Anime & Manga > Lupin III
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Autore: serenestelle3    12/05/2013    2 recensioni
Insieme agli inseparabili Jigen, Goemon e Fujiko, Lupin si reca a Montelusa, in Sicilia, per compiere quello che potrebbe diventare uno dei suoi colpi più celebri. Anche questa volta sulle loro tracce c’è l’infaticabile Ispettore Zenigata, che sarà affiancato da una figura proveniente dal suo passato. Quello che né Zenigata né Lupin e i suoi sospettano è che la Mafia sa del loro arrivo e ha organizzato un comitato di benvenuto tutt’altro che amichevole. Un cross-over con le storie di Camilleri su Montalbano.
Genere: Avventura, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Goemon Ishikawa XIII, Koichi Zenigata, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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II – Il tesoro perduto di Gelone.

 

Una settimana prima

 

“Ma quanto ci mette Jigen a tornare?”, sbuffò Lupin.

Nell’ultimo quarto d’ora, il ladro gentiluomo non aveva smesso un attimo di aggirarsi come un’anima in pena intorno a un tavolo ricoperto di scartoffie. Goemon, seduto a gambe incrociate poco più in là, per contrasto sembrava persino più immobile del solito.

Lo fa apposta, per farmi innervosire!, ripeteva sempre Lupin, che al contrario non riusciva mai a stare fermo. Soprattutto quando c’era da organizzare un furto… figuriamoci poi un furto di quella portata, che avrebbe consegnato per sempre i loro nomi all’immortalità e alla gloria.

“Se sapevi che avrebbero potuto esserci delle difficoltà, perché hai insistito tanto per un aereo di linea?”, chiese finalmente il samurai.

“Perché è più sicuro, Goemon. Ci saranno un mucchio di controlli su tutti i voli; in fondo stiamo parlando di un evento di risonanza internazionale! Credimi, meno attiriamo l’attenzione e meglio è.”

“Allora ci sarà da ridere”, osservò una voce beffarda alle spalle di Lupin. Il ladro si voltò e vide Jigen, appoggiato a braccia conserte allo stipite della porta. Come al solito, aveva l’aria indifferente e rilassata di chi si trovi a passare per caso.

“Jigen, finalmente! Cominciavo a preoccuparmi! Hai preso le nostre prenotazioni?”

“Eccole”, grugnì Jigen, estraendo tre biglietti aereo e porgendoli all’amico. “E non cambiare discorso, Lupin. Stavolta ci vorrà un miracolo per passare inosservati.”

“Ma dai, Jigen, chi sospetterebbe di una filantropa miliardaria settantenne che viaggia in compagnia delle sue guardie del corpo?”, ribatté Lupin.

“E’ proprio quello il punto. Le miliardarie attirano l’attenzione.”

“Anche se sono vecchie e in carrozzella?”

Soprattutto se sono vecchie e in carrozzella.”

“Perfetto!”, saltò su Lupin, entusiasta. “Allora è proprio il travestimento che ci occorre!”

Jigen rimase letteralmente di sasso; persino Goemon si voltò verso Lupin con l’aria di non credere alle sue orecchie.

“Sei impazzito?”

“Ma se hai appena finito di dire…”, sbottò Jigen.

“Tranquilli, ragazzi, adesso vi spiego”, fece Lupin, agitando le mani per zittirli. “Conoscete il celebre trucco del gioco delle tre carte? Si dirige l’attenzione dello spettatore sulla carta sbagliata, facendogli credere che sia quella giusta. Noi faremo lo stesso con papino Zenigata e con la polizia."

“Io continuo a non capire”, disse Jigen, grattandosi pensosamente la testa. “Cosa c’entra tutto questo con il travestimento che hai escogitato?”

Per tutta risposta, Lupin indicò uno dei giornali spalancati sul tavolo. La prima pagina era interamente dedicata alla notizia che negli ultimi giorni era sulla bocca di tutti; a pochi chilometri dalla Valle dei Templi, in Sicilia, un gruppo di archeologi aveva portato alla luce una catacomba piena di armi, gioielli e oggetti preziosi risalenti al periodo ellenico, che si diceva fossero appartenuti al Tiranno di Siracusa. La scoperta, ribattezzata dai mass-media “il tesoro perduto di Gelone”, aveva rapidamente fatto il giro del mondo. Si diceva che fosse il più grande ritrovamento archeologico dai tempi della tomba di Tutankhamon, e da tutto il mondo stava arrivando a Montelusa gente curiosa di fotografare gli scavi e i preziosi reperti, alcuni dei quali avrebbero avuto un posto d’onore nel museo locale, mentre altri sarebbero stati trasportati a Gela e a Siracusa.

