13.
Burn
it to the ground
L’allarme
generale fu lanciato l’indomani mattina di buon’ora.
Alle
prime luci dell’alba l’intera base dello S.H.I.E.L.D. risuonò di passi e voci
concitate, e tra i corridoii e le sale di monitoraggio vi fu un un gran viavai
di agenti e specialisti dalle espressioni ansiose e ancora annebbiate dal
sonno.
Erin e
Loki, che si erano addormentati assai tardi allacciati l’uno all’altra su uno
dei piccoli letti dell’alloggio, si svegliarono di soprassalto nell’udire quel
trambusto, e subito l’asgardiano intuì che Thanos era vicino e che tutto si
avviava a compimento.
L’irlandese
indossò in fretta e furia un paio di jeans scuri, una canotta bianca e i suoi
soliti stivali di cuoio chiaro e corse a sciacquarsi la faccia mentre alcune guardie
bussavano alla porta pregando lei e il dio di seguirli al centro di controllo
del quartier generale; prima di uscire si ricordò distrattamente di prendere la
custodia del flauto magico, e seguendo il compagno e gli uomini in nero scrollò
il capo per darsi una svegliata. Le avrebbe fatto bene un caffè, pensò
scioccamente, ma certo quello non era il momento adatto per chiederne uno.
Nick Fury
e Maria Hill erano già sul posto ad attendere i Vendicatori e il Duo degli
Inganni, assieme a Thor, Jane Foster ed Erik Selvig, e nessuno di loro aveva
l’aria di aver chiuso occhio. Erin gettò uno sguardo agli schermi sottili che
baluginavano come impazziti tutt’intorno e riconobbe una ripresa satellitare
della base e della zona circostante: vi si muovevano una miriade di piccoli
punti luminosi che aumentavano di minuto in minuto e che andavano cingendo il
complesso dello S.H.I.E.L.D. in un ampio cerchio.
« Cosa
diamine significa questo? » chiese la musicista indicando l’immagine.
« Che
siamo sotto assedio, temo, signorina Anwar. » rispose Bruce Banner, appena
entrato nella stanza; dietro di lui venivano Tony Stark, sfacciatamente in
pigiama di raso, e Pepper Potts avvolta in una vestaglia leggera. Il direttore
annuì:
« Sembra
un esercito. Un grosso esercito. Hanno fatto prima del previsto. »
« E a
nessuno viene il dubbio che lui
c’entri qualcosa? »
Clint
Barton, giunto in quell’istante e pronto all’azione nella sua tenuta da
combattimento, puntò un dito contro Loki con fare accusatorio, Natasha Romanoff
a spalleggiarlo; l’asgardiano aprì la bocca per ridere di loro e sviarne i
fondati sospetti, e inaspettatamente Stark lo prevenne: « Oh, ma lui c’entra qualcosa, in effetti. Abbiamo
monitorato la toccante conversazione tra voi fratellini, ieri sera, e il fatto
che tu abbia deciso di unirti a noi anche per attirare qui il nemico è piaciuto
sia a me che al direttore. Ottima mossa, piccolo cervo. »
« Questa
me l’avevi già detta. Stai diventando prevedibile. » lo schernì il dio.
La russa
pose d’istinto una mano sul calcio della pistola che recava al fianco:
«
Dovrebbe essere una buona notizia? Magari la trappola è a nostro sfavore, visto
che siamo circondati come topi in una gabbia. » disse in tono lugubre.
« E
secondo te io e Loki ce ne staremmo qui con voi, assediati da un branco di
alieni incazzati, se il giochetto mirasse a fregarvi? Dacci un taglio, ti
prego. » sbottò Erin sorprendendo tutti. Cominciava a sentirsi nervosa e ne
aveva abbastanza di illazioni inutili e perdite di tempo che non giovavano a
nessuno: « Siamo asserragliati e inferiori di numero come i Rohirrim al Fosso
di Helm, non lo nego, ma d’altro canto abbiamo gli avversari riuniti in un
unico punto e armi d’ogni tipo a disposizione. Potremmo persino arrivare a
Thanos, e a me questo sembra molto meglio che continuare a scorrazzare come dei
cretini di città in città per chissà quanti mesi ancora. Si tratta di semplice
buon senso, non di darci fiducia. » aggiunse.
Per un
po’ nessuno fiatò, e la Vedova tolse le dita dall’arma; il Dio degli Inganni
lanciò un sorriso d’intesa alla donna d’Irlanda, soddisfatto e inorgoglito
dalla sua sfrontatezza e dalla sua naturale capacità di persuasione. Gli aveva
risparmiato un noioso discorso.
