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Autore: Lady Bracknell    27/11/2007    10 recensioni
Remus riesce a togliere a Tonks il suo spirito natalizio, ma aiutarla a recuperarlo si rivela essere qualcosa di un po' più duraturo di un bacio rubato sotto il vischio.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6

Spero, con questo capitolo di avere un po’ superato il blocco che avevo con questa storia, ma lo stesso ci vorrà un po’ di tempo prima del prossimo capitolo.

Godetevi il ritorno del sopracciglio inarcato!

E in più, vi sfido a competere con Lady e a far durare la descrizione di un solo bacio oltre le 20 ( VENTI!! ) righe.

Solo lei può fare una cosa del genere senza essere banale... ed è uno dei motivi che mi ha spinto a riprendere.

 

 

 

6. Flames ( terza parte )

 

Remus le rivolse uno sguardo tra lo stanco ed il divertito, voltando la mano della ragazza  tracciandole ipnotizzanti percorsi col dito sul palmo. “Mi sembra di ricordare che fosse stato citato un vaso,” mormorò Tonks , la voce poco più che un sussurro. Remus si schiarì la gola e fece un profondo sospiro, muovendo le dita verso l’incavo del polso della ragazza, mandandole una scossa lungo tutto il corpo mentre percorreva il disegno delle vene con un tocco talmente delicato che lo sentiva appena.

 

“Questo aneddoto ci rimette in pari e dimostra che, in effetti, senza l’interferenza di quel qualcuno, me la sono passata un po’ meglio.”

 

“Continua,” lo incalzò la ragazza, mordicchiandosi un labbro nel tentativo di controllare il respiro, chiedendosi se era consapevole dell’effetto che aveva su di lei.

 

“Beh,” iniziò, “Riguarda la mia relazione più recente, che è stata...” lanciò uno sguardo assorto al soffitto, “... un po’ di tempo fa. Si chiamava Claire e mi piaceva molto, ma un giorno abbiamo avuto una discussione pazzesca sul fatto che io non mi opponessi, quando diceva che saremmo dovuti andare a trovare sua madre. Apparentemente, era evidente per lei che io non volessi andare e, quando le ho assicurato che davvero, non era un problema, mi ha accusato di essere ‘irritantemente ragionevole’.”

 

Tacque per un istante, stringendo le labbra e sorridendo fra sé. Anche Tonks sentì l’impulso di scoppiare a ridere, dal momento che non le riusciva per niente difficile immaginare qualcuno che potesse trovare Remus irritantemente ragionevole. “Quando ha visto che non mi sono offeso mortalmente al suo commento, mi ha tirato addosso un vaso e se n’è andata,” terminò, “Non l’ho più rivista.”

 

Tonks smise di cercare di trattenersi e crollò sul divano scossa da risolini isterici. Lui la fissò con divertito imbarazzo. “Non so proprio perché ti ho appena raccontato tutte queste cose,” commentò Remus, “Adesso mi vedrai sotto una luce ancora peggiore di quando hai acconsentito ad uscire con me.”

 

“Non direi,” disse Tonks.

 

Piuttosto, le sue storie le avevano mostrato un lato molto più intrigante del Licantropo. Le era sempre apparso come un tipo composto e impeccabile ed era piacevole scoprire che anche lui commetteva degli errori, che era incline a combinare casini almeno quanto lo era lei. Remus tornò ad intrecciare le dita con quella di lei e le rivolse uno sguardo incuriosito. “Allora, che ne pensi?”

 

Per un istante Tonks pensò di dire qualcosa riguardo al fatto che ognuno ha degli scheletri nel proprio armadio sentimentale, ma all’improvviso, l’impulso di afferrarlo per le spalle e baciarlo fino a fargli perdere i sensi, le attraversò repentino il corpo e decise che sarebbe potuta essere una buona idea mostrargli cosa ne pensava, piuttosto che dirglielo.

 

“Remus?” lo chiamò. Lui alzò la testa, inarcando lievemente un sopracciglio, incuriosito. La ragazza fu momentaneamente assalita dal panico, senza sapere cosa dire e specialmente cosa fare. Fino a quel momento aveva sempre lasciato che fosse lui a fare la prima mossa – principalmente perché era innamorata delle sue mosse – ma anche per vedere quello che avrebbe fatto, fino a che punto voleva spingere le cose e, suppose, quanto lei gli piaceva.