Non appena Lupin aveva letto del ritrovamento, le rotelle nel suo cervello si erano messe in moto, alla ricerca di un modo per intercettare il tesoro prima che lasciasse Montelusa. Sarebbe stato un colpo da maestro, considerata la straordinaria portata del bottino e soprattutto il brevissimo preavviso con cui i tre ladri si erano dovuti muovere.

“Jigen, questa storia del tesoro di Gelone è una faccenda enorme. Zazzà si aspetta senz’altro che cerchiamo di raggiungere l’Italia, e probabilmente crede che il modo più sicuro per fargliela sotto il naso sia spacciarci per dei semplici turisti. Ecco perché ho scelto un travestimento un po’ vistoso, una vedova che viaggia con il suo entourage ed è abbastanza ricca da infischiarsene di quello che succede in Italia.”

Jigen non disse nulla, limitandosi a fargli cenno col capo di continuare.

“Una volta a Parigi facciamo ritrovare da qualche parte la carrozzella, simulando un’aggressione a scopo di furto. A quel punto la polizia avrà un mistero per le mani, e noi tre ce ne andremo in Italia vestiti da tranquilli uomini d’affari”, concluse Lupin.

“D’accordo”, annuì brevemente Jigen. “Perché proprio uomini d’affari?”

“Be’, amico, questa scoperta archeologica ha puntato i riflettori di tutto il mondo su Montelusa. Niente di più facile che dei finanziatori vogliano investire sulle imprese di quella zona, no?”

“Già, certo. Fujiko dove si è cacciata?”

“Fujiko? Oh, è all’estero per lavoro!”, rispose Lupin, nascondendosi dietro al giornale per sembrare disinvolto. Si aspettava quella domanda, naturalmente; il fatto è che non aveva ancora pensato a un modo per dire la verità a Jigen e a Goemon senza doversi sorbire le loro solite filippiche.

“Be’, pensavo peggio. Almeno stavolta non ce la ritroveremo fra i piedi”, fece Jigen, un po’ più tranquillo. Ma Goemon, insospettito dalla velocità con cui Lupin aveva risposto e ancor di più dal suo tono innocente, socchiuse le palpebre e lo scrutò con severità.

“Quando dici che è all’estero”, gli fece eco freddamente, “vuoi dire…”

Eccoci, pensò Lupin, sentendosi perso. Ma dovevo proprio scegliermi due soci perspicaci? Anche Jigen infatti lo stava squadrando con una punta di sospetto.

“Ecco… veramente al momento si trova a – ehm – Roma.”

“Cosa?!”, ruggì Jigen.

“… Ragazzi, prima di trarre conclusioni avventate, lasciatemi spiegare un attimino…”

“C’era da aspettarselo”, commentò Goemon, scuotendo il capo con fare paternalistico.

Jigen strappò bruscamente di mano il giornale a Lupin. “Quando pensavi di dircelo, prima o dopo che la tua donna se ne fosse scappata con il tesoro?!”

“Ma come sei cinico!” lo rimbeccò l’altro. “Guarda che stavolta Fujiko ha promesso di aiutarci, e che divideremo il tesoro in parti uguali!”

“… seh”, sbuffò Jigen. “Come se non l’avessi già sentita, questa!”

“Ho paura di scoprire quale sia, il suo concetto di parti uguali!”, rincarò la dose Goemon.

“Voi due siete proprio delle suocere, lasciatevelo dire!”, borbottò disgustato Lupin, riprendendosi il giornale.

“E naturalmente hai pensato bene di mandarla in avanscoperta! Ogni tanto dovresti provare a ragionare con il cervello, Lupin!”

“Non farla tanto lunga! Fujiko ci sta soltanto preparando il campo, ha avuto istruzioni di non fare nient’altro finché non la raggiungiamo!”

“Potevi mandare me o Goemon! Non puoi continuare a fidarti di quella donna! Quante volte ci ha messo nel sacco, da che ti ricordi?”

