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Autore: bells swan    26/05/2013    5 recensioni
Bella è innamorata persa di Edward. Edward è il cliente abituale della tavola calda dove lei lavora.
E se un giorno Edward si facesse avanti?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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La mia vita è cambiata radicalmente quasi cinque anni dopo.
Ricordo benissimo quanto mi sentissi solo quando non conoscevo ancora mia moglie e mi consideravo l'unico erede dei Masen. È incredibile ora avere una famiglia numerosa: dei genitori amorevoli e dei fratelli, così come una moglie e un figlio. Facciamo due.
Bella era incinta, cinque anni fa. Il suo ritardo non era dipeso dallo stress ma perché era incinta. Non poteva esserci notizia migliore di questa.
Mio figlio Garrett è nato sette mesi dopo quella scoperta, nascendo prematuro. Ero un po' spaventato dalla cosa ma non c'era nulla di cui preoccuparsi. Il bambino era la copia sputata di sua madre: sempre affamato e sempre a parlare. Che emettesse quegli adorabili grugniti tipici dei bambini o mi facesse dei veri e propri discorsi che comunque capiva soltanto lui, parlava sempre. E io gli sorridevo come uno scemo.
Bella era partita per la tangenziale.
Se non fosse stato mio figlio, con molta probabilità sarei stato geloso di quel bambino dalle adorabili fossette, gli occhi marroni e i capelli bronzei come i miei. Era l'unica cosa che ha preso da me. Ma io ero così orgoglioso quando dicevano, testuali parole: "è la tua copia sputata, Bella". Lei arrossiva, io sorridevo mostrando tutti i miei denti, quasi.
La cosa negativa, l'unica, era che quel bambino è stato viziato. Sempre in braccio a qualcuno, sempre pieno di regali da parte di chiunque, sempre al centro dell'attenzione.
Una parte di me si odiava, l'altra non riusciva a resistere al pianto disperato di mio figlio. E Bella ha sempre detto d'altronde che i suoi figli sarebbero stati viziati. Nemmeno lei riusciva a rifiutargli qualcosa.
Sapevamo che era una brutta cosa ma fino a quando sarebbe stato piccolo, non c'erano problemi. Adesso che ha cinque anni, le cose iniziano a cambiare. Anche se il pianto di un'ora di Garrett mi strazia l'anima. Alla fine è per il suo bene.
L'unica cosa su cui non ho mai cambiato idea è il farlo dormire nel nostro letto. Poteva certamente dormire nella nostra camera da letto ma nel suo lettino. Qualche volta ho ceduto solo per Bella, perché lei lo voleva vicino. Ho già detto che lei ha sempre saputo che i suoi figli sarebbero stati viziati?
La verità è che non potevo certamente lamentarmi, e neanche volevo.
Le cose con i miei veri genitori e i miei fratelli andavano sempre meglio. Era stato difficile riuscire a vedere altre figure come mamma e papà quando avevi pianto e soffrivi ancora dentro per la morte di coloro che hai sempre considerato tali, ma con l'aiuto di Bella le cose sono migliorate.
Sono stato sincero quando le ho rivelato che non le avevo detto nulla per non farla preoccupare di quelli che io consideravo semplici sospetti, ma a ben pensarci, se potessi ritornare indietro, le direi tutto.
Avevo bisogno di lei, solo non volevo che non dormisse la notte come facevo io. Non ho pensato invece che è successo l'esatto opposto di quello che volevo perché senza saperlo la facevo soffrire.
Avevo poi sempre affrontato qualsiasi problema da solo, senza l'aiuto di nessuno. Non ero ancora capace di dividere pesi e pensieri con una figura al mio fianco, anche se mia moglie.
Sono stato un'idiota ma mia moglie ha capito che l'ho fatto innocentemente e mi ha perdonato. Alle volte penso sia troppo buona, ma alla fine l'amo anche per questo.
