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Autore: Ray    05/09/2004    4 recensioni
Un crossover tra Evangelion e Warhammer 40.000 (ma scritto in modo da essere comprensibile anche per chi non conosce quest'ultima ambientazione). Su di un pianeta ai confini della Galassia cade un artefatto di un'epoca remota. Ma qual è la sua natura? E chi sono i misteriosi individui che se ne vogliono impossessare? Mentre infuria la guerra, emergono echi di un remoto passato e la condanna della vecchia umanità potrebbe diventare la speranza della nuova. O forse è solo un diabolico scherzo degli Dei del Caos....
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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‘Uomo bestia cattivo. Cattivo Uomo bestia. Sporco. A Imperatore no piace. Uomo bestia ama Imperatore. Offrite sangue a Imperatore. Offrite teste a Imperatore. Offrite mani a Imperatore. Chiedete scusa’.

Capo branco Grasht, assegnato alla settima Compagnia, quattordicesimo Reggimento di Gratanor

Episodio 41: Raduno

UN PIANETA IMPRECISATO, IN UN PERIODO IMPRECISATO (non troppo lontano dagli eventi descritti in Psycho Impact, comunque)

La grande pianura, coperta a perdita d’occhio dalla massa informe e ululante dell’orda caotica, sembrava quasi gridare al nero cielo notturno una sfida totale e definitiva. Mentre le nubi cariche di pioggia cominciavano ad addensarsi, mentre i fulmini già balenavano all’orizzonte, l’orda stava compiendo i propri rituali.

Nel corso dei lunghi viaggi spaziali che avevano portato l’umanità a colonizzare la Galassia, l’esposizione al Warp aveva causato lenti ma costanti cambiamenti nel codice genetico delle persone. Cambiamenti che si potevano vedere anche sui pianeti più civilizzati nel sempre crescente numero di psyker e mutanti che nascevano nell’Imperium, ma che si palesavano al punto da diventare normalità solo nelle razze abumane. Gli abumani erano delle stirpi di esseri umani che erano mutate profondamente nel corso delle generazioni, acquisendo tratti fisici e mentali ben definiti e diventando delle nuove sottospecie di Homo sapiens a tutti gli effetti. Tra gli abumani più noti c’erano gli Ogryn, giganteschi e stupidi, ammassi di muscoli in grado di spazzare via qualsiasi nemico con la mera forza fisica, superiore persino a quella di uno Space Marine. E c’erano gli Squat, bassi e tozzi, ma dal fisico possente e dalla resistenza impareggiabile. E c’erano i Ratling, piccoli, agili e tranquilli, ma letali quando impugnavano un’arma da fuoco.

E poi c’erano gli Uomini bestia. Homo sapiens variatus, per chi preferiva formalizzare il loro nome. I Gor, l’etnia più comune, avevano un aspetto per certi versi simile a quello di un umano qualsiasi, se non fosse stato per le gambe e la testa, che erano di forma inequivocabilmente caprina. I Gor, e gli Uomini bestia in generale, erano un problema per l’Imperium, sebbene ciascuna autorità planetaria lo trattasse diversamente. Avevano un’indole indubbiamente bellicosa e questo portava molti a identificarli con il Caos in sé, come la razza che portava nel proprio codice genetico l’essenza stessa della natura caotica, anche più degli psyker. Di fatto, molti Uomini bestia erano seguaci del Caos in varie forme e a volte comparivano persino nelle armate dei Marine traditori. Per un gran numero di Inquisitori puritani, il semplice fatto di essere un Uomo bestia era un peccato punibile con la morte. D’altra parte, c’erano stati diversi casi riportati di intere comunità di Gor che, avvicinate dagli umani "normali" con intento pacifico, si erano dimostrate tutto sommato non intrattabili. Alcune di esse avevano persino cominciato a praticare il culto predicato dall’Ecclesiarchia, diventando tra i più devoti seguaci dell’Imperatore. Benché certi sacerdoti dell’Adeptus Ministorum trovassero piuttosto disturbante che gli Uomini bestia adorassero l’Imperatore sacrificandogli i nemici catturati in brutali riti di sangue (che a volte culminavano con banchetti in cui le carni delle vittime erano la portata principale), era sempre meglio che vederli lodare le Potenze del Caos.

Addirittura, sui pianeti i cui la concentrazione di Uomini bestia era particolarmente alta, venivano irregimentati in plotoni militari all’interno della Guardia Imperiale (sebbene non tutti i comandanti fossero disposti ad avere queste creature al proprio servizio), dove si dimostravano combattenti feroci e molto devoti alla causa. Qualcuno diceva che questa loro devozione era dovuta alla bassa intelligenza, ma a nessuno importava veramente.

Però, quando l’Imperium doveva affrontare degli Uomini bestia in battaglia, le cose andavano molto peggio. Nonostante fossero suddivisi in diverse etnie, che non sempre si mescolavano tra di loro, quando decidevano di andare in guerra, lo facevano in grande stile. Tipicamente, un potente capotribù erigeva una enorme pietra, sulla quale faceva incidere e scrivere simboli mistici di un qualche valore religioso. Appena le tribù vicine venivano a sapere dell’erezione di una Pietra del Raduno, così venivano chiamati questi monoliti, vi si dirigevano immediatamente. Una volta lì, i vari gruppi di Uomini bestia festeggiavano, organizzavano rituali e banchetti e decidevano chi sarebbero stati i comandanti che avrebbero guidato tutte le tribù convenute contro il nemico (chiunque esso fosse). Ovviamente, la scelta dei leader passava attraverso la prova di forza: chi riusciva a sconfiggere i diretti concorrenti aveva il diritto di scrivere il proprio nome sulla Pietra del Raduno e di prendere il comando di una quantità variabile di guerrieri.

La Pietra del Raduno al centro della pianura, un monolito nero che si innalzava per più di sette metri nel cielo scuro, aveva qualcosa di particolare. Non erano state le mani di un uomo bestia a porlo dove si trovava. Le prime tribù che avevano saputo della sua esistenza e vi si erano dirette avevano trovato una sorpresa. Ad aspettare l’arrivo dell’orda, infatti, non c’era un Uomo bestia con il suo seguito, ma degli umani alti e possenti, avvolti di Power armour di un viola cupo, bordate di finiture color oro e ornate di trofei, teschi e scalpi. Il loro capo aveva scritto chiaramente il proprio nome sulla pietra, nei caratteri quasi universali del Basso Gotico (probabilmente ben sapendo che buona parte degli Uomini bestia era analfabeta in termini imperiali e conosceva solo i rozzi segni della propria lingua, quasi in una sfida alle loro usanze, una profanazione con un agente estraneo a un monumento appartenente alla loro cultura). Ieron, questo era il nome.

