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Autore: CodaViola    19/05/2013    1 recensioni
Oneshot su un crudele bandito senza scrupoli, e della bambina che gli salvò l'anima.
Armish, un elfo senza più emozioni o sentimenti, si trova ad affrontare il suo peggior nemico: una bambina di soli sette anni.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Armish correva senza una meta, era circondato da volti cinerei  che lo chiamavano per nome, ancora e ancora.

Persone morte, giovani in armatura, uomini austeri , tutti con sembianze distorte e maschere di dolore protendevano

le loro braccia cadaveriche verso l’elfo, chiedendo aiuto. Armish credeva di aver ormai dimenticato quegli uomini,

immaginava di non aver più nessun ricordo di quelle persone, dei suoi compagni, ma ancora una volta si dovette

ricredere, quei fantasmi sembravano quasi reali.

Adesso alle facce distorte di quei soldati se ne sostituivano altre, mai viste prima, di uomini dalle iridi scure come

le pupille, spettri con ghigni sadici e denti aguzzi e persino un drago nero venne fuori dal nulla.

In poco tempo l’enorme creatura, spalancate le fauci, inghiottì quei mostri, poi con uno schiocco richiuse le fauci.

L’incubo finì in quel momento, il drago implose e l’elfo si tirò su a sedere di scatto.

Quanti anni erano passati, ormai? Due? Tre? Quanti, da quando lui e i suoi compagni si erano trovati ad affrontare

una guerra persa in partenza? In quei tre anni si era lasciato parecchio andare, ma nessun fantasma era ancora

venuto a torturarlo, nessuno che gli rammentasse di essere l’unico reduce, seppur a fatica, di una battaglia che

nessuno avrebbe mai ricordato.

In tre anni passati ad uccidere e rapinare aveva lasciato scorrere la propria vita freneticamente, non aveva mai avuto

incubi di questo genere. Probabilmente perché la mia vita è stata continuamente un incubo, si ritrovò a pensare.

Scacciò queste riflessioni e lasciò vagare lo sguardo per la sua piccola “casa”, la sua radura in mezzo al suo bosco

infinito. Si ricordò allora della sua piccola ospite indesiderata, e di come si fosse comportato da idiota il giorno prima,

forse si era fatto coinvolgere emotivamente, e i suoi fantasmi erano riusciti a fargli visita per questo. Restava il fatto che

adesso aveva una ragazzina al seguito che gli avrebbe scombinato tutti i piani futuri e che, a proposito, era apparentemente

sparita dalla circolazione. Me ne sarò liberato? Quasi si dispiacque l’elfo, prima di sentire il peso di una testolina leggera

appoggiata alla sua spalla.

Armish si irrigidì di colpo, come aveva fatto a non accorgersene? Cominciava davvero a perdere colpi? O era solo terribilmente

stanco? Sta il fatto che si allontanò dalla piccola addormentata e si cambiò i vestiti umidi in fretta e furia. Aveva intenzione di

presentarsi al villaggio per vedere che aria tirava, magari facendosi scambiare per un uomo ricco che aveva perso il suo cavallo

in viaggio, e non voleva dare negativamente nell’occhio a quegli zoticoni, però… la ragazzina rovinava i suoi piani: la bambina

non aveva i vestiti adatti, e i suoi quattro straccetti lo dimostravano ampiamente.

Come se non bastasse, poi , l’elfo si sentiva tutto indolenzito a causa della nottata passata sotto la pioggia, e non si meravigliò

quando cominciò a starnutire ripetutamente.

-Oh, fantastico!Ci mancava solo il raffreddore, davvero!- Si lasciò scappare e si stupì di se stesso, di solito tendeva a non parlare da solo.

La bambina si svegliò con un sussulto, e rivolse i suoi occhioni viola verso l’elfo che notò il fatto che erano cerchiati di rosso; per

tutta risposta le lanciò sgarbatamente una tunica e dei pantaloni trovati chissà dove nel suo zaino: -Sbrigati, se tra cinque minuti

non sei pronta ti lascio qui.- Erano le prime parole che diceva da molto tempo, e si stupì di quanto la sua voce fosse diventata

brusca, quasi rauca, non voleva trattare così male la piccola dai capelli chiari.

