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Autore: atassa    14/05/2013    0 recensioni
Una serie di sfortunati racconti è una storia di undici capitoli ormai completata. Qualcosa nel mondo sta succedendo, qualcosa di malvagio, di oscuro e chi lo fermerà? Una serie di destini che sono condannati ad intrecciarsi fra di loro, ma non per tutti è una condanna.
Genere: Horror, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Due.

“Credo di avere il blocco dello scrittore”. Disse divagando, mentre cercava conferma negli occhi del procuratore. Lui scosse fortemente la testa.
“No, senti, Marika, tu non puoi avere il blocco dello scrittore, il tuo ultimo libro è stato ed è un successo, non puoi fermarti così!”. Disse l’uomo che le stava di fronte. Lei scosse la testa.
“Non ce la faccio proprio, ogni volta accendo il computer per scrivere mi ritrovo un secondo dopo a navigare per siti internet”. Disse sconsolata mentre scuoteva la testa da una parte all’altra in segno di diniego. L’uomo la guardò cupo, come se scherzasse.
“Prova a cambiare trama, comincia un nuovo libro”. Disse lui provandole tutte. Lei continuava a scuotere la testa con veemenza.
“Non ce la faccio proprio Francesco, e poi, quale libro migliore che una storia da amore fra detective e ladra di gioielli?”. Disse sorridente mentre assaporava il racconto con la fantasia. Francesco le schioccò le dita davanti alla faccia. Marika si tirò indietro, di scatto, ritornando al mondo reale.
“Sempre meglio che smettere di scrivere, senti facciamo così, ora ti prenoto un volo per un qualsiasi posto possa darti spunto o sollievo, o entrambi e tu ti porti dietro un diario, niente portatile, e scrivi quello che vuoi, anche la lista della spesa”. Le disse calmo, come se parlasse con una bambina. Lei annui doveva solo crederci.
“Preferisco andare a casa dei miei, non li vedo da tanto”. Francesco la guardava sorridente, accondiscendente, avvicinando a se le carte su un nuovo contratto da parte della Mondadori e prendendo il cellulare.
“Detto fatto ma petite enfante”. Disse cercando di parlare correttamente la lingua.
“Passare una settimana a Varsavia ti farà bene, spero troverai spunto per non so, un ladro di formaggi? So che in Francia ce ne sono per ogni giorno dell’anno”. Disse pensieroso. Marika si tappò prontamente le orecchie urlando per non sentirlo.
“Francesco no! Non devi darmi idee, così non ragionerò più! Ora pensa se mi tocca fare davvero un libro su un ladro di formaggi! Bleah!”. Urlò lei sorridente. Francesco ricambiò il riso con una punta di rammarico.
“Non sono io lo scrittore, ma tu”. Marika lo guardò raggiante.

***
Nota di presentazione della signorina Marika Choit.
Ho deciso di fare come ha detto Francesco, il mio procuratore, non mi metterò da subito a scrivere un libro, troppo dispersivo e complicato al momento, scriverò temporaneamente delle note o pagine di diario.  Sono all’aeroporto, ancora. Credo di essere qui da ormai mezzora, ho appena controllato l’orologio. Non sapendo cosa fare mi sono messa a scrivere, che bello, chissà se durante il volo ci sarà qualche mistero da cui prender spunto, non so, una hostess con pistola, il capitano che non ha frequentato realmente i corsi da pilota, un pazzo a bordo, sinceramente non spero in nessuno di essi, soltanto in uno spunto. Stanno trasmettendo il telegiornale degli ultimi minuti. Una ragazza dei capelli ambrati è scomparsa da una settimana, dopo aver litigato con la madre, la famiglia era così triste, avevano gli occhi arrossanti per lo sconforto e cercavano di rimanere composti davanti alle telecamere, povera famiglia. Hanno appena chiuso gli sportelli, preannuncio che dovrò aspettare almeno un’altra mezzora prima di partire.
Una gentilissima hostess ha interrotto per qualche minuto il mio scrivere, chiedendomi se stavo comoda e se la prima classe era di mio gusto. Ovviamente, un po’ per cordialità, un po’ perché era francese come me, le ho risposto sì. Cosa non era di mio gusto era il ritardo. Stiamo per partire, bisogna allacciarsi le cinture e raddrizzare il sedile, io inoltre smetterò anche di scribacchiare. Ho scoperto che in prima classe, oggi siamo ben cinquanta, sarebbe interessante scoprire perché la gente ha pagato il doppio per questo pregiato posto.
