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Autore: VioletWings    11/05/2013    3 recensioni
Non si era forse detto che solo un amore impossibile può essere "eterno"? Cos'ha di eterno la seconda possibilità che il Trono ha dato a Luce e Daniel? Tra gli angeli, due in particolare non sono d'accordo con tutto ciò. Mentre l'ago della Bilancia è a favore delle schiere di Lucifero e una possibile guerra avanza, come continuerà la storia di Lucinda e Daniel? C'è possibilità di un nuovo accordo?
Un modesto continuo della saga di Lauren Kate, per chi non si è rassegnato a quel finale triste e un po' tragico.
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Arriane Alter, Cameron Briel, Daniel Grigori, Luce Price, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Would you know my name if I saw you in heaven?
Would it be the same if I saw you in heaven?

I must be strong and carry on,
'cause I know I don't belong here in heaven.

(Tears in Heaven - Eric Clapton.)




Capitolo uno - Nuovi incontri



Piccole fastidiose gocce d'acqua gelata s'infrangevano contro i vetri delle finestre dell'Emerald College, quell'uggiosa domenica mattina.
Daniel, a differenza dei suoi compagni irritati, ne era quasi felice.
C'era un qualcosa di magico, per lui, nella pioggia.
Lo rilassava, gli dava modo di poter pensare o, più semplicemente, un motivo valido per dormire.
Buttò i vestiti appena usati sul letto, ancora vuoto, di colui che sarebbe dovuto essere il suo compagno di stanza e, infilati dei vecchi pantaloni di una scolorita tuta, si buttò sul morbido materasso, lasciandosi cullare dalle braccia di Morfeo.


Si trovava su un'arida altura, in un luogo a lui sconosciuto che una consapevolezza dalla provenienza incerta individuava nel Tibet.
Sotto ai piedi vi era solo terra bruciata, di un nero pece, come le punte dei suoi biondi capelli, ed uno sgradevole e forte odore di fumo aleggiava nell'aria.
Provava un sentimento disperato;
La sconfitta gli scorreva nelle vene come il sangue, sangue in ebolizione a causa della rabbia provata in quel momento.
L'aveva persa. L'aveva persa un'altra volta.
Ecco di nuovo quella consapevolezza sconosciuta che s'impadroniva della sua mente.

No, non poteva più andare avanti così.
Non era giusto.
Non era giusto per lui, non era giusto per lei. Ma lei chi?
La punta del piede destro si posa una decina di centimetri dietro, poi il resto della pianta s'appoggia all'arido terreno, mentre il sinistro compie lo stesso gesto. E di nuovo il destro.
Tre passi indietro e poi .. poi la rincorsa a passi veloci, seppur la distanza con il baratro fosse breve.
E salta.
Salta nel vuoto.
E cade.
Cade, cade, cade per centinaia di metri.
L'aria fredda gli si staglia contro, pungendolo sulla pelle, come se fosse stato in mezzo al più pericoloso dei tornadi.
Sente che c'è qualcosa che può, che deve fare, ma non vuole.
Poi il botto.
Lo scontro con il suolo.


