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Autore: I m a witch    26/04/2013    1 recensioni
Molto tempo fa, dei e uomini convivevano pacificamente, gli uni beandosi della compagnia degli altri: gli uomini risplendendo alla luce divina, gli dei godendo delle loro lodi e della loro fedeltà. Improvvisamente, però, il male spezzò l'idillio... la terra era troppo corrotta per il sacro piede del divino; così gli dei tornarono nel loro mondo, lasciando gli uomini soli, senza luce, senza pace, ma con una speranza: sarebbero tornati un giorno, qualora li avessero reputati degni... a tal scopo, essi si sarebbero manifestati in forma umana, pronti a metterli severamente sotto esame.
***la mia PRIMA storia originale*** spero che vi piaccia ^.^
Genere: Fantasy, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aika si buttò sul suo letto a peso morto. Non aveva ucciso nessuno quel giorno e questo la rendeva incredibilmente irritabile. Cominciò a picchiettare il piede su una colonna del letto a baldacchino.
-Siamo nervose, oggi-
Rigel.
-Cosa vuoi?- lo guardò di sfuggita.
Il ragazzo era appoggiato con le spalle nello stipite della porte, le braccia conserte. Indossava i suoi soliti indumenti da allenamento, pantaloni e casacca di stoffa decorati solo da una cintura con appesa una spada di media misura.
Aika roteò gli occhi.
-Lo sai che non mi va che tu vada in giro in quel modo...- lo accusò.
La casacca gli scopriva fin troppo il petto, mettendo in bella mostra il suo fisico asciutto. Quel fisico, quei capelli neri, quegli occhi ancora più neri, talmente scuri da sembrare pozzi senza fine, erano suoi. Punto.
-Ha parlato la pudica...!- le rinfacciò, indicando il suo corpetto aderente. Lo fulminò con lo sguardo. Era l'unico che si era da sempre permesso di parlarle a quel modo.
-Non voglio che qualcuno osservi troppo i miei giocattoli- disse acida. Per poco, qualche mese prima, non stava uccidendo delle serve che se lo stavano mangiando con gli occhi, guardandolo tra risolini e commenti che avevano tutta l'aria di essere molto piccanti. Strinse i pugni al ricordo.
-Beh, vorrei poter dire la stessa cosa, ma so che nessuno potrebbe mai guardarti e sopravvivere per raccontarlo- sghignazzò, avvicinandosi a lei -Anche se penso che, se la morte sia il prezzo da pagare per ammirare la tua bellezza anche solo per un istante, morirei ben volentieri- disse, coricandosi sopra di lei.
Sentì il calore del suo corpo, la tenerezza delle sue carezze. Sospirò. Era l'unico in grado di farle quell'effetto.
-Smettila di fare il finto smielato... lo so che vuoi solo quello- sbuffò.
Lo sentì sghignazzare sul suo collo.
-Forse... ma tanto so che lo vuoi anche tu, quindi non vedo dove sia il problema!-
Si lasciò andare sotto i suoi baci che percorrevano ogni centimetro del suo collo, sotto le sue carezza sempre più audaci.
-Rigel- riuscì a dire, con il respiro già affannato -non pensi che sarebbe meglio chiudere la porta?-
Rigel sorrise malizioso, sollevando semplicemente una mano. La porta si chiuse all'istante. Dimenticava sempre che Rigel era un semidio. Forse era per questo che era l'unico a riuscire a tenerle testa nel combattimento. Forse era per questo che era l'unico al mondo che la comprendeva e che la faceva sentire, per una volta, amata.
 
Aprì lentamente gli occhi.
-Buongiorno- la salutò la solita voce rauca di Rigel appena sveglio. La strinse più forte baciandole la fronte. Lei lo spinse indietro: quel giorno era già stato fin troppo pieno di smancerie. Lui lo intuì.
-Che c'è, vuoi combattere? Tanto lo sai che vinco io- disse, inchiodandola a letto. Fece per baciarla ma lei gli morse il labbro con violenza.
-Non ancora per molto... un giorno...- si interruppe.
-Cosa? Mi ucciderai?- chiese sarcastico. Lo guardò con astio.
No, non poteva ucciderlo, e lui lo sapeva bene.
-Un giorno ti darò la lezione che meriti a cominciare da ora: niente più sesso-
Lui scoppiò a ridere.
-Certo, come no... ti ricordo che anche in questo caso vinco sempre io!-
Cercò di liberarsi dalla presa del ragazzo, ma era tutto inutile. Ricominciò a baciarla e lei cedette nuovamente.
-Cosa stavi dicendo poco fa?-
Lei lo morse ancora più forte, riprendendosi e riuscendo a liberarsi. Lo sentì sbuffare.
-Sei proprio una guasta feste...-
-E tu un pervertito insaziabile. Muoviti, abbiamo perso fin troppo tempo!-
-Se questo è una perdita di tempo allora l'allenamento cosa sarebbe?- si oppose, ma si rimangiò la frase. Aika per quel giorno si era lasciata andare anche troppo e il suo sguardo rivendicava già nuove vittime, nuovo sangue. A Rigel non piaceva quell'aspetto del suo carattere ma era inutile, era sempre stata così. Aveva più volte cercato di farla cambiare, ottenendo solo il suo amore, cosa che chiunque riteneva già impossibile.
-Aika... ti andrebbe di allenarti con me, oggi?- le chiese gentilmente. La ragazza strinse i denti.
-No, non mi va. Non mi sento ancora pronta... ma non temere: il giorno in cui riuscirò a batterti arriverà presto e, in quel momento, potremmo allenarci insieme tutte le volte che vorrai-
-Potresti ottenere maggiori risultati allenandoti un'ora con me piuttosto che un mese con cento di quei soldati, lo sai; il problema è che tu non sai perdere, mia cara- le rinfacciò Rigel.
Decise semplicemente di ignorarlo. Lo sentì sghignazzare alle sue spalle, mentre la seguiva nel corridoio che conduceva alla palestra, e tremò dalla rabbia. Cavolo, com'era possibile che era riuscito a sopravvivere per tutti quegli anni al suo fianco?
 
