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Autore: Lely1441    27/11/2007    5 recensioni
Ecco come mi immagino io il periodo di apprendistato di Roy Mustang a casa Hawkeye... Come si saranno conosciuti per la prima volta?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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The meeting 1

The meeting


Ok, messaggio rivolto a tutte le fan del Royai: Non lapidatemi, vi supplico! ç__ç

L’idea mi è venuta in mente così: cosa posso fare per evitare di studiare? (XD Cosa che mi chiedo ogni giorno) Uhm… Scrivere, ovvio! Ma cosa? Non ho niente di ben concreto per l’aggiornamento degli Apprendisti (mi farò venire in mente qualcosa per il fine settimana, spero ^^”), e in più la musa ispiratrice delle mie adorate songfiction… Be’, o è andata in vacanza insieme a Samara, la mia adorata bimba di The Ring, oppure si è suicidata, per il suo fallimento in quanto a musa, visto quello che scrivo… Ovviamente, la prima implica la seconda! ^^ Poi, fisso la pila di volumetti di FMA (tirati fuori appositamente per l’aggiornamento e le songff, peccato che mi sia messa a rileggere tutto, tralasciando il resto) e vedo la copertina del 9 ammiccarmi (ok, no, non faccio uso di sostanze stupefacenti, anche se lo pensate! XD)… Roy e tutta la banda al seguito… Roy… Riza… Roy + Riza… Royai! Ecco qui l’idea! Scrivere qualcosa che abbia a che fare con loro due, ma non “contemporanei”, li voglio pucciosi, li voglio piccoli e pucciosi! (Me ripensa a Riza) Ok, non li voglio pucciosi ç__ç mi bastano piccoli! Piccoli ma insieme! E inizia così la mia versione dei fatti (tengo a sottolineare il mia, perché di come siano andati effettivamente i fatti, non ne ho la più pallida idea ^^”) del periodo di apprendistato di Roy a casa Hawkeye!! (Sì, lo so, lo so. Effettivamente sono un po’ fissata con apprendistati e allievi vari, in questo periodo…) Ed ecco quello che ne è venuto fuori: sappiatemi dire. Critiche, apprezzamenti, minacce di morte, strillettere, bombe puzzone, video di voi stessi che prendete a freccette un foglio con su scritto “Lely1441”… Accetterò di tutto! XD Be’, magari le bombe puzzone no XD comunque il significato è quello ^^ Basta che mi sappiate dire se sono riuscita nel mio intento di scrivere qualcosa che almeno assomigliasse alla veridicità dei fatti, e se come inizio vi piace. Riza inizialmente sembra OOC, ma è per i miei loschi fini se l'ho resa così, per spiegare com'è adesso. Per casa Hawkeye… Ho inventato! XD Mi sono ispirata principalmente a casa mia e a tutti i ricordi che ho di quando ero bambina su una casa che adoravo… Un mix, insomma! XD

Scusate se vi ho trattenuto con i miei lunghi, noiosi e inutili, assolutamente inutili, monologhi interiori! XD Kissoni!!

 

“Eccoci qui”.

Un ragazzo moro se ne stava impalato davanti alla porta di casa Hawkeye. Una casa enorme, anche se non abbastanza curata. Mah… Un imprenditore edilizio l’avrebbe probabilmente descritta in una sola parola: “rustica”. Grandi tralci di edera si arrampicavano sulla facciata principale, coprendo la ragnatela di minuscole crepe che si aprivano nel muro. Una classica villetta di campagna, con il suo bel giardino davanti, e imponenti pioppi al confine dell’appezzamento di terra erbosa a segnarne il confine, che gettavano ombra tutt’intorno. Poco distante da lui, un gelso vecchissimo, a giudicare dalla sua circonferenza. Da uno dei rami principali partivano due corde, alle cui estremità inferiori era agganciato un piccolo asse di legno. Un’altalena, che si muoveva lentamente, sospinta dalla leggera brezza che si poteva avere in pieno autunno, quasi come se la spingesse un fantasma.

