CAPITOLO UNO
KARAK.
Era una notte inquieta, un grande temporale si abbatteva
sulla piccola cittadina, il cui nome era Karak.
Le strade erano semi-deserte, infatti, su un lato della
strada camminava a rapidi passi una figura, piuttosto alta avvolta da un
mantello, il quale rivelava il suo colore nero ad ogni fulmine che illuminava
il cielo.
Ad un tratto questa si fermò come se avesse visto
qualcosa, o qualcuno.
Si tolse il cappuccio, con il quale si copriva dalla pioggia,
e rivelò il suo volto, era un ragazzo.
Improvvisamente cadde dal cielo un gran tuono che si
abbatte su un albero lì vicino, il ragazzo né indietreggiò, né fu colto da
timore.
- vieni fuori, la rivoglio- disse questo- so che sei qui
da qualche parte nascosto, e prima o poi ti troverò e lei sarà mia -.
Un altro tuono, ma ancora una volta il ragazzo non ne ebbe
paura.
-
codardo- disse - so che sei qui vicino, so che è nelle tue mani e dovrai
darmela prima o poi -.
- tu credi-
rispose una voce dal nulla.-tu credi- ripetè.
- tu credi che riuscirai a prendermela, no,no,tu non puoi-
continuò- non sei certo in grado di gestire questa situazione-.
-tu credi- protestò
il ragazzo con aria di sfida -ne sei sicuro?vieni fuori non fare il vigliacco,
come sempre,ti conosco bene-.
- anch’io ti conosco bene, sono tuo fratello, se non ti
conoscessi non ti direi di rinunciare, di lasciar stare e di tornartene da dove
sei venuto.Questa è una questione più complicata di quanto credi, e soprattutto
è una questione privata…-sentenziò la voce.
- forse, per la prima volta hai ragione, e una questione
privata…ma tra me e te- disse il ragazzo, che immobile guardava nel vuoto, o in
un punto ben preciso.
Poi riprese -VIGLIACCO, CODARDO, ci hai tradito, sei la
nostra vergogna, non sei più degno ormai, con il gesto che hai compiuto, di
stare tra noi-.
La pioggia continuava a cadere, si faceva ancora di più
persistente, il ragazzo, che sempre immobile fissava il vuoto, era
completamente bagnato e tra se e se diceva -ti troverò-.
- davvero mi troverai?!- riprese la voce.
- io non ho paura di te, tanto meno se sei mio fratello-.
- io non ho paura di quelli come te- .
- NON PARAGONARMI A LORO- urlò di scatto la voce.- io non
sono come loro- riprese poi con voce più calma, ma un po’ tremante.
- credo di aver scoperto il tuo punto debole fratellino-
disse il ragazzo con, ormai, voce sicura e di sfida; poi riprese- il paragone,
ma certo questo è il tuo punto debole e lo è sempre stato. Non vuoi essere
paragonato a loro, gli Infidi…però e quello che sei. Sei diventato un infido e
un Garx, anche tu-.
-NO!!- IO NON SONO UNO DI LORO- protestò urlando la voce.
-vieni fuori, allora- disse il ragazzo-se non sei né un
fir, né un Infido non hai nulla di che temere…vieni fuori e restituisci quello
che hai rubato-.
-vorrei-
rispose la voce, nelle sue parole si leggeva un pizzico di disagio e
tristezza.<
-perché sei costretto? Perché non puoi?-disse il ragazzo
al fratello che ancora non riusciva a vedere.
Aveva smesso di piovere, era quasi l’alba e si cominciava
a sentire una leggera brezza; il ragazzo che ormai era fracido, non si reggeva
più in piedi, sentiva la fragilità del suo corpo, sapeva che il fratello era lì
da qualche parte anch’egli bagnato e non poteva abbandonarlo.
Così proseguì: -rispondi, chi ti ha costretto- CHI?-poi
urlò.
Nessuno rispose.
Ci fu un attimo di silenzio, che fu interrotto da un
grido, che echeggiò in tutta la stradina semi-deserta, e da uno strano rumore
di qualcosa che cadeva pesantemente a terra.
Ancora silenzio.
Ma ancora una volta ci fu un urlo, questa volta però fu un
urlo sommesso seguito dal rumore di passi veloci. Sì qualcuno correva, poi si
sentì ed echeggiò per tutta la stradina una voce soffice ma allo stesso tempo
tremula, che disse-addio-.