Irritato si voltò di scatto e si inoltrò nella boscaglia, ritornando poco dopo con un frutto.

Porse la pesca alla ragazzina sperando che l’accettasse come una sorta di segno di pace, anche se la bambina non gli sarebbe

saltata al collo, ma era già un inizio… e poi non credeva di poter gradire un abbraccio.

La piccola accettò la pesca con un “grazie” e un sorriso dolce, e l’elfo pensò che in fondo non era poi così male avere compagnia

ogni tanto, anche se si trattava di una mocciosa rompiscatole.

I vestiti che le aveva dato le stavano davvero larghi, e cercò di aggiustarglieli delicatamente, ma non riuscendo ad ottenere l’effetto

sperato ci rinunciò con un sospiro.

-Vieni, andiamo- disse, e si incamminò con la bambina che gli trotterellava a fianco sgranocchiando la pesca.

-Ma che bella bambina che abbiamo qui! Come ti chiami, tesoro?-

Avevano raggiunto il villaggio verso mezzogiorno, e la prima abitante che avevano incontrato era una donna un po’ avanti con gli anni,

dagli occhi verdi e i capelli rossi come il fuoco, che teneva legati in una crocchia.

-Mi chiamo Millie- rispose con un sorriso a trentadue denti la bambina dagli occhi viola –E lui- e prese per mano l’elfo scorbutico –Lui

è il mio papà! E’ il papà migliore del mondo!- disse con un sorriso ancora più smielato.

Quella mocciosa è in gamba, si ritrovò a pensare lui, ha detto esattamente quello che la donna voleva sentirsi rispondere, però… PAPA’?!

Armish era sconvolto, insomma, avevano spiccicato sì e no quattro parole, e lei si atteggiava già a sua figlioletta, senza neanche avvisarlo

prima; decise che avrebbero fatto i conti in un secondo momento.

L’elfo cercò di sorridere alla donna, ma non era molto convinto del risultato.

-Non ho alcun dubbio- disse la donna, sorridendo a quella strana famigliola improvvisata, e se ne andò salutando Millie.

Almeno so il nome della mia “figliola”, adesso, pensò sarcastico, non che mi servisse a molto, comunque.

Si presentarono al resto dei paesani che li fermavano come un nobile e la sua bambina in viaggio per qualche meravigliosa città del sud, e

se i locali non erano molto convinti alla vista dell’elfo impassibile, si scioglievano di fronte ad una bambina a detta loro così adorabile.

Dopo una breve tappa per comperare vestiti decenti per Millie (non poteva portarsi in giro una bambina vestita di stracci), Armish si fermò

vicino alla fucina della piccola cittadella.

Era da un po’ di tempo che aveva intenzione di far revisionare la sua spada, fino a tenerla pulita ed affilata ce la faceva da solo, ma

l’impugnatura si stava consumando e, doveva ammetterlo, quella spada era davvero vecchia.

Consegnò la sua arma al fabbro, un uomo corpulento dai capelli grigio viola, che la fissò un momento perplesso, come se vedesse un

fantasma.

-Cimelio di famiglia,- Armish scrollò le spalle –potete riparare l’impugnatura?-

L’uomo annuì , tenendo delicatamente la spada.

–Tra una mezz’oretta sarà pronta di sicuro- Il fabbro sorrise, già pregustando il suo lavoro.

-Abbiatene  cura, mi raccomando- Armish sembrava quasi preoccupato.

-Non si preoccupi, signore, quando tornerete sembrerà quasi nuova- L’energumeno si voltò, già pensando a quale magnifico lavoro

avrebbe potuto fare con un’arma forgiata con così tanta perizia.

La bambina aveva osservato quello scambio di battute in silenzio, ma quando Armish si allontanò abbastanza, non si trattenne dal

chiedergli:- Quell’uomo sembra aver riconosciuto la tua spada, vero?-

Armish osservò la ragazzina che gli trotterellava al seguito –Mi stupirei del contrario, il modello appartiene alla Guardia Reale- 

Millie lo guardò ancora più incuriosita –Eri un cavaliere, prima di diventare un bandito?-

-Non potrei aver semplicemente rubato quella spada a qualcuno?- Armish era irritato.