Ieron era un Marine del Caos, ma non sapeva perché. Anzi, era un Signore del Caos, un comandante di un’armata di guerrieri che avevano dichiarato guerra all’Imperium dell’Umanità e si erano schierati al fianco di divinità blasfeme e corrotte. Era alto due metri e ventidue centimetri, il che non era molto per uno Space Marine; indossava una Power armour color viola scuro, le cui spalliere e i cui schinieri erano bordati di rinforzi color oro. Dal suo casco, che copriva il volto come una maschera inespressiva, si levavano due enormi corna incurvate verso l’alto, che sembravano rivaleggiare con i trofei che si innalzavano dal grande zaino metallico, due lunghe picche su ciascuna delle quali erano infissi due teschi, gli ultimi resti di chissà quali vittime. Uno di essi era ancora chiuso nel caso bianco e azzurro che usavano gli Space Marine di un qualche Capitolo leale il cui nome non ricordava più. Raptor Army? No, forse Raptor Legion… Be’, qualcosa di simile. Fermato sulle spalle dalla pelliccia bruna di chissà che animale, Ieron portava un mantello di un viola pallido e deprimente; la power axe che impugnava aveva una grossa lama bluastra, sulla quale balenavano riflessi azzurrini. A volte, Ieron si chiedeva se fossero un segno di vita da parte del demone che vi era rinchiuso.

A tutti i primi capotribù che si erano presentati di fronte a lui, Ieron aveva ripetuto la stessa identica formula: "Sono Ieron. Sono il capo di questa orda che sta per formarsi. Tu sei al mio servizio". Alla risposta "No" (spesso condita da epiteti, grugniti e a volte anche tentativi di attacco), era seguita l’immediata decapitazione dell’individuo con un preciso colpo d’ascia. Tipicamente, il successore del capotribù (che veniva deciso in pochi minuti: agli Uomini bestia non serviva molto per stabilire chi fosse il più forte fra di loro) accettava la leadership del Marine del Caos senza troppe storie.

Nel giro di poche settimane, le tribù che si erano riunite nella pianura erano diventate una moltitudine. Si era già sparsa la voce dell’umano dall’armatura viola che voleva comandare sugli Uomini bestia. Molti venivano a vederlo spinti dalla curiosità, e poi restavano. E non solo uomini bestia. Gruppi di Centauri arrivavano galoppando furiosamente, dando sfoggio della propria forza bestiale e producendosi nelle loro infantili ostentazioni di potenza e fierezza. I loro capi scrivevano il proprio nome sulla Pietra del Raduno e poi alzavano i fucili e sparavano in aria gridando e nitrendo. I Minotauri più forti lasciavano le loro vite da eremiti, lasciavano i templi del Caos a cui si erano consacrati, per unirsi a questo esercito e sacrificare vittime alle Oscure Potenze. I Dragogryn, enormi creature centaurine con il torso di un Ogryn piantato sul corpo di un dinosauro, si svegliavano dal loro sonno secolare per partecipare alla battaglia. Era una specie di evento, perché i Dragogryn passavano buona parte della propria esistenza a dormire. Nessuno sapeva come si riproducessero, forse perché erano più antichi di qualsiasi creatura presente su quel pianeta e non ne erano nati di nuovi fin da quando erano arrivati gli umani, circa duemila anni prima. Ciò che era noto era la loro tendenza a diventare sempre più grossi con il passare del tempo e a dormire sempre di più con l’aumentare delle loro stazza. Non diventavano mai senili (almeno per quanto se ne sapeva), ma, a seconda della loro età, potevano passare anche millenni a dormire nelle profondità di qualche grotta montana. Poi, arrivava il momento in cui una tempesta di fulmini notturna li svegliava, e allora si radunavano sui picchi rocciosi a combattere fra di loro, esaltati dalla furia degli elementi che si scatenava nelle tenebre. Sebbene un Dragogryn avesse già una stazza considerevole (spesso sfiorava i tre metri di altezza), girava voce che i più grossi e antichi di loro, gli Shaggoth, potessero anche superare i nove metri. Erano delle vere e proprie mostruosità ambulanti, che combattevano brandendo alberi e che potevano spazzare via interi eserciti.

Mentre guardava la vastità dell’orda caotica radunarsi sotto il suo monolito, Ieron, seduto sul trono di granito che aveva portato davanti all’enorme pietra, rimuginava. Pensava che le cose stessero andando più o meno come aveva programmato. Pensava che presto avrebbe saputo ciò che voleva.

