelo ma
non ci riesco.
John chiude gli occhi e sospira. Ti sto dando l’opportunità di dire qualcosa ora, non posso continuare
così.
Sherlock si allunga ancora, mettendo deliberatamente
una mano sulla spalla di John. John si irrigidisce ma non si allontana. John.
La mano scende sul muscolo che si estende dalla spalla di John, lenta, sul
bicipite, lenta, molto lenta, dolorosamente lenta, verso il gomito. John
trattiene il respiro e lo lascia fare. John,
io … Più giù, le dita si chiudono gentilmente attorno all’avambraccio,
lente, attorno al polso, finché si fermano sulla mano di John. La stringe. Capiscilo, sono nel tuo letto, ti sto
tenendo la mano. Più o meno. Capiscilo.
John si ricorda di respirare, è stordito. Per favore, parla, Sherlock, per favore.
Sherlock si spinge in avanti, il letto cigola, e
annulla la distanza ancora un po’, ancora tenendo un solo punto di contatto tra
loro. John si lascia ancora prendere la mano da Sherlock passivamente, la
spoglia intimità di un gesto così semplice che ha troppi significati da
comprendere. Il pollice di Sherlock sfiora il dorso del polso di John avanti e
indietro, mandando calore al corpo di John che non sa come gestire. Fermami. Non mi fermerò finché non sarai tu
a fermarmi.
John si lecca le labbra,
la bocca riarsa e asciutta. Non può
essere … Tu non … Io?
Sherlock ritira la mano e
John si sente disperso nel buio, vuole sporgersi, reclamare ciò che aveva finché non sente lo
sfioramento di quelle stesse dita contro il suo petto coperto dalla maglietta. Voglio di più di ciò che sto prendendo,
voglio di più da te.
Le dita premono più
fermamente, insicure ma ferme, scivolando sulla clavicola e lungo la curva del
collo creata dal cuscino. Gli occhi di John si chiudono brevemente al tocco
della pelle contro pelle prima di aprirsi di nuovo, vede poco ma sente tutto.
Non lo ferma, non si muove per paura che Sherlock si ritragga. Va tutto bene, Sherlock. Voglio di più
anch’io.
Sherlock appoggia con cautela le mani sulle guance di John a
titolo di prova la guancia di John, le dita lunghe raggiungono i capelli
scompigliati dal letto. Voglio baciarti.
Non mi fermerò.
Gli occhi di John si
chiudono. Okay. Sì. Non ti fermerò.
Sherlock avvicina
lentamente il viso finché John non sente il respiro di Sherlock mischiato al
proprio. Il vino che hanno bevuto insieme, gli anacardi[1] del bar, le risate e
la gioia per il caso. Sherlock continua così finché il suo labbro superiore
sfiora quello di John, neppure un bacio, a malapena un tocco. Ultima possibilità.
John annuisce.
Sherlock preme le labbra
contro quelle di John, infine, quasi troppo nervoso per muoverle finché John si
sporge e afferra la vita spoglia di Sherlock. Sherlock inclina un po’ verso
l’alto la testa di John, la differenza di altezza che ha bisogno solo di una
piccola sistemazione, e lo bacia come se stesse testando John, muovendosi
contro di lui, vedendo come il labbro inferiore di John si incastra col suo e
come le bocche imparano a lavorare insieme mentre trovano un ritmo gentile e
intossicante di desiderio e appartenenza. Lento, semplice, intenso, come il
momento quando inizi a cadere e non puoi raddrizzarti, ma hai ancora i piedi
ben piantati a terra. Sai che sei perduto, ma sei tu quello che si è sbilanciato in primo luogo. John lo
bacia in risposta ma prende solo ciò che gli viene offerto, il suo cervello
ancora venti passi dietro di lui. Non
sapeva che ci fosse qualcosa di suo da reclamare.
Sherlock interrompe il
bacio ma non si allontana molto, appoggiando la
fronte contro quella di John, le mani ancora allacciate nei suoi capelli. Capisci ora? Scegli me.
“Sherlock”. John massaggia
gentilmente la striscia di vita che ha reclamato con nessun’intenzione di spezzare
quell’abbraccio in qualche modo distante. Capisco,
capisco tutto ora. Perché non l’hai detto prima?
Il pollice di Sherlock
sfiora la guancia di John. Ora lo sai. Me
o lei?
Giacciono nel buio in
silenzio. John prende una decisione. Si muove in avanti e tira Sherlock verso
di sé così che i loro corpi si incontrano e le ginocchia si intrecciano. Riesce
a sentire il sorriso di Sherlock nel buio. Tu.
[1] Gli anacardi, o noci di acagiù, sono un tipo di
frutta secca. (Ho scoperto un nuovo tipo di frutta secca, yeah!)