Il
bicchiere che aveva in mano
cadde sul pavimento liberando ogni goccia di scotch presente al suo
interno e
permettendo che si spargesse per il parquet immacolato, Jennifer
alzò gli occhi
al cielo e lasciò cadere una lacrima pensando al significato
di quella lettera,
insopportabile quanto inaspettata. Il giorno dopo sarebbe andata al
Washington’
s General hospital per parlare con il Dottor Harrison e comunicargli
che forse
aveva preso un abbaglio… o forse no.
“Abbiamo
bisogno di cambiare la
moquette.” esordì Ziva dando un occhiata al nuovo
appartamento
“Sì,
tesoro.” rispose ubbidiente
lui
“Abbiamo
bisogno di cambiare la
carta da parati.” continuò lei
“Sì,
tesoro.” disse di nuovo Tony
“Abbiamo
bisogno di un frigo
nuovo, questo non funziona.”
“Sì,
tesoro.” la ragazza si
interruppe un attimo, andò sul divano, si
accoccolò nelle braccia del neo sposo
e, socchiudendo gli occhi, affermò: “Abbiamo
bisogno di un figlio.” Lui
strabuzzò gli occhi, la guardò e aggiunse:
“Un cane non… ti piacerebbe?” lei
aprì gli occhi, lo squadrò e tornò
alla sua posizione: “Anche quello va bene.”
Il
giorno dopo Jennifer era
arrivata traballante in ospedale, con i piedi che non volevano stare
dritti e
le gambe che tremavano, non appena entrò avvertì
un fortissimo odore di
medicine, sciroppi e cibi pre-congelati delle mense. Alla reception una
donna
sulla quarantina, di colore, stava tranquillamente controllando i dati
sul suo
computer, leggermente in carne e con i capelli legati in una coda di
cavallo
ordinatissima, quasi maniacale, unghie laccate di un rosa pallido e
occhi tinti
di bianco ad esaltare il colore delle iridi scure, il completo da
infermiera e
la targhetta con il suo nome. Non appena Jenny arrivò al
bancone la donna la
guardò e affermò: “Assenza di
personale, sa, stranamente di Domenica non molti
hanno la voglia di venire a lavorare, ma pagano questa giornata come
straordinario quindi… in cosa le posso essere
utile?” la rossa rimase stordita
dall’eccesso delle informazioni incluse in quella banale
domanda, cercando di
non farci caso rispose: “Cerco il dottor Harrison, sono la
signora Shepard.” La
donna dall’altro lato del tavolo si girò,
controllò velocemente sul Dextop del
PC e fece un cenno con la testa quasi di affermazione, premette un
pulsante che
fece aprire la porta di entrata ai vari reparti
dell’ospedale, si rigirò sulla
sedia manovrabile e disse: “Il dottore la sta aspettando.
Prego si accomodi.”
Sfoderò un sorriso, usò la sua voce
più dolce e calma e indicò la porta a
Jenny, lei proseguì e cominciò a leggere i nomi
dei vari reparti: terapia
intensiva, traumatologia, malattie infettive, cardiologia.
Finché non arrivò a
quello che le interessava, spinse la porta, che non si aprì,
ritentò un altro
paio di volte poi notò il cartello con su scritto: Tirare. Tirò ed
entrò. Finalmente, il
primario era fermo, alla scrivania che leggeva chissà quale
esito di chissà
quale esame. La donna si avvicinò e fece notare la sua
presenza schiarendosi la
voce
“Salve,
non l’aspettavo così
presto.” si giustificò lui
“Stia
tranquillo, sono venuta per
chiederle se forse non aveva preso un abbaglio con i risultati del
test, sa…
capita. Un omonimo, una piccola distrazione.” disse lei
cercando di
giustificare più se stessa che l’uomo che aveva di
fronte. Quest’ultimo si
tolse gli occhiali da vista, li strofinò sul camice, li
rimise e disse: “No, mi
dispiace, nessun abbaglio. I suoi test sono positivi. Se non si sbriga
a ricoverarsi
può rischiare grosso, signora Shepard, so che le sembra
strano ma se proviamo
ora ad avviare tutte le precauzioni del caso potrebbe curarsi, ci sono
tante
cure. Può farcela.” Sentito questo la donna si
alzò, ringraziò il dottore e
affermò: “La ringrazio ma, almeno che non sia
strettamente necessario, non
intendo ricoverarmi prima di aver avvisato della mia assenza e trovato
un
sostituto, salutò con una stretta di mano e andò
via. Si fermò un attimo e poi
osservò attentamente la scritta luminosa che indicava il
reparto da cui era
appena uscita, sospirò pensierosa ma venne risvegliata dal
cellulare che,
insistentemente, suonava, lo prese e lesse il nome di Gibbs sullo
schermo o
meglio il nome di Jethro, rispose: “Sì, sono io.
Dimmi.”