« Adoro
le citazioni colte. » fece allegro il playboy filantropo.
Il
Capitano Rogers, comparso per ultimo nella sala, levò alta una mano per
ottenere l’attenzione degli altri: « La signorina Anwar ha ragione. Ci troviamo
in una posizione di apparente svantaggio che indurrà i nemici ad abbassare la
guardia e a ritenerci già spacciati, permettendoci di conseguenza di studiarne
l’assetto e organizzare un’adeguata strategia. »
« Ho già
alcuni agenti impegnati a osservare le immagini che ci forniscono i satelliti. Presto
faranno rapporto circa la disposizione e gli armamenti dei soldati di Thanos. »
confermò Fury.
« Inoltre
ho provveduto io stessa a inoltrare una richiesta d’intervento all’esercito
degli Stati Uniti e mi auguro che un contingente armato sarà qui tra meno di
un’ora. » interloquì Hill.
Il Dio
del Tuono mirò cupamente i monitor che mostravano la struttura del quartier
generale ormai stretta nella morsa di un compatto anello di truppe avversarie:
« E se non avessimo un’intera ora a nostra disposizione? » mormorò, e in quel
preciso momento una potente esplosione esterna fece tremare ogni cosa,
costringendo molti degli astanti a ripararsi la testa con le braccia per il
timore che cadesse loro qualcosa addosso. Thor e Tony abbracciarono d’istinto
le rispettive compagne per proteggerle, il dottor Selvig imprecò, Banner
strinse i pugni in uno spasmo di tensione e gli altri scattarono in posizioni
di difesa; Erin sussultò e si morse un labbro, le dita serrate sulla custodia
del flauto, e Loki le si avvicinò. Quel fin troppo celere assalto aveva colto
di sorpresa anche lui, e questo non gli piaceva affatto: gli dava l’impressione
di essersi lasciato sfuggire un dettaglio importante dei piani di Thanos, se
non addirittura di non averli per niente compresi. Era come essere caduto in un
sottile tranello proprio mentre era convinto di averne teso uno ai danni del
titano.
In quella
la porta si aprì con gran fracasso e un agente sulla trentina entrò di corsa
nella stanza, senza fiato: « Direttore, siamo sotto attacco! » annunciò; «
Hanno agito con tale rapidità che noi... »
« Lo
sospettavo, agente Gregg. » lo interruppe freddamente Nick Fury: « Cerchiamo di
recuperare in fretta il tempo perso finora. Quanti sono, all’incirca? Muovono
soltanto da terra o hanno una sorta di contraerea? E da quel che ha potuto
vedere il loro scopo è costringerci a uscire allo scoperto, agente, o piuttosto
fare irruzione nella base? »
L’uomo
tentò di mettersi sull’attenti: « Credo siano non meno di duemila soldati,
signore, e hanno alcuni di quei velivoli di cui fecero uso a New York. Sembra
che abbiano mandato avanti un primo plotone per debellare le nostre difese e
conquistare almeno il nostro perimetro più esterno, signore, ma non ho potuto
vedere granché. » rispose ansimando.
Seguì un
gelido silenzio costellato di netti rumori provenienti da fuori – spari e nuove
detonazioni e grida concitate e passi frenetici nei corridoi – e l’irlandese
pensò “ci siamo” e provò una strana paura infiammata dall’eccitazione: quel
giorno tutto sarebbe giunto a conclusione, e poco le importava di come ciò
sarebbe avvenuto fintanto che non fosse finito definitivamente; aveva la mente
lucida e vigile e il sangue le ruggiva nelle vene.
« Per
adesso tali informazioni sono sufficienti. » sentenziò infine il capo in carica
dello S.H.I.E.L.D.: « Hill e Gregg, voglio che tutti i nostri uomini si armino
e si rechino alle postazioni di combattimento. Abbattete la minaccia aerea, per
prima cosa, e mettete agenti di guardia sul tetto; la nostra priorità è quella
di impedire che i nemici entrino qui, perciò assicuratevi che non vadano subito
sprecate vite o munizioni. Dottoressa Foster e dottor Selvig, voglio che voi
rimaniate in questa sala e che controlliate la situazione dall’interno insieme
alla signorina Potts: sarete mediamente al sicuro per un po’ e ci riferirete le
eventuali novità che giungeranno dalle città americane e dal resto del mondo.
