Un viaggio per
conoscersi
Salveee!! Siamo
DarkSelene89Noemi e DenaDena, rispettivamente diventate Rory e Dedy! Si tratta
della prima collaborazione per una storia, quindi non garantiamo alcunché su quanto ne uscirà! Abbiamo scelto Iori come
protagonista perché a nostro parere esistono troppi scrittori che lo ignorano,
e questo non ci sembra corretto! Pertanto, ecco che arriviamo noi a rendere
giustizia a questo personaggio! XD
Ora, poiché abbiamo parlato fin troppo, vi
lasciamo alla lettura, sperando che quanto abbiamo progettato e scritto vi piaccia!
Appuntamento al secondo capitolo...
buona lettura!
Rory e Dedy
***
Capitolo primo: Nantes
Iori Hida non avrebbe mai creduto di
ritrovarsi lì, nella sua posizione, solo per assecondare il proprio superiore. Quel
dannato del suo principale, era solito pensare il giovane ventitreenne
riferendosi all’uomo. Non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi lì, su quel volo
Pechino-Nantes, per quell’assurdo lavoro!
E invece, a conti fatti,
non si trovava in una felice posizione. Era stato incaricato di intervistare
persone a lui semi-sconosciute, alti esponenti di varie professioni, solo per un quasi folle progetto del suo direttore. Di cui tra
l’altro a lui non interessava nulla.
E per di più era dovuto
partire il giorno dopo il suo compleanno... e si era dovuto preparare tutto
velocemente quella stessa mattina! Questo era ciò che maggiormente lo aveva
irritato.
Perlomeno, era stipendiato profumatamente dal
suo capo.
Cullato da queste considerazioni e
accompagnato da un repentino cambio di posizione finalizzato alla ricerca di
una posizione abbastanza comoda, il ragazzo
s’addormentò quasi senza accorgersene.
Interruppe il proprio sonno solo
quando il rumore provocato dall’aero in fase d’atterraggio lo destò. Il
sogno che aveva interrotto aveva come protagonista il responsabile del suo
giornale nel momento in cui gli aveva affidato quello che lui ancora reputava
un “noioso incarico”.
Ma tra tanta gente proprio lui doveva
viaggiare?, si chiedeva continuamente il giovane Hida,
non troppo entusiasta di adoperare la sua conoscenza in Paesi esteri per
intervistare persone mai sentite nominare.
In parole povere, se ne avesse
avuta la possibilità, Iori Hida sarebbe volentieri rientrato a Pechino in quel
medesimo istante in cui quel pensiero si faceva, per l’ennesima volta, largo
nella sua mente.
Eppure, la realtà era che in
quel momento le suole delle sue scarpe stavano calpestando il suo
dell’aeroporto di Nantes. Pertanto, volente o nolente, arrivato a quel punto
doveva per forza adempire al proprio dovere.
E per fare ciò doveva sbrigarsi ad
intervistare quel tale cestista Takeru Takaishi, di cui tra l’altro non aveva
mai sentito parlare, in modo tale da poter lasciare il prima possibile
Ora occorreva recarsi in albergo e mettersi in
contatto con la squadra della star, che era già stava avvertita anzitempo
dell’arrivo del giovane giornalista.
Era il 22 ottobre, e arrivare di sera era
stata un’ottima idea, così ci avrebbe perso un giorno
in meno, in quella nazione che non aveva mai particolarmente amato.
***
Quando Takeru Takaishi aprì
gli occhi, si maledì silenziosamente per non aver chiuso la persiana del
balcone nella sua camera la sera precedente.
Entrava troppo sole, infatti, e la luce non
gli aveva mai permesso di dormire bene.
Per questa ragione, quindi, non gli rimaneva
altro da fare che abbandonare definitivamente il caldo del suo letto.
Si diresse quindi verso la causa del suo
risveglio, spalancando quel balcone che fino a un
attimo prima aveva odiato, ma che ora gli permetteva di ammirare il parco della
sua villa che si ergeva maestoso anche in quel sorgere del 23 ottobre.
Viveva da solo da quando
suo fratello aveva deciso di andare a studiare in Italia. Nonostante
il suo cognome giapponese, il giovane dagli occhi chiari aveva anche parenti
francesi, che gli avevano permesso di crescere a Nantes. Una fortuna,
considerato che grazie a quest’opportunità adesso
parlava perfettamente tre lingue:il francese,
l’inglese, e ovviamente il giapponese, la sua lingua madre.
Era lo scrutare l’orizzonte a portargli alla
mente suo fratello. Figura importantissima nella vita del giovane cestista,
purtroppo non faceva più parte della sua quotidianità. Da quando viveva in
Italia, infatti, Yamato si era sentito pochissime volte, sebbene non mancassero
le e-mail e le lunghe chiacchierate che numerosi programmi di messaggistica istantanea rendevano possibili.