 

Gli occhi del mago scrutarono nervosi il volto della ragazza. Lei si morse un labbro.

“Oh, al diavolo!” esclamò, e prima di perdere il coraggio, si chinò e coprì le labbra di Remus con le sue. Lui sembrò un attimo disorientato e si sottrasse appena.

 

Ma fu un’esitazione fugace e un secondo dopo stava già rispondendo, baciandola prima con dolcezza, poi con lo stesso ardore che stava dimostrando lei. Tonks gli accarezzò i capelli alla base del collo e si chiese se realmente aveva sentito un brivido attraversargli il corpo o se era soltanto frutto della sua immaginazione, meravigliandosi di quanto calda fosse la pelle di lui sotto le sue dita mentre le faceva scorrere lungo il suo viso. Lo fece avvicinare un po’ di più, baciandolo con insistenza e lui rispose con eguale passione, una mano sulla vita della ragazza e l’altra occupata a giocherellare con i suoi capelli mentre lei schiudeva le labbra ed il mago ne approfittava con entusiasmo.

 

Era passato un po’ di tempo dall’ultima volta che aveva baciato qualcuno davanti al fuoco ed aveva dimenticato di come fosse piacevole la sensazione della pelle scaldata dalle fiamme scoppiettanti ed allo stesso tempo dalle dita di un ragazzo. Anche se non era certa di essersi mai sentita così prima di quel momento. Baciare Remus era la fine del mondo.

 

Remus si raddrizzò appena, tenendola stretta a sé, lasciandosi scappare mormorii di assenso contro le labbra della ragazza, mormorii che mandavano brividi di piacere lungo la spina dorsale di Tonks, portandola a realizzare che doveva avere un certo effetto su di lui, anche se dubitava di essere in grado di fargli provare le stesse cose che lui stava facendo provare a lei.

 

Baciare Remus era come realizzare all’improvviso di essere viva. Riusciva a sentire il battito del suo cuore molto più distintamente che mai, lo scorrere del sangue nelle sue vene in modo molto più intenso di come dovrebbe essere, la sua pelle reagiva al tocco di lui come se fosse fatta di fuoco. Il modo in cui lui muoveva le dita fra i suoi capelli, faceva scoppiare i più spettacolari fuochi d’artificio nella sua testa, le cui scintille le attraversavano il corpo, producendo un vago e piacevole formicolio dovunque atterravano.

 

Si aggrappò a lui, spingendolo contro il divano e Remus rafforzò la presa su di lei, una mano appena sotto la scapola e l’altra che, abbandonando i suoi capelli, scivolava lentamente lungo il collo della giovane.

 

Le dita di Remus si infilarono  appena sotto il collo della sua maglietta andando a sfiorarle la pelle calda della spalla ed iniziò ad accarezzarle il collo con il pollice. Lo stomaco di Tonks fece una capriola. Quello di Remus era un gesto talmente intimo ed innocente allo stesso tempo e lei trovò che fosse una combinazione alquanto inebriante, certa che i suoi occhi avrebbero fatto un giro completo delle orbite, se solo ne avessero avuto la possibilità.

 

Dovette concentrarsi molto per non reagire alla tentazione di sciogliersi e ridursi ad una pozzanghera sul tappeto. La sua mano trovò la vita di lui ed iniziò a spostarsi verso l’alto. Fece scivolare le mani lungo il petto fino alle spalle; adorava la sensazione del pullover di lui sotto le sue dita, il modo in cui rispondeva al suo tocco, il modo in cui la baciava... si trovò a domandarsi se fosse il caso di mandare alla ragazza che gli aveva insegnato a baciare in quel modo un bigliettino di ringraziamento.

 

Quando lui si scostò, Tonks provò una fitta allo stomaco, cui le farfalle fecero prontamente posto ed ebbe qualche difficoltà a mettere di nuovo a fuoco la stanza. Deglutì e fissò lo sguardo su quello di lui fino a quando tutto tornò al proprio posto. Le ci vollero un paio di minuti, ma fortunatamente, sembrava che anche lui avesse bisogno di un attimo per riprendere fiato.

