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Autore: Sabry_Narumaki89    25/04/2013    2 recensioni
Tom Orvoloson Riddle ha sedicanni, già dopo cinque anni alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts è diventato tra i migliori e splendidi studenti di tutti i tempi. Ma nessuno sa cosa questo ambizioso ragazzo dall'aspetto affascinante tiene nascosto dentro di sè. Nessuno sa quanto è oscuro e malvagio il suo cuore. Nessuno, tranne i suoi fedeli compagni che sono per lui come dei ammiratori che provano per lui inestimabile rispetto e approvazione, arrivando fino ad amarlo e temerlo allo stesso tempo.
Cosa sarà mai successo, nella fantasia di qualcuno, in quei giorni quando il fatidico Lord Voldemort aveva appena sedicanni?
In questi capitoli racconterò secondo la mia fantasia, le giornate, i pensieri, i sentimenti stessi che forse il vero Tom Riddle non avrà mai provato... ma chi lo sa? Potrebbe anche esistere un amore segreto che nessuno ha mai scoperto.
ps:Tom Orvoloson Riddle Alias Frank Dillane
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tom O. Riddle
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Tom, si vestì a pennello, aggiustandosi pignolescamente la divisa, in modo che il suo aspetto risultasse perfetto, e preso da esempio. Si osservò, attraverso il riflesso della finestra del dormitorio. I suoi occhi verdi non avevano chiuso occhio quella notte. Erano troppi i pensieri, che da due anni a questa parte, gli martellavano la testa. Tortuosi ed estenuanti. Thomas Flerik, era uno di quelli. Il mezzosangue era ancora vivo, grazie alla sua indulgenza. Quello che era successo ieri notte, era successo solo nella sua fantasia. Quasi rimproverò se stesso, per non aver agito al suo impulso. Io, Tom Riddle, non devo avere pietà per nessuno. Era maledettamente sicuro, non era stata di certo la sua pietà a non fargli compiere l’atto. Non sapeva nemmeno cosa significasse veramente, la parola “pietà”. Si convinse che era stata pura intelligenza. Anche consapevolezza, dei guai in cui si sarebbe andato a cacciare, sapeva che per una cosa simile, per un omicidio, le conseguenze erano devastanti. Se la mattina avessero trovato il cadavere del ragazzo , su chi sarebbe caduta la colpa? Era un grosso rischio uccidere, per di più, nel luogo in cui solo loro, i serpeverde sapevano la parola d’ordine. Ci sarebbe stato l’enorme rischio, che il preside Dippet, avrebbe dato l’ordine di interrogare tutti gli studenti della sua casata, con il permesso di usare su ognuno, a costo di scoprire il colpevole, la pozione Veritaserum. Anzi, a pensarci bene sarebbe stato un terribile rischio. Se l’avessero scoperto, sarebbe finito alla prigione di Azkaban, se non peggio nel mondo babbano in cui era nato. Non poteva commettere errori. Ringraziò se stesso per il suo autocontrollo. Sì… se fosse successo davvero, avrebbe potuto addossare la colpa su quel mostriciattolo di Peter Minus. No! La serpe avvinghiata al suo cervello, gli gettò la risposta immediata. Minus avrebbe confessato, che Tom, con il grande potere che possedeva già a sedici anni, l’aveva obbligato ad entrare nel dormitorio dei serpeverde senza difficoltà, benché Minus, faceva parte dei grifondoro. Si rivolse alla serpe, che occupava in quel momento una parte della sua testa. Lo sai che io, potrei tappargli la bocca, indurlo a non dire una sola parola, lo sai, serpe che lui ubbidirebbe a me, a Tom Riddle. Lui ha paura di me, lo sento quando mi sta vicino... ho già conquistato il suo rispetto. Con un scatto felino, schiacciò contro il vetro la nauseante mosca, che interruppe la connessione con la sua mente più profonda. La spiaccicò per bene, fino a disintegrare quell’inutile essere vivente, compiacendosi sempre più attraverso il suo riflesso. Era inutile che ci stava a rimuginare, il mezzosangue non era morto nel suo letto, nel suo stesso dormitorio, Tom Riddle, non sarebbe stato spedito ad Azkaban e tanto meno, non sarebbe tornato nel mondo che odiava tanto. Era giunto il momento, di recarsi nella sala comune assieme agli altri per la colazione. Avrebbe ucciso Thomas Flerik, in un altro momento e in un altro luogo. Afferrò la bacchetta nella tasca della tunica, la puntò sul suo palmo sporco di sangue. Amava, osservare il sangue di morte violenta. << Gratta e Netta. >> La sua mano fu pulita in uno schiocco di dita. Ora era pronto.

