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Autore: scrittrice in canna    09/05/2013    2 recensioni
Questa storia fa parte della serie: I’m your life and you is my.
Leggere il grande passo. Minimo ultimo capitolo.
Jibbs,Tiva,Mcabby.
Jennifer e Gibbs si riavvicinano in modo particolare al matrimonio di Tony e Ziva.
Purtroppo Jenny sta molto male e urge una donazione di midollo per farla continuare a vivere. Gibbs è compatibile ma l'operazione non va secondo i piani...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jennifer Shepard, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Prime cose'
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capitolo 2

Il bicchiere che aveva in mano cadde sul pavimento liberando ogni goccia di scotch presente al suo interno e permettendo che si spargesse per il parquet immacolato, Jennifer alzò gli occhi al cielo e lasciò cadere una lacrima pensando al significato di quella lettera, insopportabile quanto inaspettata. Il giorno dopo sarebbe andata al Washington’ s General hospital per parlare con il Dottor Harrison e comunicargli che forse aveva preso un abbaglio… o forse no.

 

 

 

“Abbiamo bisogno di cambiare la moquette.” esordì Ziva dando un occhiata al nuovo appartamento

“Sì, tesoro.” rispose ubbidiente lui

“Abbiamo bisogno di cambiare la carta da parati.” continuò lei

“Sì, tesoro.” disse di nuovo Tony

“Abbiamo bisogno di un frigo nuovo, questo non funziona.”

“Sì, tesoro.” la ragazza si interruppe un attimo, andò sul divano, si accoccolò nelle braccia del neo sposo e, socchiudendo gli occhi, affermò: “Abbiamo bisogno di un figlio.” Lui strabuzzò gli occhi, la guardò e aggiunse: “Un cane non… ti piacerebbe?” lei aprì gli occhi, lo squadrò e tornò alla sua posizione: “Anche quello va bene.”

 

 

 

Il giorno dopo Jennifer era arrivata traballante in ospedale, con i piedi che non volevano stare dritti e le gambe che tremavano, non appena entrò avvertì un fortissimo odore di medicine, sciroppi e cibi pre-congelati delle mense. Alla reception una donna sulla quarantina, di colore, stava tranquillamente controllando i dati sul suo computer, leggermente in carne e con i capelli legati in una coda di cavallo ordinatissima, quasi maniacale, unghie laccate di un rosa pallido e occhi tinti di bianco ad esaltare il colore delle iridi scure, il completo da infermiera e la targhetta con il suo nome. Non appena Jenny arrivò al bancone la donna la guardò e affermò: “Assenza di personale, sa, stranamente di Domenica non molti hanno la voglia di venire a lavorare, ma pagano questa giornata come straordinario quindi… in cosa le posso essere utile?” la rossa rimase stordita dall’eccesso delle informazioni incluse in quella banale domanda, cercando di non farci caso rispose: “Cerco il dottor Harrison, sono la signora Shepard.” La donna dall’altro lato del tavolo si girò, controllò velocemente sul Dextop del PC e fece un cenno con la testa quasi di affermazione, premette un pulsante che fece aprire la porta di entrata ai vari reparti dell’ospedale, si rigirò sulla sedia manovrabile e disse: “Il dottore la sta aspettando. Prego si accomodi.” Sfoderò un sorriso, usò la sua voce più dolce e calma e indicò la porta a Jenny, lei proseguì e cominciò a leggere i nomi dei vari reparti: terapia intensiva, traumatologia, malattie infettive, cardiologia. Finché non arrivò a quello che le interessava, spinse la porta, che non si aprì, ritentò un altro paio di volte poi notò il cartello con su scritto:  Tirare. Tirò ed entrò. Finalmente, il primario era fermo, alla scrivania che leggeva chissà quale esito di chissà quale esame. La donna si avvicinò e fece notare la sua presenza schiarendosi la voce

“Salve, non l’aspettavo così presto.” si giustificò lui

“Stia tranquillo, sono venuta per chiederle se forse non aveva preso un abbaglio con i risultati del test, sa… capita. Un omonimo, una piccola distrazione.” disse lei cercando di giustificare più se stessa che l’uomo che aveva di fronte. Quest’ultimo si tolse gli occhiali da vista, li strofinò sul camice, li rimise e disse: “No, mi dispiace, nessun abbaglio. I suoi test sono positivi. Se non si sbriga a ricoverarsi può rischiare grosso, signora Shepard, so che le sembra strano ma se proviamo ora ad avviare tutte le precauzioni del caso potrebbe curarsi, ci sono tante cure. Può farcela.” Sentito questo la donna si alzò, ringraziò il dottore e affermò: “La ringrazio ma, almeno che non sia strettamente necessario, non intendo ricoverarmi prima di aver avvisato della mia assenza e trovato un sostituto, salutò con una stretta di mano e andò via. Si fermò un attimo e poi osservò attentamente la scritta luminosa che indicava il reparto da cui era appena uscita, sospirò pensierosa ma venne risvegliata dal cellulare che, insistentemente, suonava, lo prese e lesse il nome di Gibbs sullo schermo o meglio il nome di Jethro, rispose: “Sì, sono io. Dimmi.”