 

Remus si lasciò scappare un suono di vaga sorprese, le sopracciglia inarcate ed il suo sguardo che si spostava alternativamente fra gli occhi e le labbra di lei. “Ehm- ”

 

Il mago deglutì e Tonks gli rivolse uno sguardo di scusa, mordendosi appena il labbro, immaginando che probabilmente avrebbe dovuto dire qualcosa. Disse la prima cosa che le passò per la testa.

 

“Tutto quel tempo passato a fare pratica negli sgabuzzini per le scope sta dando i suoi frutti, allora,” commentò, sorridendo. Le rivolse un’occhiata indignata, ma si tradì con un lieve sbuffo divertito.

 

“Devo dedurre di essere stato perdonato per le mie recenti indiscrezioni?” chiese, e Tonks annuì. “Bene,” commentò, con un sorriso malizioso, “Vieni qui, allora,” mormorò con dolcezza, attirandola di nuovo a sé. Il suo bacio questa volta fu dolce e delicato, ma non per questo meno sexy, tenendola sul limite di quello che avrebbe potuto sopportare.

 

Un biglietto non sarebbe stato sufficiente. Avrebbe mandato dei fiori. Montagne e montagne di fiori, pensò.

 

Dopodiché non riuscì più a pensare a niente. Se non yuppi!

 

Avrebbe probabilmente potuto restare lì a baciarlo per sempre senza stancarsene e quando si separarono, lui parve molto riluttante e non si scostò poi di molto. Appoggiò il gomito sul divano, sostenendo la testa col palmo della mano e la osservò da sotto una ciocca di capelli ribelle. Fece scorrere la mano libera lungo il braccio della ragazza ed intrecciò le dita con quelle di lei, avvicinando i palmi delle loro mani e provocando in lei una nuova esplosione di fuochi artificiali che risalirono tutto il braccio, arrivando al suo stomaco, seminandole scintille lungo tutto il corpo.

 

“Avanti,” la esortò infine. “Quello che è giusto è giusto. Raccontami di te.”

 

Tonks ritenne che fosse altamente ingiusto, il fatto che si aspettasse che lei formasse una frase di senso compiuto quando il suo cuore batteva a mille, il suo cervello si stava ancora riprendendo dal sovraccarico di sensazioni ed il suo stomaco era appena stato trasformato in gelatina. “Non sono sicura di poter competere,” affermò la ragazza, “Non che io non abbia mai incasinato i miei rapporti, solo... non lo so, magari l’ho fatto in modo meno spettacolare, penso.”

 

“Se non hai nessuna storia divertente da raccontarmi,” disse Remus, sollevando la mano che stringeva nella sua e posando un leggero bacio sulle dita della giovane, “Sarò terribilmente deluso.”

 

“Che cosa vuoi sapere?” chiese lei, pensando che, dato lo stato in cui era ridotta, probabilmente avrebbe potuto raccontargli qualsiasi cosa.

 

Lui ci rifletté su un momento, accarezzandole il pollice con il suo, presumibilmente per tenerla sull’orlo dello svenimento. “Raccontami del primo ragazzo che hai baciato,” disse.

 

“Urgh,” replicò lei, rabbrividendo al pensiero. Remus spalancò gli occhi, sorpreso.

 

“Sembra non prospettare nulla di buono.”

 

“Non lo è stato,” confermò. Appoggiò il gomito sul divano, rispecchiando la posizione di lui, giocherellando distrattamente con una ciocca di capelli e desiderando che fosse lui a farlo.

 

“Si chiamava Carl ed era bruttissimo,” iniziò lei, “Suo padre e mio padre erano amici, così durante l’estate lo vedevo spesso. Un giorno mi ha bloccato e mi ha ficcato la lingua in gola, muovendola tutto intorno. È stato disgustoso. Sono riuscita a svincolarmi, e poi io...” si bloccò all’improvviso e deglutì, chiedendosi se era veramente il genere di cose che era saggio raccontargli. Remus inarcò un sopracciglio e le rivolse uno sguardo incoraggiante. Tonks chiuse gli occhi, non credendo di riuscire a dirlo con lui che la guardava. “Gliel’ho trasformato in un cetriolo.”

