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Autore: Vals Fanwriter    17/05/2013    6 recensioni
Dal capitolo 4:
"Sebastian non si era mai sentito così strano, nel leggere una singola frase; provava un sacco di sentimenti contrastanti, in quel momento: dalla delusione all’esaltazione, dall’incredulità allo scetticismo. Tuttavia, non c’era altra spiegazione a quel fenomeno; era qualcosa di paranormale, una specie di varco, di macchina del tempo; era un intervallo che conteneva due anni, due anni che separavano Sebastian da Thad, due anni che separavano il passato dal futuro."
Thadastian, e un po' di Niff qua e là | Long-fic | Fluff, Romantico, Sentimentale, Triste, e molto altro… | AU | deliberatamente ispirata a "la casa sul lago del tempo"
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jeff Sterling, Nick Duval, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rating: Verde.

Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale, Triste, e molto altro…

Capitolo: 14/15 + epilogo.

Pairings: Thadastian.

Avvertimenti: AU; deliberatamente ispirata a “la casa sul lago del tempo”.

Note: Qualche parolina alla fine.

 


 

LH

 

Lake House

 

[…] non potevano esservi stati altri due cuori così aperti,
altri gusti così simili, altri sentimenti così all’unisono.

~ JANE AUSTEN ~

 

Capitolo 14

 

 

 

Passò un po’ di tempo prima che Cameron decidesse cosa era giusto fare. Non voleva scontrarsi di nuovo con Sebastian e sentirsi tagliato fuori dalla sua vita e dalle sue scelte. Sapeva perfettamente che, se si fosse permesso di mettere di nuovo parola sugli atteggiamenti del proprio migliore amico, quest’ultimo avrebbe sbottato definitivamente e senza contenersi più di tanto, in maniera molto peggiore rispetto all’ultima discussione che avevano affrontato.

Sebastian cercava di non darlo a vedere, ma si portava addosso una tensione che non riusciva ad abbandonare. Bastava una parola sbagliata e diventava gelido e distante. Per questo Cameron aveva deciso di lasciarlo sbollire da solo, in un primo momento; però, com’era ovvio, non cambiò nulla del suo comportamento. I suoi metodi, finalizzati a dimenticare Thad, chiaramente non funzionavano; gliel’aveva detto a voce, ma lui non aveva voluto ascoltarlo.

Probabilmente, continuava a balenargli in testa l’immagine di Thad, abbracciato ad un altro ragazzo, un abbraccio così intenso da sembrare che li stesse fondendo in un unico corpo. Era stato quello a fargli male, perché per quanto avesse potuto avvicinarsi a lui, Sebastian non avrebbe mai avuto tutto quello, sarebbe stato sempre un passo indietro, non avrebbe mai avuto l’occasione di stringerlo così.

A distanza di oltre un anno – Cameron lo sapeva – Sebastian non riusciva a smettere di pensarci, perché era evidente che quello che provava per Thad non l’aveva mai provato per nessuno.

A Cameron, però, era parso stupido fin dall’inizio, affidarsi ad una semplice immagine e pensare di non avere chance solo perché un ragazzo misterioso aveva stretto Thad tra le braccia. Aveva provato in tutti i modi, bruschi o delicati che fossero, a convincere Sebastian che, con tutta probabilità, quell’abbraccio non significava niente. Aveva smesso di insistere nel momento in cui Sebastian si era ritirato in se stesso, aveva ricominciato a fare baldoria di notte e a nasconderglielo, per giunta, il più delle volte.

Per lui, continuava ad essere un libro aperto, però, e quando si era reso conto che non sarebbe mai cambiato niente, se non avesse fatto qualcosa lui, aveva preso la sua decisione.

 

Al momento, si trovava nell’appartamento di Jeff Sterling. Stavano parlando del più e del meno, ridacchiando ogni tanto e commentando ora quel film, ora quel videogioco. Fuori di casa, il tempo sembrava essersi acquietato. Il parco, di fronte casa di Jeff, era illuminato da un sole accecante e l’aria era tiepida al punto giusto, rinfrescata appena da qualche rara folata di vento.

