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Autore: Lady Castalia    26/11/2007    3 recensioni
Tratto dal Capitolo IV
Quella ragazza esisteva nella loro vita da solo sue giorni, eppure era riuscito a turbarlo e sconvolgerlo come mai gli era successo prima.
Qualcosa in lei lo attraeva a se, come una falena dalla luce di una candela.
Il suo timore, era quello di rimanerne irrimediabilmente bruciato.Introduzione modificata. E' vietato creare l'effetto riga vuota all'interno della stessa.
Nausicaa212, assistente amministratrice.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Ok, ci siamo. Questo è il primo capitolo di questa nuova storia in cui mi sono lanciata. E' appena iniziata e ci sarà ancora parecchia strada da fare. Spero comunque che possa piacervi!

A Ilaria, la mia nuova compagna di una società a delinquere!




Capitolo 1



Finalmente il sole sorse andando ad accarezzare con i suoi deboli raggi il viso di Alexandra, ancora appisolata fra le lenzuola candide.
Aprì piano le palpebre ancora assonnata, strizzando poi subito dopo gli occhi per la troppa luce.
Un fruscio nelle lenzuola attirò la sua attenzione e mettendosi a sedere le sue labbra si incrinarono in un dolce sorriso.
Un batuffolo di pelo completamente nero stava, senza successo, cercando di arrampicarsi sulla sponda del letto per cercare di raggiungere la ragazza emettendo una serie di miagolii frustrati.
"Forza, vieni qui, piccola peste." - disse la ragazza sporgendosi per prendere in braccio la bestiola, adagiandola sulle coperte in mezzo alle sue gambe.
"Possibile che tu non riesca a stare ferma." - l'ammonì dolcemente. L'unica risposta fu un altro miagolio.
Mentre osservava la gattina giocare con le sue mani che si muovevano sotto al lenzuolo, saltellando da una parte all'altra, pensava a cosa sarebbe potuto capitarle se non l'avesse trovata.
L'aveva raccolta la sera prima davanti al portone della palazzina, completamente zuppa e infreddolita. Chi mai aveva avuto il coraggio di abbandonare un così tenero cucciolo!
L'unica stranezza di quella bestiola erano gli occhi, neri con la pupilla giallo ocra, davvero singolari.
Avevano un che di magico.
Per questo aveva deciso di darle quello strambo nome, le si addiceva.
"Strega adesso basta giocare." - disse ridacchiando sollevandola in aria davanti al suo viso - "Devo andare al lavoro."
La gattina per tutta risposta la guardò con aria interrogativa, girando la testolina prima a destra e poi a sinistra.
"Sei davvero un amore!" - esclamò dandole un bacio di striscio sul capo, per poi appoggiarla delicatamente a terra.
Nonostante quella notte fosse stata pessima, quella gattina era riuscita ad infonderle un po' di buon umore.
Si diresse verso l'armadio prendendo un paio di jeans scuri, una camicetta bianca e un maglioncino con uno scollo a V abbastanza profondo di colore verde scuro da abbinarci e per finire i suoi stivali neri preferiti.
Guardandosi allo specchio soddisfatta, si sistemò i lunghi capelli leggermente mossi in una coda bassa. Per quella mattina poteva andare.
Non amava vestirsi molto elegante, soprattutto perché la sua vita sociale era abbastanza, come dire... assente.
Non le piaceva molto stare in mezzo alla gente, se doveva, lo faceva solo per lo studio e per il lavoro.
Infilato il cappotto e la sciarpa, prese una busta chiusa da una mensola vicino all'entrata e mandando un ultimo bacio a Strega si chiuse la porta alle spalle.

Quella mattina era stata chiamata ad analizzare una vecchia pergamena, si perché con le sue "strane doti", come le definivano la maggior parte di quelli che la conoscevano, riusciva a vederci chiaro nelle cose.
Si poteva definire una specie di archeologa free-lance.
Le piaceva essere trasportata e immersa in quei mondi antichi ancora pieni di magia e di misteri, come ormai in nostro mondo non lo era più.