 

Riaprì gli occhi per vagliare la reazione di Remus. Appariva divertito e allo stesso tempo cauto. “Il suo naso?” domandò, mettendo un po’ troppa enfasi sulla parola ‘naso’ e dandole l’impressione che lo stesse chiedendo più in speranza che in attesa. Lei si morse un labbro e si mosse imbarazzata sul tappeto.

 

“Ehm, no,” rispose. “Il suo – ehm- il suo...”

 

“Oh,” mormorò lentamente Remus, risparmiandole la fatica di trovare la parola giusta. Gli occhi del mago si spalancarono momentaneamente e la guardò con uno sguardo fra il divertito e l’impressionato prima di rivolgerle un sorriso malizioso. “Mi conviene stare attento a quello che faccio, allora.”

 

Alla fine anche il volto della ragazza si aprì in un ampio sorriso. “Ho passato un sacco di guai per quell’incantesimo,” raccontò, “Tra il Ministero e tutto il resto. Mia mamma era talmente arrabbiata che non mi ha rivolto la parola per tre settimane e tutta questa faccenda mi ha bloccato talmente tanto che non ho più provato a baciare qualcuno per tre anni.”

 

“Beh,” osservò Remus con un sorriso malizioso, “Se vuoi sapere la verità, sono felice che tu non abbia rinunciato definitivamente. Posso chiederti chi ti ha convinto a riprovarci?”

 

Tonks diventò tutta rossa. “Charlie Weasley,” mormorò, sperando che lui non l’avesse sentita.

 

“Charlie Weasley?” ripeté lui, evidentemente sorpreso. “Non sapevo che voi due foste stati...”

 

“Non siamo mai stati veramente insieme,” rettificò la ragazza, “Una sera stavano giocando al gioco della bottiglia e mi ha sfidato a partecipare, così ho finito per baciarlo. È stato carino e dopo quella sera è capitato di trovarci nascosti dietro qualche statua per pomiciare un po’. Penso che volesse uscire con me.”

 

“E tu no?”

 

“Non ero molto interessata a qualsiasi altra cosa che sapesse fare con la bocca,” spiegò, “Tipo parlare.” Remus si lasciò scappare una risatina. “Oh, andiamo,” sbuffò la ragazza, alzando gli occhi al cielo, “Hai mai parlato con Charlie Weasley per più di cinque minuti consecutivi?”

 

“A dire la verità, no.”

 

“Beh, qualcuno dovrebbe dirgli che le ragazze interessate alle minute differenze anatomiche fra un Ungano Spinato ed un Dorsorugoso di Norvegia sono davvero poche. E quasi nessuna vorrebbe essere interrotta a metà di un bacio per vedere un diagramma.”

 

Remus sgranò gli occhi divertito. “Quanti altri cuori hai spezzato?”

 

“Cosa ti fa pensare che io abbia mai spezzato il cuore a qualcuno?”

 

“Ce li ho, gli occhi.”

 

Tonks nascose un risolino dietro il palmo della mano, per metà divertita e per metà molto, molto lusingata. Quando si riprese dalle piacevoli sensazioni che le parole del mago avevano innescato, la ragazza fece spallucce, consapevole di aver probabilmente incrinato qualche cuore, di averne intaccato qualche altro e forse di averne anche spezzato qualcuno. “Non lo faccio apposta,” disse timidamente, mascherano uno sbadiglio e realizzando di quanto il fuoco conciliasse il sonno. “Solo, tendo a stufarmi facilmente.”

 

“Ahi, questo non presagisce nulla di buono per me,” affermò Remus. “La maggior parte delle volte fatico a mantenere viva la mia, di attenzione, figuriamoci quella di qualcun altro.”

 

La giovane gli diede un colpetto scherzoso. Lui si ritrasse con una smorfia di quello che lei sperò essere finto dolore e poi tornò ad appoggiare la testa sulla mano, fissandola con un mezzo sorriso. “Penso che tu stia cercando di fregarmi,” fece Remus, “Vuoi conoscere tutti i miei segreti, senza rivelarne nessuno dei tuoi.”