Se Thanos ci ha attaccati direttamente e con un simile dispiegamento di forze
immagino che i suoi stiano sferrando ovunque il colpo finale dell’assedio, ed è
nostro dovere tenerci informati. » disse col suo miglior tono pragmatico
indicando uno ad uno gli interpellati. I due agenti se ne andarono
immediatamente a eseguire gli ordini ricevuti e Jane, Erik e Pepper si
precipitarono a tre diversi computer; poi Fury fronteggiò la sua straordinaria
mezza dozzina e il Duo degli Inganni, le gambe divaricate e ben piantate a
terra:
«
Signori, vi prego di andare a prepararvi per la battaglia. Vi aspetto in sala
riunioni per fornirvi attrezzature di comunicazione e direttive. »
Tutti
assentirono con un cenno e abbandonarono la stanza, i Vendicatori in una
direzione e l’asgardiano e l’irlandese in quella opposta. Nick Fury li imitò
subito dopo.
Non
avendo armi né armature da recuperare altrove, Erin e Loki ebbero modo di
osservare la situazione all’interno della base frattanto che si recavano al
luogo convenuto. Gli uomini e le donne che lavoravano e combattevano per lo
S.H.I.E.L.D. si muovevano rapidi e concentrati intorno a loro, urlandosi
istruzioni e comandi e sfrecciando tra le pareti metalliche dei lunghi corridoi
dell’edificio. Sembrava che nessuno skrull, kree o chitauro fosse ancora
riuscito a eludere le difese esterne, e tuttavia il fragore degli scontri in
atto si faceva sempre più vicino e i muri tremavano più frequentemente di
prima. Il pensiero del dio era però concentrato sul senso di disagio che l’imprevista
piega presa dai propri piani gli procurava: per quanto si rendesse conto alla
perfezione del vantaggio che Thanos aveva su di lui, un punto del suo operato
gli rimaneva oscuro e lo turbava, e soltanto vedere il folle titano coi propri
occhi sul campo di battaglia avrebbe acquietato il suo animo e dissipato i suoi
dubbi. Temeva che se da un lato lo stratagemma di riunirsi aveva funzionato,
spingendo il figlio di Mentore ad attaccare come aveva immaginato, dall’altro
era altrettanto probabile che questi lo avesse fatto per tenerli impegnati e
distratti mentre si dedicava a qualcosa di diverso. C’era quel dettaglio che
continuava a sfuggirgli, e il Dio degli Inganni detestava quella sensazione.
Si girò verso
la flautista, convinto che gli avrebbe rivolto qualche domanda sull’argomento
come suo solito. Erin però taceva e camminava al suo fianco con lo sguardo
puntato innanzi a sé, il portamento regale: teneva la borsa dello strumento a
tracolla e le spalle dritte, e sulle labbra aveva dipinta un’espressione
severa. La morbidezza vulnerabile della notte appena trascorsa era scomparsa e
lei appariva quasi distante, più dura – e se ciò fosse un bene o un male Loki
non era in grado di giudicarlo.
A pochi
metri dalla porta della sala riunioni si fermò all’improvviso e la afferrò per
entrambi i polsi, facendola voltare così da trovarsi faccia a faccia con lei;
non disse una parola e strinse delicatamente la presa, e la ragazza di Galway sentì
del metallo tiepido e liscio sostituirsi via via alle dita del compagno sulla
propria pelle, nascendo dal nulla: quando il calore scemò e l’asgardiano tolse
le mani, Erin scoprì di avere un robusto bracciale d’argento lavorato su
ciascun avambraccio che scintillava nella fredda luce dei neon.
« Un
piccolo dono. » disse piano Loki; « Ti saranno utili in battaglia. »
« E
spariranno magicamente una volta compiuto il loro scopo? » domandò l’irlandese.
La voce le uscì aspra e non le piacque, e tuttavia non seppe controllarla. Non
le piacque neppure la velata allusione a Loki medesimo e nemmeno quella seppe
controllare.
« Non
scompariranno affatto. Sono un mio dono per te. » egli ripetè, e anche nelle
sue parole vi fu un sottinteso. Ma fu un sottinteso rassicurante ed Erin alzò
il capo e lo guardò, e per un istante fu di nuovo morbida e vibrante come la
sera prima, il viso acceso.
Poi
scrollò le spalle e sogghignò, tornando la sfrontata donna d’Irlanda di sempre:
« Mi
piacciono molto, s’intonano al flauto. Sei davvero il dio nordico dotato di
maggior gusto che io conosca. » se ne uscì; « Ti ringrazio. » aggiunse.