 
-Valise, Aika- disse loro il Sommo Sacerdote -vi ho convocate per presentarvi un vostro simile con il quale dovrete fare amicizia dato che, d'ora in avanti, vivrà con noi in questo palazzo. Il suo nome è Rigel ed è un semidio -
Con la mano destra, spinse verso di loro un ragazzo che aveva all'incirca quindici anni, un po' più grande di loro.
-Ciao, piacere di conoscervi- fece con un grande sorriso -come va?-
Valise gli sorrise timida mentre Aika, braccia conserte, lo guardò scettica.
-E tu saresti figlio di un dio? Potrei sapere quale?-
Il ragazzino si gratto la testa, sorridendo.
-Veramente... nessuno mi ha mai rivelato la sua identità-
Aika sbuffò, distogliendo il suo sguardo da quell'insulso essere.
-Grandioso, da  oggi nel castello vivrà un idiota in più...!-
-Aika, non essere scortese!- la richiamò il Sommo Sacerdote.
-Non so cosa sia la cortesia e non so cosa farmene di un moccioso come questo qui!-
-Ma se sei più piccola di me...!- rispose il semidio, per nulla offeso. Ciò la fece arrabbiare ancora di più.
-Si sa che i maschi sono meno maturi delle femmine!-
-Sarà, ma qui mi sembra che l'unica che stia facendo la figura della mocciosa e dell'immatura sia tu-
-Come osi...!-
Fece per scagliarsi contro di lui e riempirlo di botte.
-Calmati, Aika!- la fermò il Sommo Sacerdote.
-Stanne fuori, vecchio, io a quello lì lo ammazzo! Nessuno si deve permettere di parlarmi in questo modo!-
-Perché, chi ti credi di essere, di grazia?- le chiese il ragazzo divertito.
-Io sono Aika, la reincarnazione della dea della guerra!- affermò orgogliosa, petto in fuori.
-Bene- sorrise lui -non potevo chiedere di meglio! Combatti contro di me, allora!-
Aika sorrise, calmandosi a quella proposta.
-Povero illuso, non sai con chi hai a che fare!-
-Ragazzi, non sarebbe meglio se faceste pace?- chiese timida Valise.
Aika sbuffò sonoramente, fulminandolo con lo sguardo.
-Non t'immischiare, rammollita- poi, rivolgendosi a Rigel -Rendiamo la cosa più interessante con una scommessa: se vinco io, dovrai essere mio schiavo per tutta la vita-
-D'accordo- rispose lui sicuro -Ma se perdi, dovrai ammettere la mia superiorità e dovrai fare amicizia con me-
-Va bene, tanto non mi batterai mai- disse lei sicura
 
Aika ricordava fin troppo bene il finale di quella storia...
 
-Dannato, hai barato! Non è possibile che tu abbia vinto!- fece lei, cercando di rialzarsi da terra. Si lamentò per il dolore: non ne aveva mai prese così tante in tutta la sua vita.
-Giuro di essere stato leale, anzi, mi sono persino trattenuto dato che sei una ragazza- rispose Rigel, facendo roteare la spada di legno che le aveva preso nel combattimento.
-Stupido ragazzino insolente...-
-No, così non ci siamo. Ricordi, dovevi ammettere la mia superiorità-
Aika tremò dalla rabbia. Non lo avrebbe mai fatto.
-Allora?- Rigel tese l'orecchio, per poterla sentire meglio.
Aika era combattuta. Una scommessa era una scommessa, ne andava del suo onore. Però... era troppo orgogliosa per un cosa simile.
-Va bene. Ammetto che, dato che hai vinto questo combattimento, ora come ora potresti anche essere leggermente più abile di me... ma non passerà molto tempo prima che io riesca a batterti, vedrai! E in quel momento sarai mio schiavo-
Rigel sorrise.
-Va bene... ma fino ad allora- le tese la mano, per aiutarla a rialzarsi da terra -che ne diresti di essere amici?-
 
-Rigel- lo chiamò, girandosi verso di lui -ricordi la scommessa? Se ti batto sarai mio schiavo-
Lui rise sommessamente, imprigionandola al muro con le braccia.
-Stupida... ancora non l'hai capito? Sono già tuo schiavo- disse, baciandola.
 
Nel frattempo, fuori dal palazzo, si aggirava furtiva una figura incappucciata. Studiava attentamente le abitudini dei servitori della Divina Dimora Terrena. Guardò la struttura con nostalgia. Un palazzo maestoso, costruito con materiali non reperibili in nessun luogo della terra. Un tempo gli dei abitavano in quel luogo, accogliendo con benevolenza qualsiasi uomo si fosse recato lì in cerca di aiuto o semplicemente di compagnia; non sminuivano mai nessuno, non rinfacciavano mai il fatto che fossero superiori a dei semplici mortali. Sospirò. Da quei giorni erano ormai passati millenni ma lui sapeva, sì, quella figura ricordava  fin troppo bene i bei tempi andati. Ed era per questo che doveva infiltrarsi all'interno del palazzo. Inosservato, senza attirare attenzione.  Aveva una missione ben precisa da parte dei suoi Superiori. Sorrise sghembo. Scommetteva che tutto ciò non sarebbe piaciuto al Sommo Sacerdote...


NdA


Rieccomi! :)
Spero che vi piacciano sia il capitolo sia il nuovo personaggio ^ ^
Fatemi sapere!

  
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