 

Accidenti, pensò la ragazza. Beccata.

 

“D’accordo,” si arrese, “Non ho poi tutti questi segreti, ma una volta i miei mi hanno beccato.”

 

“Beccato a fare cosa?” chiese lui, inarcando un sopracciglio.

 

“Mi vedevo con questo tipo, durante l’addestramento per diventare Auror,” spiegò la giovane, “Per un po’ di tempo fu una cosa seria e mia mamma insisteva per conoscerlo; pensava che me lo fossi mezzo inventata per farla tacere. Così lo portai a casa un fine settimana, ma quando siamo arrivati i miei non c’erano e, beh, noi era un po’ che non avevamo occasione di vederci...”

 

“E?”

 

“Beh, se tu fossi mia madre o mio padre, qual è la cosa che non vorresti sorprendermi a fare?”

 

“Mi vengono in mente un paio di cose,” mormorò lui.

 

“Prendi la peggiore.”

 

“Oh,” commentò lui, ridacchiando sommessamente. Non lo aveva mai sentito ridacchiare prima e la cosa la esaltava un po’. “Che cosa fecero?”

 

“Niente. Mia madre farfugliò un ‘scusate l’interruzione’, chiuse la porta e non ne parlò mai più. Abbiamo trascorso il resto del weekend in un clima affettatamente allegro, quasi che se uno di noi avesse smesso di sorridere o ci fosse stato un attimo di silenzio, il mondo avrebbe smesso di girare.”

 

“Che ne fu di lui?”

 

“Niente di interessante,” disse, “Lavoravamo entrambi parecchio e in un certo senso ci siamo semplicemente persi di vista.”

 

Remus fece una smorfia ed alzò gli occhi al cielo. “Ecco, perché non l’ho detta io una cosa del genere?” si lamentò. “Ora che ci penso, ritiro tutto quello che ho detto prima. Non mi hanno mai lanciato contro vasi e non ho mai abbandonato ragazze in lacrime alla Gringott, né fratelli vendicativi mi hanno mai preso a pugni. Ci siamo semplicemente persi di vista.”

 

“Troppo tardi,” fece lei, “Conosco tutti i tuoi sporchi piccoli segreti.”

 

“Affatto,” disse Remus e quando lei lo fissò sorpresa, lui inarcò un sopracciglio nella sua direzione. “Non ti sarai seriamente aspettata che io rivelassi tutto in una sola volta?”

 

“Quindi c’è dell’altro?”

 

“Questo,” mormorò abbassando la testa e guardandola in un modo che mandò il suo stomaco sottosopra, “E’ tutto dire.”

 

“La cosa si fa interessante.”

 

“Non riuscirai a farmi raccontare altro.”

 

“Davvero?” chiese lei. “Come puoi esserne così sicuro? So essere molto persuasiva.

 

“Ti distrarrò.”

 

Sembra divertente, pensò Tonks. “E come conti di farlo?”

 

“Pensavo,” sussurrò Remus, avvicinandosi e sfiorandole il mento con le dita. “Di provare con questo...”

 

Posò le labbra su quelle della ragazza, baciandola lentamente e riducendola in uno stato di meraviglioso delirio. “Mmh,” mormorò lei quando lui si allontanò. “E se non funziona?”

 

“Allora sono fritto.”

 

Giocherellò con una ciocca di capelli per un momento, prima di lasciarla cadere sulla spalla della giovane per riprenderla di nuovo fra le dita. “Allora,” esordì Tonks, rivolgendogli il suo migliore e probabilmente completamente non necessario sguardo malizioso. “Hai intenzione di portarmi fuori di nuovo, o mi salterai semplicemente addosso tutte le volte che non ti vede nessuno?”

 

Gli occhi del mago scintillavano leggermente. “Sono un grande fan degli assalti a sorpresa,” ammise, “Ma sarei lieto di portarti fuori di nuovo. Dove ti piacerebbe andare? Ho sentito Bill e i gemelli discutere questa mattina e a quanto pare c’è un posto qui vicino dove suonano il genere di musica che ti piace.”

