«Quanti
anni
hai ragazzino?»
«Io non sono un ragazzino.»
«Ah no?» molleggiava il corpo sulle ginocchia l'uomo.
Un nuovo acquisto del branco, tutto muscoli, barba ed un tatuaggio
"disonorante" -a detta delle concubine bianche- posto sulla scapola
scoperta dalla canottiera nera: ritraeva le fauci di un drago
spalancate.
«Lui non partecipa all'addestramento Isac.»
La voce melodica di sua madre aveva interrotto così quel rabbioso
scambio di sguardi
fra il cucciolo di licantropo e l'adulto, già guerriero.
Le folte sopracciglia di quel volto s'incresparono, non trovava
connessione
logica a quel dire.
«Perchè mai? Da quando è tanto privilegiato da combattere col padre, il
figlio
dell'Alfa?»
Le braccine di quel corpicino ancora infantile, si segarono le une alle
altre
per stringersi in una morsa stretta, con gli occhi che calcavano la
terra.
Avrebbe voluto rispondere lui, ma sua madre, con quella dose d'eleganza
che
l'accompagnava sempre, lo precedette:
«Mio figlio è un inetto, suo padre non gli permette di ricevere alcun
corso di
combattimento. Solo istruzione e quel poco di difesa.»
Lo ammetteva con un tale orgoglio, che ogni qual volta Daniel doveva
resistere
all'impulso d'allargar le stesse braccine -tanto rilegate in un nodo
stretto- e
stringere sua madre davanti agli occhi di tutti, -e quindi- davanti i
giudizi, di
tutti.
Quel "vecchio barbuto" schiuse la bocca riflettendo le iridi sulle
giallognole del ragazzino.
Poteva palpare la rabbia che irradiavano quegli occhi, senza più
pensare che
fosse scaturita dal suo antipatico richiamo del "ragazzino".
Melany, la madre di quella povera bestiola, aveva volto le spalle:
conosceva la
sgradevole sensazione del vedersi scansare il proprio bambino dalle
altre
creature di quel branco, per il semplice attributo: inetto.
Molti li sentiva sussurrare in silenzio che avevano già stabilito una
morte per
suo figlio Daniel, lo ritenevano inetto perchè malato, ed era quella la
parte
di volti che conservava pena per lo sfortunato cucciolo.
Altri ancora, credevano che fosse un'anima dannata, sorrideva poco il
piccolo,
e conservava rispostacce per ogni componente/nemico di un agglomerato
di lupi
che prima o poi lo avrebbero cacciato dalla sua stessa famiglia.
La verità per Melany era ben diversa.
I "Phènix", ossia quei lupi dal pelo bianco che possedevano dimora
nelle alte montagne dell'Austria, avevano come "punto di squilibrio"
il freddo.
Un abbassamento di temperatura costringeva loro ad abbandonare le
spoglie forme
umane per rintanarsi in quelle di lupo.
La notte sfortunata che volle egoisticamente vedere il piccolo pargolo
nascere,
Melany e suo marito, Grafth, -già gli Alpha e Beta del branco-
percorrevano il bosco e non possedevano riparo.
Nacque Daniel dal grembo di una madre lupa.
Aveva occhioni azzurri ed il pelo bianco e soffice di un cucciolo
appena nato.
La tradizione voleva che dalla nascita di un licantropo nella sua forma
animale, sarebbero dovuti trascorrere sette giorni, necessari al
cucciolo di
lupo per mutare sembianza in quelle umane.
In caso contrario il cucciolo di licantropo avrebbe perso l'identità ed
il
pensiero di un uomo, rimanendo intrappolato nel solo lupo che conteneva
la sua
anima.
I sette giorni trascorsero ed il Daniel cucciolo non faceva che
migliorare il
suo equilibrio sulle quattro zampe, ma di mutar forma non ne era in
grado.
L'ottavo dì al momento dell'abbandono nel bosco il corpicino minuscolo
perse il
pelo, lasciando il posto a della pelle.
Liscia e ovattata, era la stessa di un qualsiasi bambino.
La gioia contenuta da Melany fu presto strappata via dalla tragica
scoperta: il
licantropo seppur non per volere suo, aveva violato la tradizione, ed
il suo
pelo fu meticolosamente macchiato di nero, come per ogni altro inetto
nato con difetto.
Da quel giorno Daniel rappresentava "il male del branco".
Schivato dalla maggior parte, compreso suo padre, che ricamava di
speranza
futura il solo suo fratello maggiore: Julian.
Julian avrebbe raccolto le redini del branco in futuro, e possedeva già
il
rispetto necessario da ogni componente.
Di stazza molto più robusta e grande rispetto a quella di Daniel, già a
soli 14
anni, 4 in più del fratello inetto.
Lui al contrario dei molti, trattava il fratello più piccolo come un
normale
componente della famiglia, gli insegnava di nascosto le "tecniche
basi" per stritolare il collo di un cervo e lasciarlo cadere a terra
nel
più silenzioso dei modi.
Quando poteva lo trascinava con se nel bosco, dove avrebbe potuto
attuare la
pratica.
Spesso finivano per portare anche quell'insopportabile della loro
sorella,
Delitia, 7 anni e grida da distruggere gli stessi timpani di uno stormo
di
pipistrelli: era questo che li costringeva ad accettare la sua
compagnia.
Delitia era soggetta spesso agli stessi pregiudizi di suo fratello
Daniel.
Trascinava con lei alcuni degli spiacevoli ricordi che avevano messo il
maschio
fratellino in brutti rapporti con l'intero branco.
Il corpicino del suo lupo infatti, era scheggiato di quelle macchie
nere
ereditate dal sangue macchiato dell'altro figlio dei Grigori, ma non
per questo
aveva mai mostrato odio la piccola, per lui.
Tutt'altro, il tutto l'aveva resa ancor più piegata nel difenderlo da
ogni
minima battuta o sguardo.
«Quand'ho concluso con questi rincitrulliti, voglio rivederti
ragazzino. E
porta con te parecchie casse d'acqua, suderai molto.»
I passi della donna si bloccarono, un piede le rimase impostato a
mezz'aria,
incolume agli sfinteri dell'aria che tirava.
«Isac, ti ho già detto che lui non può.»
«Suo padre farà bene a metter su un buon Alpha futuro, se vorrà averla
vinta
anche quando il suo inetto avrà raggiunto l'età di un
guerriero.»
Daniel verrà cacciato dal branco.
Lui lo sapeva, sua madre gliel'aveva ripetuto così tante volte.
Aveva paura, il pensiero lo logorava, perchè non sapeva quanto ancora
avrebbero
atteso.
Quanto tempo gli sarebbe restato per vivere sotto lo stesso tetto dei
suoi
fratelli?
Era un punto nero, in una galassia bianca.