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Autore: Deenhia    20/05/2013    1 recensioni
"Mi odiavano perché ero diversa ma per loro sbagliata, sì perché chiunque fosse diverso da loro era sbagliato, dannatamente sbagliato".
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Capitolo 2

Mi svegliai frastornata. Cercavo vanamente di aprire gli occhi e di capire cosa stesse succedendo, mi riusciva quasi impossibile anche respirare: l’aria era così apprensiva e soffocante. Mi sentivo morire.
Iniziai a tossire rumorosamente, avevo la gola in fiamme e la testa vuota. Non capivo, non riuscivo a capire.
Cercai di alzarmi, caddi violentemente a terra e sentii il braccio piegarsi sotto il mio peso. Provai e riprovai ad alzarmi, ma era tutto inutile.
Mi sentivo diversa, era strana la sensazione che provavo…Come se d’un tratto avessi cambiato corpo.
Riuscii ad aprire gli occhi. Appena li aprii, la luce mi fece perdere per un attimo il senso dell’orientamento.
<< Finalmente…Sono passate ben tre ore e pensavo ti non saresti più svegliata >>.
Avrei riconosciuto la voce di mia madre anche tra il caos più totale. Era rauca e malvagia, lo si capiva. Mi mancava il rapporto che avevo con lei da bambina, il fatto che a lei importasse di me, che era sempre pronta a starmi vicino. Ora no, ora era tutto diverso, lei era diversa…Non avevo mai scoperto il perché di questo suo cambiamento, sapevo soltanto che un giorno successe qualcosa di terribile che la condizionò terribilmente.
Mi alzai e mi guardai: delle catene mi tenevano per i polsi e per le caviglie. Ero notevolmente diversa, non riuscivo più a vedere le mie ali, e sentivo il mio viso cambiato. Alzai lo sguardo e piegai la testa in una smorfia di disapprovazione.
<< Perché? >>, le chiesi impaurita.
Lei si avvicinò lentamente, sembrava che non gli importasse che fossi sua figlia.
<< Lo hai voluto tu…-sospirò- Te lo dico l’ultima volta, uccidi quel ragazzo altrimenti uccidiamo David >>.
Cercai di afferrarla, ma si spostò. Caddi all’indietro tirata dalle catene.
<< Non posso…è una cosa crudele! >>, risposi con gli occhi lucidi.
<< Allora dici addio a David >>.
Si voltò e iniziò a camminare.
Sentivo il cuore galoppare veloce, tremavo. Avevo paura. Non potevo lasciare che uccidessero David, lui era la persona più importante per me, ma non potevo nemmeno uccidere un povero ragazzo che probabilmente non ricordava nulla.
<< Io l’ho persuaso >>.
Mia madre si voltò, i suoi occhi si infuocarono e assunse un’espressione irata. Non avrei mai dovuto dirglielo, ma ormai non mi importava di nulla.
Il cuore mi si fermò un attimo quando mi prese per il collo e mi strinse. Gemetti leggermente e quando notò che mi stava facendo veramente del male mi mollò e io caddi a terra allo stremo delle forze. Mi rialzai e debolmente cercai di alleviare il dolore.
<< L’ho dovuto fare! >>
<< E perché?!Sentiamo! >>, urlò.
<< Perché c’erano loro, loro che mi seguivano, mi avevano spaventata! >>
<< Hai paura di tua sorella e del suo ragazzo?!Come ti permetti?! >>, mi tirò uno schiaffo e io caddi nuovamente a terra.  
Non riuscivo a capacitarmi del perché mi trattasse così, ogni volta che la vedevo per una cosa o per l’altra, trovava sempre il modo di farmi del male.
Poggiai le mani a terrà e alzai gli occhi per guardarla.
<< Lo farò >>.
Sorrise maliziosamente.
<< Perfetto >>.
Mi alzai per l’ennesima volta e mi voltai verso Jasper, era compiaciuto di quel che mi avevano ridotta a fare. Stavo realmente male.
<< Liberatela >>.
Mi portò con se nella sala del trono, il luogo in cui praticamente non faceva nulla per tutta la sua giornata.
Cercavo di riscaldarmi le braccia con i palmi delle mani ma sembrava inutile.
<< Mi potresti dare qualcosa da mettere, per favore? >>
Chiamò una delle tante fate che erano lì e gli disse qualcosa silenziosamente, ero quasi sicura che gli aveva chiesto dei vestiti per me.
<< Visto che bello il tuo nuovo corpo? >>, si sedette delicatamente sul trono e poggiò le mani sul suo candido vestito bianco, che faceva risaltare la sua pelle scura e i suoi occhi turchesi.
<< Perché questo cambiamento? Voglio tornare com’ero! >>
<< Perché secondo te puoi andare in giro per una città sotto le vesti di un ibrido praticamente sconosciuto al mondo?! >> disse alzando il tono della voce verso il finire della frase.
Quella fata mi portò degli strani pantaloni e un corpetto che era di un tessuto piuttosto morbido.
<< Cosa sono? >>, chiesi curiosa.
<< Gli abiti che usano gli umani >>.
<< E chi sono? >>,chiesi ancora più curiosa.
<< Una razza malvagia che a causa di ciò che ha visto quel ragazzo potrebbe scoprirci ed ucciderci >>.
Sospirai tristemente.
Indossai quel che mi aveva dato mia madre e poi uscii fuori.
Tornai a casa, entrai e mio padre mi venne incontro. Mi aveva riconosciuto e non per l’aspetto, bensì per l’odore. Mi strinse e poi mi guardò sconcertato.
<< Cos’è successo?!Dov’è David?! >>
Sentii il cuore cedere sotto la pressione di un dolore che mi uccideva dentro. Non mi capacitavo di quel che avevo fatto, di quel che era successo. Dei brividi mi percorrevano la schiena. Scoppiai a piangere.
<< Oggi ho incontrato un umano e loro l’hanno saputo e ora mi hanno ricattata dicendomi che devo uccidere quell’umano altrimenti uccido David >>.
<< Sono degli esseri orribili, dobbiamo andare a riprendere David, così non potranno più ricattarti! >>.
<< Sarebbe inutile, sono molto più forti di noi >>.
<< Questo è vero, ma non puoi uccidere un povero ragazzo! >>.
Era irato e non poco, mi sentivo in colpa. Era tutto nelle mie mani, e nonostante mio padre volesse intervenire in qualche modo, il suo intervento non avrebbe fatto altro che aggravare la situazione, così tentai di calmarlo e poi andai a dormire. O meglio, cercai di dormire.
Passai la notte sveglia a rimuginare su un possibile modo per salvare entrambi i ragazzi, ma nulla balzava nella mia testa. Mi sentivo vuota. Capivo che probabilmente ogni mio tentativo sarebbe stato vano e che alla fine, per colpa mia, uno dei due sarebbe morto.
Senza rendermene conto poggiai una mano sulla guancia, sulla quale sentii il calore delle lacrime che mi stavano rigando il volto.
Sinceramente, non capivo perché mia madre avesse tanta paura degli “umani”, dopotutto sembravano così esili e indifesi, non avrei mai pensato che potessero essere una minaccia per le fate.