Jeff aveva offerto una bevanda fresca a Cameron e aveva messo in tavola una confezione di gallette dolci. Erano seduti nella piccola cucina accogliente di casa sua e l’atmosfera che aleggiava tra loro era spensierata, come ogni volta che si trovavano insieme a chiacchierare; metà del tavolo era occupato da una serie di libri e quaderni universitari e, pensò Cameron, conoscendo Jeff, erano lì a prendere aria dalla sera prima, in attesa di essere riutilizzati per fini consoni a se stessi.

Per fare conversazione, Cameron gli domandò appunto se avesse interrotto la sua sessione di studio, piombando lì senza preavviso ma, come previsto, Jeff negò.

‹‹Figurati, non hai interrotto proprio niente›› disse. ‹‹Stavo aspettando Nicky, il mio ragazzo. Abbiamo una commissione da sbrigare, ma sarà qui tra un’oretta, quindi…››

Nel dire quella frase, Jeff aveva sorriso più apertamente, senza nessuna traccia d’imbarazzo a colorargli le guance o a farlo sfuggire dal suo sguardo.

‹‹Vuoi che vada via?›› Gli chiese ugualmente. ‹‹Magari devi prepararti, non so.››

Cameron stava per alzarsi in piedi, ma Jeff lo trattenne, posandogli una mano sul braccio per indurlo a sedersi nuovamente.

‹‹Tranquillo, c’è ancora tempo. Puoi restare.››

Il ragazzo obbedì e lo ringraziò.

Continuarono a parlare indisturbati. Cameron aspettava il momento giusto per mettere in mezzo l’argomento che lo aveva portato lì, a far visita a Jeff. Cercò di ignorare quella vocina nella sua testa che gli diceva che non era giusto ricorrere a Jeff per avere informazioni su Thad, perché quello era indubbiamente l’unico modo che aveva per aiutare Sebastian e per fargli aprire gli occhi.

Magari, se avesse scoperto qualcosa di preciso sullo stato sentimentale di Thad e lo avesse riferito a Sebastian, quest’ultimo avrebbe cambiato direttive; si sarebbe messo il cuore in pace o, al contrario, avrebbe continuato a rincorrerlo a velocità sempre maggiore, fino a raggiungerlo e averlo per sé.

‹‹Il mio amico Thad dice sempre che, quando trovo qualcosa che mi piace, continuo a parlarne per settimane. Pensa che, ai tempi di Tekken 3…›› Jeff proseguì nel suo racconto, senza prendere fiato neppure un momento, agitando un biscotto davanti a sé e attendendo la pausa adatta per potergli dare un morso. Cameron ascoltò attentamente; il nome di Thad lo aveva riscosso dai suoi pensieri e ora stava all’erta, pronto ad infilare nel discorso le domande che gli premeva fare.

‹‹Non me ne stupisco. Sei sempre stato un ragazzino instancabile›› rispose, quando Jeff ebbe finito.

‹‹È vero›› asserì lui, soddisfatto, mordicchiando finalmente la galletta che teneva tra le dita.

Cameron, allora, ne approfittò, prima che l’amico potesse inghiottire e riprendere a parlare.

‹‹A proposito di Thad, non mi hai più detto se, alla fine, si è trovato bene con il mio consiglio.››

‹‹Parli della casa sul lago?›› Mugugnò Jeff, nascondendo la bocca semipiena con una mano.

‹‹Esatto. Come sta? Gli ha fatto bene?›› Chiese l’altro, cercando di apparire il più disinteressato possibile.

‹‹Molto. Ci ha messo un po’ di tempo per riprendersi, ma ora sta bene. Ha anche deciso di tornare in città. Due giorni fa, infatti, l’ho aiutato con il trasloco.››

I visi di Jeff e di Cameron, adesso, parevano nascondere sentimenti contrastanti. Negli occhi di Jeff si leggeva la felicità più assoluta; del resto, era chiaro che, durante il tempo che Thad aveva trascorso isolato dalla città, lui non doveva aver avuto modo di vederlo troppo spesso, perciò quella notizia non poteva farlo sentire diversamente. Cameron, invece, era deluso. Se Thad aveva deciso di lasciare la casa, significava che il ciclo degli eventi stava per ricominciare da capo e che Sebastian non avrebbe avuto la possibilità di trovarlo, di conseguenza.