-Hai rubato quella spada a qualcuno, allora?- Millie teneva i suoi occhi viola puntati su di lui, ma non c’era traccia di paura, solo di

curiosità, in quelle sue due ametiste.

-No, ero un cavaliere, contenta?!- Adesso l’elfo era arrabbiato, non avrebbe dovuto darle spago dal principio. Come per riflettere il

suo stato d’animo starnutì con violenza, coprendosi il volto con le mani.

In quel momento desiderò ardentemente poter far fuori qualcuno.

Millie continuava a trotterellargli accanto, apparentemente senza accorgersi dell’umore dell’elfo, il quale decise che una bella

chiacchierata con la mocciosetta era davvero d’obbligo.

Superato qualche incrocio e stando bene attento che non ci fosse nessuno nei paraggi, Armish infilò una viuzza laterale, poco

illuminata e soprattutto deserta.

Si dispose ad un’estremità della stradina.

-Io e te dobbiamo fare quattro chiacchiere- esordì con tono minaccioso.

Millie abbassò lo sguardo, sembrava quasi rassegnata al peggio.

-Prima di tutto, non so chi credi che io sia, ma di sicuro non sono tuo padre. Non ho assolutamente intenzione di accrescere le tue

speranze o illusioni: non ti ho salvata. Non ho mai avuto intenzione di farlo, mi sei solo capitata in mezzo ai piedi. Se credi che non

possa ucciderti, beh, ti sbagli di grosso, non mi conosci per niente, quindi ora togliti di torno e spa...spar...sparisc-ETCIA’!-

Avrebbe voluto farle un bel discorsetto, sarebbe stato il suo ultimo tentativo di allontanare la bambina, darle una possibilità di rifarsi

una vita, ma quel maledetto raffreddore aveva rovinato tutto: non solo parlava nasalmente, dando un tono osceno al discorso, ma

adesso non riusciva neanche a finire una frase senza uno starnuto. Provò e riprovò senza successo a continuare la sua “chiacchierata”,

ma dopo l’ultima raffica di starnuti ci rinunciò. Rimase in silenzio a guardare in cagnesco un manifesto affisso al muro della stradina.

-Se è per questo, so chi sei, tu- Millie interruppe il silenzio terrorizzata.

-Prego?- Armish distolse i suoi occhi dalla locandina per fissarli in quelli spauriti della bambina.

-Sei il Demone dalle ali d’argento, il bandito di cui parlano tutti. La mamma aveva cercato in tutti i modi di stare alla larga dal tuo territorio…

ma non ha pensato agli altri fuorilegge.- Le tremava la voce e tenne gli occhi incollati al suolo.

Armish sorrise, un sorriso crudele e glaciale: -Beh, complimenti, buon intuito. Adesso vatt…ETCIA’!-

Per la rabbia diede un pugno sul muro, il manifesto si staccò e svolazzò fino ad appiccicarglisi in faccia.

GLI OCCHI DELLA LIBERTA’ era scritto in bella grafia con un inchiostro verde scuro, e sopra vi erano raffigurati due occhi da gatto di un bel

viola intenso. Armish accartocciò con rabbia il foglio e senza pensarci se lo mise in tasca, ancora più irritato.

Che razza di slogan era, “gli occhi della libertà”? Non avevano davvero più fantasia per inventarsi titoli ad effetto? E che voleva dire, poi?

E quegli anonimi occhi viola? Falliti, dal primo all’ultimo
.

Questo era più o meno il pensiero dell’elfo, che stava cercando di sfogare la sua rabbia su quello strano manifesto.

Si  voltò infine a prestare la sua attenzione alla bambina, che era rimasta immobile al suo posto, con gli occhi sgranati, e che non sembrava

intenzionata a retrocedere.

-Allora? Che hai deci-TCIA’?!- Un altro, irritante starnuto.

-T-ti senti bene?- La bambina gli si avvicinò piano.

