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Autore: itslarryscomingout    16/05/2013    1 recensioni
La ragazza lo guardò con stupore. Si passò una mano sul volto, strofinandosi poi gli occhi. Si avvicinò cautamente, incerta. E se fosse stata solo una casualità? Chi diceva che era proprio quello?
Continuò a camminare, fino ad arrivare ad una distanza di pochi metri. Ed alzò la testa, guardandola. La ragazza era ferma, immobile, lo guardava ad occhi sbarrati.
"Non è possibile."
Disse solo, in un sussurro, scuotendo la testa. Ed la guardò inarcando un sopracciglio. E se... riguardò la rosa bianca che aveva nelle mani, sorridendo poi lievemente, aggiustandosi la visiera del cappellino senza staccare gli occhi della ragazza difronte a lui.
Lei si avvicinò, a quel punto, sentendo le gambe molli.
"Edward?" pronunciò incerta. Ed sorrise, guardandola di nuovo.
"Ed-Edward sei tu?", pronunciò lei, sentendo la gola secca e gli occhi umidi. Avrebbe voluto piangere. Lui si avvicinò lievemente, porgendole la rosa. Lei l'afferrò incerta attenta a non sfiorarlo. Si concentrò sul fiore abbassando la testa. Era puro, bello, bianco, profumato.
"Perché non mi hai detto che eri tu?", sussurrò allora lei, lasciando che una lacrima le rigasse il volto. Si sentiva presa in giro. E Ed a quella visione sentì piccolo piccolo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Edward e alle cose che gli piacciono.
E anche alle sue stelline, che mi hanno dato 
l'idea per questo capitolo. 




Poggiò i piedi sul pavimento fresco, rabbrividendo leggermente. Schiuse gli occhi, staccando le ciglia incollate tra di loro. Rilasciò un gemito di fastidio quando la luce solare la investì. Si alzò, stiracchiandosi e dirigendosi verso il bagno. Aprì l’acqua, unendo le mani a coppa se le portò al viso sciacquandosi e sentendo il sollievo scioglierle un nodo invisibile allo stomaco.
“Hanny?”
“Uhm… ?”
Si asciugò la faccia, andando in cucina dove trovò la mamma sul divano.
“Vuoi il caffè? E’ sul mobiletto, lì.”
La ragazza sorrise alla donna e prese tra le mani la tazzina ancora fumante. Lasciò che le dita si riscaldassero e poi bevve tutto d’un sorso, storcendo il naso alla bevanda amara.
“Hanny, vai a fare la spesa se ti scrivo la lista?”
“Okay.”
Si diresse di nuovo nella sua stanza, aprì la finestra e inspirò l’aria pulita che la investì. Si girò a guardare il letto e sbuffò nel vederla disordinata. Prese un codino dalla scrivania, tra un mucchio di libri e si legò i capelli in una crocchia disordinata da cui scapparono alcuni ciuffetti. Si guardò in giro e prese da terra la sua maglia preferita. Era una t-shirt grigia, più grande di tre taglie, con una stampa di qualche band poco conosciuta in giro. Sorrise nel metterla, inspirando un po’ l’odore non suo che emanava. Aprì un cassetto e vi prese degli shorts consumati. Li mise velocemente e poi, senza neanche attaccare i lacci, indossò le sue converse rosse e un po’ scollate.
Le piacevano così tanto.
Aggiustò velocemente il letto con le lenzuola decisamente da cambiare, e in cuor suo si sentii meglio. Sua madre non beveva da un po’ di giorni, era un buon segno, no?
Prese altri vestiti sparsi per la stanza e senza neanche dividerli secondo un ordine preciso li gettò nel cesto del bucato sporco.
Uscì, tornando dalla mamma.
“La lista è lì sul tavolo. Stai attenta.”
La prese, infilandola in tasca insieme al cellulare e, lasciato un bacio sulla guancia della donna, uscì.
Il sole la investì. Si parò gli occhi con una mano, sorridendo.
Sorrideva da un po’. O almeno, sorrideva da tre giorni con esattezza.
Dopo un’ultima litigata, la mamma non era più uscita a bere. Non si era più ubriacata. Non le aveva più urlato contro. E lei si sentiva meglio.

Raggiunse il supermercato più vicino e vi entrò. Il contrasto con l’esterno la fece rabbrividire malamente ma si strinse nelle spalle e prese un cestino con le rotelline e rumorosamente si diresse tra gli scaffali.

-Latte
-Burro
-Uova
-Cioccolata
-Prosciutto
-Bacon

Si avvicinò alla salumeria, approfittando del fatto che non c’era nessuno e in pochi minuti prese il prosciutto. Girovagò nel piccolo negozietto e alla fine recuperò tutto ciò che serviva, prendendo però del cioccolato in più.
Sorrise e collegò la cioccolata ad Edward. Controllò il cellulare, ma di lui nessuna traccia. Si disse mentalmente che lo avrebbe contattato dopo, così pagò e uscì.