Salto sul sedile quando giungiamo a destinazione. «Va bene, si fermi qui» ordino al tassista. Prendo dalla tasca dei pantaloni tre banconote e senza nemmeno vedere quanti soldi sono glieli lancio.
«Tenga il resto» urlo uscendo dal taxi mentre l'eco dei suoi "grazie" urlati a gran voce mi accompagnano dentro l'ospedale. Devo avergli dato parecchio ma al momento non me ne frega nulla. Non quando mia moglie sta per partorire in questo preciso momento.
Maledetto, fottutissimo traffico del lunedì mattina newyorkese.
Non prendo nemmeno l'ascensore. So che con questo arriverei prima, ma attendere mentre quella luce illumina quei numeri senza fare nulla mi farebbe pensare di aver rallentato. Corro per le scale invece. Questo mi aiuta.
Quando noto tutta la mia famiglia, la mia e quella di Bella, nella sala d'attesa, corro verso di loro. «Dov'è?» chiedo a Jessica, la prima che mi nota.
«Dentro, mancavi solo tu» mi dice alla svelta.
Noto che in braccio tiene mio figlio ma non mi soffermo per baciarlo. Lo farò con grande calma dopo. In questo momento voglio solo vedere mia moglie.
Soffre.
È questo il primo pensiero che faccio quando la sento urlare. E poi corro. Nella sua direzione, indossando in fretta e furia una mascherina e il camice che mi danno. E quando la raggiungo, sento che quello è il mio posto. Al suo fianco.
«Amore.» Voglio che sappia che sono con lei.
Non risponde; prende solamente la mia mano e stringe forte, troppo forte, quasi a rompermela. Ma nemmeno questo importa. L'ha fatto una volta e mi ha regalato Garrett. Lo potrà fare altre mille volte.
«Ancora, Bella. Spingi ancora» la incita il medico.
Vedo mia moglie scuotere la testa. Il suo viso è rosso e bagnato dalle lacrime, i capelli bagnati di sudore. «Non posso...»
Le stringo la mano cercando di infonderle tutto l'amore che provo per lei. «Ci riesci, amore mio. Mi senti? Ce la fai. Sei la donna più in gamba che abbia mai conosciuto, sei la donna di cui mi sono innamorato. Se sei riuscita a sopportare per sei anni me, riuscirai a sopportare per un po' questo dolore» mormoro cercando di farla sorridere intendendole che sono un rompiscatole.
Cosa impossibile ma non importa. Questo sembra convincerla.
«Vedo la testa. Ancora un piccolo sforzo, su!»
Bella non è l'unica ad essere sudata o a piangere. Soprattutto quando sento per la seconda volta quel pianto, il primo di tanti altri che seguiranno negli anni a venire. Mai suono è stato così bello.
«È stupenda» mormora il dottore sorridendoci.
Stupenda? Oh mio Dio, penso sorridendo e piangendo allo stesso tempo.
«È una bambina» osserva emozionata Bella, sfinita ma felice.
La sua mano stringe ancora la mia e la mia testa è attaccata alla sua.
«È bellissima, come te» le dico con la voce rotta.
Ed è vero. Perché nonostante sia così stanca, con i capelli sudati e il viso stravolto, la luce che brilla nei suoi occhi la rende la donna più bella che io abbia mai visto. Come sempre d'altronde.
Un moto d'amore, d'orgoglio e di felicità mi pervade dentro quando Bella prende in braccio la bambina.
«Amore...» sussurra mia moglie, del tutto presa dalla nostra bambina.
Come darle torto? È semplicemente stupenda, tutta piccina e piangente fra le braccia di sua madre. La mia principessa, la mia regina... entrambe mie.
«Ti amo» bisbiglio baciando Bella sulla fronte. «Ti amo, ti amo, ti amo!» ripeto con sempre più forza.
Non è mai troppo presto o tardi per ricordarglielo.
Il sorriso che mi rivolge è il più bello di sempre. «Ti amo anche io. Mi hai reso così felice!»
E si sbaglia. È stata lei a rendere felice me. Lei e i nostri due bambini.