Episode 41: Daemon Prince

ANNO 992M41, TEMPO ESATTO IMPRECISATO, LUOGO SEGRETO

Buio. Completamente buio. La stanza, o qualunque fosse l’ambiente in questione, era completamente immersa nelle tenebre. L’unica cosa che denotava la presenza di qualcuno o qualcosa erano dei suoni. Passi, probabilmente, e il frusciare di vesti. Poi, dei rumori metallici e infine il ritmico respirare di esseri viventi. Le tenebre si ruppero. Un grosso schermo brillante di luce bianca si accese: su di esso, campeggiava il simbolo di un triangolo con un occhio al centro. Ancora un rumore di passi, stavolta di una singola persona, poi una voce, palesemente alterata elettronicamente: "Miei ignoti discepoli, benvenuti. Le missione per la quale state per partire è di importanza vitale per la nostra organizzazione e per il destino dell’umanità. Il fallimento non vi è permesso e quindi vi saranno fornite tutte le informazioni di cui avrete bisogno". L’immagine sullo schermo cambiò: ora comparve quella che sembrava essere una fotografia sfocata, ma qualsiasi essere umano sano di mente avrebbe sostenuto che si trattava di un falso. Cose come quelle che si vedevano nell’immagine non potevano esistere davvero. Sullo schermo era visibile un gruppo di bizzarre creature umanoidi, apparentemente intente a caricare chi aveva scattato la foto. Gli esseri erano piuttosto diversi fra loro, eppure erano accomunati da diversi elementi. Innanzitutto, la pelle color rosso vivo e la possente muscolatura. Poi, la forma della testa, allungata verso l’alto e dotata di grosse corna sui lati. Era impossibile distinguere l’impressione del viso, ma pareva quasi di poter vedere dei denti aguzzi biancheggiare nelle bocche spalancate. Poi, cominciavano le differenze. Un paio di quelle creature erano a torso nudo, o almeno così sembrava; reggevano delle grosse spade nere con entrambe le mani e le loro gambe, anch’esse nude, sembravano simili a quelle di un uccello. Un altro di quei mostri indossava una sorta di armatura che copriva il torso, fatta di un qualche metallo brillante; tra le mani, portava un’enorme ascia. Poi, si potevano vedere con discreta chiarezza altri due di quegli esseri: erano costituiti da solo un paio di gambe, dalle quali si prolungava un torso serpentino. In cima a esso, la testa, praticamente identica a quella degli altri mostri, dalla quale spuntavano però le braccia, lunghe e sottili. Questi ultimi due esseri impugnavano degli spadini. La voce riprese a parlare: "Quelli che vedete sono demoni di rango inferiore, quelli comunemente classificati come Fanteria Demoniaca. In particolare, alle creature dell’immagine è stato dato il nome di Spargisangue; sono al servizio dell’Oscura Potenza nota come Khorne. Le loro apparizioni sono documentate in diverse zone di guerra, durante battaglie alle quali hanno preso parte seguaci del Caos, in particolare di Khorne stesso. Allo stato naturale, quando si trovano nel Warp, tutti i demoni sono costituiti di pura energia e possono comparire nell’universo reale solo in particolari condizioni, creando all’istante un corpo materiale radunando la forza spirituale presente nell’atmosfera. Questo significa che la comparsa dei demoni è strettamente connessa alle emozioni e alle azioni dei viventi. I demoni di Khorne, nel nostro esempio, compaiono preferibilmente dove si sta svolgendo un massacro o dove è in corso un gran numero di combattimenti. Quando le condizioni per la loro permanenza vengono meno, i corpi dei demoni scompaiono e le creature tornano nel Warp. Questo significa che, per un demone, è più facile permanere nell’universo reale se si trova in presenza di persone che credono intensamente alla sua esistenza. Ovviamente, un individuo che ne viene minacciato, ha qualche difficoltà a non crederci". L’immagine sullo schermo cambiò. Stavolta era molto più nitida, ma questo non fu certo un piacere per chi la stava guardando. La creatura che raffigurava, di forma vagamente umanoide, si stagliava sopra il punto di osservazione spalancando le lunghe braccia dalle mani a quattro dita artigliate; le sue enormi ali dalle piume blu elettrico facevano sembrare l’essere ancora più imponente. In cima al lungo collo c’era una testa scarnificata che, con un po’ di fantasia, si sarebbe potuta descrivere come un misto tra quella di un rapace, con un becco lungo e appuntito, e quella di un coccodrillo dalle spesse zanne. Sotto il livello della vita, la pelle azzurrina del mostro sembrava coperta di piume blu, le stesse che c’erano sulle ali e attorno alla base del collo. La bestia aveva le fauci spalancate e sembrava intenta a gridare al cielo. "Questo è un Demone Maggiore" ricominciò la voce "Per la precisione, un Signore del Cambiamento, devoto al Dio del Caos Tzeentch. I Demoni Maggiori si manifestano secondo modalità simili a quelle delle loro controparti più piccole, ma sembrano preferire la possessione. Tipicamente, un Demone Maggiore prende possesso del corpo di un adoratore del Caos e vi resta finché non si verificano le condizioni della sua manifestazione. Quando finalmente si palesa nell’universo reale, deforma il corpo ospite fino ad assumere il suo aspetto definitivo, come quello che vedete. In questo modo, il Demone Maggiore ha un corpo almeno parzialmente materiale, sebbene debba usare una certa quantità di energia spirituale per avviare la trasformazione e per colmare il divario tra la massa dell’individuo ospite e la propria. Che, come vedete, è decisamente superiore a quella di un umano". Di nuovo un’altra immagine, di gran lunga la più raccapricciante. La creatura che compariva nella foto, torreggiante su di un gruppo di tre Space Marine dall’armatura bianca in fuga, poteva essere definita più o meno come un cumulo di melma, sporcizia, letame e lordure varie, nel quale erano a malapena distinguibili un paio di braccia magre e artigliate e una testa grassa, nella quale si spalancava una bocca zannuta, la cui lingua sproporzionata era avvolto attorno alla vita di uno dei Marine. Guardando bene, si poteva vedere anche un paio di tozze gambe. Dal ventre rigonfio dell’essere sembravano fuoriuscire dei mostriciattoli a esso somiglianti, insieme con intestini, pezzi di fegato e polmoni e organi non meglio identificati, che parevano lasciarsi dietro una scia di putridume. La voce riprese: "Questo, invece, è un Principe Demoniaco. A quanto ne sappiamo, quello che vediamo nell’immagine si chiama Foulspawn ed è un seguace della Divinità Oscura Nurgle. I Principi Demoniaci dispongono di un corpo materiale vero e proprio, perché un tempo erano mortali, almeno nella maggior parte dei casi. Quando un Campione del Caos dimostra il proprio valore alla sua divinità protettrice, può essergli offerta l’opportunità di diventare un Principe Demoniaco. Questa premessa serve per farvi capire quello con cui abbiamo a che fare. I demoni del Caos ci sono sempre stati e, con tutta probabilità, esisteranno finché ci saranno creature viventi le cui emozioni possano alimentare l’esistenza delle Oscure Potenze. Su Terra, circa trentotto millenni fa, fu rinvenuto un demone dotato di corpo fisico. Presumibilmente un Principe Demoniaco, dunque. In qualche modo, questo demone diede origine a una stirpe di creature a lui simili; il fatto è che abbiamo ragione di credere che questo Principe Demoniaco non fosse un mortale asceso al rango di demone, quanto piuttosto una creatura generata artificialmente.

"Solo molto tempo dopo, in seguito ad approfondite ricerche, avemmo modo di sapere di cosa si trattasse esattamente. Quella creatura, a cui fu dato il nome in codice di ‘Lilith’ da coloro che la scoprirono, era stata elaborata artificialmente da una razza scomparsa da moltissimo tempo. Come tutti sapete, prima dell’Imperium dell’umanità, prima dello splendore della civiltà Eldar, prima ancora del dominio degli esseri dalla pelle verde che crearono gli Orketti, questa Galassia era sotto il controllo di alieni non meglio identificati a cui diamo il nome di ‘Slann’, o ‘Antichi’. Questi esseri combattevano una feroce guerra contro la razza chiamata Necrontyr, in merito alla quale vi invito a consultare l’Archivio Xenos numero 277. Gli Slann erano dotati di una tecnologia superiore, ma ben presto i Necrontyr presero ad adorare come divinità delle strane creature chiamate C’tan. Gli C’tan non possono essere dei nel senso comunemente inteso, perché sembrano tra i pochi esseri viventi a non possedere un’anima, quindi un corrispettivo nel Warp. Anzi, pare che l’Immaterium costituisca per loro un anatema e che sia una delle poche cose in grado di danneggiarli. All’atto pratico, però, gli C’tan dispongono di un potere quasi divino. Grazie a loro, i Necrontyr poterono lentamente cominciare a competere con gli Slann. Gli Slann erano già allora una razza in declino: stavano creando una miriade di nuove specie di servi, che potessero aiutarli contro i loro nemici. Da un certo punto di vista, si può dire che Lilith sia stato il loro più grande successo. In un modo o nell’altro, riuscirono a fare acquisire consistenza materiale a un’entità demoniaca. Probabilmente usarono qualcuna delle tecniche psichiche di cui erano maestri.