“Jenny, la tua assistente continua a perseguitarmi, ti prego, torna!” disse lui disperato, Jennifer abbozzò un sorriso,-come poteva la vorare anche di domenica quell’uomo imprevedibile?- pensò, chiuse la chiamata e cominciò a dirigersi verso l’uscita da quel posto. Annusò a pieni polmoni l’aria fresca e si rilassò un attimo. Arrivata in ufficio sperò di stare tranquilla almeno per pochi secondi ma Cintia aveva sempre un messaggio nuovo per lei e non ebbe pace.

Nel mentre Gibbs preparava, studiava e organizzava nuove tattiche per colpire il terrorista di turno senza che se ne accorgesse. Stava tranquillamente guardando le carte che la segretaria di Jenny aveva cordialmente scaraventato sulla sua scrivania quando ne vide una strana la prese e ne lesse il contenuto:

Egregio dott. Harrison

Recentemente ho riscontrato dei problemi, avrei un urgente bisogno di una sua visita.

La pregerei di non fare parola con nessuno di questo nostro incontro.

Cordialmente,

Jennifer Shepard

 

Era la brutta copia di un messaggio del direttore finito, per errore, tra le carte che contenevano le informazioni sull’uomo che stava cercando Gibbs. A quel punto si alzò, prese la lettera e salì in fretta e furia le scale per arrivare nell’ufficio più importante di tutti, l’ufficio del capo.

“Cos’è questa?” chiese leggermente adirato mentre porgeva ciò che aveva in mano alla rossa, ma non ne aveva bisogno, le bastò un occhiata dato che era scritta di suo pugno. Alzò gli occhi infuriata:” Come hai fatto ad ottenerla?” rispose alla domanda con un'altra domanda

“Era tra le mie carte, ora rispondi.” Sviò lui poggiando i palmi sulla scrivania come usava fare con i suoi ragazzi

“Sono malata, okay?” rispose infuriata, l’altro si mise in posizione eretta e cominciò quello che doveva essere un interrogatorio: ”Da quanto?”

“Qualche mese.”

“È grave?”

“Credo.” botta e risposta come una partita di pugilato: uno colpiva l’altro alzava a difesa. Sì, era questo, uno sconto, un match e Jennifer era quasi K.O., avrebbe dovuto attaccare prima o poi se non voleva perdere il round, doveva però trovare il punto debole del suo avversario, sapeva che bastava una mossa per farlo crollare ma proprio mentre stava per sferrare il primo attacco ecco che lui sferra il suo asso nella manica, il gancio destro, il colpo sotto la cintura: “Dovevi dirmelo prima, sai che puoi dirmi tutto” esordisce avvicinandosi a lei che intanto si era alzata in piedi. No, questo no, sapeva quanto fosse difficile per lei resistere ai suoi occhi azzurri e alla sua bocca così vicina. Bastò un secondo rapido per…

 

 

 

“Giselle, non correre così! Finirai a sbattere contro… qualcosa!” gridava Abby correndo dietro alla bambina

“È inutile cara,  sai che non ascolta!” ribadiva McGee per l’ennesima volta in pochi minuti

“Beh, questo l’ha preso tutto da te.” Replicò la ragazza prendendo la bimba che scalciava per farsi liberare

“Come dici tu.” Disse lui per dileguarsi da una possibile lite

“Mamma, guarda.” Disse la piccola che era riuscita a divincolarsi dall’abbraccio materno porgendo alla ragazza uno scarabocchio, poi con il ditino iniziò a spiegare: “Questo è papà, questa sei tu, questo è zio Tony e questa e zia Ziva.” E mano mano indicava quelle che sarebbero dovute essere delle figure. Abby si accigliò e rispose: “E nonno Gibbs?” la bimba perse lo sguardo nel foglio e indicò un omino con un bicchiere in mano: “Qua.” Tim notò qualcosa vicino alla raffigurazione del suo capo e chiese: “E questo cos’è?” la figlia fece un gesto con la mano e il ragazzo si avvicinò e le porse l’orecchio, la piccola mise una mano d’avanti a quest’ultimo e rispose sussurrando: “Credo che nonno Gibbs e la signorina Shepard si vogliano bene come te e mamma.”

I pensieri di una scrittrice in canna

No, non ve lo dico se si baciano. Si chiama suspance! :P

Che ne dite? Le scenette di vita familiare le metto un po’ random (tranne l’ultima, quella l’ho studiata a tavolino! XD)

Può anche essere che in alcuni capitoli non le metto proprio e faccio un intero episodio tutto per i Jibbs, come mi dice la testa in pratica! Ci tenevo a sottolineare che no, non scoprirete subito che malattia ha Jenny e se è una cosa seria, sarà parte del mistero! Ora vi saluto.

Vostra

Scrittrice in canna

   
 
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