Il suo nuovo cliente doveva essere una altro uomo piuttosto anziano, forse troppo! Solo il fatto che l'avesse contatta tramite una lettera ingiallita, chiusa dalla ceralacca, trovata sotto la porta la sera prima, avvalorava la sua tesi.
Chi usava più carta a penna per comunicare al giorno d'oggi?!
All'inizio era stata un po' scettica, ma infondo in quei due anni in cui aveva deciso di intraprendere quell'attività, ne aveva incontrati di tipi strani ed eccentrici, la maggior parte collezionisti, e poi qualcosa di quella busta l’attirava inverosimilmente.
Passeggiando per le vie di Londra avvolta in un cappotto color piombo, rigirandosi tra le mani quella lettera, notò un particolare che gli era sfuggito: sotto al sigillo che aveva tolto per aprire la lettera c'era un disegno di un vecchio castello, peccato non si riuscisse a leggere il nome, strappato nella sua poca delicatezza nell'aprire la busta.
Poco male, lo avrebbe scoperto di li a poco.
Dopo aver dato un'occhiata ad i numeri sulle case si fermò davanti ad un cancello, rimanendo un tantino perplessa.
Il numero che indicava la lettere non c'era. Che quel vecchio suonato si fosse sbagliato a scrivere...
Sbuffando si mise a guardarsi intorno, ritornando per un attimo sui suoi passi.
L'appuntamento era alle 10.00, forse la stavano aspettando li sulla strada, ma non si vedeva nessuno nel raggio di un chilometro.
Ad un tratto avvertì un leggero tremolio provenire da dove si trovava un attimo prima e, tornando indietro, si accorse che la casa che cercava era proprio davanti ai suoi occhi.
Diede la colpa alla stanchezza, dopo tutto non aveva chiuso occhio quella notte.
Aprì il cancello e una volta saliti i pochi gradini per raggiungere la soglia, si apprestò a suonare il campanello.
Ancora prima che riuscisse nel suo intento la porta si aprì lentamente, con un leggero cigolio.
"Collezionisti..." - sbuffò ad alta voce, pensando alle manie strane di quella gente. Le diede una leggera spinta ed entrò nel piccolo atrio della casa.
"C'è nessuno?" - chiese, non vedendo nessuno ad accoglierla.
Guardandosi in giro notò come quella casa fosse davvero strana, non ne aveva mai viste arredate in quel modo, per non contare il fremito che aveva avuto appena vi aveva messo piede.
Non ricevendo risposta si incamminò su per la scala, avendo sentito come un borbottio provenire da lassù, ma si dovette ricredere, trovandosi davanti ad un quadro coperto da un telo e nessun anima viva in giro.
Era sempre più convinta che il padrone di quella casa doveva essere per lo meno un centenario.
"C'è nessuno in casa?" - chiese di nuovo sperando che finalmente qualcuno si facesse vivo e così finalmente accadde.
"Avanti mia cara, ti stavo aspettando." - proferì una voce roca, che proveniva da una stanza in cima alla prima rampa di scale.
Timidamente entrò, vedendo un uomo che stava comodamente seduto su una poltrona di velluto rosso in stile antico, illuminato dalla luce fioca del camino.
Doveva essere all'incirca sulla settantina, con una lunga barba e vestito in modo per lei alquanto bizzarro.
"Salve, sono Alexandra Crawley, mi avete contattata per una consulenza in merito ad un'antica pergamena." - disse stringendogli la mano.
"Ma certo." - uno strano bagliore attraversò gli occhi dell'uomo - "Si accomodi pure signorina Crawley." - le disse gentilmente, facendole cenno con la mano verso una poltrona identica, posizionata di fronte alla sua.
"Mi chiami pure Alexandra. Scusi se le sembrerò indiscreta ma vorrei poter esaminare al più presto l'oggetto." - disse la ragazza con tono professionale.
"Mia cara, mi dispiace ma la pergamena non è qui con me, al momento." - rispose pacato.
"Scusi ma..." - iniziò con voce perplessa, ma non fece in tempo a finire la frase.