"Dato che gli C’tan avevano imparato a trarre energia dai sacrifici di esseri viventi, gli Slann pensarono di togliere loro questa fonte di potere. Avevano elaborato geneticamente Lilith in modo che potesse annientare una gran quantità di creature in breve tempo ricorrendo al potere del Warp. L’abilità di Lilith consisteva nell’emettere un’aura superficiale in grado di annullare quella degli altri esseri viventi, riducendoli quindi a uno stato primordiale inerte. Questo non avrebbe avuto effetto sugli C’tan stessi, giacché loro, completamente distaccati dal Warp, non avevano alcun tipo di aura. Di fatto, non avevano nemmeno una vera forma fisica prima che i Necrontyr dessero loro dei corpi composti del metallo vivente che usavano per le loro astronavi. D’altra parte, i Necrontyr stessi potevano essere eliminati a miliardi contemporaneamente grazie al potere di Lilith. È ignoto come gli Slann potessero controllare quell’essere; forse grazie ai loro poteri psichici. Ma la bella idea degli Slann non durò a lungo: i Necrontyr chiesero agli C’tan che fossero loro donati dei corpi di metallo vivente come quelli dei signori che servivano e questo li rese immuni al potere di Lilith.

Nel frattempo, gli Slann avevano creato molte altre razze, tra cui gli Eldar, che avevano trovato il sistema di abbattere gli C’tan usando le armi note come ‘Macchine di Vaul’, ma questo esula dall’argomento della nostra lezione. In un modo o nell’altro, sappiamo che gli C’tan furono sconfitti, o si ritirarono spontaneamente, e con loro i Necrontyr. Sembra che abbiano ricominciato a circolare per la Galassia solo negli ultimi anni, ma questo non ci interessa per ora. Quello che conta è che gli Slann sono estinti. Non sappiamo come, ma, conoscendo le capacità di Lilith, possiamo farcene un’idea. Secondo i documenti che abbiamo recuperato, pare che il potere di Lilith si basi sull’annullamento dell’individualità e sulla fusione delle personalità. In altre parole, potremmo interpretarlo come un modo per abbattere le barriere che da sempre causano incomprensioni tra gli esseri viventi, un sistema per poter godere della compagnia altrui senza doversi confrontare con il prossimo. È possibile che gli stessi Slann siano rimasti conquistati dal fascino di questa possibilità e che il loro impero sia caduto in tal modo.

"La nostra storia si sposta ora su Terra, in un’epoca precedente alla nascita dell’Imperatore. È opinione comune che la razza umana sia una delle creazioni degli Slann, ma in realtà c’è un divario temporale notevole tra la data della loro presunta caduta e la comparsa del primo uomo su Terra. Sappiamo che, in qualche modo, Lilith è finita sul pianeta originario dell’umanità; il come è ignoto. A giudicare dai documenti lasciati dai nostri predecessori, insieme con un corpo materiale, Lilith aveva ottenuto anche una necessità prettamente mortale: lo stimolo a riprodursi, come vi stavo spiegando prima. La situazione non è ben chiara: non sappiamo esattamente come funzionasse il procedimento, ma da Lilith nacque un altro demone dotato di corpo, a cui gli esseri umani diedero il nome di Adam. Adam si riprodusse a propria volta, generando un’intera stirpe di demoni corporei. E poi, Lilith ebbe altri figli che, a quanto sappiamo, furono i primi uomini. Abbiamo alcuni campioni di DNA della progenie di Adam, creature chiamate ‘Angeli’ da coloro che li combatterono trentotto millenni fa: il loro materiale genetico è estremamente simile al nostro, il che conferma un’inequivocabile parentela. A suo tempo, di questo deve essersi accorto anche l’Imperatore: la razza umana è nata direttamente da una creatura del Warp, ed è quindi particolarmente sensibile alle sue sollecitazioni.

"Quando i nostri predecessori ritrovarono Adam, e poi Lilith, vennero in possesso anche di alcuni scritti stilati dall’Imperatore stesso molti millenni prima, che riportavano le caratteristiche della stirpe dei demoni corporei. Ci sono pochi dubbi sul fatto che sia stato l’Imperatore stesso a fornire loro questo tipo di materiale, insieme con le conoscenze necessarie per realizzare la distruzione dell’aura superficiale e l’annullamento dell’individualità. Sembra che fu tentato un esperimento con Adam in questo senso, ma fu un fallimento, forse grazie all’intervento dell’Imperatore, che, a quanto ne sappiamo, probabilmente credeva ancora che quel demone fosse stato umano un tempo.

"Forse fu proprio in quell’occasione che l’Imperatore si rese conto di quale minaccia fosse veramente il caos per l’umanità. O forse no, è possibile che lo sapesse già da prima. Fatto sta che gli eventi lo indussero a concepire un piano che avrebbe permesso all’umanità di entrare in contatto con l’intima essenza del Caos e di tornarne. Tornarne con il patrimonio genetico impercettibilmente ma irreversibilmente alterato, cominciando così la propria evoluzione psichica. Ma questo sarebbe accaduto solo parecchi anni più tardi. Prima di allora, gli Angeli nati da Adam misero a dura prova il genere umano. Non è chiaro come siano andate esattamente le cose: apparentemente, gli Angeli erano intenzionati a riunirsi con Adam, ma il motivo non è noto. Abbiamo concluso che, in contatto con Adam, avrebbero potuto realizzare un cataclisma come quello che hanno causato i nostri predecessori. La differenza è che, in quel caso, sarebbero stati gli Angeli stessi a ottenere lo stato divino. Sembra però che gli Angeli, pur essendo in grado di percepire la presenza di Adam e Lilith non fossero in grado di distinguere tra i due a un primo esame: alcuni esseri umani utilizzarono Lilith come esca per attirare i demoni corporei, massacrandoli dal primo all’ultimo ed eliminando così i potenziali concorrenti. A tale scopo, furono utilizzati i cosiddetti ‘Evangelion’, dei cloni di Adam guidati da esseri umani tramite un sistema di controllo mentale, che si basava sull’impostazione degli schemi mentali del pilota nella creatura stessa. Un principio di base molto simile a quello utilizzato negli esoscheletri Knight, in pratica. Fu anche realizzata un’intera città fortificata attorno a Lilith, il cui unico scopo era quello di fungere da trappola per Angeli. La città aveva infatti una serie di strutture per agevolare gli Evangelion durante i combattimenti e pare che il progetto abbia avuto successo.

"Annientati tutti gli Angeli, i nostri predecessori pensarono a realizzare il proprio progetto. A questo punto, gli eventi si fanno nebulosi. Non sappiamo come e quanto l’Imperatore abbia influenzato gli avvenimenti: sappiamo solo che aveva arrangiato le cose in modo che il piano fallisse. L’annullamento dell’aura superficiale portò effettivamente l’umanità a sciogliersi in un mare di brodo primordiale, nel quale tutte le coscienze furono unite. In quel momento, la razza umana divenne effettivamente un dio del Caos. Non sappiamo cosa abbia causato l’inversione del procedimento. Pare che non tutti gli umani siano tornati a essere tali; alcuni restarono fusi in quel mare, ma su Terra non ce ne è traccia. Non sappiamo dove sia finito; forse è stato inghiottito in qualche modo nel Warp. Fatto sta che, in un modo o nell’altro, l’umanità tornò a essere tale. Ma c’era un problema: alcuni degli Evangelion avevano acquisito coscienza propria e costituivano un pericolo per la nuova razza umana. Forse l’Imperatore lo aveva previsto, però. Pare infatti che, prima ancora della catastrofe, avesse trafugato un Evangelion, per poi restituirlo agli esseri umani sopravvissuti. Grazie a questo Evangelion, fu possibile combattere contro questi avversari… Non conosciamo esattamente l’esito dello scontro, ma ora su Terra non c’è alcun Evangelion. Di fatto, l’unico Evangelion del quale abbiamo notizia si trova su di un pianeta della Frangia Orientale. E la missione che sto per assegnarvi consiste proprio nell’andarlo a recuperare".

