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Autore: BlakeT    06/05/2013    0 recensioni
4 Luglio 2012
per molti questo è un giorno qualunque, ma per Emma segna la fine dei tanto temuti esami di stato.
Da quel giorno la vita della ragazza prende una piega inaspettata.
L'estate di relax tanto sognata viene sconvolta dall'arrivo di cinque ragazzi...
___
«Bene ragazzi è giunto il momento che vi lasci. Scapestrati noi ci vedremo a fine estate, mi raccomando rilassatevi al massimo e non combinate troppi casini- loro fanno un sorriso come dire "fidati di noi"- Ragazze non trattatemeli troppo male» interviene Paul dopo qualche minuto mentre armeggia con il cellulare.
«Tranquillo solo Lou dovrebbe guardarsi le spalle…» afferma sogghignando Penny parlando in italiano, lanciando un’occhiata a Bonnie, mentre io ed Ian ci guardiamo a scoppiamo a ridere.
Paul guarda confuso Penelope.
Bonnie è diventata rossissima.
«Cos’avete detto? Perché mi avete nominato?» domanda Louis incuriosito.
«Perché Bonnie ha cambiato colore?» chiede contemporaneamente Liam.
La ragazza è immobile come una statua.
Guardo Penny sorridendo, ma è un sorriso da “l’hai fatta grossa lo sai che poi ti ammazza”.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo V

Capitolo V

 

Non fare così, potresti sembrare gelosa…

 

 

 

«Emma dai svegliati! Vieni a giocare con me!»
«Mmm ancora cinque minuti e poi arrivo» sussurro tenendo gli occhi chiusi.
«È tardi, sbrigati» continua la voce sempre più insistente.
«Dopo…arrivo»
«Uffa» sento dire prima di essere investita da una luce accecante.
Spalanco gli occhi e noto che la tenda è stata scostata e proprio accanto alla finestra si trova una bambina che ha dei lunghi capelli neri raccolti in due treccine che mi guarda sorridente, sembra Maria in miniatura.
«Ingrid vai a quel paese» sussurro innervosita prima di girarmi e mettere la testa sotto il cuscino.
Purtroppo Ingrid non è una bambina che si arrende facilmente: infatti poco dopo il materasso inizia a fare degli strani movimenti, mi giro supina mentre lei continua a saltare sul letto.
Un sorriso malvagio si apre sul mio viso.
Faccio uno scatto e riesco a prenderla per un braccio e a farla cadere su di me.
I suoi occhi grigi, come quelli della madre, mi scrutano incuriositi come se volessero prevedere la mia prossima mossa, la quale non tarda ad arrivare.
Inizio a farle il solletico.
«Emma ti prego…ti prego…basta» urla mentre si dimena come una posseduta.
«Questa è la tua severa punizione» affermo imitando una risata malvagia.
«Ragazze cos’è tutto questo casino?» esclama Maria entrando in camera.
«La piccola peste torna a far danni» rispondo lasciando andare la bambina
«Ingrid quante volte ti ho detto
che non puoi obbligare sempre le persone a fare quello che vuoi tu!» la rimprovera la madre.
«Ma mamma io voglio giocare con Emma! Tra qualche giorno non la rivedrò più» risponde la bambina sedendosi vicino a me sul bordo del letto, mentre incrocia le braccia al petto e china la testa arrabbiata.
Il mio sguardo incuriosito passa dalla bambina alla madre.
«Come non ci vedremo più?»
«Sabato parte per raggiungere i nonni in Spagna, passerà lì il resto dell’estate» risponde Maria
«Cavolo Ingrid chissà come sarà bello! Poi vedrai i tuoi nonni e Ian ti porterà in giro, vedrai che sarà divertente» cerco di consolarla.
«Invece no: i nonni sono vecchi, il cibo è più buono qui ed Ian non viene» risponde tenendo sempre la testa bassa e le braccia incrociate.
«Perché tuo fratello non viene?» domando con non curanza.
«Deve “studiare per un esame”» mi risponde la bambina parafrasando la frase.
«Hai solo nove anni ma hai già capito tutto! Dato che abbiamo poco tempo da passare insieme adesso mi cambio ed andiamo a giocare!» esclamo guardando il sorriso che le illumina il viso.