"Vedi Alexandra, il motivo per cui ti ho fatto venire è per informarti che la pergamena in questione è custodita in luogo in cui vorrei che tu ti recassi per qualche giorno l'indomani mattina.
Purtroppo non mi è possibile trasportarla, rischierei di comprometterla."
"Capisco, e dove si trova questo luogo?" - chiese curiosa.
"Per questo non ti devi preoccupare, domattina troverai tutte le istruzioni necessarie." - rispose il suo interlocutore - "E ora, se vuoi scusarmi mia cara, avrei delle faccende da sbrigare e non voglio trattenerti ulteriormente." - continuò senza darle il tempo di aprire bocca per ribattere.
Sempre più perplessa si congedò da quello strano tizio senza fare ulteriori domande, preferiva non sapere.
Un attimo prima di uscire dalla stanza, si voltò pensando che non gli aveva nemmeno detto come se chiamava.
"Potrei sapere il suo nome?" - chiese gentilmente.
"Oh, che sbadato, ma certo! Il mio nome è Albus Silente. A domani signorina Alexandra." - la salutò facendole un cenno con la mano, abbozzando un sorriso.
Salutandolo a sua volta, si avviò giù per le scale pensando sempre più fermamente di avere a che fare con un vecchio fuori di testa.
Una volta in strada scoccò un ultima occhiata alla casa per poi incamminarsi.
Stavolta aveva davvero superato se stessa.
Chissà in che cavolo si stava cacciando, e poi che razza di nome era Albus Silente!

Il resto della mattina decise di andare ad assistere a qualche lezione all'università, giusto per distrarsi un po' e non pensare a quello che l'aspettava il giorno dopo.
Frequentava la facoltà di psicologia, era dura ma le piaceva.
L'idea di comprendere meglio la psiche umana la allettava.
Pensava che forse, se avesse avuto più padronanza di quella materia avrebbe potuto gestire meglio i suoi "problemi", anche se fino a quel momento le cosa non erano migliorate molto, ma non aveva intenzione di darsi per vinta.
Uscì dall'università che ormai era pomeriggio inoltrato, aveva perso un sacco di tempo in biblioteca e ora, doveva correre come una pazza per organizzarsi e fare almeno uno straccio di bagagli, visto che il suo incarico a quanto pareva questa volta l'avrebbe costretta ad allontanarsi per un paio di giorni.
Si precipitò a prendere l'autobus e fece appena in tempo a salire, prima che il conducente chiudesse le porte.
Le sembrava ancora incredibile di avere accettato, anche se infondo le avrebbe fatto bene cambiare un po' aria, magari conoscere gente nuova, che non la guardasse come se fosse stata un'aliena.
Non ricordava più ormai da quanto tempo non aveva avuto anche solo un rapporto simile all'amicizia con qualsiasi persona.
Nemmeno quando era stata sbattuta all'orfanotrofio era riuscita ad avvicinarsi a qualcuno.
Additata per quello che era successo ai suoi genitori.
Fino al compimento dei suoi 18 anni, quel giorno per lei aveva significato libertà.
Per fortuna, nonostante fosse rimasta completamente sola era riuscita ad arrangiarsi, a mettere via un po' di soldi facendo alcuni lavoretti in giro, come portare giornali, fare pulizie nelle case, e tutto per riuscire finalmente ad andarsene da quell'orribile posto.
Doveva maledire se stessa per la situazione in cui si trovava, non c'era nessun altro colpevole se non lei.
Immersa in quei tristi pensieri, si accorse di essere arrivata finalmente alla fermata vicino a casa.
Scesa dall'autobus si affrettò ad entrare in casa, per rendersi conto di aver scordato un piccolissimo particolare: Strega!
Dove avrebbe potuto lasciarla in quei giorni? Non era abituata a dover pensare a qualcun'altro che non fosse se stessa, e adesso si trovava con una bella gatta da pelare.
- Metaforicamente parlando, ovvio. -
Iniziò a pensare ad ogni possibile soluzione ma le scartò tutte, in primis l'eventualità di mandarla in una di quelle orribili pensioni per animali.