Tuttavia, non era la stessa cosa dell’averlo
al suo fianco, e questo Takeru lo sapeva bene.
Non potendo cambiare la situazione, però, era
anche inutile continuare a pensarci rendendola ancor più difficile di quanto fosse, pertanto il ragazzo rientrò in camera, chiudendo
quella porta di quel balcone che affacciava su troppi suoi ricordi.
***
Domenica 23 ottobre 2016, pomeriggio.
Iori Hida aveva sbrigato tutte le faccende
burocratiche che il suo lavoro imponeva. Il giorno dopo durante un allenamento
avrebbe avuto modo di intervistare quel tale Takeru in tempo per prendere
l’aereo delle 15 che lo avrebbe portato a Berlino dove avrebbe dovuto
intervistare un famosissimo programmatore. Tanto importante che la sua nomea
era giunta persino in Cina.
Ora si stava recando a pranzo presso un
grazioso ristorante che aveva adocchiato la sera precedente
mentre raggiungeva il suo albergo. Solo sperava fortemente che fosse
aperto anche a pranzo.
Il ventitreenne si ritenne molto fortunato quando riuscì a sedersi al tavolo di quel
ristorante, ma ancora non sapeva che con lui, quel giorno, il destino ancora
non aveva chiuso la sua partita.
Poco dopo, infatti, in quel locale entrò un
biondo dagli occhi azzurri che Iori conosceva. O meglio, di
cui aveva sentito parlare, poiché era a lui che avrebbe dovuto fare un’intervista
il giorno successivo.
E, guarda caso, l’unico
posto disponibile in tutto il locale era al suo tavolo.
In poche parole, per uno strano scherzo del
destino, Iori Hida, in quella domenica 23 ottobre, si trovò a pranzare allo
stesso tavolo di Takeru Takaishi, per lui non una star mondiale ma
semplicemente un perfetto sconosciuto.
***
“Takeru Takaishi... giusto?”
Il biondo alzò gli occhi dal proprio menù,
stupito dalla titubanza con la quale le era stata posta quella domanda.
Possibile che nel mondo esistesse ancora qualcuno con dei dubbi sulla sua
identità o che faticava a riconoscerlo? Impossibile... il mondo stava proprio
andando a rotoli.
“Sì? In cosa posso esserle utile?” chiese
gentilmente allo sconosciuto con il quale condivideva
il tavolo.
“Sono Hida Iori.” ripose
semplicemente il suo interlocutore.
A Takeru quel nome sembrava
familiare... sicuramente l’aveva già sentito, ma dove? Poi, ricordò
tutto: era il giornalista che il giorno dopo l’avrebbe
dovuto intervistare.
In realtà, Takeru non era stato mai troppo
entusiasta di questa cosa, e ritrovarselo davanti prima del tempo non lo garbava affatto.
Aveva dipinto il giovane come uno dei
tantissimi noiosi giornalisti che voleva intervistarlo quotidianamente, senza
neppure conoscerlo.
L’età ancora non gli aveva insegnato che non
si giudica senza sapere.
“L’intervista è domani.”
Furono queste quattro parole il frutto dei
ragionamenti di Takeru.
***
“Tuo fratello gioca a basket, vero Yamato?”
Un ragazzo ventottenne, appena interpellato,
si voltò verso colui che aveva formulato quella
domanda.
“Sì... come mai me lo chiedi Alessandra? E poi te l’avrò detto miliardi di volte!”
La ragazza, di qualche anno più piccola del
giovane Ishida, si lasciò sfuggire un sorriso.
“Sì, questo lo so.
Semplicemente non deve essere semplice sentirlo spesso... vero?”
Yamato evitò di risponderle. Sapeva bene che
quello della sua ragazza era un modo di attirare la sua attenzione, e tra
l’altro pure odiato dal giovane cantante.
Nessuno sarebbe riuscito a gettare fango sul
rapporto con suo fratello...
***
Magari non era stato
eccessivamente carino, di questo era consapevole. Eppure era stufissimo
di tutti quegli stolti giornalisti con cui aveva
quotidianamente a che fare.
Sebbene l’espressione del
ragazzo che aveva di fronte non fosse delle più gaie, Takeru iniziò a pranzare,
considerato che il cameriere aveva appena servito loro quanto avevano ordinato.
“A quanto vedo neanche tu sei molto entusiasta
di questo evento.”
Qualche volta basta una semplice frase posta
in un determinato modo, a scatenare un’infinita curiosità anche nel più
taciturno interlocutore.