‹‹Tutto bene?›› Jeff lo stava guardando con una smorfia e Cameron si ritrovò a sgranare gli occhi, a disagio.

‹‹Sì, scusa, stavo…›› Lasciò in sospeso la frase e scosse la testa, ridendo sommessamente per la figuraccia appena fatta. ‹‹Stavo pensando che dovremmo uscire insieme, qualche volta›› buttò lì. ‹‹Sai, tu, Nick, io, Thad e il fidanzato di Thad. Sarebbe… divertente, no?››

Si torturò le mani nascoste sotto il tavolo, nervosamente. Aveva quasi paura che l’ingenuità di Jeff, stavolta, non gli avrebbe dato man forte e che, in un modo o nell’altro, l’amico avrebbe intuito, o peggio frainteso, le sue intenzioni. Ma Jeff, per tutta risposta, arricciò il naso in maniera buffa.

‹‹Dubito che Thad porterebbe il suo ex-ragazzo con sé›› disse, scrollando le spalle con semplicità. ‹‹Ultimamente cerca di tenerlo a distanza, per evitare che lui speri ancora in un ritorno di fiamma. Ma penso che un’uscita solo noi quattro si potrebbe fare lo stesso.››

Cameron vide un barlume di speranza in quelle parole. ‹‹Davvero? Ma è fantastico›› esclamò, forse con troppo entusiasmo, dato che Jeff mise su un broncio inquietante e raggelante.

‹‹Sì, è fantastico di sicuro›› borbottò, prima di sporgersi sul tavolo verso di lui e scandire, ‹‹ma ricordati che il mio amico Thad non si tocca.››

Cameron arrossì vistosamente, a causa di quell’insinuazione, e si giustificò farfugliando che non aveva la minima intenzione di corteggiare Thad o roba simile. L’espressione di Jeff continuò a rimanere sospettosa, fino a che il citofono non li interruppe e il padrone di casa saltò su dalla sedia con uno squittio eccitato e felice che somigliava molto a un “È Nicky!”

Alla fine, scesero insieme da casa e a Cameron parve quasi di uscire sano e salvo dalla tana di un lupo. Sospirò mentre, salendo a cavallo della sua moto e salutando con un cenno della mano Jeff e Nick, si preparava mentalmente per sbattere la testa contro il muro che Sebastian si era accuratamente costruito attorno.

 

 

°*°*°

 

 

‹‹Fammi capire.›› Stava guardando l’amico con superficialità e scetticismo. L’espressione del viso era ferma in una composizione marmorea, le gambe elegantemente accavallate l’una sull’altra, le braccia rilassate lungo i braccioli della poltrona, gli occhi puntati sul volto del biondo. Quindici minuti erano passati, da quando quest’ultimo aveva messo piede in casa sua, e Sebastian non si era ancora preso la briga di cambiare posizione. ‹‹Solo perché adesso tu mi stai dicendo che Thad non ha un fidanzato, io dovrei alzarmi, abbandonare la mia piacevole lettura›› indicò con un cenno della mano un libro aperto a faccia in giù che giaceva sul tavolo, ‹‹e tirare fuori dal garage il mio cavallo bianco per andare a liberare la principessina dalla torre d’avorio in cui è imprigionata?››