-NO! Non sto bene, okay?! Ho il raffreddore, magari mi viene la febbre, e tu continui a ronzarmi intorno: NON sto bene.- Armish finalmente esplose,

ma si sentì subito in colpa, non voleva essere così brusco con lei, dopotutto aveva appena perso la madre.

Le sue ultime parole sembrarono sortire l’effetto sperato, la bambina si girò e corse via.

Quasi quasi l’elfo si dispiacque, ma era quello il suo obiettivo; sperava che la bambina ricominciasse una nuova vita, si trovasse una famiglia

decente e che magari si dimenticasse di lui.

Si incamminò verso l’altra parte del vicolo, ancora nervoso e con un raffreddore che non accennava a smettere.

Aveva passato la mezz’ora seguente in giro per il villaggio, stando bene attento a non incontrare la bambina, ma di lei nessuna traccia.

Probabilmente si era nascosta in giro, ma Armish notò con irritazione di cercarla con lo sguardo ogni volta che girava ad un incrocio.

Strinse forte i pugni , finalmente era libero, doveva solo riprendersi la sua spada e sarebbe tornato nell’ombra e nel silenzio della sua

foresta, senza più nessuna scocciatura a tormentarlo.

Si diresse a passi svelti verso la fucina, pensando a come si sarebbe potuta trovare quella bambina, almeno l’aveva lasciata con dei vestiti decenti.

Girato l’ultimo angolo per il fabbro, però, se la ritrovò di nuovo tra i piedi. Stava allegramente conversando con l’uomo dai capelli grigi,

oltre ai suoi nuovi vestiti sottobraccio teneva una bustina di carta e sembrava davvero divertirsi con quell’uomo, tutto sorrisi e simpatia.

Che cosa disgustosa, decise di fare dietrofront, sarebbe tornato a prendere la sua arma in un altro momento.

Peccato che l’elfo corpulento, accortosi di lui, se ne uscì con un: -Avete una bambina davvero deliziosa!- e Armish dovette

costringersi a salutare l’uomo, avvicinarsi e dire con voce smielata: - Già, sono davvero fortunato.-

-
Papà, papà, ti ho portato delle erbe… l’erborista ha detto che con un infuso alla mattina e alla sera, in qualche giorno

dovresti rimetterti-  All’inizio la bambina era entusiasta, ma mano a mano che continuava a parlare abbassava sempre

di più lo sguardo, fino a fissarsi le sue piccole scarpette logore.

Che razza di uomo sei, che ti fai accudire da una bimbetta così insignificante? Disgustoso, davvero disgustoso, dannazione!

Smettila subito, stai irrimediabilmente marcendo!

Armish strinse ancora più forte i pugni, e poi con un sospiro aprì le mani.

-Grazie, grazie davvero, Millie. Però non avresti dovuto rapinare l’erborista.- Le passò delicatamente una mano sulla testa e le

sorrise. Millie non  sembrava molto convinta, rimase impalata al proprio posto, alzando di tanto in tanto gli occhi sul volto dell’elfo.

-N-non ho rapinato l’erborista…- La bambina si morse il labbro inferiore.

Armish non riuscì a trattenersi, era una situazione troppo assurda; il povero malcapitato spettatore di quella specie di commedia

familiare non sapeva cosa pensare degli scambi di battute tra “padre e figlia”, ma si rilassò subito quando Armish scoppiò a ridere.

Non era una risata finta, di circostanza, ma più che altro una risata sollevata, come se si fosse finalmente liberato di un peso

semplicemente troppo grande da portare sulle spalle.

Sempre ridendo chiese indietro la spada, e senza soffermarsi molto sulle ottime riparazioni effettuate lasciò scivolare un sacchetto

di monete sul banco da lavoro, molte di più di quante servissero. Si allontanò di qualche passo ridacchiando, e accorgendosi che la

bambina non lo seguiva si girò: -Vieni?-

Millie a quel punto sgranò gli occhi, coprì la distanza che la separava dall’elfo di corsa e lo abbracciò fino a dove riusciva ad arrivare.

Armish salutò il fabbro per l’ultima volta e si incamminò con la bambina al seguito, la sua lama riparata e tutto il lavoro e le responsabilità

di tenere una bambina addosso.
  
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