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Autore: _natsu_    10/05/2013    5 recensioni
«I vincitori degli scorsi giochi ancora in vita hanno votato e ha vinto la maggioranza, ci saranno altri Hunger Games e i tributi saranno i parenti degli uomini di maggior potere di Capitol City» . Stavo ancora assimilando quello che diceva, quando capii, io ero la nipote del presidente Snow, l’uomo di maggior potere di Capitol City. Ero davvero nei guai.
E' la mia prima fanfiction spero vi piaccia e che recensiate in molti :)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ero sola nel corridoio. I soldati del distretto 13 erano andati via.
Lasciai che mi guidasse l’istinto e continuai a camminare. Girai a destra anche se non sapevo dove sarei arrivata. Sentii delle voci in lontananza ed entrai nella prima porta che vidi, pregando che non ci fosse nessuno. Fortunatamente era vuota. Mi ritrovai in una grande stanza, forse una sala riunioni, con un grande tavolo al centro e delle piante grasse affianco ad una porta su cui era scritto “deposito”. Ad un tratto udii dei passi avvicinarsi, varcai la soglia e socchiusi la porta in modo da sentire quello che dicevano. Era Plutarch insieme ad una donna che non riconobbi, aveva capelli talmente chiari da sembrare bianchi, tranne per alcuni riflessi dorati che si notavano ad ogni movimento del capo. Indossava un vestito rosa pallido, impreziosito da un delicato fiore sulla scapola sinistra. I due discutevano a voce bassa, ma riuscii comunque a cogliere una frase, forse la più importante: «Allora è deciso: faremo tutto il possibile per impedire la sopravvivenza di Hail Snow, e preferiremmo che non fosse rapida».
 
Quando furono andati via uscii dalla sala riunioni e ripercorsi la strada al contrario in modo da ritrovarmi davanti la mia camera. Nel tragitto incontrai Collin che doveva aver appena finito di allenarsi. Mi fece un cenno con la testa, mi sorrise e domandò «Ciao, com’è andato il primo giorno di allenamento?»
«Abbastanza bene se non consideriamo il fatto che faranno tutto il necessario per non farmi sopravvivere ai Giochi e lo faranno in modo lento e doloroso a meno che qualcuno non mi uccida prima» detto questo mi girai e andai via correndo.
Cosa avevo fatto io per meritare tutto questo? Sì, ero la nipote di un uomo crudele e senza scrupoli, ma non ne avevo colpa o responsabilità. E allora, perché mi punivano? A questa domanda non avevo risposta. Il presidente Snow era morto, quindi, lui non era il motivo per cui facevano tutto questo, anche per il fatto che era sentimentalmente stitico e non gli sarebbe importato molto di ciò che mi sarebbe successo.
Entrai nella mia stanza ormai senza le forze per fare un altro passo e mi abbandonai sul letto duro cercando di non pensare a niente. Ma non ci riuscii. Mi rimbombava nella mente quello che Plutarch mi aveva detto solo qualche ora prima e quello che gli avevo da poco sentito dire. Due lacrime sfuggirono ai miei occhi e mi rigarono il viso, terminando la loro corsa sul cuscino bianco.
Non mi ero accorta di quanto fossi stanca e nonostante tutto mi addormentai. Tuttavia non fu una notte tranquilla: mi svegliavo di soprassalto ed in continuazione, sognai tutti i Giochi di cui avevo memoria solo che al posto dei tributi c’ero io. Potevo correre, nascondermi, combattere ma alla fine morivo sempre, il finale non cambiava. Quando mi svegliai mi sentivo ancora più stanca e considerai l’ipotesi di non andare ad allenarmi, ma quest’idea venne subito scacciata da un’altra. Non mi sarei arresa, non avrei abbandonato ogni speranza, io avrei combattuto e avrei fatto di tutto per restare viva. Era una promessa.
Feci una rapida doccia, mangiai del pane e bevvi un bicchiere di latte che trovai sul comodino, mi vestii e andai subito ad addestrarmi. Mi concentrai soprattutto sul lancio di coltelli dove ero una frana. Ed ottenni dei risultati migliori: riuscii persino a colpire un bersaglio.
Mi concessi una pausa di dieci minuti ed andai a prendere un bicchier d’acqua dal distributore che si trovava nell’angolo della stanza. Appoggiata al muro c’era una ragazza con i capelli marrone scuro e una faccia arrogante che mi disse «E così tu sei la nipote di Snow»
«Come fai a saperlo?»
«Non ha importanza. Io sono Alexis. Mi piacerebbe che fossimo alleate quando saremo nell’arena. Converrebbe soprattutto a te perché sono molto abile con la spada, so usare arco e frecce  e quando lancio un coltello è raro che sbagli». In quel momento, per dimostrarmi che non mentiva, tirò un coltello e centrò un bersaglio microscopico. Mi domandavo come avesse fatto a diventare così brava vivendo a Capitol City. E mi domandavo anche perché volesse proprio me come alleata.
Se volevo mantenere fede alla mia promessa dovevo accettare, avrebbe potuto aiutarmi ad eliminare gli altri tributi e magari, se fossi stata fortunata, sarebbe morta prima che rimanessimo solo io e lei. Altrimenti avrei dovuto inventare qualcosa, come ad esempio una trappola.
Così, dopo questo veloce garbuglio di pensieri, risposi: «Accetto, voglio però che anche un'altra persona sia nostra alleata».
«Certo, scegli pure chiunque tu voglia, purché non sia una palla al piede»
«Non lo sarà»
  
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