«Finiamo questo set e poi basta» con una mano raccolgo la pallina gialla che ho tirato contro la rete.
«Lo dici solo perché ti sto stracciando» ribatte l’altra facendomi la linguaccia.
«Lo dico perché sto morendo!» esclamo togliendomi il cappellino, poi con le mani prendo i bordi della maglia e chino la testa per asciugare il sudore che impregna la mia fronte.
«Ma se sono solo le tre di pomeriggio» alza le mani per mandarmi a quel paese.
«Casualmente una delle ore più calde del giorno e noi ce ne stiamo sotto il sole battente solo perché tu vuoi giocare a tennis» ribatto.
«Quindi preferiresti rinfrescarti? - annuisco ovvia – Va bene» conclude lei.
Non riesco a capire il senso di questa sua frase finché sento un’improvvisa sensazione di freddo. L’acqua scorre giù dalla visiera del cappellino e ormai i miei vestiti sono da strizzare.
Mi volto e trovo Ian intento a sorridere con in mano un secchio.
«Non era propriamente questo che intendevo con “rinfrescarmi”» ritolgo il cappellino per strizzare i capelli.
«Ed io che volevo portarti a fare un giro, adesso ti arrangi…» dico guardando la bambina che aveva assunto un’espressione a dir poco divertita, ma che sentendo le mie parole torna seria ed inizia ad avvicinarsi.
«Emma portami lo stesso! Ti prego» dice facendo uno sguardo tenero.
«Forse» ribatto posando le mie mani sulle sue spalle.
«Prima dovresti raffreddare il diavoletto che c’è in te!» conclude sorridente Ian.
A quel punto io la volto e l’afferro per le braccia, mentre il ragazzo le prende le gambe.
Lei inizia a dimenarsi ed a inveirci contro, ma noi continuiamo a muoverci finché non arriviamo a destinazione.
«Pronta? Al tre» mi domanda Ian, annuisco ed iniziamo a fare dondolare Ingrid. 
«Uno…due…tre!» urliamo all’unisono mollando la presa sulla piccola peste che si fa un bel tuffo in piscina.
Mi allontano dal bordo sghignazzando, lancio uno sguardo al pulcino in acqua la quale fa strani gesti indicando suo fratello,
che è pericolosamente vicino al bordo.
Avanzo qualche passo verso il ragazzo che mi sta fissando.
«Vuoi una foto?» gli chiedo interdetta.
Scuote la testa «A dire il vero mi stavo chiedendo cosa porti sotto la maglietta»
Resto spiazzata per qualche secondo, ma poi mi riprendo.
«Il costume, no? - chiedo retoricamente – Quello che dovresti indossare pure tu» concludo dandogli una bella spinta. Ormai ha perso l’equilibrio e sta cadendo in acqua, ma riesce ad afferrarmi per il polso e a trascinarmi giù con lui.
Quando riemergo mi accorgo di essere abbracciata ad Ian.
Le sue iridi marroni scrutano le mie.
Un’onda ci travolge, così ci separiamo.
Le risate di Ingrid giungono alle nostre orecchie dopo che ho riaperto gli occhi.
«Ma come hai fatto a creare un’onda anomala?» domando allibita, Ingrid è magra quindi non ha la forza per lanciarci addosso tutta quell’acqua.
«Mi sono tuffata vicino a voi» risponde sorridendo.
«Brutta peste vieni qui» esclama suo fratello prima di prenderla e farle fare un tuffo.
Vado a sedermi sul bordo e li osservo.

Sono così teneri, vederli giocare insieme mi fa pensare a mio fratello. Non lo ammetterò mai pubblicamente, ma mi manca quel rompipalle…
«Che c’è Emma?» domanda il biondo incuriosito destandomi dai miei pensieri.
Solo in quel momento mi accorgo che li stavo fissando.
«Niente…è che mi ricordate me e Ryan. Stavo pensando che potrebbe perdersi per la metro a Londra» rido.
«Andava a vedere le gare olimpiche?» chiede avvicinandosi a me.
«Sì, quando inizieranno le Olimpiadi. Che ne dite se usciamo?» propongo.
«Per andare dove?» interviene Ingrid.
«È una sorpresa - resto vaga – sbrigati a cambiarti. Anzi facciamo una gara: chi si trova per primo già cambiato all’ingresso vince»  
«Cosa vince?» chiede la moretta.
«Non lo so ancora…decidiamo dopo»
Guardo entrambi negli occhi.
«Pronti, partenza, via!» esclamo schizzando verso la veranda, per poi passare dalla cucina e ritrovarmi nell’atrio, dove rischio di far cadere il vaso posto sul mobile accanto alle scale a causa di una curva troppo stretta. Ovviamente avere ai piedi delle scarpe completamente fradice non mi aiuta e dopo aver rischiato di morire almeno un paio di volte riesco ad arrivare in camera sana e salva.
Mi butto in doccia per toglie il cloro dalla pelle, mentre il getto d’acqua tiepido mi investe, mi spoglio e abbandono i vestiti lì accanto; esco avvolta dall’asciugamano e mi vesto alla velocità della luce. Infine corro come una dannata verso l’ingresso legandomi i capelli, ma una volta arrivata a metà scalinata mi accorgo che Ingrid è comodamente seduta accanto all’ingresso.  
Rallento il passo.
«È da tanto che aspetti?» domando scendendo gli ultimi scalini.
«Cinque minuti» risponde soddisfatta.
«Sei stata brava! Tuo fratello?»
«Non è ancora arrivato. Quindi qual è il premio?» il sorriso le illumina il volto.
«Lo saprai presto» sorrido di rimando aiutandola ad alzarsi.
Aspettiamo ancora qualche minuto finché Ian apre tranquillamente la porta d’ingresso.
«Allora vi muovete?» esclama.
Afferro le chiavi della Punto e gli do una leggera spinta per farmi passare, infine saliamo tutti e tre in auto.