Il ragazzo rabbrividì, e si diede dello stupido. Certo, lo avevano avvertito che quella famiglia aveva subito un lutto non molti anni prima, ma da qui ad un fantasma ne correva di fantasia…

“Non credevo di essere così impressionabile…”

Guardando quel campanello sopra di lui, sospirò pensando che la sua vita da adolescente poteva anche considerarsi bella che finita. Il classico addio mentale ai giorni felici e spensierati, e tirò la cordicella del campanello. Forse usando troppa forza. Fatto sta, che la corda del suddetto gli rimase in mano, e la piccola campana cadde miserevolmente a terra.

“Che diamine…?”

Non fece in tempo a formulare la frase, che un fulmine biondo gli saettò accanto, prendendogli la funicella dalla mano ancora tesa, sparendo così com'era apparso.

“Che diamine…?”

Si chiese per la seconda volta. Era sbigottito, e molto buffo, con il braccio ancora rigido nella posizione di prima. E con un’espressione attonita dipinta sul volto che avrebbe fatto ridere chiunque.

Mentre ripeteva mentalmente la sua domanda silenziosa per la terza volta, la porta davanti a lui si aprì.

- Ma tu… Tu sei la saetta di prima!

Dinanzi a lui c’era una bimba che dimostrava una dozzina di anni a malapena; magra e scarmigliata com’era, assomigliava più a un trovatello che a una signorina di buona famiglia. Era arrossata dalla corsa che aveva dovuto fare (saltar giù da un albero, rubare la corda, fare il giro della grande casa, entrare dalla porta di servizio, ritornare alla porta principale ed aprire allo sconosciuto) e aveva un fiatone tale da costringerla a rimanere piegata in due, con le mani appoggiate alle ginocchia. Stringeva ancora in mano la cordicella del campanello.

Il moro stava per rivolgerle la parola di nuovo, quando un urlo risuonò per tutta l’abitazione, giungendo fino ai due.

- Riza!!

La bambina si raddrizzò immediatamente al suono di quella voce maschile e profonda. Portandosi l’indice al dito, fece capire allo sconosciuto di mantenere il segreto.

- Riza! Dove ti eri cacciata?

Dietro alle spalle della ragazzina apparve un uomo alto e ben poco avvenente. Osservò seriamente sia il ragazzo che la figlia, prima di notare la cordicella che penzolava dalla sua mano.

- Riza! Quante volte ti ho detto che non devi appenderti alle cose? Non sei una scimmia, né tanto meno un animale! E per di più, sul campanello di casa!

La bambina, ancora senza fiato, sussurrò delle frasi scomposte. Accorgendosi che i presenti non riuscivano a capirla, sospirò con tono afflitto, e indicò prima l’oggetto preso in esame, e poi l’estraneo. Il padre a questo punto guardò con fare accusatorio l’innocente ragazzo. Il quale stava per ribattere, quando incontrò gli occhi nocciola della ragazzina, spalancati e con una forza espressiva unica nel suo genere. “Ti prego, non dirgli niente! Mi metterà in punizione!” sembrò suggerirgli. Con un’unica occhiata.

Il giovane aprì e richiuse la bocca, per poi riaprirla.

- E’ vero, ho tirato troppo e mi è rimasto in mano il campanello.

Il resto del marchingegno era caduto lì accanto, nell’erba. Guardando quella bambina sorridere grata, il ragazzo si rinfrancò; per lo meno, aveva appena compiuto una buona azione.

- Mi chiamo Roy Mustang, vengo da parte di Joyce Thales.

Accompagnò le sue parole con una lettera di raccomandazione. L’uomo gliela prese di mano e l’aprì, scorrendola velocemente con lo sguardo. La ripiegò e la mise nella tasca della camicia.

- Molto bene, ragazzo mio. Entra pure.

Roy fece come gli era stato ordinato, e l’uomo lo accompagnò al piano superiore, in una stanza stipata di libri e appunti, che evidentemente doveva essere il suo studio personale.

- Riza, preparaci un the, se non ti dispiace. E per favore, cambiati i vestiti, sembri appena uscita da un ovile.

La bambina annuì contrita, era chiaro il rimprovero tra le righe. Quello era il terzo vestito che rovinava, in quel mese. Appena si dileguò dalla loro vista, l’uomo si sedette dietro una massiccia scrivania e fece cenno a Roy di fare altrettanto.