Decise di allungare la strada, era da un po’ che non usciva. I rumori le sembrarono più forti del dovuto, forse troppo, ma cercò di non farci troppo caso. Avrebbe voluto mettere le cuffie e ascoltare qualcosa, ma le aveva dimenticate.
Continuò a camminare, guardando di tanto in tanto le scarpe o calciando dei sassolini. Sentì un uccellino cinguettare e quasi si pentì di essere mancata lì per tanto tempo. Da quanto non lasciava casa per tanto tempo? Le era capitato di uscire, ma non per più  di un’ora.
Passò davanti un negozio di fiori. Li guardò meravigliata. Lì, dove c’era il fioraio, la strada era più profumata e colorata. Sembrava quasi che neanche lo smog provocato dalle auto in costante movimento potesse rovinarli.
Le passò un’idea per la mente. Sentì il cuore batterle veloce al solo pensiero, così si precipitò all’interno.
“Buongiorno” disse timida, stando attenta a non urtare i vasi con la busta colma.
“Buongiorno signorina.”
“Vorrei un mazzo di tulipani, per favore.”
“Ma certo.”
Si incantò a guardare meravigliata ciò che il signore, alquanto magro ma anziano, creava.
Mise sette tulipani gialli –Hannah li contò- e alcuni fiorellini piccolini, bianchi, simili alle margherite, chiudendo il tutto in una carta viola.
“Ecco a lei.”
Sorrise l’uomo, porgendole il mazzo. Lei sorrise, prese i fiori, pagò e uscì.
“Quanto siete belli.”
E parlò con i fiori, camminando verso la meta.

Il cimitero non era mai stato bello. Le mura erano grigie come il cancello d’ingresso e la gente lì non sapeva neanche cosa fosse il rispetto. Sapeva a memoria la stradina che doveva compiere. Quasi corse per arrivarci. Sentì la ghiaia sotto i piedi stridere e la gente guardarla, ma non se ne curò. Arrivò velocemente. Si fermò a guardare il pezzo di marmo e si sedette a terra, sul terriccio, lì dove anche le formiche sembravano odiar camminare.
“Ciao papà.”
Disse la ragazza, pulendo con due dita la fotografia leggermente impolverata.

“Guarda cosa ti ho portato.”
Posò il mazzo di fiori davanti la fotografia.
“Ti piacciono? Sicuramente si, sono i tuoi preferiti d'altronde.”
Non parlò per un po’, rimase semplicemente a guardare quella fotografia che ormai sembrava fin troppo vecchia.
E neanche se ne accorse quando una lacrima le scese dall’occhio attraversando lo zigomo e raggiungendo la guancia. Sorrise un po’, infelice.
“Mi manchi papà.”
La voce rotta, troppo.
 
And you should never cut your hair
‘Cause I love the way you flick it off your shoulder
And you will never know
Just how beautiful you are to me

Se lo ripeté in testa, quasi non si accorse dell’auto davanti. Frenò di colpo, spalancando gli occhi.
“Oh, porca miseria!”
Urlò, mentre nell’abitacolo dell’auto continuò a espandersi ‘Count on me’ di Bruno Mars. Con uno scatto spense la radio, prese il cellulare e scrisse nelle bozze ciò che gli era venuto in mente, senza badar troppo alle auto che dietro strombazzavano come impazzite.
Poi finalmente si decise a partire.
Sorrise.


“Hai visto che maglia ho messo, Pa’?”
Sorrise ancora, passandosi una mano sul volto umido.
“E’ la tua. E anche la mia preferita. Mi piace da morire, anche se non so chi sono questi tipi.”
Ridacchiò. Poggiò la testa sulle mani e i gomiti sulle gambe incrociate.
“Ah, sai, ho conosciuto un ragazzo.”
Ebbe l’impulso di stendersi a terra, ma non lo fece. Prese il cellulare dalla tasca, aprendo Facebook.
“L’ho conosciuto su Facebook e tu odiavi quel social network. Però lui è l’unica persona che sopporto. Odio quando Claire viene a casa e bussa alla porta. Dannazione! Sa che non le aprirò la porta. Mi fa schifo vedere la gente guardarmi con compassione. Io… non la voglio.”
Aprì la finestra della chat, aspettando che caricasse.

Hannah ore 12.31 p.m. : “Buongiorno!”