Era l’alba e il cielo, color roseo, era costernato di nuvole. Mi alzai senza far rumore e sgattaiolai fuori, mio padre non mi avrebbe permesso di andare, così dovetti fare tutto di nascosto.
Uscii fuori e una leggera brezza mattutina fece svolazzare i miei capelli. Strinsi lievemente gli occhi per proteggermi dalla polverina che si era sollevata a causa del venticello.
Presi il foglio che si trovava all’interno della giacca datami da mia madre.
Lo aprii e: dovevo andare in un college chiamato “Princenton”.
Arrivai al cancello della scuola e restai a guardarla un po’, non avevo voglia di entrare. Soltanto all’apparenza, l’edificio mi dava la sensazione di un luogo in cui le menti e i pensieri venivano oppressi e probabilmente era così, ma anche se contro la mia volontà, dovetti entrare.
Sapevo che il ragazzo frequentava il corso C, così cercai di seguire le lezioni di quel corso.
Lo riconobbi a fatica, il suo sguardo, i suoi occhi mi furono d’aiuto. Ricordavo quel grigio quasi metallizzato, era stupendo.
Era il cambio tra la quinta e la sesta ora e, notando che tutte le ragazze andavano spesso e volentieri in una stanza, decisi di andarci anche io. Arrivai davanti alla porta e un grosso cartello era occupato dalla scritta “WC”, entrai e vidi alcune ragazze parlottare in un angolo, altre intente a truccarsi e altre ancora poggiate ad una delle porte.
Mi guardai attorno spaesata, e mi resi conto soltanto dopo, che si trattava del bagno.
Mi avvicinai ad uno dei lavandini e misi le mani sotto l’acqua, che era calda, molto calda. Mi voltai per asciugarmi e di fronte a me vidi uno specchio. Mi ci avvicinai e mi sembrava impossibile che la figura che vedevo riflessa fossi io: capelli lisci e rossi, occhi azzurri, pelle scura. Ero diversa, decisamente. Mi avvicinai ancora di più allo specchio e allungai un braccio tentando di sfiorare la figura che vedevo.
Sentii un risolino e ritrassi subito il braccio, mi voltai e vidi delle ragazze ridere e mi chiesi il perché. Non credevo di aver fatto qualcosa di tanto anormale, così uscii dal bagno e ritornai in corridoio.
Camminavo assorta nei miei pensieri: ero completamente diverso prima.  Avevo dei lunghi capelli ribelli, ricci e indomabili color del miele, due grandi occhi color smeraldo e la pelle chiara, chiarissima che sul volto era costernata da mille lentiggini.
E’ vero che non dovevo farmi riconoscere dal ragazzo e che non dovevo somigliare in alcun modo a quella che era la mia vera natura, ma in quel corpo, mi sentivo completamente spaesata.
Andai a lezione: epica.
Entrai nell’aula e mi sedetti all’ultimo banco vicino alla finestra. Ero la prima, così restai a fissare fuori: le foglie autunnali cadevano volteggiando a terra, come in una danza; qualche uccello volava qua e là; il vento soffiava leggermente e dei bambini giocavano allegramente nel cortile di una casa di fronte alla scuola.
D’un tratto entrarono tutti e io rimasi perplessa dal forte baccano che erano riusciti a creare.
Una ragazza alta, bella con uno sguardo magnetico mi si avvicinò.
<< Scusa, ma quello è il mio posto >>, sogghignò.
La guardai e non riuscii a spiccicare parola.
<< Dai, Sophie, lasciala. E’ nuova >>, una voce penetrò di fianco a me, era la sua voce.
La ragazza si voltò e lui le sorrise, poi si andò a sedere qualche posto più avanti.
Mi girai verso il ragazzo e sussurrai un timido “Grazie” giocando nervosamente con una ciocca di capelli.
<< Di nulla >>, rispose.
Ero riuscita, dopo un intero giorno ad avere un contatto con lui. Sembrava così disponibile e leale, e ciò che più mi faceva male era sapere cosa gli avrei fatto.
Entrò il professore e annunciò il tema della lezione: creature fantastiche e mitologiche.


Angolo autrice: spero che leggiate anche il secondo capitolo e che almeno questa volta lasciate un commento! Grazie a tutti!
Deenhia.
  
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