L’amico rimase un lungo momento a boccheggiare, stupito dalle parole che avevano lasciato le sue labbra; era da molto tempo che non si comportava a quel modo, che non tirava fuori tutto quel sarcasmo. A sentirlo parlare così, Thad sembrava quasi essere entrato a far parte della schiera di pretendenti di cui a Sebastian non fregava minimamente. E apparentemente era così: Sebastian cercava di convincersi che fosse quello il punto, trattarlo esattamente come faceva con gli altri. Tuttavia, nei suoi occhi si riusciva a individuare la crepa profonda che il suo muro difensivo non riusciva a nascondere. Era una scintilla di tristezza mista a speranza, arrendevolezza mischiata con intraprendenza. Era diviso in due parti, Sebastian: da un lato, voleva dimenticare; dall’altro, voleva uscire di casa e rovesciare gli schemi del tempo. Sembrava quasi una bilancia che oscillava tra due pesi simili. Bastava aggiungerne un altro al posto giusto e avrebbe preso la sua decisione.

‹‹Dubito che Thad sia imprigionato in una torre, o anche solo in un appartamento›› si concesse di scherzare, Cameron, una smorfia simile a un sorriso che gli increspava le labbra.

‹‹Allora, io dubito che abbia bisogno di un qualsiasi tipo di intervento da parte mia›› rispose Sebastian, con l’indifferenza che mal celava i suoi veri sentimenti.

‹‹Stammi a sentire, Bas›› iniziò Cameron con estrema calma. Quando si trattava di Sebastian, era come avere a che fare con un toro ed essere vestiti disgraziatamente di rosso. Si sedette sul divano, poco distante dalla poltrona che occupava l’altro ragazzo, i gomiti poggiati sulle gambe e la schiena piegata leggermente in avanti. ‹‹Thad ha lasciato la casa sul lago, forse da un paio di giorni, forse tre, non lo so.›› Fece una pausa, ma Sebastian non lo interruppe; il suo sguardo sembrava starsi ammorbidendo e Cameron si sentì incoraggiato a proseguire dal suo silenzio. ‹‹Questo significa che sta per ricominciare tutto da capo. Thad ti lascerà una lettera e tu la troverai e poi voi…››

‹‹E allora?››

Cameron si concesse un attimo per respirare profondamente e studiare attentamente l’occhiata che gli stava rivolgendo Sebastian, ma questa non era tornata dura, severa o implacabile. Era calma, attenta.

‹‹Allora, se non fai qualcosa adesso, prima che riparta tutto dall’inizio, non riuscirai mai più a cambiare le cose. Lo perderai per sempre.››

Sebastian chinò appena il capo, tanto quanto bastava per non sentirsi addosso gli occhi dell’amico. Le sue sopracciglia erano piegate a formare un cruccio triste e indeciso, i denti erano lievemente affondati nel labbro inferiore. Quando parlò, la voce parve quasi inafferrabile alle orecchie dell’altro.

‹‹Ci ho già provato a cambiarle… e non ci sono riuscito. Cosa ti fa pensare che, riprovandoci, le cose andrebbero diversamente?››

‹‹Non ci hai provato›› obiettò Cameron, con tono risoluto e involontariamente impregnato di rimprovero. ‹‹Sei rimasto a guardare e basta, e hai creduto chissà cosa.›› Si fermò. Sebastian aveva assottigliato gli occhi, forse per il dolore, forse per la rabbia. Abbassò un po’ la voce e la rese più dolce, come a volerlo rassicurare. ‹‹Puoi ancora trovarlo, potete ancora essere felici insieme.››

Sentì distintamente il respiro di Sebastian, nel silenzio che regnava nella stanza, mentre inspirava profondamente. Non disse niente per quasi due minuti e Cameron stava per arrendersi al fatto che non avrebbe mosso un dito. Sobbalzò quando udì ancora una volta la sua voce.

‹‹Non posso, lo sai che non posso›› disse e alzò lo sguardo dal tappeto che ricopriva il parquet. Aveva gli occhi lucidi, arresi. ‹‹Se andassi da Thad adesso, non potrei dirgli chi sono e come lo conosco. Non potrei mostrargli le lettere che ho conservato, perché lui non ricorderebbe nulla.›› Ingoiò a vuoto, tentando di scacciare il nodo che gli opprimeva la gola. ‹‹Cambierei tutto e tutto quello che è successo tra noi scomparirebbe. La nostra relazione diventerebbe un’enorme bugia.››

Dunque, non era soltanto il presunto ragazzo di Thad, il problema. Cameron se n’era accorto solo adesso ma, probabilmente, negli occhi di Sebastian, aveva sempre lampeggiato quella malinconia, accompagnata da una semplice frase: “Non voglio che lui dimentichi.