C’era stato un tempo in cui gli Eldar avevano dominato un vasto impero galattico. Avevano costruito una civiltà potente e prospera, che aveva permesso agli esponenti di questa particolare razza di esprimere senza riserve le proprie emozioni. Gli Eldar differivano infatti dagli umani, ancor più che nell’aspetto fisico, nella carica emotiva, che li portava a sperimentare ogni esperienza con un’intensità inconcepibile, perdendovisi totalmente, a volte restandovi intrappolati al punto di creare una personalità fittizia, che si manifestava solo quando quell’esperienza veniva vissuta.

Questo portava gli Eldar a eccellere nelle attività che praticavano, ma li rendeva anche estremamente instabili e vulnerabili agli eccessi. Ed era proprio questa la loro rovina. Senza nemici, senza nessuno che sfidasse la loro supremazia, gli Eldar cominciarono a indulgere nella mollezza, nell’edonismo e nella ricerca del bello a ogni costo. Con il passare dei secoli, le anime degli Eldar morti in questo periodo di tempo si accumularono nel Warp, assumendo sostanza e consapevolezza, diventando un vortice turbinante di lussuria e brama, una personificazione della ricerca del piacere e del nuovo. Un dio.

Non ha senso parlare di ‘tempo’ quando ci si riferisce al Warp: non ci sono regole fisse che stabiliscano una rigorosa collocazione spazio-temporale degli eventi. A tutti gli effetti, nel Warp non c’è spazio e non c’è tempo. Quel dio nacque allora, eppure esisteva già da millenni. Quel dio era Slaanesh. Il suo primo vagito fu l’evento che, da allora in poi, gli Eldar avrebbero ricordato come ‘la Caduta’. I mondi dominati dalla loro razza, concentrati nel nord-ovest della Galassia, cessarono, all’atto pratico, di esistere. Travolta dall’inconcepibile ondata psichica della nascita di un nuovo Dio del Caos, la realtà non fu in grado di conservare la propria consistenza e fu letteralmente sfondata dall’Immaterium. La materia grezza del Caos fluì nello spazio reale, travolgendo i pianeti che incontrava e trasformandoli in ricettacoli di follia. Gli Eldar che riuscirono a sopravvivere alla distruzione dei propri mondi fuggirono su enormi pianeti artificiali o cercarono rifugio altrove, ma la loro razza cominciò proprio allora il suo declino. Insieme con i mondi da loro conquistati, infatti, gli Eldar avevano perso anche quasi tutte le divinità che avevano adorato, sterminate dalla potenza enorme che le loro stesse pulsioni avevano donato a Slaanesh. Da allora, Slaanesh fu sempre noto come ‘il Nemico’ presso gli Eldar, l’avversario finale da affrontare nell’apocalittica guerra del Rhana Dandra, la battaglia che, secondo la loro mitologia, avrebbe decretato il trionfo o la sconfitta con le Oscure Potenze.

Quando Skaim – Zaim vide la vastità dei demoni di Slaanesh agitarsi informe e caotica nella vallata, la prima cosa che gli venne in mente fu che fosse ora di scappare. Doveva assolutamente tornare all’astronave e fuggire. Logan e Gutzmaak non avevano alcuna importanza. Si guardò freneticamente attorno, alla disperata ricerca di un particolare che potesse aiutarlo a orientarsi. Ma il deserto di Novet sembrava uguale ovunque: solo sabbia, polvere e rocce. Tra l’altro, da quando l’enorme umanoide aveva aperto le ali, un vento impietoso aveva cominciato a sferzare la pianura, sollevando fastidiose nubi.

Si voltò, dando le spalle all’Evangelion, cercando di capire dove fosse l’astronave con la quale era arrivato insieme ai suoi compagni di viaggio. Non gli fu difficile distinguere l’aura di Logan in lontananza: stava andando proprio nella direzione in cui la navetta si sarebbe dovuta trovare. A giudicare dalla velocità, doveva essere ancora sulla jeep che gli aveva dato Bile, quindi aveva con sé la bussola e sapeva dove dirigersi. Era già qualcosa. Ora Skaim – Zaim doveva solo sperare di arrivare sul posto prima del suo inaffidabile compagno, perché questi avrebbe potuto decidere di partire senza preoccuparsi di lui. Era l’eventualità più probabile, rifletté l’Eldar.

Gutzmaak guardava meravigliato l’orda demoniaca davanti a sé. Anche se sentiva una qualche bizzarra sensazione di paura nel profondo del proprio animo, il suo istinto di Orketto non poteva che restare affascinato da una vista tanto bizzarra. Lanciò un’occhiata distratta alla donna umana al suo fianco (in realtà, lui non capiva bene che differenza ci fosse esattamente tra uomini e donne, ma aveva imparato a distinguere un paio di particolari che gli permettevano di coglierla; continuava a sfuggirgli il motivo per cui tale differenza esistesse, ma non è che fosse una sua preoccupazione primaria) e la vide rialzarsi faticosamente, mentre ansimava e deglutiva, appoggiandosi sulle ginocchia per trovare un traballante supporto. Non era decisamente interessante quanto i demoni. Ne aveva già visti prima, ma questi erano veramente tantissimi! Si passò la lingua sui denti, sistemandosi l’ascia tra le mani. Era ancora profondamente indeciso tra il buttarsi a capofitto nella massa informe di demoni e il fuggire a gambe levate.