- Bene, per essere raccomandato dal vecchio Joyce in persona, devi essere proprio bravo. Io sono il signor Hawkeye, ma d’ora in poi mi chiamerai maestro. Quella piccola pesta che hai avuto modo di incontrare – breve sospiro – è mia figlia Riza. Mi dispiace, sicuramente ti sarai fatto un’idea sbagliata su di lei, non è cattiva come sembra. E’ solamente molto vivace. Ma credo che sia normale per un maschiaccio come lei, cresciuta senza avere una figura materna di riferimento. Sempre che si possa escludere Mrs. Bennet. Ah, beninteso, lo so che è stata la piccola canaglia a rompere il campanello.

Roy si concesse un sorriso. Allora, quell’uomo non era poi tanto severo e minaccioso come sembrava.

- Soggiornerai qui con noi finché riterrò opportuno, oppure fin quando lo vorrai tu. Sei libero di andartene in qualsiasi momento, ma se lo farai senza il mio consenso, non mi farò scrupolo di avvertire chi di dovere che non hai la stoffa dell’alchimista. Il che ti chiuderà tutte le porte di un tuo futuro lavoro in questo campo.

Ok. Ritirava tutto riguardo a “severo” e “minaccioso”. Lo era eccome.

- Farò del mio meglio, signore. Cioè, maestro.

- Ma ecco qui la nostra Riza!

Roy sobbalzò per il cambio d’argomento improvviso. La bambina era riapparsa alla porta, reggendo in mano un vassoio con l’occorrente per il the.

- Grazie, cara. Sai, stavamo giusto parlando della punizione da dare al signorino qui presente, per aver rotto quel campanello. Penso proprio che passerà tutta la notte in cantina, in quella cantina, al freddo. Al buio. E con i topi.

La schiena di Riza venne percorsa da un brivido. Topi. Guardò con preoccupazione Roy, non essendosi accorta del gioco di sguardi tra i due.

- Eh, povero Roy. Un’intera notte in cantina. Tu moriresti dalla paura, non è così, Riza?

La bambina annuì con contrizione. Roy trattenne a stento un sorriso nel vederla così combattuta tra il desiderio di scagionarlo, e quello di non essere punita. Sparì velocemente come era apparsa, e a quel punto il signor Hawkeye fu libero di parlare.

- Le do quattro minuti.

Disse, fissando l’orologio da tavolo davanti a lui.

Due minuti e cinquantatre secondi dopo Riza tornò correndo. Ignorando deliberatamente Roy, si diresse verso il padre, si portò le mani a coppa attorno alla bocca e gli sussurrò qualcosa all’orecchio, prima di scappare nuovamente via. 

- Dice che anche se sei stato tu, ti perdona per il fatto che sei un estraneo e che non potevi sapere che il campanello era delicato. Quindi, prega anche me di concederti la mia indulgenza, e di non punirti.

I due si guardarono un secondo negli occhi, prima di scoppiare in una fragorosa risata.

- Be’, ci ha messo meno del previsto, a cercare di salvarti. Di solito, arriva giusto giusto allo scadere del tempo. Le devi essere simpatico.

“Di solito…?”

- Quindi deve farlo spesso.

- Uh? Cosa, colpevolizzare gli altri per quello che ha fatto lei? Diciamo… Che succede, di tanto in tanto…

Il maestro si concesse un breve sorriso vedendo l’espressione allarmata di Roy, prima di alzarsi e dirgli:

- Ti mostro la casa, e ti accompagno nella camera degli ospiti. Ti offrirò vitto e alloggio gratuito, in cambio di piccoli lavori manuali, come riparare la grondaia o altro. Ti va bene?

- Benissimo, maestro.

Fecero come aveva detto, e giunti davanti alla sua nuova camera, l’uomo aggiunse:

- Spero che ti troverai bene, qui con noi.

Roy entrò, appoggiò il soprabito e la valigia che aveva con sé sulla scrivania, e si diresse alla finestra. Ormai la giornata era giunta al tramonto, e gli ultimi raggi del sole tingevano di rosso i tetti delle case del paese vicino. Il campanile batté le sei pomeridiane.

“Sì, spero anch’io di trovarmi bene, qui.”

 


   
 
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