La freddezza e l’indifferenza erano solo una maschera, un modo per lasciarsi indietro ogni proposito sbagliato, ma allettante, che comprendeva il cancellare tutto e ricominciare con Thad.

Si alzò in piedi, Cameron. Le palpebre di Sebastian tremavano e trattenevano lacrime amare e di disperazione. Non voleva piangere, non voleva inciampare di nuovo nel ricordo di Thad e, successivamente, reggersi in piedi a fatica. Chiuse gli occhi e, prima che potesse percepire i movimenti dell’amico, si ritrovò le sue braccia che lo avvolgevano in una stretta sicura. Non si premurò di dire niente; posò le mani sui suoi fianchi e nascose il viso nel suo collo, in un gesto assolutamente naturale. Da quant’era che non si lasciava abbracciare da lui?

‹‹Sei felice così, Sebastian?›› Sussurrò Cameron, ad un soffio dalla sua guancia, come fosse un sospiro dal suono un po’ diverso. ‹‹Lontano da Thad, intendo.››

Sebastian tacque per un lungo momento, poi emise uno squittio simile ad un flebile singhiozzo e scosse la testa lentamente, strofinando la fronte contro il collo dell’altro.

Cameron sospirò. ‹‹Allora, lasciamelo dire, sei un idiota›› disse, la sua voce però rimase bassa e dolce, calda. ‹‹Se pensi che lui potrà mai andare avanti senza di te, sei un idiota. Se pensi che potrà mai vivere una vita completa senza di te, sei un idiota. Perché è chiaro che siete legati e, se tu non riesci a smettere di pensare a lui, se non riesci a smettere di fare tutto quello che fai in relazione a quello che fa lui, come pretendi che per lui non sia lo stesso?›› Si allontanò leggermente per poterlo guardare negli occhi e la vide, la lacrima che stava per tuffarsi dall’angolo delle sue palpebre; così parlò ancora più piano. ‹‹Pensavo che Thad fosse la tua anima gemella. Adesso o tra due anni, che differenza fa?››

Il respiro di Sebastian si fece più veloce, quasi frenetico, mentre lottava contro la parte di se stesso che voleva scappare da quella realtà; ma Cameron continuava a stringerlo e quella sensazione di sicurezza lo faceva sentire tranquillo, la sua voce spianava la strada piena di ostacoli che pareva impedirgli di raggiungere Thad, rendeva ogni sua frase facile e vera.

‹‹Lo è›› si schiarì la voce un po’ roca e tremante, e poi ripeté con più convinzione, ‹‹lui lo è, è la mia anima gemella, è la parte di me che manca, che ho perso…››

‹‹Non lo hai perso. Non ancora.›› Affondò le dita tra i suoi capelli e vi lasciò una carezza. ‹‹Puoi ancora riprendertelo.››

‹‹E come faccio?››

Il suo cuore accelerò follemente, quando la risposta a quella domanda lasciò le labbra di Cameron.

‹‹Un ultimo tentativo. Un’ultima lettera.››

 

 

°*°*°*°

 

 

I segni delle sue scritte erano già tracciati sul foglio del suo block-notes, ma Thad era troppo assorto per rendersi conto che la punta della penna stava tornando indietro, per ripassarle.

Ritoccò una “S”, mentre l’insegnante del corso di fotografia parlava e mostrava qualche negativo alla classe. Ne avrebbe fatto girare qualcuno tra gli studenti per spiegare loro di cosa erano composti, anzi, forse lo stava già facendo. La testa di Thad percepiva frasi mozzicate, nomi di sostanze chimiche sconosciute alla maggior parte della classe, ma che lui ricordava di aver già sentito quando frequentava l’università. Non c’era posto, nella sua mente, per quei discorsi; era fin troppo satura, in quel momento.