Da qualche parte, nel deserto di Novet ma non troppo lontana dalla città, c’era un’astronave. Non era molto grossa: era semplicemente una massa metallica di una ventina di metri, che nessuno avrebbe mai ritenuto capace di spostarsi nello spazio. Qualsiasi nave in grado di superare l’atmosfera di un pianeta paragonabile alla Terra avrebbe dovuto avere reattori molto più potenti. E nessun mezzo spaziale così piccolo poteva accomodare i complicati meccanismi che permettevano a un Navigatore di interfacciarsi con la nave e leggere le maree del Warp. Ma quell’astronave non faceva testo. Era stata costruita da una razza aliena che aveva dominato la Galassia molto prima che l’umanità vi comparisse; poteva vincere l’attrazione gravitazionale di pianeti molto più grossi di Terra, poteva spostarsi nel Warp senza bisogno che qualcuno ne controllasse i movimenti, compiendo viaggi molto più sicuri di quanto qualsiasi Navigatore avrebbe potuto promettere. All’interno di quella stessa astronave dormiva una delle creature che l’aveva progettata, persa in un sonno psichico che durava da milioni di anni, che probabilmente non si sarebbe mai più interrotto. La creatura era sdraiata in un feretro di uno sconosciuto materiale trasparente, in una piccola stanza nella parte posteriore della nave. Non le importava che la sua tomba virtuale, trovata per caso circa un anno prima da alcuni vagabondi dello spazio, venisse usata da altri. Le importava solo di continuare a dormire, di continuare a sognare, di continuare a vivere un tempo ormai morto. Ma era consapevole di quello che accadeva attorno a sé. Completamente consapevole. I suoi enormi poteri psichici mettevano la creatura in grado di percepire la realtà. Sapeva chi stava usando la sua astronave, sapeva perché questi vagabondi viaggiavano, conosceva ogni loro pensiero. A volte li influenzava anche, sebbene loro non se ne rendessero nemmeno conto, tanto era sottile l’intrusione psichica a cui erano sottoposti. Accadeva di rado, in realtà, molto di rado. Ma la creatura cercava di prendersi cura della propria tomba viaggiante, quando ne aveva l’occasione.

Quella creatura era uno Slann. Gli umani avevano parecchie leggende circa la razza a cui apparteneva. Secondo una storia molto in voga, gli Slann erano una razza di grossi rospi umanoidi, grassi e praticamente incapaci di muoversi. La creatura era quanto di più lontano si potesse immaginare da una simile descrizione. Il suo corpo nudo, coperto da una pelle di un bruno – verdastro, era molto simile a quello di un essere umano. Mani e piedi avevano tre dita; quelle degli arti superiori comprendevano un pollice opponibile. Dalla punta delle dita dei piedi fino alla caviglia, la creatura aveva una fila di scaglie allargate poste una sopra l’altra, come quelle degli uccelli. Un’altra caratteristica che la accomunava agli uccelli erano le spesse piume marroni che le ornavano la nuca. Aveva un volto appiattito, con grandi occhi e un naso schiacciato; l’unica cosa che potesse ricordare delle orecchie nella sua anatomia erano un paio di fori posti ai lati del cranio.

Nonostante non avesse orecchie, percepì chiaramente l’entrata dell’astronave che si apriva. Uno dei vagabondi era tornato.

Ogni volta che metteva piede nell’astronave che lui e i suoi improvvisati compagni di viaggio avevano rubato dagli scavi archeologici di un remoto pianeta, Logan non poteva fare a meno di pensare allo Slann che vi dormiva. Non che quella presenza lo infastidisse particolarmente, ma non era ancora riuscito a capire se fosse innocuo o no. Ma non ci pensava troppo, soprattutto nei momenti di immediato pericolo. Dato che gli Slann erano stati una razza psichica, l’intera struttura dell’astronave era stata pensata per essere utilizzata da degli psyker: Logan impartì il comando mentale che apriva l’ingresso della cabina di pilotaggio ed entrò. Si sedette sul sedile, ricoperto delle scaglie verdi di chissà quale creatura, e si preparò a comandare la partenza.

Lo Slann decise che non era ancora tempo di andarsene.

Bansegoth, Meastro dei Novamarine, arrancava faticosamente tra le dune polverose del deserto. Dietro di lui, le Power armour flagellate dall’incessante tempesta di sabbia e polvere, un nutrito gruppo di Space Marine lo seguivano di buon passo. Per uno Space Marine, potenziato per resistere alle condizioni più estreme, camminare nel bel mezzo di quello sferzante turbinare di granelli grigiastri non era particolarmente problematico. Anche perché le armature erano a tenuta stagna. Quello che invece preoccupava Bansegoth era il fatto di essere dovuti atterrare a un punto parecchio distante da quello preventivato. Poco dopo essere entrati nell’atmosfera, i Thunderhawk su cui il contingente di Novamarine aveva sperato di raggiungere i pressi della capitale di Novet erano dovuti atterrare improvvisamente nel bel mezzo del deserto a causa di un non meglio identificato mutamento delle condizioni atmosferiche. Non erano state solo le violente raffiche di vento a impedire ai velivoli corazzati di proseguire: sembrava che il cielo stesso fosse intento a rivoltarsi contro qualsiasi cosa fosse in grado di volare. I fulmini avevano cominciato a turbinare attorno ai Thunderhawk, rendendo problematico avanzare anche solo di un chilometro. Ma un Marine non si sarebbe mai lasciato fermare da un problema simile. Gli Space Marine erano i migliori soldati dell’Imperium. Erano famosi perché combattevano in condizioni disperate e vincevano. Erano noti perché si buttavano tra tempeste di proiettili, perché affrontavano avversari dieci volte più numerosi di loro, perché erano disposti a tutto pur di compiere la missione. Se non si poteva arrivare sulla zona di guerra volando, ci sarebbero giunti a piedi: Bansegoth aveva fatto sbarcare tutti i soldati dai Thunderhawk e li stava conducendo personalmente verso la capitale. La capitale in fiamme.

A chi non lo conosceva bene, Fabius Bile poteva sembrare un tipo frivolo. Di fatto, era molto più pragmatico di molti Space Marine: pur essendo perfettamente consapevole della propria superiorità fisica sugli esseri umani qualsiasi, capiva che farsi nemici era sempre pericoloso, per quanto deboli potessero sembrare. Capitava quindi che cercasse l’interazione sociale con le persone con le quali aveva a che fare: in fondo, avrebbe potuto averne bisogno in seguito. A volte gli balenava per la testa l’idea che forse questo era un modo con cui un uomo che aveva abbandonato qualsiasi legame combatteva la solitudine, ma era troppo preso dai propri esperimenti per pensare seriamente a questa, che lui riteneva una questione di poco conto.