“Ehm… nelle ultime ventiquattr’ore?”, cercò di cavarsela Lupin. In effetti però Jigen non aveva tutti i torti. Se in quel momento si trovavano a Tokyo, era stato proprio per sfuggire ad alcune infuriatissime spie russe con cui Fujiko aveva immancabilmente fatto il doppio gioco. Dopo innumerevoli peripezie, quelli che avrebbero dovuto essere i loro soci li avevano piantati in asso, squagliandosela con la refurtiva; un dettaglio che Jigen e Goemon non mancavano mai di ricordargli, almeno sessanta volte al giorno.

“Scommetto che quell'intrigante si è già messa in contatto con il Barone”, borbottò Jigen.

Lupin gli rivolse un’occhiata interrogativa.

“Il Barone?”, ripeté. “Chi sarebbe questo Barone, scusa? Credevo che in Italia avessero abolito i titoli nobiliari da un pezzo…”

Jigen esitò un istante, poi sospirò e rispose;

“Riccardo Barone è uno dei nuovi esponenti della criminalità organizzata locale. Fino a un decennio fa erano pesci piccoli, ma il Barone è diverso, è uno che vuole arrivare lontano. Credo che si voglia spartire quella zona con le due famiglie mafiose principali, quella dei Cuffaro e quella dei Sinagra.”

“Come fai a sapere tutte queste cose sulla malavita italiana?”, domandò Lupin, incuriosito.

“Ho imparato a sparare da un ladro italiano, ricordi?”

“No, però credevo che non fossi in contatto con nessuno di quelle parti.”

“Infatti non lo sono. E comunque i Cuffaro e i Sinagra hanno diversi loro uomini anche in America.”

“In parole povere…?”

“In parole povere, mi sono informato sulla gente a cui andremo a pestare i piedi”, rispose Jigen, asciutto. “Perché ti garantisco che quelli avranno già messo gli occhi sul tesoro di Gelone. E adesso che Fujiko è laggiù…”

“Per il momento Fujiko è a Roma, grazie mille!”, lo rimbeccò Lupin.

“Come fai ad esserne sicuro?”, intervenne il samurai, che fino a quel momento era rimasto silenzioso.

“Goemon ha ragione. Non puoi sorvegliare i suoi spostamenti, finché non la raggiungiamo. E per allora lei avrà già avuto tutto il tempo di mettere in moto le pedine giuste. Comunque quella gente ha uomini sparsi un po’ ovunque, nello stivale”, aggiunse Jigen, prima che Lupin potesse protestare. “Non lo so, Lupin. Forse sarebbe meglio lasciar perdere.”

Goemon assentì solennemente. “Ci sono troppe incognite da considerare."

“Ma ragazzi, ormai Fujiko è già partita, ci sta aspettando…”

“Credi che senta la tua mancanza?”, replicò Jigen, beffardo. “Vedrai che lei troverà comunque un modo per guadagnarci, da tutta questa storia.”

“Jigen, non posso lasciarla là tutta sola! E se magari qualcuno si mette a farle la corte? Lo sai che gli italiani sono tutti latin lover!”

“Bah! Uno più, uno meno…”, tagliò corto il pistolero, scrollando le spalle.

A Lupin non restava che giocare il suo asso nella manica.

“Allora preferisci che il tesoro vada tutto a lei e a quel tizio, come si chiama… quel Barone?”, domandò in tono indifferente. “Voglio dire, per me va bene, se a voi ragazzi non interessano le antichità…”

Per qualche istante, alle sue parole seguì un silenzio di gelo. Poi Jigen tirò una lunga boccata dalla sua sigaretta.

“Hai ragione”, annuì seccamente. “Ormai è troppo tardi per tirarci indietro.”

“Andiamo a prenderci la nostra parte”, convenne Goemon, con un luccichio deciso nello sguardo.

Lupin si trattenne a stento dal ghignare. Sapeva che sarebbe riuscito a convincerli a seguirlo in quell’ennesima avventura, a dispetto persino della presenza di Fujiko. Era sempre così; Jigen si lamentava e Goemon si dava delle gran aria di sufficienza, ma poi erano pronti a seguirlo fino in capo al mondo.

Se c'era una cosa su cui Arsenio Lupin III poteva scommettere, era che i suoi amici non lo avrebbero mai lasciato solo.

  
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