“E’ carino. Ma non nel senso ‘Oh, si, carino’.”
Ridacchiò.
“Oh, insomma, hai capito? E’ carino nel senso ‘E’ sul serio carino’. Non so come sia fatto, so solo che ha una bella voce a telefono. Di certo non sarà come dal vivo quello che ho sentito, però mi ha telefonata. Nessuno lo aveva mai fatto per me.”
Sorrise un po’.
“Mi ha chiamata perché io avevo bisogno di lui. Si chiama Edward. E’ un tipo strano. Non so, non conosco molto di lui. Però lui mi ascolta sempre quando ne ho bisogno. E ci ho parlato a telefono solo lunedì scorso.”
Si sentì meglio solo a pensarci.
“Ti ho delusa papà?”
Un silenzio calò. Una folata di vento le scompigliò ancora di più i capelli già sfatti.
“So che mi hai vista mentre lo facevo. Lo so che è sbagliato, ma per favore, non odiarmi.”
E singhiozzò questa volta. Sapeva di aver deluso il padre, lo sentiva nel petto, giù, oltre i polmoni, il pancreas e i bronchi. Lo sentiva nel cuore, su tutto il corpo, perfino fino alle punte dei capelli che si portava sempre dietro l’orecchio destro.

Edward ore 13.08 p.m. : “ ‘giorno H! (: ”

“Ora vado Pa’. Scusa se sono mancata tanto tempo, ma non ce la facevo. Mamma deve cucinare. Ciao eroe, ti voglio bene.”
Mandò un bacio volante alla foto, si spolverò gli shorts sporchi, prese in mano le buste e ritornò a casa. L’umore decisamente indefinito.

Il sole era calato da un po’. Continuò a muovere leggermente la testa a ritmo di musica, accedendo a Facebook.
Non controllò neanche l’home –piena di stupidaggini, dopotutto- che entrò in chat, cliccando sulla scritta ‘Edward Cohen’.

Hannah ore 08.37 p.m. : “ Marmotta!”

Attese una risposta e nell’attesa cambiò canzone e immagine del profilo. Era nuova, se l’era scattata il pomeriggio. Faceva una faccia buffa –decisamente stupida- e dopo tanto tempo sembrava aver preso colore. Si sentì meglio quando la cambiò. Quella precedente le sembrava fin troppo vecchia.

Edward ore 08.43 p.m. : “Che hai fumato?”
Hannah ore 08.48 p.m. : “Perché?”
Edward ore 08.51 p.m. : “Marmotta? Sei seria?”
Hannah ore 08.56 p.m. : “Mi sembrava carino come soprannome …”

“A Edward Cohen piace la tua immagine del profilo”

Rise.
Edward ore 08.58 p.m. : “L’immagine del profilo fa vedere quanto tu sia normale, uhm.”
Hannah ore 09.03 p.m. : “Cos’ha che non va?”
Edward ore 09.04 p.m. : “Nulla. Mi piace, è carina.”

Si strinse i capelli rossi tra le ciocche. Gli sudarono le mani. Scrivere canzoni era una cosa, dire direttamente le cose era un’altra. Quasi si prese a parole perché a disegnare faceva schifo, altrimenti le avrebbe fatto un ritratto da spedirle.

Hannah ore 09.14 p.m. : “Marmotta… ?”
Edward ore 09.15 p.m. : “Si, H?”
Hannah ore 09.18 p.m. : “Hai credito?”
Edward ore 09.23 p.m. : “Si, perché?”
Hannah ore 09.24 p.m. : “ … così.”
Edward ore 09.27 p.m. : “Vuoi che ti chiami?”
Hannah ore 09.28 p.m. : “…Sono a letto, aspetto che il cellulare squilli.”

Lui rise, chiudendo lo schermo del computer facendolo andare in stand bye.
Prese il cellulare e, cercato il numero in rubrica mandò la chiamata.