Così non trovando alternative alla fine prese la sua decisione.
"Strega domattina partirai con me." - disse prendendo in braccio il batuffolo che aveva iniziato a girale fra le gambe.
Quella la guardo strana, per poi emettere una serie di miagolii in segno di approvazione.
"Ok, allora adesso non resta altro che fare i bagagli." - continuò, posandola a terra e andando ad aprire l'armadio con aria preoccupata.
Adesso si che veniva la parte migliore, cosa avrebbe messo in valigia?
Quel Silente non le aveva nemmeno accennato il luogo dove si doveva recare e questo costituiva un problema fondamentale.
Tirandosi indietro i capelli e riaggiustandosi la coda di cavallo, si rimboccò le maniche. Sarebbe stata una serata molto lunga.
Scoccata la mezzanotte era finalmente riuscita a finire di fare la valigia e naturalmente, per chiuderla, aveva dovuto sedercisi sopra più volte.
Le ultime ore le aveva passate a tirare fuori ogni cosa avesse nell'armadio, che sembrava inspiegabilmente senza fondo.
Ci era andata a finire di mezzo anche Strega, più volte sommersa da camicette, magliette, canotte, gonne e ogni altra cosa che era uscita da li dentro.
Esausta si lasciò andare sul letto, più o meno soddisfatta, con il presentimento che alla fine avrebbe finito per scordarsi qualcosa.
Raggiunta immediatamente da Strega, la aiutò a salire sul letto e si distese su un fianco con la gattina tra le braccia.
Si addormentò poco dopo e, forse per l'agitazione, forse per merito di quella palla di pelo nera, dopo tanto tempo il suo sonno non fu popolato da quell'incubo.

La sveglia iniziò a squillare all'impazzata ed erano solo le...8.00 del mattino!
"Merda!" - soffiò fiondandosi giù dal letto facendo quasi franare per terra la piccola Strega, che emise un miagolio di protesta per poi iniziare a giocherellare con un foulard lasciato sul letto dalla sera prima.
"Strega, non è il momento di giocare. Siamo in ritardo." - l'ammonì Alexandra buttandosi sotto la doccia per poi uscirne come una furia, iniziando a vestirsi in fretta.
Si era addormentata vestita dalla sera prima. Se non altro si sentiva riposata.
Finalmente l'uragano di nome Alexandra che aveva preso possesso dell'appartamento si fermò, era riuscita ad essere in orario perfetto.
Certo, aveva rischiato di ammazzarsi un paio di volte, prima uscendo dalla doccia rischiando di rimetterci il naso per lo scampato scivolone e poi di nuovo attorno alla sponda del letto rimettendoci quasi il ginocchio. Ma infondo l'importante era il risultato, no?
Infilandosi cappotto, sciarpa e mettendo, anche con poca delicatezza, la gattina in una gabbia, si apprestò ad uscire di casa.
Appena fuori dalla porta iniziò a guardarsi in torno, poi guardando nella cassetta della posta trovò un lettera.
"Ma questo è proprio fissato." - disse tra se, appoggiando valigia e gabbietta per aprire la busta che, secondo quanto gli era stato detto da questo Silente, doveva contenere le istruzioni per recarsi in quel fantomatico posto.
Lesse il contenuto con attenzione, dovendo ammettere che le istruzioni erano più che precise. C'era anche una piccola piantina.

"Cara Alexandra, come promesso, qui di seguito troverai le istruzioni necessarie per recarti al Paiolo Magico, dove troverai una guida pronta ad accompagnarti a destinazione.
Ti prego di tenere ben presente queste mie ultime mie parole: abbi fiducia nel tuo istinto e non allarmarti nel caso dovessi trovarti di fronte a situazioni come dire, alquanto insolite, e ricorda, non tutto ciò che all'occhio umano può sembrare inspiegabile, deve per forza essere pericoloso.
I miei più cari saluti.