 

“Il genere di musica che mi piace?”

 

“Non farmela definire fracasso, Tonks,” la implorò, inarcando scherzosamente un sopracciglio. “Mi fa sentire vecchio.”

 

La ragazza rise, rivedendo mentalmente la sua agenda. Aveva le due sere successive libere, ma non voleva che lui si stancasse di averla intorno. Dopotutto, avevano trascorso insieme già gran parte del weekend. “Sei libero mercoledì?”

 

“Sfortunatamente no,” disse lui, “Ho già un precedente impegno con un’altra signora.”

 

Tonks spalancò gli occhi, incredula del fatto che davvero le avesse detto una cosa del genere, pensando che questo era uno di quei segreti che avrebbe davvero preferito non scoprire. Remus rise sommessamente. “C’è la luna piena,” spiegò con dolcezza.

 

“Oh,” mormorò lei, sorridendo per il sollievo e l’imbarazzo, pensando che forse avrebbe dovuto iniziare a controllare il calendario lunare. Remus cercò lo sguardo della ragazza, con un’espressione divertita in volto.

 

“Sono lusingato per la faccia che hai fatto, comunque,” commentò lui, senza smettere di sorridere.

 

“Beh,” esordì Tonks, senza sapere esattamente dove andare a parare e fissando intensamente il tappeto. “Sono felice che tu non veda nessun’altra. Mi risparmia dal dover trasformare le tue dita in pomodori.”

 

“Solo le mie dita?” chiese. “Sono deluso.”

 

Lei lo fissò con gli occhi ridotti a due fessure e le labbra tirate in un sorriso sarcastico. Ma non riusciva a restare arrabbiata con lui, nemmeno per finta e sospettò che lui lo sapesse. “Che ne dici di venerdì?” propose infine.

 

“Appuntamento con Moody presso qualche sperduta fattoria. Non mi aspetto che ci provi con me, quindi non serve che tu mi faccia vedere come si trasformano le parti di corpo in verdure.”

 

“Sabato?”

 

“Uguale,” si scusò Remus, evidentemente dispiaciuto, “Il guaio di avere una reputazione come vecchio scapolo noioso con una penosa vita sociale, è che tendi a beccarti tutti i turni più impopolari.”

 

“Nessuno pensa che tu sia un vecchio scapolo noioso con una penosa vita sociale!” protestò lei. Il mago inarcò un sopracciglio, scettico. “D’accordo,” concesse la ragazza. “Io non penso che tu lo sia. Sono libera domani,” offrì.

 

“Vuoi che proviamo quel bar?”

 

“Potremmo,” esitò, ma inaspettatamente, un’idea le passò per la mente. Non aveva molta voglia di uscire con Remus, di nuovo.

 

Preferiva restarsene al chiuso ed averlo tutto per sé. “Oppure potresti venire semplicemente da me per cena o qualcosa del genere,” propose. Il suo stomaco riprese gli esercizi ginnici, che lei credeva cessati, all’idea di restare da sola con lui per tutta la sera, nel suo appartamento.

 

Remus sorrise. “Penso che abbiamo un vincitore,” disse e Tonks mascherò un altro sbadiglio, coprendosi la bocca con la mano. “E’ tardi e o tu sei molto stanca, oppure io terribilmente noioso.”

 

“La prima,” fece lei. “Scusa.”

 

“Avresti bisogno di scusarti se fosse la seconda,” la rassicurò. “Giusto per continuare a fare un passo alla volta, che ne dici se invece di augurarti la buona notte qui, ti accompagno fino alla tua stanza?”

 

Tonks annuì, deliziata alla sola idea. Non le dispiaceva affatto questa cosa di definire le regole man mano che si procedeva. Remus rafforzò la presa sulle dita della ragazza e si alzò, tirandola in piedi insieme a lui. “E, giusto perché tu lo sappia,” sussurrò, chinandosi con fare cospiratorio, gli occhi che scintillavano. “Programmo di saltarti addosso giusto fuori dalla tua porta. Se hai obiezioni, è bene che tu le esprima ora.”

 

Lei sorrise estasiata. Obiezioni? Pensò.

 

Come se ne avessi.

  
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