“Marmotta.”
Ed era una constatazione.
“Ciao, H.”
“Ehi, ciao.”
Sorrise nervosa, girandosi dall’altra lato, fissando fuori.
“Che fai?”
“Sto cercando di togliermi la maglia senza far cadere il cellulare.”
E rise, lei con lui, però arrossendo.
Non aveva mai parlato con un ragazzo a telefono. Quasi le sembrava assurdo, anche se si conoscevano da circa tre mesi. E loro, avevano anche bruciato le tappe.
“Ti piace il nomignolo ‘Marmotta’?”
“Uhm…”
“Che significa ‘uhm’?!”
Sbottò lei, ridendo. Lui soffocò un’altra risata.
Perché rideva sempre quando la sentiva parlare. Le sembrava così indifesa solo dalla voce.
Mingherlina, parecchio.
“Sarebbe una specie di si, credo.”
“E che altro ti piace?”
Chiese curiosa lei, girandosi a guardare il soffitto bianco.
“In che senso?”
Lei rimase zitta. Neanche lei molto probabilmente sapeva cosa intendeva. Ma poi si fece la domanda da sola. ‘Cosa ti piace, Hannah?’
“Per esempio a me piace l’odore di bruciato. La coca cola che poi mi fa fare l’aria in pancia. Mi piace il profumo dei fiori, mi ricordano l’estate, e io amo l’estate. Mi piace il sole che col tempo colora la pelle, mi piacciono gli abbracci, le coccole, lo stile vintage  e le maglie enormi.”
Prese un lungo respiro, pensando cos’altro le piacesse.
“Mi piacciono le labbra carnose e i sorrisi dolci, dove si vedono anche le gengive. Mi piacciono i bimbi che ridono, la frutta, il cioccolato, i biscotti e le scarpe consumate che si differenziano da quelle nuove.”
E si fermò, lasciando che un silenzio piacevole calasse tra i due. Lui d’altro canto rimase muto, aspettando che lei continuasse, ascoltandola un po’ incantato.
“E che altro ti piace?”
Fu un semplice sussurro.
“Mi piace… mi piace… mi piace la musica al piano, il teatro e le stelle.”
“Le stelle?”
“Si, le stelle.”
E lui, d’altro canto, alzò lo sguardo al soffitto, incontrando le stelline che aveva attaccato con … Rose.
“I-io … Io ho delle stelline attaccate al soffitto.”
“Sul serio?”
“Si.”
E le osservò, come non faceva da tempo.
“Voglio vederle.”
“Le vedrai.”
“Mhh… okay.”
Sbadigliò, sentendo il sonno alle porte.
“Marmotta?”
“Dimmi, H.”
“Cosa piace a te?”
“Il sorriso di Rose.”
Cadde un silenzio. Era la prima cosa che gli era venuta in mente.
Lei dall’altro lato rimase muta, sbalordita, forse un po’ già gelosa di questa Rose che neanche aveva mai visto.
“Chi è Rose?”
“Solo una ragazza …. Di … della mia scuola!”
Disse frettoloso, sperando che lei non indagasse. Lui non andava a scuola … non più.
“Uhm… e che altro ti piace?”
Lui ci pensò un po’, rispose ancora.
“Mi piace il tramonto. Mi piacciono le vecchiette che danno consigli utili o gli amici che mi ascoltano. Mi piacciono i maglioncini e le camicie, che anche se indosso poco, mi danno l’aria da perfetto inglese. Mi piace il thé allo zenzero. E mi piacciono le mie Vans rotte e nere, e le converse grigie con cui ho girato un po’ di posti. Mi piacciono i libri e le margherite. Ma solo quelle, perché gli altri fiori mi ricordano i cimiteri. Mi piace il tennis e la musica classica, anche se l’ascolto poco. Mi piacciono le chitarre, e mi … mi piace cantare.”
Lei rimase sbigottita. Sorrise.
“Cantare?”
“Si.”
Gli cominciarono a sudare le mani, si passò una mano tra i ciuffi rossi.
“Cantami qualcosa.”
Lui rimase zitto, immobile.
Non poteva cantare. Già parlando con lei, si sentiva a disagio. E se cantando avesse scoperto la verità?
“Cosa?”
“Quello che vuoi.”
Si schiarì la gola, agitato. Il cuore gli batté veloce in petto.
“When you were here before. Couldn’t look you in the eye.”
Lo stomaco gli si contorse, le budella quasi gli uscirono dalla gola.
‘Non stai per vincere un premio, devi cantare solo a questa ragazza!’ si disse.
Saltò parte dei pezzi, sperando che il distacco non si notasse e che non rovinasse la canzone.
“But I’m a creep, I’m a weirdo. What the hell I’m doing here? I don’t bel…”
E si fermò, incapace di continuare.
Lei rimase con il cellulare stretto tra le mani. Chiuse gli occhi. Era … incredibile ciò che stava ascoltando.
“Non … basta. Non posso continuare.”
Lei aprì gli occhi, sentendo la magia crollare, spegnersi.
“P-perché?”
“Scusa.”
Lei non rispose. Anzi, si alzò e spense la luce sulla scrivania.
“Ho sonno” mormorò, ristendendosi con gli occhi chiusi.
“Buonanotte, H.”
Lei non disse nulla, sperò solo che lui non staccasse. Rimasero qualche minuto in silenzio, si percepivano solo i respiri di lui che in cuor suo si dispiacque per lei. Ma… non poteva rischiare.
“Marmotta?”
“Uhm…?”
“La tua voce. Mi piace anche quella.”
Lui sorrise evidentemente felice. Sentì il petto scoppiargli per la dolcezza di quelle parole e poi un ‘tu, tu, tu’ si espanse nel suo orecchio, fermando la conversazione.   




 




Scusate il ritardo. 
Love u. x

  
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