Il Dio
degli Inganni annuì e le dedicò un sorriso scaltro: « Onorato di averti
soddisfatta, Erin Anwar. Ora andiamo a sentire cos’ha da dirci il nostro
guercio direttore. »
Varcarono
la soglia della stanza e trovarono l’uomo in questione ad attenderli, una
valigetta metallica posata sul tavolo davanti a lui. I Vendicatori giunsero uno
dopo l’altro nel giro di cinque minuti, e nel frattempo l’irlandese si premurò
di estrarre il flauto dalla custodia e di montarlo; Loki decise invece che
avrebbe sfoggiato armamenti e lancia solo all’ultimo momento, esattamente come
Banner che si manteneva ancora in forma umana e per il quale l’idea di
tramutarsi in Hulk all’interno della base non doveva essere troppo allettante.
Una volta
che il gruppo fu nuovamente al completo e riunito, Nick Fury aprì la valigia
mostrandone agli otto il contenuto: dentro vi erano oggetti neri e rotondi di
assai ristrette dimensioni, simili a bottoni, uno per ciascuno dei presenti.
«
Gradirei che ognuno di voi indossasse il proprio auricolare, signori. I membri
del Progetto Avengers hanno già avuto modo di testarli durante gli scontri di
New York, benché questi siano un prototipo più evoluto, ma ne illustrerò
comunque in breve il funzionamento a beneficio esclusivo di coloro che non sono
avvezzi a questo genere di attrezzatura. » li interpellò il direttore lanciando
un’occhiata di sfida al Duo degli Inganni.
Erin
sbuffò con una scrollata di spalle e il dio dai capelli neri ghignò soavemente,
chinandosi sulla valigetta per prendere uno dei minuscoli apparecchi tra le
dita:
« Credo
di aver intuito come funzionano, direttore. Non sarò forse avvezzo alla vostra
tecnologia, eppure sovente mi dimostro più intelligente di essa. » ribatté, e
senza indugiare oltre sistemò l’auricolare nell’orecchio sinistro suscitando in
Stark un cenno d’apprezzamento. Subito la musicista e gli altri lo imitarono e
Fury chiuse la valigia, ordinando attraverso il proprio dispositivo che quelli
della sua squadra venissero attivati.
Quindi si
rivolse al Capitano a stelle e strisce: « Poco fa parlavi di strategie e
vantaggi, Rogers. Come suggeriresti di agire? Stiamo contenendo la minaccia
aerea ma rimaniamo scoperti sui lati dell’edificio, e finché non arriveranno i
rinforzi militari dubito che i miei agenti, per quanto preparati e numerosi,
possano bastare a bloccare i nemici. »
« Allora
daremo loro manforte su ciascuno dei lati esterni. » affermò Steve, le mani
guantate che carezzavano distrattamente la superficie lucente del suo scudo: «
E ritengo che il modo migliore per farlo sarebbe attaccando dall’alto. Il tetto
è ancora raggiungibile, signore? »
« Pensi
davvero che attaccare dal tetto sia una buona idea? Ci vedranno appena ci
metteremo piede e non ci permetteranno alcuna mossa a sorpresa. » s’intromise
Barton.
Capitan
America puntò un indice sul tavolo, come su un’immaginaria mappa:
« Sono
impegnati a combattere e il loro obiettivo primario è penetrare in questa base.
Qualcuno potrà notarci, senza dubbio, e noi dovremo muoverci il più rapidamente
possibile. Il rischio maggiore che corriamo è quello che abbiano sentinelle
lontane dal perimetro dello scontro e dunque con una visuale più ampia, e
tuttavia anche in quel caso avremmo il tempo di portare a compimento l’azione.
» rispose all’arciere; « Vi ripeto che a parer mio attaccarli dall’alto
lanciandoci dal tetto è l’unica soluzione efficace che abbiamo adesso. Se avete
altre proposte o se il direttore è contrario, ditemelo e non insisterò oltre. »
« Quando
fai così sembri quasi vero, Stewie. » commentò Stark, beffardo, ma tosto si
fece serio e incrociò le braccia corazzate: « E quando fai così, non posso che
darti ragione. »
Nick Fury
li fissò: « Non abbiamo molta scelta, Capitano, e io non ho niente in
contrario. Andate sul tetto e fate quel che dovete fare. Io raggiungerò Hill e
Gregg e dividerò con loro le ali dell’edificio da difendere. Ci terremo in
contatto attraverso gli auricolari. » convenne.