Ore 10:15.
I primi cinque minuti di volo sono stati eccellenti, il capitano ha dato valore alla sua abilità di pilotare un aereo ed io mi sento molto più tranquilla, le hostess si sono chiuse nella loro cabina e non escono da un po’, probabilmente stanno preparando le patatine e le bibite e anche quei disgustosi biscotti che spacciano per gocce al cioccolato. La mia compagna di posto è dirigente di una grande compagnia di traslochi, le ho promesso che se mai avessi dovuto traslocare dal mio attico a Milano avrei chiamato lei. Sembra simpatica, è alta e ordinata, sta nel suo posto, in tutti i sensi, ora dorme pacificamente, mi ha detto che era rimasta sveglia tutta la notte per la nascita del figlio di sua cugina e che ora partiva perché doveva lavorare. Mi ha fatto anche vedere una foto della nuova ruota del camion per i traslochi, viola con il nome della ditta. Pacchiana ma carina, può essere spunto per un libro, le ho chiesto se l’avessero mai rapinata o qualcosa del genere, ha risposto di no, ma che a un suo conoscente gli hanno scippato la collanina d’oro sull’autobus, che mondo!
Ore 11:34.
Gertrude ed io, la mia vicina di posto, ci siamo fatte dare un mazzo di carte napoletane e abbiamo cominciato a giocare a ruba mazzo, Gertrude vince sempre, sarò fortunata in amore, si spera. Ora si è assentata per andare in bagno, le hostess non si sono ancora fatte vedere, Gertrude mi ha raccontato che la collanina del suo amico gli era appena stata regalata, niente di molto appetitoso in particolare ma meglio annotare tutto, ecco la spilungona della mia vicina di posto che ritorna dal bagno.  Muoio di fame, mangerei persino i biscotti al cioccolato!
Ore 12:04.
Ormai dovremmo essere già atterrati, o dovremmo star per atterrare, comunque sia le hostess non si sono fatte vedere per tutto il volo ed io tra una partita all’altra guardando dal finestrino non ho riconosciuto la mia amata Francia. Gertrude mi ha detto che due giorni dopo l’amico di questo suo amico è stato ritrovato con la stessa catenina e che si era discolpato dicendo: “Ao! Qua non se po’ nemmeno compra una collana uguale, a sto poveraccio che subito te se accollano tutti, è però!”, riscrivo le sue testuali parole. Ho sempre ammirato molto i dialetti, cari lettori inesistenti, sapevate che il sardo deriva dal latino? Io l’ho scoperto oggi dalla carissima Gertrude. Che non parla sardo. La mia vicina di posto mi chiede con insistenza cosa scrivo, le rispondo che annoto il mio futuro guadagno, lei sorride cortese, non avendo colto l’eufemismo. Ancora mare sotto di noi, mi sembra strano, ma non posso lamentarmi. Hanno appena fatto partire un film intitolato: “Benvenuti al sud”, dicono sia Humour e mi appresto a chiudere il diario per godermi la visione.
Ore 14:15.
Scrivo perché sono davvero preoccupata, hanno annunciato che per problemi tecnici il capitano ha sorvolato la Francia e che per non andare contro le rotte di volo dobbiamo continuare dritto fino all’Islanda per poi ripartire dopo una sosta di due ore per la Francia. La trovo una cosa fastidiosa, e non credo che il carburante basti, ma le hostess ci assicurano il contrario. Gertrude è arrabbiatissima, non mi racconta più della vicenda della catenina d’oro rubata e qualvolta passa una hostess lei le urla in faccia che dovrà essere rimborsata per questo. Le hostess le portano vino per tranquillizzarla. Gertrude è ormai ubriaca, ho perso una favolosa compagnia di viaggio. Comincio ad avere fame ma poiché il cibo scarseggia data la lunga distanza dalla sosta, i prezzi sono raddoppiati, ho comprato uno di tutto, spendendo complessivamente centocinquantasei euro e venti centesimi, rilevo ciò più volte per ricordarmi di non viaggiare più con una compagnia del genere. Gertrude si è appena rianimata dalla sbronza per correre in bagno.
Ore 14:50.
Che Gertrude si sia sentita male? E’ dall’annotazione di prima che non la vedo e mi comincio a preoccupare, le concedo ancora un quarto d’ora prima di chiedere sue notizie, forse dopo esser stata in bagno, è andata a litigare con le hostess riguardo al modo di volo, ma non mi risulta di averla sentita o vista.
Ore 15:10.