- Toc toc -


Furono dei violenti battiti alla porta della stanza a svegliare Daniel da quello strano sogno.
Non ebbe, però, nemmeno il tempo di soffermarsi a pensare a tutto ciò che un altro colpo lo spinse ad andare ad aprire.
Si passò una mano sui capelli biondi scompigliati dal sonno e, ancora un po' frastornato, si avvicinò alla porta d'entrata, aprendola con uno sbadiglio.
- Ah, com'è bello poter dormire tranquilli, senza preoccupazioni del tempo che scorre, dei giorni che passano, senza fretta che ogni giorno possa essere troppo tardi! - una voce maschile profonda e divertita esclamò quelle strane parole, che Daniel a stento capiì.
- Che? - rispose, quindi, quest'ultimo, stropicciandosi gli occhi e fissando accigliato la figura che gli si stanziava davanti.
Era un ragazzo moro, alto all'incirca quanto lui, il colore della pelle pallido e due occhi verdi, di un verde intenso che suscita speranza, che ti colpiscono a primo impatto.
Un paio di jeans neri gli fasciavano le gambe e calzava ai piedi delle converse rosse usurate dal tempo, una maglia anch'essa nera, con uno scollo a V, risaltava sul suo torace una catetina d'argento, un plettro verde appeso ad essa.
- Youhuu! Terra chiama Daniel, scendi dalle nuvole! - cantilenò il ragazzo, scansando il biondo e andando a buttarsi sul letto vuoto e ancora intatto presente nella stanza.
Daniel chiuse la porta alle proprie spalle e con un'espressione a metà tra l'irritazione e la sorpresa guardò il ragazzo.
- Chi sei? E come sai il mio nome? -
- Sono il tuo nuovo compagno di stanza, amico! E chi non conosce il famosissimo Daniel Grigori? - rispose il moro, un ghigno divertito che gli illuminava il viso - La segreteraria mi ha detto come ti chiami. - si affrettò a ribadire, notando lo sguardo ancor più confuso del biondo.
- Senti. - una mano di Daniel si posò sul proprio viso, il pollice e l'indice che si massaggiavano le tempie. - Fai come ti pare. Non mi sono svelgiato nel migliore dei modi, non sono in vena di scherzare. -
- Il piccolino ha fatto un brutto sogno? - lo schernì il nuovo arrivato, imitando la voce di una madre apprensiva nei confronti del suo cucciolo.
- Non prendermi per scemo. - ripose l'altro, non sapendo nemmeno perchè si stava lasciando andare a certe bizzare confidenze con uno sconosciuto - Ma non capita tutti i giorni di sognare di buttarsi giù da un burrone e sfracellarsi al suolo.-
- I sogni sono il riflesso del nostro incoscio, secondo Freud. Un uomo un po' eccentrico e bizzaro, ma simpatico. - rispose il suo nuovo compagno di stanza, mentre un sorriso compiaciuto si dipinse sul suo viso. - Comunque io sono Cam e sono certo che diventeremo ottimi amici. - continuò questi, portandosi a sedere e allungando una mano verso Daniel, per suggellare quel nuovo incontro con il più antico simbolo d'amicizia, tregua e conoscenza al mondo: la stretta di mano.



~



Lucinda fissava fuori dalla finestra con una smorfia mentre la sua compagna di stanza, Nora, era intenta a darsi l'ennessima mano di smalto fucsia sulle unghie, distesa sul proprio letto.
- Uff. - sbuffò la prima stringendosi nella sua felpa nera - Che noia 'sto tempo! Odio il freddo. -
- Sisi, Lù. Certo. - rispose l'amica sventolando con fare distratto una mano - Odii il freddo o odii il fatto di non poter uscire e ricontrare "Sciarpa rossa"? -
- Forse. Può essere. Okei è così. - si ritrovò ad ammettere Luce, voltandosi verso l'amica con sguardo sconsolato - Ma perchè biologia cellulare? Cioè .. con tutti i corsi che ci sono! Ora chissà quando lo ricontrerò.-
- Suvvia, non essere così pessimista! Ci sono tanti party, quasi uno ogni sera, vedrai che prima o poi lo beccherai di nuovo!-
- Non mi piacciono i party.-
- Eeeh, ma se vuoi incontrarlo davvero mi sa che devi farteli piacere, mia cara Luce.-
- Vabbè.. - la ragazza si avviò verso la porta, uscendo - vado a fare un giro, ci vediamo per ora di cena!-
Una volta fuori dalla stanza, Lucinda andò letteralmente a sbattere contro una ragazza dai lunghi capelli mori e gli occhi nocciola da cerbiatto.
Vestiva con una t-shirt bianca, lunga e semplice, i leggins neri strappati le fasciavano le magre gambe ed ai piedi portava un paio di anfibii, anch'essi neri.
- Scusami, non ti ho vista uscire! Oh, ma che bei capelli! - disse la ragazza scrutando attentamente Lucinda, un sorriso contento stampato in volto. - Mi piace il tuo taglio. Io comunque sono Arriane. Sono nuova. E .. oddio, non so praticamente nulla di come sia fatto questo posto! Non è che potresti aiutarmi? Ti prego, ti prego, ti prego.- continuò ella, prendendo sotto braccio la giovane.
Lucinda rimase piuttosto interdetta, la mano libera che si grattava il capo con fare imbarazzo e confuso.
- A dire il vero io .. -
- Ti prego, ti prego, ti prego! Qualsiasi persona tu debba vedere la ricontrerai dopo, sicuramente!-
- Okei .. che stanza hai? - sospirò rassegnata Lucinda, costretta ad assecondare la nuova conosciuta.
L'angelo sorrise, tenendo stretta per un braccio la giovane umana, mentre questa la scorazzava per i corridi della scuola, spiegandole un po' a ciò che serviva ogni stanza.
Sapeva che quel faceva era maledettamente sbagliato, che sicuramente prima o poi qualcuno se ne sarebbe accorto e sarebbe stata punita, ma non le importava.
Non le importava nemmeno di essere sola in quella sua "missione", ma doveva in qualche modo riuscirsi.
Non aveva idea di come fare in questa vita, di quanto era diversa dalle altre, ma era sicura che avrebbe presto scoperto come fare.





   
 
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