« Non
sono sicura di essere in grado di lanciarmi da un tetto e rimanere intera. »
borbottò l’irlandese picchiettandosi una spalla con lo strumento con malcelato
nervosismo.
« Ci sarò
io. Non hai di che temere, donna d’Irlanda. » disse Loki, e lo disse a voce
alta e tutti lo udirono e lo osservarono con una certa meraviglia, poiché il
suo tono era caldo e così il suo sguardo, ed Erin lo ricambiò con un lieve,
vibrante sorriso e a nessuno di coloro che li circondava sfuggì l’intensità che
fluiva tra i due, sincera e disarmante.
Thor
strinse il pugno intorno all’impugnatura del martello e i suoi occhi
sfavillarono:
« Che
motivo abbiamo per indugiare ancora? Andiamo! » esclamò con ardore.
Il
miliardario nell’armatura rossa, il soldato leggendario, la coppia di provetti
assassini, il dottore dalla forza sovrumana e il Dio del Tuono avanzarono
ancora una volta uniti e sicuri, marciando per i corridoi a grandi passi
decisi. Ma adesso a loro si accompagnavano il Dio degli Inganni e un’arrogante
ragazza di Galway armata di un flauto magico, e gli agenti che ne incrociarono
il cammino esultarono e si scoprirono più forti, poiché l’immagine fulgida di
quegli otto straordinari esseri che assieme si recavano in battaglia era ciò di
cui tutti avevano bisogno per riacquistare coraggio e fiducia.
Erin
sentiva l’eco del battito del proprio cuore fin dentro le orecchie e pensò che
quel suono rassomigliava al fragore dei tamburi di guerra, dandole il ritmo per
avanzare.
Giunsero
sotto la botola che conduceva al tetto e uno per uno s’inerpicarono su per la
stretta scala – e uno ad uno guadagnarono la piatta sommità del quartier
generale dello S.H.I.E.L.D., e quando furono tutti lassù l’irlandese rise
perché avrebbe voluto avere con sé la macchina fotografica e il cavalletto per
immortalare quell’incredibile istante: eccomi qua, si disse, in mezzo a dei ed
eroi e in procinto di piombare su nemici provenienti da ignoti universi per
prenderli a badilate nei denti. Rise ancora, e con la coda nell’occhio vide le
corna arcuate e la lancia acuminata di Loki prendere forma nell’aria satura di
rumori e Banner tramutarsi in un sol colpo nel verde Hulk, e con piglio feroce
inforcò i propri Ray-Ban a specchio per schermare il chiarore del sole ormai
alto e per sembrare uscita da un violento film poliziesco italiano degli anni
Settanta. L’eccitazione aveva sostituito il timore, e il flauto era rovente tra
le sue dita.
Fecero
per avanzare verso il bordo del tetto, ma in quella l’asgardiano dai capelli
neri si bloccò e impallidì appena, scrutando con espressione indecifrabile e terribile
un punto indefinito del paesaggio brullo che avevano intorno. I Vendicatori ed
Erin seguirono il suo sguardo e videro, tremolante nella calura del giorno che
avanzava, una figura corpulenta e minacciosa che torreggiava sulla cima spoglia
di un’altura poco distante dall’area dello scontro: portava un elmo e una
corazza di metallo scuro, e rossastro era il suo volto ghignante.
Un
brivido serpeggiò lungo la spina dorsale della musicista; Thor emise una sorta
di rauco ringhio e Stark chiese, da dietro la maschera di Iron Man, se fosse “lui”.
Le
sottili labbra di Loki s’incresparono lievemente all’insù:
« Sì, è
lui. Quello è Thanos il Rosso. » egli confermò con voce strozzata.
Natasha
si portò una mano all’orecchio destro e piegò la testa di lato:
«
Signore, abbiamo individuato il comandante nemico. Si trova su una collina a
sud e pare che stia soltanto osservando la situazione. Procediamo comunque come
convenuto? » riferì.
Il
responso di Fury fu udito da tutti, grazie agli auricolari: « Buono a sapersi,
agente Romanoff. Del capo però ci occuperemo più tardi. Adesso vedete di
sbrigarvi a fare fuori i suoi sottoposti, signori, prima che Thanos li avverta
della vostra presenza sul tetto. »
«
Potrebbe averlo già fatto. » interloquì seccamente il Dio degli Inganni.
« Una
ragione in più per darvi una mossa. » concluse asciutto il direttore prima di
troncare il contatto in una babele di spari e urla rabbiose.