Ho rimandato e sto rimandando tuttora l’andare a cercarla, ma mi sto preoccupando sul serio è da quasi un’ora che non la vedo e salvo che non si sia gettata dell’aereo (cosa che ritengo macabra e insolita) credo si sia sentita male e forse ha bisogno dell’aiuto, già m’immagino il viso corrugato di Gertrude quando mi chiederà perché ci ho messo tanto ad andarla a cercare, forse soffre di vertigini e ha bisogno di aiuto, povera Gertrude, ora vado.
Ore 15:25.
Ho cercato Gertrude in tutti i bagni dell’aereo, ovvero uno, persino in turistica, ma non la trovo, le hostess affermano di non averla vista e nella cabina di comando nemmeno. Che, cosa ancora più strana al mio ritorno altre due persone della prima classe sono scomparse. Comincio ad avere paura e deducendo che questo doveva essere solo frutto delle mie fantasie mentali ho cominciato a pizzicarmi la guancia, ora mi fa male la faccia e un’altra persona si è assentata.
Ore 15:31.
C’è stata per qualche minuto un’assenza di elettricità, l’aereo ha perso quota, ma ritornata la luce, pochi secondi dopo, l’aereo ha anche ricominciato a volare alto. Guardandomi intorno dopo, ho notato che altre tre persone erano scomparse. Trasferite in un’altra classe? Affidandomi a quest’idea, ho percorso tutto l’aereo centimetro per centimetro, ma non ho trovato da nessuna parte Gertrude; mi tremano le mani e per non piangere rido, mascherando la paura, tornata in prima classe, un’altra persona era scomparsa e con essa i bagagli delle precedenti scomparse, chiedendo ai passeggeri restanti dove erano finiti tutti i bagagli degli altri passeggeri e persino le carte napoletane, loro mi avevano risposto che sono sempre stati solo loro ed io nella prima classe e che forse mi confondevo con altri. Respiro convulsamente e non riesco a calmarmi. Era davvero frutto della mia immaginazione o i passeggeri di questo volo stavano scomparendo uno a uno?
Ore 15:37.
Mi vengono le lacrime agli occhi, lacrime amare e copiose. Dopo aver scritto l’ultima nota, mi sono alzata per andare in bagno, passando per la seconda classe, da piena che era, metà dei passeggeri era scomparsa e chiedendo nessuno si ricordava ci fossero mai stati. Unica sana di mente o unica malata di mente? Era quello il motivo per cui piangevo, i restanti tre passeggeri della prima classe mi guardavano e conversavano animatamente. 
Ore 16:50.
Nella preoccupazione ho cercato di dormire, al mio risveglio ero l’unica restante nella prima classe, con le gambe che cedevano a ogni mio passo, ho percorso l’aereo, nella seconda classe rimanevano sulle dieci persone, tutte donne, dai capelli biondi come i miei e occhi azzurri, come me. Se questo mi spaventava, dovevo aspettare di arrivare alla terza classe per scoprire che una sola persona era rimasta, occhi azzurri e capelli biondi, anch’essa. Le hostess mi pregarono di sedermi, io chiesi loro di potermi spostare in seconda classe e con me di spostare anche la ragazza in terza classe. Loro contrariate annuirono, occupandosi dei bagagli. Anche le hostess dai colori più scuri erano rimaste, forse ora toccava a loro, o forse tra pochi istanti mi sarei svegliata e avrei scoperto che niente era successo. La ragazza che all’origine sedeva in terza classe mi ringraziava incessantemente, cercai di non raccontarle le mie preoccupazioni, eravamo dodici passeggere sull’aereo.
Ore 18:42.
Anche le bionde con gli occhi azzurri si accingono a scomparire, quale mistero si cela dietro di questo? Ormai il diario è il mio unico sollievo dalla pazzia, la ragazza che mi è accanto mi racconta che studia a un liceo per il turismo a Bari e che il viaggio a Parigi le era stato regalato per partecipare a una gara scolastica. Le chiedevo con chi era partita, lei si bloccava, guardando il vuoto, per poi riprendere a parlare come se non le avessi fatto la domanda, anche le altre facevano lo stesso. Lo stesso film di poco prima partì. Decido di sfruttare l’occasione per far visita al comandante, speriamo bene.
Ore 19:05.