 
Sta riposando, adesso. Io non riesco a chiudere gli occhi nemmeno se volessi. Ammiro estasiato la mia bambina fra le mie braccia mentre anche i suoi occhi sono come sgranati sulla mia figura. L'ammiro e memorizzo ogni singolo particolare del suo viso paffuto sentendo quasi dolore per la troppa felicità.
«Quanto ti amo, amore mio» sussurro per non rischiare di svegliare mia moglie.
Accarezzo con l'indice la sua manina che subito si richiude attorno al mio dito stringendo con forza. I suoi occhi sono ancora su di me e io mi sento quasi cadere per terra. Non riesco nemmeno a capire da me come mi sento. Avrei voglia di soffocarla di baci ma allo stesso tempo ho paura di farle del male. Sembra scomparire fra le mie braccia.
«È permesso?»
Mi volto quasi infastidito che qualcuno abbia interrotto questo momento solo mio e della mia bambina ma sorrido quando vedo una Jessica raggiante con in braccio mio figlio. E dietro di lei le nostre famiglie.
«Venite» li invito.
Si dirigono tutti verso di me, guardando estasiati la bambina.
«Ah, guardala. Edward, so che è presto per parlare ma assomiglia tantissimo a te» mormora mia sorella.
È strano chiamarla così, com'è strano ritrovarmi a pensare ai miei genitori con i volti di ben quattro persone – perché per me i miei veri genitori sono anche coloro che ho considerato sempre tali. O avere un fratello come migliore amico. Emmett è stato grande, mi ha aiutato moltissimo. Perché se Alice, Carlisle e Esme cercavano di farmi trovare a mio agio già subito come una famiglia, Emmett prima ha cominciato a comportarsi da amico. Il resto è venuto da sé.
«Io spero per quella bambina che abbia preso tutto dalla madre. Guardala, Eddy: è stanca morta ma è uno splendore, tu fai schifo!» esclama l'amico in questione.
Gli rivolgo un finto sorriso. «Come sei dolce.»
«Come ti senti?» sento chiedere a Rosalie, mia cognata.
«Sto bene.»
Mi volto sorpreso quando sento la voce stanca di mia moglie. Pensavo dormisse e invece no. Rosalie è vicino a lei. Anche loro due hanno legato tantissimo, soprattutto perché Rosalie è già madre e Isabella ha potuto confidarsi spesso con lei durante la sua prima gravidanza, esporle i suoi timori, chiederle qualunque cosa sui suoi dubbi.
Mentre compio quei tre passi per posizionarmi al suo fianco, gli occhi di Bella vengono catturati dalla bambina mentre un radioso sorriso compare sul suo volto.
Stando bene attento a non fare del male a lei e a non disturbare mia figlia, gliela passo con molta delicatezza. Ho tanta voglia di fare una foto e di portarla sempre con me. Mamma e figlia insieme, mentre si guardano come se fossero all'interno di una bolla indistruttibile.
Commosso, mi volto verso Jessica prendendo in braccio Garrett. È stato buonissimo nel non voler attirare l'attenzione. «Amore» sussurro mentre si stringe a me stile koala.
Non risponde. Preferisce affondare il suo volto nell'incavo del mio collo e stringere le sue piccole braccia intorno ad esso. Lo stringo forte, riuscendo a stento a controllarmi, mentre un moto d'amore si fa strada in me verso la mia famiglia, quella vera. Quella che si chiude all'interno di casa mia la sera.
E mentre osservo come incantato gli altri parlare con una Bella sorridente e felice, mi sento completo e appagato. Perché a renderla felice sono stato io, nessun'altro. Non credevo che avrei fatto qualcosa di buono dopo aver perso il mio punto di riferimento, i miei genitori. Mi ero concentrato sul lavoro, solo su questo. Non pensavo che avrei mai potuto raggiungere questa felicità: una moglie, due bambini... una famiglia numerosa. La mia vita non è stata un fallimento, dopotutto.

 

 

 

Spazio autrice

 

Ed eccoci qui, alla fine. Devo dire che non avrei mai pensato di poter concludere anche questa storia. Alla fine, sono felice di averlo fatto. Spero vi sia piaciuto leggerla, anche se gli aggiornamenti non sono stati proprio costanti, perché alla fine è soprattutto per voi che l’ho ripubblicata c:

vi ringrazio dal più profondo del cuore, un bacione a tutti <3

   
 
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