La donna
d’Irlanda mosse un passo in avanti e la luce del mattino s’infranse,
abbagliante, sull’argento dei bracciali e dello strumento e sulle lenti degli
occhiali da sole:
« Concordo.
Diamogliene secche, a questi bastardi. » sentenziò.
Allora
gli otto si disposero a ventaglio, il Duo al centro, e corsero ad armi spianate
fino al limitare del tetto e con un grido unanime lo superarono d’un balzo e
saltarono giù, Loki che con un braccio cingeva la vita di Erin per sorreggerla
durante il volo.
Il sole
colpì le loro sagome scattanti, delineandole con chiarezza contro il cielo
terso, ed essi piombarono inesorabili sui nemici ignari che proprio lì sotto
cercavano di irrompere nel perimetro della base. Li travolsero come furie e fu
subito battaglia.
Nei
ricordi e nei racconti dell’irlandese due sarebbero stati i dettagli
fondamentali di quei minuti interminabili e feroci: il clangore assordante
prodotto dal flauto e dai bracciali nel cozzare contro le picche e le armature
dei soldati di Thanos e il sapore metallico del sangue in bocca quando venne
colpita in faccia per la prima volta. Le membra e il viso le dolevano ma non vi
badava, e tale era la sua concentrazione che nemmeno tentò di osservare le
azioni degli altri, per spettacolari che fossero. Per un tempo impossibile da
calcolare il mondo di Erin fu composto unicamente dalla violenza dello scontro,
dallo schivare colpi e menarne di rimando, e nel frattempo intorno a lei lo
scettro del Dio degli Inganni brillò della sua luce azzurra, e Mjölnir calò
inesorabile, e Iron Man volteggiò come una fiamma sgominando intere truppe di
avversari con l’aiuto possente di Hulk, e né Hawkeye né la Vedova Nera né
Capitan America mancarono un solo bersaglio, e tra i nemici s’insinuò il
panico.
D’improvviso
gli auricolari gracchiarono e una voce concitata disse:
«
Direttore? Signori? C’è qualcosa che dovreste sapere. »
« Jane,
sei tu? » chiamò Erin con affanno senza smettere di combattere.
Al capo
opposto dell’apparecchio vi fu una breve interferenza, quindi l’astrofisica
rispose:
« Abbiamo
ricevuto notizie da tutto il mondo, e credo dobbiate sapere subito di cosa si
tratta. Le città assediate non lo sono più da questa notte. »
La voce
di Nick Fury s’intromise nella conversazione, altrettanto agitata:
« Questo
cosa dovrebbe significare, dottoressa Foster? »
« I
soldati di Thanos le hanno abbandonate prima dell’alba. E adesso, direttore,
sono tutti qui, ogni singola truppa. » spiegò Selvig: « Si sono riuniti qui,
solo e soltanto qui. »
Loki
s’immobilizzò, colto da un presentimento, e mirando le alture gli parve di
scorgere il titano rivolgergli un ironico inchino. Poi questi sogghignò
apertamente e l’aria si colmò della sua tremenda e trionfante risata, e l’asgardiano
capì quale errore aveva commesso.
> Note a piè di
pagina
Non sono ancora del tutto sicura che quella di prendere i nemici dall’alto,
lanciandosi da un tetto piatto, sia una strategia militarmente valida, ma a
livello estetico mi piaceva talmente tanto che mi son fatta prendere la mano.
Pardon.
Il cognome dell’agente Gregg è un piccolo tributo a Clark Gregg, l’attore
che interpreta Coulson; le citazioni di quella dannata nerd di Erin penso siano
abbastanza cristalline, compresa quella dei Ray-Ban a specchio.
Ed ecco il Folle Titano che finalmente si mostra di persona…
Come avevo annunciato un paio di capitoli fa – e come s’intuisce dal
titolo – qui come musica la fa da padrone Burn
it to the ground dei Nickelback: è una delle canzoni più badass che io conosca e ormai tendo ad
associarla automaticamente agli Avengers, da quando ho trovato su Youtube un
paio di ottimi fan-video sul film basati su questo brano.
Posso lanciare la domanda di rito “secondo voi cosa succederà, adesso”?
E per la serie let’s do a head count,
vorrei ringraziare i 27 che seguono la storia, i 5 che la preferiscono e i 3
che la ricordano, e naturalmente tutti coloro che leggono; e grazie ad Alkimia e Destiel Doped che si sono unite ai recensori :)
Ossequi asgardiani e alla prossima!