Quando Fabius Bile si trovò faccia a faccia con Abaddon, nessuno avrebbe pensato che volesse prendere con leggerezza questo incontro. Forse perché aveva sempre saputo che prima o poi si sarebbe verificato. Dopo essere andato a cercare Derketo, Bile aveva seguito lui e i suoi Emperor’s Children fino al deserto, dove l’Eva 01 stava generando una nuova Luna Nera. Quella poteva essere l’unica possibilità di salvezza. Gli Emperor’s Children non si sarebbero mai lasciati sfuggire la possibilità di vedere qualcosa di nuovo e interessante come un Evangelion, men che meno di combatterlo ricorrendo ai loro cacofonici rituali di evocazione demoniaca. Con le loro Power armour modificate dal Caos, avevano intonato un empio e depravato concerto a Slaanesh, e il Principe del Piacere aveva risposto con un’orda di demoni. Quando Bile aveva visto avvicinarsi i tre enormi carri armati neri, simili a scatoloni cingolati sui ciascun lato dei quali spiccavano due cannoni, aveva capito istantaneamente a chi appartenessero. Il simbolo dell’occhio dorato che campeggiava sulle fiancate non lasciava molto spazio all’immaginazione. Lo stesso Derketo, in un insolito impeto di buon senso, aveva ordinato ai suoi uomini di non attaccare. O forse lo aveva fatto perché trovava l’Eva molto più interessante. Abaddon, con un passo misurato, inquietante nella sua implacabile lentezza, era uscito dal pesante boccaporto del suo carro armato personale, che si era aperto come la bocca di una bestia davanti al Signore dei Cloni. I Land Raider, così si chiamavano quei carri armati, erano stati il fiore all’occhiello dei mezzi corazzati degli Space Marine fin dai tempi dell’Eresia di Horus. Progettati, come la stragrande maggioranza dei mezzi dell’Adeptus Astartes, per l’assalto in profondità, potevano trasportare nel loro ventre d’acciaio fino a dieci uomini in Power armour. Quando quegli stessi uomini indossavano una Terminator armour, però, ce ne stavano al massimo cinque: era per questo motivo che il seguito di Abaddon si era dovuto dividere fra tre Land Raider.

Il Profanatore e lo Squartauomini si trovavano ora uno di fronte all’altro. Non era la prima volta che si incontravano e non erano mai riusciti ad andare d’accordo. Troppo diversi i loro obiettivi, troppo diverso il loro modo di essere, troppo diverso il loro modo di valutare quello che era accaduto diecimila anni prima, durante la fatidica battaglia al palazzo imperiale, l’epico scontro nel corso del quale Horus era morto e l’Imperatore era stato ridotto all’ombra di se stesso. Abaddon era circondato dai suoi Terminator. A pochi metri di distanza da lui, Fabius Bile aveva al suo fianco solo Erin, un’espressione sul viso tanto impassibile quanto inquietante. Gli Emperor’s Children di Derketo, troppo impegnati a continuare il loro concerto in onore dei demoni, sembravano avere altro da fare che curarsi di quell’incontro.

Fu Abaddon il primo a parlare: "Ne è passato di tempo dall’ultima volta che ci siamo incontrati, no?". Bile sogghignò: "Neanche tanto… Non è nemmeno un anno, se non ricordo male. Hai cercato di uccidermi distruggendo un pianeta, giusto?".

"Sbagliato. In quell’occasione non ci siamo incontrati di persona e sapevo che tu te ne eri già andato, quando ho impartito l’ordine di annientare quel pianeta. Diciamo che è stato un avvertimento. Che, ovviamente, non hai preso in considerazione".

Il signore della Nera Legione lanciò un’occhiata verso Erin. "È lei, suppongo" disse senza tradire la minima emozione. "Già", annuì Bile. "Che ne dici, è somigliante? Tenendo conto della differenza di sesso, ovviamente". Abaddon fece qualche passo avanti, come a voler studiare la ragazza. Erin aggrottò la fronte, senza distogliere lo sguardo, quasi volesse sfidare quello Space Marine, reso ancor più enorme dalla Terminator armour. "In un certo qual modo, sì", ammise Abaddon. "Ma non è lui. Mi piacerebbe sapere come l’hai educata… Ricorderai che Horus aveva costruito buona parte della propria volontà sulle basi di quello che aveva vissuto. Non è sufficiente un clone per avere un nuovo Horus, come ti ho già dimostrato in passato".

"Come l’ho educata? Che importa? Il DNA di Horus su cui lei è basata è psichicamente carico, come qualsiasi cosa provenga dal corpo di un demone… Erin ha già dimostrato di avere alcuni ricordi del tuo amico. E comunque, non è questo che mi interessa".

"Ecco, appunto. Ricordo che molti anni fa, poco dopo l’Eresia, tu rubasti il cadavere di Horus e ne creasti dei cloni per conto degli Emperor’s Children… Cloni adulti e maschili…".

"Bravo, e ricorda anche che fine fecero".

"Li distrussi prima che fossero risvegliati, ovviamente, insieme con la salma originale. Era evidente che volevi creare un’armata di super guerrieri anche per gli standard degli Space Marine. Ma hai completamente frainteso quale fosse la forza di Horus. Dei cloni no sarebbero mai stati all’altezza dell’originale. Però mi chiedo: perché hai voluto riprovarci? E perché hai dato al tuo nuovo esperimento le sembianze di una ragazza? Che diavolo volevi ottenere stavolta?".

Fabius Bile sospirò. Si lanciò un’occhiata alle spalle, quasi volesse assicurarsi che gli Emperor’s Children non se ne fossero andati, poi si girò nuovamente verso Abaddon. Il vento era diventato improvvisamente più sferzante; attorno all’imponente sagoma dell’Evangelion cominciavano a turbinare i fulmini e il bizzarro Warp gate che teneva tra le mani sembrava espandersi di minuto in minuto. "Potrei chiedere a te perché combatti per risponderti", ritorse il Signore dei Cloni. "Sai benissimo perché lo faccio", replicò il Marine in nero. "Anche se si dice di me che ho rinnegato il mio Primarca, penso che non ci sia nessuno che sostiene i suoi ideali come faccio io. Io li ho sostenuti per diecimila anni, e sai perché? Perché, prima di conoscerli, la mia vita non esisteva. Qualsiasi cosa vedessi attorno a me era grigia. Era come se guardassi il mondo attraverso un vetro sporco. Le immagini di ciò che mi stava attorno mi arrivavano filtrate, e così anche le emozioni. Non c’era niente che mi provocasse gioia, dolore, tristezza, soddisfazione… Qualsiasi cosa mi accadesse era semplicemente un fatto da archiviare. Dopo avere conosciuto Horus, però, cambiò tutto. Vidi che il cielo era blu, che l’erba era verde, che il sangue era rosso. Vidi qualcosa per cui rallegrarmi e vidi qualcosa per cui intristirmi. Se porto avanti le convinzioni di Horus da tanto tempo, è perché non voglio perdere tutto questo. Perché quello che Horus mi ha insegnato è che gli esseri umani devono decidere con la propria volontà come vivere e i cloni che tu crei sono la negazione di tutto questo". "Tutt’altro", replicò Bile con un sogghigno. "Anch’io sono interessato a questi argomenti. I miei cloni non hanno vincoli morali imposti dalla società. Posso dare loro un corpo adulto senza il condizionamento mentale che si assorbe crescendo e chi ci impedisce di usare le nostre facoltà al cento per cento. Capisci l’importanza della mia ricerca, Abaddon? Solo i miei cloni sono veramente liberi di decidere! Una libertà che io non ho mai avuto. Perché anche il semplice fatto che io mi interessi di genetica non è che il risultato delle mie esperienze passate. Nessuno di noi è veramente libero".