“No, non mi allieta affatto.
Anzi, trovo il tuo lavoro di una noia mortale e un
inopportunità stratosferica.”
Tuttavia Takeru Takaishi non era quanto si
potesse definire una persona cordiale.
“Anche io trovo i fondi spesi per le
associazioni sportive una risorsa gettata al vento per
motivi totalmente irrisori.”
E una persona non
cordiale va ripagata con la stessa moneta. Iori era piccolo
quando aveva appreso questo concetto.
“Almeno noi non modifichiamo la verità dando
in pasto all’opinione pubblica notizie talvolta, anzi oserei insinuare spesso,
prive di fondamento.”
Forse il giovane Takeru non era cordiale, ma
non era uno di quegli energumeni senza cervello di cui era ricco il suo settore
lavorativo. Un minimo d’accortezza l’utilizzava anche lui. Abbastanza per aver capito il ruolo della stampa nel mondo.
“Ma voi avete bisogno
di noi, per raggiungere la vostra gloria. Per farvi conoscere dai vostri fan.”
E Iori era riuscito a
incastrarlo. O almeno a intrigarlo.
“E voi avete bisogno di noi, per poter
sfornare ogni giorno una notizia nuova da dare in pasto al vostro pubblico.”
Anche Takeru, con un
paragone molto inerente al luogo in cui si trovavano, era riuscito a
controbattere.
Sì... quei due erano proprio nati per
conoscersi.
***
“Andiamo Yamato... dimenticalo!
Siete in due Stati completamente differenti per una moltitudine di cose! E poi lui di musica non capisce nulla, preso com’è da quell’insulso sport!”
Alessandra Cinibisco,
ventisei anni, era ciò che comunemente veniva definito
una ‘vipera’. Per lo meno Yamato era di questo parere,
ed era la sua ragazza! Figuriamoci per un estraneo...
A volte Yamato aveva la tentazione,
fortissima, di lasciarla... ma non poteva. Non avrebbe
retto le conseguenze...
***
“Sembra che abbiamo trovato
un accordo o mi sbaglio?”
Era stato Takeru Takaishi a formulare quella
domanda, che riassumeva quanto si erano detti silenziosamente. La professione
di entrambi, infatti, aveva bisogno di quella dell’altro.
Dunque, erano stati messi da
parte inutili screzi precedenti o pregiudizi di una vita, con l’intenzione di
unire le proprie forze verso la realizzazione di un obiettivo comune.
Quella maledetta intervista.
“È per istituzione che non mi lascerò
intervistare.”
Ecco che quando tutto sembra essersi risolto,
l’eccessivo orgoglio di una star distrugge prontamente le cose e rimescola le
carte in tavola.
Iori rimase allibito... ora come avrebbe fatto
senza intervista? Con che coraggio avrebbe preso l’aereo per Berlino senza le
dichiarazioni che doveva rilasciargli Takeru?
Mentre pensava ciò, non si
accorse che qualcosa di fronte a lui stava cambiando.
Non appena si riscosse dalle sue riflessioni,
si rese conto che Takeru Takaishi aveva lasciato il locale... senza aver
saldato il proprio conto. Che strano elemento, quel biondino...! Una cosa era certa: semmai lo avesse rincontrato sulla
propria strada, gli avrebbe fatto rimpiangere talmente quella giornata che per
tutta la vita avrebbe ricordato cosa avesse fatto domenica 23 ottobre 2016, all’ora di pranzo.
Ma in quel momento
l’unica soluzione per Iori fu quella di saldare il conto dicendo al cameriere
che sapeva di dover offrire anche alla stella del basket. Mentre attendeva di venire a conoscenza dell’importo che avrebbe speso, il
giornalista notò un foglio lasciato sul tavolo sicuramente da Takeru. Lo prese,
deciso a portarlo con sé.
Non avendo amicizie o semplici conoscenze in
quella città, il giovane Hida ritenne opportuno tornarsene in albergo.
***
L’aereo era appena decollato, e Iori Hida fu
immensamente felice della cosa. Stringeva tra le mani la cartellina nella quale
per il momento conservava il foglio lasciatogli da Takeru. Il ragazzo vi aveva
scritto una breve sintesi del suo lavoro. Altezzoso, ma
corretto. Fu così che in sintesi lo aveva definito Iori. E
sarebbe anche diventato volentieri suo amico, se non avesse lasciato il
ristorante senza pagare il conto.
Ora però non era più tempo di rimuginare su
quanto era accaduto a Nantes: Berlino era vicina! E
Iori sperava di cuore che gli riservasse un’accoglienza migliore rispetto a
quella che la città francese gli aveva propinato.