Albus Silente"


"Bene, direi che siamo a cavallo." - disse ironicamente un po' spiazzata da quelle parole, ma nello stesso tempo sempre più curiosa di scoprire cosa c'era dietro a tutto quel mistero.
"Pronta Strega? Si parte." - così dicendo raccolse le sue cose e la gattina, naturalmente, e si diresse sulla strada per chiamare un taxi.
"Dove la porto signorina?" - disse l'uomo corpulento con un cappellino del New York alla guida.
"All'angolo tra Shaftesbury Avenue e Charing Cross Road, la ringrazio."
Durante il tragitto in macchina, con Strega a fianco che sembrava quasi che soffrisse il mal d'auto - non faceva altro che ballonzolare per la gabbia come se fosse ubriaca - ebbe modo di pensare agli avvenimenti degli ultimi giorni.
Prima quella busta, poi la gattina, trovata la stessa sera davanti alla sua porta, infine quel vecchio bizzarro e quella sensazione che non riusciva a cacciare dalla sua mente.
Ripensandoci si sentiva ancora strana, non voleva essere precipitosa, ma le dava quasi l'impressione che qualcosa dentro di lei stesse cambiando.
"Siamo arrivati signorina. Sono 10 sterline."
"Ecco a lei. Buona giornata." - disse Alexandra porgendo il denaro al conducente, scendendo poi dal taxi.
Incamminandosi sul marciapiede, pochi metri più avanti alla sua destra, come era indicato sulla lettera, vide l'insegna che stava cercando: Il Paiolo Magico.
"Che posto è mai questo? Non ricordo di averlo mai sentito nominare. Comunque ormai ci siamo e tanto vale andare avanti, non sei daccordo piccola peste?" - disse guardando la gattina che le rispose con il solito miagolio.
Stava per entrare quando la porta di aprì, facendo passare un uomo altissimo, con folta barba e capelli ricci, vestito come se fosse uscito direttamente da uno di quei libri delle favole dove si narrava di streghe e maghi.
Rimase a bocca aperta, mollando per terra valigia e gabbia con grande protesta di Strega.
Il gigante, perché non c'era altro modo per definirlo, le stava davanti con aria preoccupata, in attesa che riuscisse a prendere fiato.
"Tu...tu chi sei?" - balbettò Alex incredula.
"Ciao, il mio nome è Rubeus Hagrid, custode delle chiavi di Hogwarts." - disse fiero -"E tu, devi essere Alexandra Crawley."
"Hogwarts?" - chiese flebile.
"La scuola di magia più famosa del mondo." - affermò con orgoglio Hagrid.
"Scuola di magia?" - ripete sempre più confusa e sull'orlo di un collasso.
Il custode ignorò il suo stupore e rivolgendole un caldo sorriso continuò la sua spiegazione.
"Albus Silente mi ha dato l'incarico di scortarti. Hai con te la lettera che ti ha mandato?"
"Si." - rispose con un filo di voce, tirandola fuori dalla tasca e porgendogliela senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso.
Nel passargli la busta gli sfiorò appena la mano e la sensazione che aveva provato entrando in quella casa il giorno prima, la colse di nuovo.
"Bene Alex! E' ora di partire. Posso chiamarti Alex vero?" - chiese bonariamente il gigante abbassandosi un poco per guardarla meglio negli occhi.
"C...certo, non c'è problema." - balbettò ancora un po' scossa.
"Silente ti avrà già accennato il fatto che non dovrai avere paura di ciò che potresti vedere e ti posso assicurare che non dovrai aver alcun timore anche di me. Per quanto la mia mole possa essere impressionante, in realtà sono un gran timidone." - disse strizzandole un occhio, riuscendo a strapparle un timido sorriso.
"Scusami Hagrid, potrei farti alcune domande?" - abbozzò Alex decisa a quel punto a capire che cosa stesse realmente accadendo.
"Mi dispiace ma le spiegazioni le avrai da Silente in persona, io ho solo il compito i portarti a destinazione."
Non le rimaneva altro che dare ascolto alle parole che questo Silente gli aveva scritto sulla lettera, e poi sentiva che poteva davvero fidarsi del simpatico gigante che si trovava ancora di fronte a lei.