"Questione di punti di vista. Stento a credere che tu non ci metta del tuo nella crescita dei tuoi cloni. Questa ragazza, per esempio…"

"Lei? Oh, lei è stata un esperimento particolare. L’ho affidata a una persona che l’ha fatta crescere come una persona qualsiasi, perché era di questo che avevo bisogno. Ma non mi comporto così con tutti i miei cloni. I miei studi richiedono che alcuni di essi siano liberi e che costruiscano da sé il proprio destino. Tempo fa mi importava solo di scoprire i segreti della creazione della vita artificiale e della sua alterazione; ora che li ho trovati, voglio vedere come questa vita si sviluppa senza le inibizioni del senso comune. Una naturale progressione delle mie ambizioni, direi".

Abaddon strinse gli occhi. Se le occhiate avessero potuto uccidere, Bile sarebbe rimasto incenerito in quel preciso istante. "E queste tue ricerche comprendono anche lei?". Il Maestro di Guerra indicò Erin con la lama della sua spada. "Un clone di Horus? Vuoi vedere come reagisce a certi stimoli? È solo questo che cerchi?".

"Molto di più, in realtà", sogghignò il Signore dei Cloni. "Ma temo di non poterti dire altro".

"D’accordo, non parlare. Verrai con me, mi spiegherai tutto quando saremo sulla mia astronave". Quella di Abaddon non era una richiesta, ma un’affermazione. Non ammetteva repliche. I Terminator al suo seguito si allargarono attorno a Bile, quasi a volergli impedire la fuga. "Abaddon, temo che tu non abbia ben capito la situazione", commentò lo Squartauomini. "Al momento, né tu né io siamo in condizione di pensare ad altro che alla nostra immediata incolumità". Sogghignando, indicò alle proprie spalle. Oltre il gruppo di Emperor’s Children, in lontananza, era visibile l’imponente sagoma dell’Eva 01 che si stagliava contro il cielo grigio, mentre i fulmini le turbinavano attorno e alte nubi di polvere si alzavano sotto la spinta di un vento furioso. "Se le informazioni in mio possesso sono esatte, quell’affare sta per fare il botto", disse Bile, con un’espressione che impediva di capire se fosse preoccupato o soddisfatto. "Vorrei precisare che la probabilità che chiunque di noi lasci vivo questo pianeta è estremamente esigua. Tra l’altro, con queste condizioni climatiche, mi piacerebbe proprio sapere come credi che le tue navette da sbarco possano volare per riportarti sulla tua astronave…".

Appena Bile ebbe finito di parlare, un boato assordante riempì l’aria. Attorno all’Evangelion sembrò scatenarsi l’inferno: come un’onda inarrestabile, una enorme massa di sabbia e polvere si sollevò, come a voler sommergere tutta la conca in cui l’umanoide si trovava. L’Evangelion spalancò la bocca e lanciò un urlo lacerante; le sue ali sembrarono spalancarsi ancora di più, finché non parve essere sul punto di sollevarsi in volo. Poi, qualcosa accadde. L’orda di demoni di Slaanesh ai piedi della colossale creatura ebbe una reazione. Le creature vomitate dal Warp parvero accartocciarsi su se stesse. Si riunirono, si avvicinarono, si abbracciarono. Quei corpi viscidi e conturbanti nella loro mostruosità, avvinghiandosi gli uni agli altri in maniera oscena, sembravano fondersi, compenetrarsi, diventare un tutt’uno enorme e temibile. La trasformazione durò solo una manciata di minuti: i demoni di Slaanesh avevano ceduto il posto a qualcosa di ben peggiore.

Il vento era diventato ormai irresistibile: nessun velivolo si sarebbe potuto librare in volo. Nessuno, tranne l’astronave degli Slann su cui Logan stava viaggiando. Come protetta da un invisibile campo di forza, sembrava intoccabile alle raffiche che avrebbero abbattuto qualsiasi altro mezzo, anche più robusto. Ma questo non tranquillizzava affatto Logan: da quando era entrato nella navetta, non ne aveva avuto il minimo controllo. A tutti gli effetti, si era mossa da sola. E, di volontà propria, si era spostata verso la conca dove era l’Evangelion. Attraverso la vetrata della sala di pilotaggio, Logan vedeva davanti a sé l’enorme Eva che urlava e dispiegava le ali. Poi, si accorse di qualcosa d’altro. Di fronte all’Evangelion c’era una massa informe, una sorta di enorme grumo di materia nerastra. Non riusciva a distinguere bene cosa stesse accadendo: le nubi di polvere e sabbia sollevate dal vento rendevano la visibilità alquanto problematica. Ebbe l’impressione che la massa nera si spezzasse. E dovette effettivamente accadere qualcosa di simile, perché, subito dopo, ne schizzò fuori una colossale forma serpentina. Una forma che si sollevò sulla coda, raggiungendo un’altezza paragonabile a quella dell’Evangelion, anzi, apparentemente volendo sfidare l’umanoide artificiale con la propria sola presenza. A questo punto, l’essere acquisì contorni più definiti, ma Logan non avrebbe saputo dire se questo fosse dovuto alle sue enormi ali da pipistrello, che fermavano una parte della polvere, o al fatto che si era trasformato in un attimo, facendo spuntare quelle stesse ali e quelle quattro braccia dal torso umano che si impiantava sopra la coda di rettile. Torso che terminava in una testa dal viso di un pallore mortale, eppure di una bellezza quasi fastidiosa, incorniciato da folti capelli verde acqua e coronato da due piccole corna sulla fronte. Tre delle quattro braccia impugnavano una spada dalla lama ricurva e seghettata; l’ultimo braccio, calzato in un guanto di pelle nera cosparsa di borchie, stringeva una lunga frusta. Il corpo della creatura era avvolto dalle piastre metalliche, bordate di pizzo e merletti, di una pesante armatura finemente cesellata.

Nonostante fosse dentro l’astronave, Logan sentì quel fastidioso odore di vaniglia che aveva già fiutato in passato. L’odore dei demoni di Slaanesh.

Derketo lanciò un’occhiata alla conca rocciosa e il suo volto si contrasse in un largo sorriso. Vide la sagoma serpentina che si innalzava davanti all’Evangelion, e ne fu compiaciuto. Aveva già incontrato l’individuo a cui quell’aspetto apparteneva, ma non l’aveva mai visto combattere contro un umanoide gigante artificiale. Rivolgendosi sogghignante a se stesso, Derketo disse la prima cosa che gli venne in mente: "È arrivato papà…".

Ehilà, signori lettori.

Punto primo: so che gli Slann ufficiali non sono come quelli che ho descritto io, né nel Rogue Trader, né nell’ambientazione attuale di WHFB. Non vi preoccupate, quella dell’uomo-dinosauro è solo una fissa mia.

Punto secondo: qui lo dico e qui lo nego, il prossimo capitolo di Psycho Impact dovrebbe essere l’ultimo, anche se sarà corredato da un epilogo, dalle note conclusive in cui spiego un po’ di cose e forse anche da uno special bonus per i giocatori di WH40K. Vedremo, dipende da come mi gira. Saluti.

  
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