Ho le lacrime agli occhi, ho fame e sonno e sono sconvolta. Andata con l’intento di far luce sul mistero di come più di trecento persone fossero scomparse. Nella strada ho udito delle urla, di donne, riconobbi la voce della ragazza bionda che sedeva dietro di me in seconda classe. Poi un silenzio che rabbrividiva. Sospirai ansiosa e spaventata, non so come ma qualcuno mi udì e si mossero per aprire la porta, presa dal panico, mi sono messa a correre, inciampando su quella credevo fossero delle ventiquattro ore lasciata per terra. Faccia al pavimento ho sbattuto il naso, trovandomi immersa in una pozza nera e calda, mi sono alzata, e mi sono guardata intorno spaventata, ero inorridita alla vista della testa mozzata di Gertrude, in un’espressione di puro terrore, le braccia mi tremavano, salendo sempre più su, arrivandomi a far tremare la colonna vertebrale.  Con le lacrime agli occhi e il corpo coperto di sangue sono tornata nella seconda classe, sperando di far rendere conto della situazione alle mie compagne di volo. Tornata mi sono accorta che ero sola, sono scoppiata a piangere, le lacrime agli occhi che mi rendevano la vista annebbiata, avevo fissavo la porta scura, aspettandomi che da un momento all’altro uscisse un mostro con denti aguzzi e bava alla bocca. Ero l’ultima, la prossima. Chi nella mia situazione avrebbe pensato di sopravvivere era uno stupido, eppure io affidavo ancora qualcosa al caso. -Qualcuno ora sta aprendo la porta con forza, sbattendola al muro, è uscita una figura scura, occhi rossi scintillano al buio, scrivo velocemente queste ultime parole: “Se tu mostro che mi hai ucciso ora stai leggendo queste parole faccio ricorso alla tua coscienza e ti dico che sei un dannato demone! Se arriverà a terra questo diario, saluto la mia dolce e amorevole famiglia”.-
Ore 20:50.
Appena trovato un nascondiglio sicuro-, il mostro ha denti affilati come rasoi- tutti i passeggeri sono morti-, lui ha il loro sangue sulla bocca- disgustoso-, le hostess sono della stessa razza- gli steward morti- sono sola con dei mostri- ho fame- più di undici ore che non mangio-, non sopravvivrò a lungo- credo che sta tornando-, ho paura- mi pizzica tutto- anche il sedere- TI PREGO DIO AIUTAMI!
Ore 21:33.
Per fortuna scrivo ancora, questo è un incubo, ho spaccato un carrello del cibo a dosso al mostro, ora mi cerca più feroce di prima, scrivo per paura di impazzire se mi fermo a pensarci, una domanda mi ossessiona le membra: chi è che guida l’aereo? Meglio lasciarsi morire, dei rumori avanzano, passi e risate, cerco un’arma, non so se per uccidere me, per porre fine alla mia tortura o lui. Forse queste sono i miei ultimi scritti, si dice che gli scrittori diventano davvero famosi dopo la morte, spero di diventarlo, dopo aver chiuso questo diario, me lo nasconderò in corpo, nessuno lo troverà se morirò. Nessuno.  
***
L’uomo si avvicina a Marika. Lei arretrava, farneticando parole in un sussurro. Nella sua mente continuava a rimbombarle la solita frase, la solita paura, la solita consapevolezza. Tutti i passeggeri sono morti, tu non sei più forte di loro. Marika deglutiva e fissava l’uomo negli occhi rossi, le hostess dietro di lei che cercavano di strapparle la carne con gli artigli affilati, laccati di rosa. Marika scriveva libri gialli, ne aveva scritti tanti, ma solo uno era riuscito a essere pubblicato “I bracciali gemelli”, libro che ancora oggi da un anno dalla pubblicazione, vendeva qualche copia, Marika non credeva di entrare in una delle storie di paura che da piccola si divertiva a scrivere. Le vere storie horror finiscono con la morte di qualcuno, di chi? Si chiedeva incessantemente Marika. Tremava e piangeva, cercando di non arretrare ne avanzare. Il mostro davanti a lei cercava di avventarsi alla sua gola, così come le hostess dietro di lei, Marika piangeva, il diario che le riscaldava il cuore.  L’uomo balzava in avanti a un palmo dal suo viso, aveva un viso così rude, le sopracciglia che si univano in un monociglio e la barba incolta, le vene gli erano visibili, piene del sangue dei passeggeri, i denti aguzzini gli brillavano nel buio, così come gli occhi. Marika inerme e affranta si accucciò a terra, portandosi le ginocchia al petto, cercando di proteggere per lo meno gli organi vitali. Le hostess da dietro le scorticarono la schiena con gli artigli, lacerandole la pelle, l’uomo, il mostro, le si avventò alla gola. 
  
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