"Vogliamo andare." - disse Hagrid indicando alla ragazza una moto parcheggiata sul ciglio della strada vicino a loro, apparsa da chissà dove.
Alexandra annuì un po' perplessa per l'ennesima stranezza. Dopo aver sistemato valigia e gabbia sulla moto, in modo che non potessero cadere, i due si apprestarono a partire, ma quello che Alex non sapeva era che le sorprese non erano ancora finite.
A distanza di un'ora circa si trovarono fuori Londra, in uno spazio aperto che faceva intravedere la tipica campagna di quelle parti e fu allora che accadde.
Mentre Alexandra era impegnata a tenersi alla schiena di Hagrid per non cadere, dando un'occhiata ogni tanto alle condizioni di Strega, che sembrava essere abbastanza tranquilla, sentì il vento sferzarle il viso in modo prorompente e guardandosi in torno si accorse che stavano ... VOLANDO!
D'istinto si strinse di più alla schiena di Hagrid cacciano un urlo.
"Oddio, ma che succede, non è possibile! Noi stiamo volando! Devo essere impazzita!" - urlò con tutto il fiato cercando di farsi sentire dal gigante.
"Alex stai tranquilla è tutto a posto, vedrai che non succederà nulla, ancora un po' e saremo arrivati." - l'ammonì bonariamente.
"Certo, stare tranquilla, è tutto normale. Una moto volante e che sarà mai!" - continuava a ripetersi sempre più agitata.
Dopo un'altra mezzora passata dalla ragazza a sproloquiare sulla sua imminente perdita della sanità mentale, la voce di Hagrid arrivo alle sue orecchie, facendole spostare il viso quel tanto per vedere il paesaggio che si mostrava davanti ai suoi occhi, ora sbalorditi ed estasiati.
"Alexandra, benvenuta alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts." - disse orgoglioso Hagrid iniziando a scendere piano verso terra.
Un castello in stile gotico, contornato da numerose torri, si ergeva imponente su di un enorme scogliera al margine di un lago.
Il sole stava tramontando dietro alle maestose montagne circostanti, illuminando con la sua debole luce le alte arcate e le splendide vetrate multicolore, che ne rifrangevano i raggi.
Nell'istante in cui fu rapita dalla visione di quel paesaggio magnifico, tutte le paure, le incertezze la abbandonarono.
Tutto perse importanza.
"Ma è meraviglioso." - disse in un soffio, sentendo gli occhi inumidirsi dalle lacrime.
"Si, lo è davvero." - rispose Hagrid toccando terra.
Ancora tremante davanti a quell'imponente struttura, si fece aiutare da Hagrid a scendere dalla moto.
Guardandosi intorno estasiata vide che si trovavano all'interno di un giardino circondato da un porticato, al cui centro si trovava una fontana.
"Coraggio, vieni. Ti porterò da Silente." - disse bonariamente vedendo che la ragazza non riusciva a muoversi di un millimetro.
Rimase ancora ferma davanti al portone dove Hagrid le stava facendo cenno di seguirlo, dandosi un forte pizzicotto sulla guancia.
"Ahi!" - esclamò, guadagnandosi un'occhiata perplessa del custode - "Allora non è un sogno." - sussurrò impercettibilmente.
Il gigante, intendendo quello che aveva voluto fare, si mosse verso di lei con una risata, poggiandole una mano dietro la schiena per accompagnarla oltre l'ingresso.
Varcata la soglia del castello, con il cuore in tumulto, pensò di essere arrivata nel luogo dei suoi sogni.
Quelle favole che si leggevano da bambini, dove castelli fatati, draghi e cavalieri davano vita a un mondo fantastico in cui non desideravi altro che farne parte.
Non avrebbe mai creduto possibile che una cosa del genere potesse essere realtà.
Asciugandosi con il dorso della mano le lacrime di pura emozione che le rigavano le guance, dalle sue labbra affiorò un sorriso sincero, felice e sereno, come non lo era più stato da molto tempo.
  
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