Raggiunse la sala comune, dove tutte le casate si riconciliavano, per colazione, pranzo, cena e per informazioni importanti che dovevano arrivare alle orecchie di tutti gli studenti presenti in quella scuola. Tom, si guardò attorno, prima a destra e poi a sinistra. Il professore Silente, comparì alle sue spalle e gli toccò una delle due.

<< Buongiorno Tom. Passato una buona notte? >>

Tom, si bloccò, gli regalò uno dei suoi soliti sorrisi ipnotizzanti.

<< Buongiorno a lei professore. Sì, ho passato una buonissima notte, non c’è che dire. Ma come sa, quando a fine giornata le lezioni terminano, bramo sempre l’arrivo del giorno dopo, per ricominciare ad imparare. Non sono mai sazio. >>

Silente lo osservò, esaminò qualcosa che Tom, non sapeva cosa. Il cuore prese a sbattere forte dentro al petto, ma rimase calmo, senza togliere mai il sorriso che aveva stampato in faccia. << Qualcos’altro professore? >>

Silente serrò le labbra, rendendole ancora più sottili di quelle in natura. << No, Tom. Vai paure a fare la tua colazione. >> Il professore gli sorrise e raggiunse il corpo insegnanti in fondo alla sala.

Tom, tirò spiritualmente un respiro di sollievo. Quella piccola conversazione, l’aveva messo in parecchia agitazione. Il professore Albus Silente, era unico nel suo genere. L’unico, che secondo Tom, non si fidava appieno di lui. Ricordava bene ancora, quel lontano giorno, a Londra, in quell’orfanotrofio, quando Silente si interessò a lui. Silente era venuto a conoscenza di quello che Tom, faceva capitare agli altri bambini spaventandoli. O di quando rubava gli oggetti per puro divertimento. Ma allora, era soltanto un bambino, e soprattutto, non era totalmente cosciente del potere che possedeva. Era la magia. La magia che non riusciva a controllare. Silente era stato il primo a fare conoscenza con lui. Perché, si chiedeva, era l’unico professore che non riusciva a fidarsi cecamente di lui? Doveva pure esistere una spiegazione. Perché era rettilofono? Perché era l’erede di Salazar Serpeverde? Era troppo intelligente per la sua età? Era troppo ansioso di imparare? Forse non si fidava e basta. Per Tom non era fissazione. Era convinto di questo, perché notava di come il professore Silente lo guardava, di come gli rivolgeva la parola. Appariva meticoloso. Pareva che volesse stare attendo, a non usare parole fuori dal comune, parole che potessero interessare impropriamente o pericolosamente la mente suprema di Tom. Già da molto tempo Tom, si era promesso che non avrebbe mai donato le sue confidenze personali a un mago così dubitoso come Silente, mai. Neanche se avesse avuto un piccolo mal di pancia. Ovvio che Tom, non si confidava nemmeno con gli altri se è per questo, ma Silente, non avrebbe mai conosciuto i suoi pensieri, le sue domande o le sue preoccupazioni.

Si voltò verso la voce di Bellatrix, che lo chiamava con grande felicità nel vederlo. Raggiunse gli altri serpeverde, stando il più lontano possibile da Thomas Flerik. Con la coda dell’occhio Tom, vide quel lurido, sudicio mezzosangue che gli rivolse un frettoloso sguardo, nel grande vuoto di mezza tavolata che li separava.

La tua ora sta per arrivare… lurido mezzosangue…

  
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