«Ma è buonissimo» la voce dolce di Ingrid arriva alle mie orecchie, mentre afferro la coppetta che il commesso mi sta porgendo.
«Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto, secondo me è il gelato più buono di questa zona»
«Come conosci questo posto» domanda uscendo dalla gelateria.
«Una mia amica abita qui a Cilavegna, così quando sono venuta a trovarla a giugno mi ha portato qui»
«Me la presenti?» chiede entusiasta la moretta.
«Credo che ora stia studiando, ma domani viene a casa con me e te la presenterò» sorrido.
«Ed è carina?» si intromette il ragazzo biondo che cinge le mie spalle con il suo braccio.
Gli tiro un pugno sullo stomaco.
«Mi hai fatto male!» ribatte Ian.
«Ingrid hai sentito anche tu una mosca fastidiosa che continua a ronzarmi attorno?» la bambina annuisce sorridendo.
«Em non fare così, potresti sembrare gelosa» sussurra al mio orecchio.
«Io? – lo guardo negli occhi - ma fammi il piacere» concludo levando la sua mano dalla mia spalla ed aumentando il passo.

A volte non lo capisco proprio, perché continua a istigarmi? Dove vuole arrivare? Non credo che sua madre gli abbia detto qualcosa, almeno spero…
«Emma, Emma, Emma!» la candida vocina di Ingrid mi fa destare dai miei pensieri.
«Dimmi»
«Vieni con me» dice iniziando a trascinarmi verso un negozietto.
Quando arriviamo davanti alla vetrinetta si ferma, mette le mani dietro la schiena ed inizia a dondolarsi stando attenta a tenere gli occhi puntati su di me.
La guardo sospettosa «Quindi?»
Abbassa un po’ lo sguardo «Pensavo che come premio potresti regalarmi uno di quei braccialetti…» dice tutto d’un fiato per poi restare in silenzio.
Guardo verso la vetrina del negozietto e solo in quel momento capisco a cosa si riferisce.
«Il premio è tuo, sei tu che scegli» a quelle parole rialza di scatto la testa mostrandomi uno dei suoi bellissimi sorrisi.
«Tu vai avanti, io devo ancora finire il gelato. Se trovi un braccialetto che ti piace mi chiami e io arrivo» non finisco la frase che lei si è già fiondata nel negozio.
Sorrido divertita.
«A che pensi?» domanda Ian sedendosi in una panchina accanto all’entrata.
«Che è bello avere la sua età, essere così spensierati, poi basta poco per renderti felice» sospiro.
«Invece noi dobbiamo studiare, se non studi ti assillano, se va male qualcosa ti rimproverano...» inizia ad elencare.
«Diventa tutto così stressante!» sbotto alzando le mani.
«A proposito, ma non dovevi iniziare a parlare solo inglese?» chiede sorseggiando la sua granita.
«Sono riuscita a rimandare l’inizio della mia pena di qualche giorno» rispondo soddisfatta fissando un punto indefinito davanti a me.
«Guardami un attimo» chiede il ragazzo accanto a me. Mi siedo di sbieco sulla panchina e lo guardo negli occhi.
«E ora?» mi sento ridicola.
«Ora ammetti che sei gelosa di me!» un sorrisetto malizioso si dipinge sul suo viso.
Mi cascano le braccia.
«Ancora con questa storia! Io non sono gelosa» scandisco lentamente l’ultima parola.
«Non mi pare proprio…» risponde diffidente.
«Così è…se vi pare» fingo un inchino e mi alzo per sbirciare all’interno del negozio. Noto che la moretta sta ancora allegramente curiosando, metto in bocca un altro cucchiaino di gelato.
Ad un tratto sento una forza che mi spinge in giù, praticamente Ian mi ha preso per i fianchi e mi ha fatto sedere sulle sue gambe.
«Il discorso non era finito» mi intima serio.
«Ho citato Pirandello. Per me il discorso era finito» alzo le spalle mentre continuo a mangiare il gelato, che si è in fase avanzata di scioglimento.
«Cosa c’entra!» sbotta lui.
«E che ne so» alzo le spalle ridendo, poi con il dito prendo un po’ di gelato e a tradimento glielo spalmo sul naso.
Lui riduce gli occhi a due fessure.
«Ora pulisci» mi intima serio.
Io continuo a ridere, perciò non mi accorgo che si è pericolosamente avvicinato a me.
Quando me lo ritrovo a pochi centimetri dal mio naso divento seria.
Il cuore inizia a battermi all’impazzata, il respiro diventa inesistente.