Ritoccò una “e”, con un movimento fluido della mano, dandole spessore e una certa eleganza. Nella sua borsa, giaceva il libro della Austen che aveva preso a casa di Flint una settimana prima. Aveva iniziato a leggerlo e, com’era previsto, si era ritrovato nella storia di quella giovane donna che, persuasa da varie maldicenze, aveva accantonato i sentimenti che provava per l’uomo della sua vita, per seguire una via più facile. Otto anni dopo, lui era tornato.

Ritoccò la “b” e pensò a quanto fosse terribilmente combattuto. Aveva perennemente la testa altrove, era distratto, dimenticava le cose, dimenticava di avere un ragazzo, pensava a lui. Si chiedeva come fosse possibile che un semplice libro lo avesse fatto tornare indietro.

‹‹Sebas…›› mormorò, continuando a scrivere, perché era quella la risposta. Lui era la risposta a tutto. Era chiaro, provava ancora qualcosa per lui, e questo qualcosa era forte. Più forte di quello che sentiva per Flint, più forte di qualunque altro sentimento avesse mai provato.

Avrebbe potuto riempire pagine e pagine solo col suo nome e non si sarebbe mai stancato di sussurrarlo, respirarlo, viverlo. Se fosse stato vicino a lui, se ci fosse stata anche la più piccola possibilità di afferrarlo e tenerlo con sé, lui lo avrebbe fatto. Non ci avrebbe pensato neanche un attimo, avrebbe sconvolto la sua vita intera pur di realizzare quel minuscolo desiderio.

‹‹Sebastian.›› Completò la sua opera. La scritta occupava un angolo della pagina bianca. La osservò attentamente e poi bisbigliò impercettibilmente la domanda che lo tormentava da giorni. ‹‹Dove sei?››

Gli pareva di avere il cuore trafitto da milioni di aghi appuntiti e dolorosi, ogni volta che pensava a Sebastian. Era come vivere in bilico su una corda sospesa al di sopra di un burrone senza fondo. Voleva buttarsi, ma non sapeva quanto sarebbe stata spiacevole la caduta e cosa lo aspettava. Temeva di farsi male di nuovo, come quando si era trovato da solo, al Les Nomades, ad aspettare invano l’arrivo di Sebastian. Lì aveva capito che ciò che provavano era tutta un’illusione. Ma allora perché si sentiva così male? Perché non riusciva a smettere di corrergli dietro?

‹‹Dove sei?›› Ripeté a voce ancora più bassa, tanto che stavolta sembrò che stesse soltanto mimando quelle parole.

Sollevò lo sguardo stanco dal quaderno e si accorse che il professore stava riponendo i negativi. Qualche ragazzo era già in piedi, il proiettore era spento, il chiacchiericcio si era fatto insistente. Gli ci volle qualche minuto per capire che la lezione era terminata. Come aveva fatto a passare così in fretta il tempo, non sapeva spiegarselo.

Raccolse la tracolla dal pavimento e, con una lentezza involontaria, dovuta alla pesantezza che provava ai muscoli delle braccia, infilò quaderni e penne in borsa, alla rinfusa, senza preoccuparsi di piegare gli angoli della copertina del block-notes in tal modo; poi si alzò e si diresse verso la porta che conduceva al corridoio; nel farlo, non elargì alcun cenno di saluto all’insegnante o ai suoi compagni. Pareva muoversi meccanicamente. Una piccola parte del suo cervello doveva essere ancora connessa alla vita reale.

Mise piede fuori dall’edificio. Avvertì appena il venticello rinfrescare l’aria e la pelle rabbrividire a contatto con esso. Avrebbe percorso la strada di ritorno verso casa in quello stato, soprappensiero, magari rischiando di inciampare in qualche mattonella rialzata o qualche tombino, se un clacson squillante non lo avesse destato, proprio mentre si accingeva a dare le spalle al palazzo.