“Jenny,
la tua assistente
continua a perseguitarmi, ti prego, torna!” disse lui
disperato, Jennifer abbozzò
un sorriso,-come poteva la vorare anche di domenica
quell’uomo imprevedibile?-
pensò, chiuse la chiamata e cominciò a dirigersi
verso l’uscita da quel posto.
Annusò a pieni polmoni l’aria fresca e si
rilassò un attimo. Arrivata in
ufficio sperò di stare tranquilla almeno per pochi secondi
ma Cintia aveva
sempre un messaggio nuovo per lei e non ebbe pace.
Nel
mentre Gibbs preparava,
studiava e organizzava nuove tattiche per colpire il terrorista di
turno senza
che se ne accorgesse. Stava tranquillamente guardando le carte che la
segretaria di Jenny aveva cordialmente scaraventato sulla sua scrivania
quando
ne vide una strana la prese e ne lesse il contenuto:
Egregio dott.
Harrison
Recentemente ho
riscontrato dei problemi, avrei un urgente bisogno di una sua visita.
La pregerei di non
fare parola con nessuno di questo nostro incontro.
Cordialmente,
Jennifer Shepard
Era
la brutta copia di un
messaggio del direttore finito, per errore, tra le carte che
contenevano le
informazioni sull’uomo che stava cercando Gibbs. A quel punto
si alzò, prese la
lettera e salì in fretta e furia le scale per arrivare
nell’ufficio più
importante di tutti, l’ufficio del capo.
“Cos’è
questa?” chiese
leggermente adirato mentre porgeva ciò che aveva in mano
alla rossa, ma non ne
aveva bisogno, le bastò un occhiata dato che era scritta di
suo pugno. Alzò gli
occhi infuriata:” Come hai fatto ad ottenerla?”
rispose alla domanda con
un'altra domanda
“Era
tra le mie carte, ora
rispondi.” Sviò lui poggiando i palmi sulla
scrivania come usava fare con i
suoi ragazzi
“Sono
malata, okay?” rispose
infuriata, l’altro si mise in posizione eretta e
cominciò quello che doveva
essere un interrogatorio: ”Da quanto?”
“Qualche
mese.”
“È
grave?”
“Credo.”
botta e risposta come
una partita di pugilato: uno colpiva l’altro alzava a difesa.
Sì, era questo,
uno sconto, un match e Jennifer era quasi K.O., avrebbe dovuto
attaccare prima
o poi se non voleva perdere il round, doveva però trovare il
punto debole del
suo avversario, sapeva che bastava una mossa per farlo crollare ma
proprio
mentre stava per sferrare il primo attacco ecco che lui sferra il suo
asso
nella manica, il gancio destro, il colpo sotto la cintura:
“Dovevi dirmelo
prima, sai che puoi dirmi tutto” esordisce avvicinandosi a
lei che intanto si
era alzata in piedi. No, questo no, sapeva quanto fosse difficile per
lei
resistere ai suoi occhi azzurri e alla sua bocca così
vicina. Bastò un secondo
rapido per…
“Giselle,
non correre così!
Finirai a sbattere contro… qualcosa!” gridava Abby
correndo dietro alla bambina
“È
inutile cara, sai
che non ascolta!” ribadiva McGee per
l’ennesima volta in pochi minuti
“Beh,
questo l’ha preso tutto da
te.” Replicò la ragazza prendendo la bimba che
scalciava per farsi liberare
“Come
dici tu.” Disse lui per
dileguarsi da una possibile lite
“Mamma,
guarda.” Disse la piccola
che era riuscita a divincolarsi dall’abbraccio materno
porgendo alla ragazza
uno scarabocchio, poi con il ditino iniziò a spiegare:
“Questo è papà, questa
sei tu, questo è zio Tony e questa e zia Ziva.” E
mano mano indicava quelle che
sarebbero dovute essere delle figure. Abby si accigliò e
rispose: “E nonno
Gibbs?” la bimba perse lo sguardo nel foglio e
indicò un omino con un bicchiere
in mano: “Qua.” Tim notò qualcosa vicino
alla raffigurazione del suo capo e
chiese: “E questo cos’è?” la
figlia fece un gesto con la mano e il ragazzo si
avvicinò e le porse l’orecchio, la piccola mise
una mano d’avanti a
quest’ultimo e rispose sussurrando: “Credo che
nonno Gibbs e la signorina
Shepard si vogliano bene come te e mamma.”
I
pensieri di una scrittrice in
canna
No,
non ve lo dico se si baciano.
Si chiama suspance! :P
Che
ne dite? Le scenette di vita
familiare le metto un po’ random (tranne l’ultima,
quella l’ho studiata a
tavolino! XD)
Può
anche essere che in alcuni
capitoli non le metto proprio e faccio un intero episodio tutto per i
Jibbs,
come mi dice la testa in pratica! Ci tenevo a sottolineare che no, non
scoprirete subito che malattia ha Jenny e se è una cosa
seria, sarà parte del
mistero! Ora vi saluto.
Vostra
Scrittrice
in canna