È la volta buona che ci resto secca. Che sia uno dei sostenitori di “Un infarto al giorno toglie il medico di torno”?
Mentre penso ciò lui si è avvicinato al mio orecchio per sussurrarmi «Ora come la mettiamo?» poi mi lascia prima un bacio sulla guancia, poi uno vicino all’angolo della bocca, infine…
«Emma sono tre ore che ti chiamo! Mi aiuti a scegliere il braccialetto?» al suono di questa voce entrambi ci allontaniamo di scatto.
Riprendo a respirare dopo di che mi volto sorridendo alla bambina.
«Certo piccola» affermo prima di prenderla per mano e seguirla, stando bene attenta a non guardare il ragazzo che era al mio fianco.
Ingrid mi porta vicino ad un tavolino dove sono appoggiati diversi tipi di braccialetti tutti colorati ed inizia a parlare e parlare, ma le sue parole restano un mistero perché la mia testa ed il mio cuore sono ancora fermi a qualche minuto fa. Il cuore rischia ancora di schizzarmi fuori dal petto, mentre il mio cervello non riesce a formulare una frase di senso compiuto.
«Quindi quale scelgo?» domanda la bambina una volta terminato il monologo, del quale non ho neanche sentito una parola.
Resto un attimo in silenzio.
«Ma qual è quello che ti è piaciuto subito?» cerco di concentrarmi sul presente.
«Quello lì arancione, però anche quello bianco mi piace tanto»
«Sai che facciamo? Te li prendo entrambi» sorrido compiaciuta nel vedere che sul viso di Ingrid si è aperto un lieto sorriso.
«Ragazze ne avete ancora per molto?» domanda una voce, la sua voce alle mie spalle mentre sono alla cassa per pagare.
«Ma cos’hai sul naso?» domanda ridendo la bambina, solo a quel punto ricordo di avergli messo un po’ di gelato sul naso ed evidentemente lui si era dimenticato di pulirsi.
Quando mi volto lo trovo intento ad incrociare gli occhi per guardarsi la punta del naso.
«Ecco perché in giro mi guardavano tutti male» conclude pulendosi.
«E quello cos’è?» gli domando incuriosita dal sacchetto che tiene in mano.
«Beh, ho pensato che avremmo potuto portare una vaschetta di gelato a casa, da mangiare dopo cena» si spiega il ragazzo continuando a torturare il povero manico del sacchetto di carta.
«Ottima idea» sorrido.
Il tragitto per tornare a casa è solo interrotto dalle parole dello speaker in radio.
La cena si svolge altrettanto silenziosamente in compagnia di Ingrid, Maria ed Ian, poiché gli zii si sono dovuti assentare per lavoro, fino a quando ricevo una telefonata.
«Niña sai che non si usa il telefono a tavola» mi rimprovera Maria.
«Scusa, ma è importante» rispondo prima di allontanarmi.

 
«Dimmi Bonnie»
«Em allora per domani?»
«Facciamo che carichi la valigia in macchina e poi mi passi a prendere a casa, quando hai finito ti indico io la strada. Tanto si trova vicino a Mortara»
«Okay. Facciamo che passo per le nove, così vado con calma» propone la ragazza.
«Va bene. A domani Bon e vedi di rilassarti un po’» sorrido perché so già che è non lo farà, lei sussurra un “certo, come no” e poi riattacca.
A quel punto torno in sala da pranzo ed informo i presenti che sarei tornata a casa mia per la notte.
«Ian può accompagnarti a casa. Giusto per non lasciare là l’auto» propone la madre del ragazzo.

Ci mancava solo questa.
Annuisco, anche se non sono entusiasta di questa idea.
«Prendo la borsa e poi andiamo» dico prima di correre in camera a prendere la borsa. Quando esco lo trovo già appoggiato alla mia auto.
«Dai sali. Sarà un bel viaggetto»

Non vedevo l’ora.
Penso mentre mi allaccio la cintura, saranno i trenta minuti più lunghi della mia vita.

  
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