Sorpreso, puntò lo sguardo sulla macchina rosso fiammante di Nick. Era lì, accostata al marciapiede. L’amico aveva il finestrino abbassato quasi completamente. Intravide Jeff, al suo fianco, che si sporgeva verso il suo ragazzo per sventolare una mano in direzione di Thad.

‹‹Ehi›› esclamò, agitando più velocemente la mano, quasi temendo che Thad non lo avesse riconosciuto.

Quest’ultimo aggrottò la fronte e si avvicinò a loro. Si chinò appena per poter parlare attraverso la fessura creata dal finestrino semiaperto.

‹‹Jeff, Nick, che ci fate qui?›› Domandò, il pensiero un po’ più lontano da Sebastian, adesso.

‹‹Siamo venuti a prenderti›› rispose Nick con semplicità.

Jeff si sporse di più su di lui, le mani poggiate sulle sue gambe per reggersi. ‹‹Ci servi. Abbiamo una missione da compiere›› esclamò, il tono di voce allegro ed esaltato. ‹‹Salta su.››

Thad badò appena a Nick che scuoteva la testa, in seguito alle parole entusiastiche del suo ragazzo. Fece una smorfia e continuò a rivolgersi a Jeff.

‹‹Una missione?››

‹‹Beh, più che una missione sarebbe-››

‹‹Ti spieghiamo per strada›› troncò Jeff. ‹‹Adesso non c’è tempo, sali.››

Thad sospirò. Era pressoché inutile discutere con Jeff, perciò lasciò perdere, per il momento, qualsiasi domanda o spiegazione. Aprì lo sportello posteriore e si accomodò nell’auto dei suoi due migliori amici. Passare un po’ di tempo con loro gli avrebbe sicuramente fatto bene.

 

 

°*°*°*°

 

 

Erano quasi le tre del pomeriggio, quando Sebastian fu di ritorno dalla casa sul lago. Il giubbotto leggero lo riparava da qualche tenue folata di vento, entrambe le sue mani erano infilate nelle tasche dello stesso. Una delle due era stretta a pugno attorno ad una busta da lettere. La sua. Era ancora lì, non nella buca della posta, dove avrebbe dovuto essere.

Aveva sostato l’auto in un parcheggio poco lontano, per percorrere a piedi quell’inconsistente distanza che lo divideva da casa sua. Aveva bisogno di respirare.

Si fermò sul marciapiede, come se qualcuno di invisibile glielo avesse ordinato. Di fronte, c’era il Dealey Plaza, caotico e pieno di gente come al solito.

Voltò il capo lentamente, verso la piazza. Un ragazzo si distingueva tra la moltitudine di persone che andavano avanti e indietro, chiacchieravano, ridevano, vivevano il proprio tempo.

Thad era lì, una macchina fotografica tra le mani, gli occhi che osservavano concentrati attraverso l’obbiettivo, un piccolo sorriso gli adornava il volto. Riusciva a percepirlo, nonostante la distanza.

Fece un passo. Si arrestò sul bordo del marciapiede, il respiro veloce, il cuore impazzito, lo sguardo incantato.

Lì, a pochi metri da lui.

Avanzò. E poi smise di avanzare. Uno stridio di freni e un rumore sordo riempirono l’aria.


 

 

 




Ditemi quello che volete, ma io ancora non ci credo che siamo quasi alla fine. E anche se terminare la storia sembra essere l’unico modo per dare un lieto fine ai Thadastian, mi fa comunque malissimo il pensiero che al prossimo capitolo finirà tutto, in un certo senso. Sì, perché la storia vera e propria finisce al capitolo 15. L’epilogo è… beh, lo sapete cos’è, o almeno lo immaginate, no? In caso contrario, vi lascerò col dubbio.

E nulla, sono talmente tanto piena d’ansia che penso che non commenterò proprio niente. Il capitolo si commenta già da solo, del resto. Attendo le vostre maledizioni – varie ed eventuali – e vi mando tanti bacetti e ringraziamenti. Soprattutto a quello splendore della mia metà. ♥

Alla prossima. :**

 

Vals

 

 

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