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Autore: Isa0ic    26/05/2013    1 recensioni
«I nomi sono importanti quando vivi in un mondo come questo», mormorò, il viso adombrato dal chiaro di luna mentre fissava la sigaretta, le dita, la terra. «Un nome può esserti utile. Lo puoi vendere, lo puoi scambiare, lo puoi usare. Sono vere e proprie merci che non dovresti sottovalutare».
In un mondo diverso da quello che conosciamo, gli esseri della notte convivono... non così pacificamente. Le tenebre avvolgono il Bastione in un abbraccio amaro e del sapore del ferro, mentre il sangue scorre e minaccia di interrompere un filo sottile che lega insieme le entità soprannaturali. I Cacciatori ascoltano e il cambiamento sta per arrivare... Sarà un gruppo di ragazzi a dover affrontarlo tra avventura, sangue e passione.
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo II
Capitolo II
~Susan~
 
Era notte fonda e la luna piena era alta nel cielo quando la vampira venne portata di fronte a un annoiato Raphael Beaumont, che la osservava da dietro due occhiali da sole che, se si fosse trattato di qualcun altro, chiunque avrebbe additato e deriso. Certamente non aiutava il fatto che la maggior parte dei vampiri nella stanza fosse incapace di vedere, così come la posizione di Raphael all’interno della gerarchia del nostro clan, che scoraggiava ulteriormente chi, invece, aveva ricevuto il dono della vista.
Personalmente preferivo rimanere in silenzio nella mia posizione, la schiena contro il muro, evitando di attirare attenzioni indesiderate.
Quando Nasiri, lunghi capelli biondi che ricordavano così tanto il fieno, fece il suo ingresso seguita dalla donna dagli occhi bendati, Raphael rimase immobile, lo sguardo fisso davanti a sé e i capelli corvini modellati tutti da un lato in un’acconciatura che gli donava un’aria bizzarra ma elegante. Studiava la vampira dai folti capelli rossi, la mascella possente e un corpo longilineo che pompava, almeno in apparenza, vita, con quella che era la sua espressione più disinteressata, emanando al tempo stesso l'autorità di cui era stato investito e un profondo senso di rispetto che penetrava nelle ossa di chi riusciva a vederlo, così come in quelle di chi non poteva.
La vampira Nasiri si fermò a pochi passi dal divano dove Raphael sedeva con un braccio a sollevare la testa da un lato e le lunghe gambe accavallate con nonchalance. Un sorriso meschino si dipinse sulle labbra di lei, che ceca si rivolse a tutti noi quando annunciò, «Abbiamo visite».
Desiderai poter alzare gli occhi al cielo, ignorando quella frase tanto scontata quanto inevitabile. Nasiri aveva sempre avuto snervanti manie di protagonismo, e con la sua anzianità e la sua forza era anche una di quelle vampire che non desideravi deludere, quindi chiunque l’aveva sempre assecondata. Sempre.
La sala scoppiò in un boato di approvazione a cui mi unì. Un boato che, quando non accennò ad affievolirsi, fu Raphael a interrompere con una parola in confronto a Nasiri sussurrata, ma letale.
«Silenzio».
E silenzio fu.
Il signore del Clan si alzò, finalmente abbandonando la sua posizione, muovendosi a una velocità lontana anni luce da qualsiasi altro vampiro e ritrovandosi faccia a faccia con la donna che Nasiri aveva condotto lì. A una frase da lui mormorata la bionda si allontanò riunendosi a quelli che erano sempre stati i suoi compagni di caccia, sorridendo malevola nonostante nessuno dei tre potesse vederla. Icaro, il vampiro tutto muscoli e niente capelli che sedeva per terra, la schiena contro la parete, fu l’unico ad accoglierla con un cenno brusco del capo, fissandosi le punte delle vecchie e logore scarpe da ginnastica. Thiago, il cantastorie, ed El, il più taciturno del gruppo, la ignorarono, entrambi concentrati sugli avvenimenti di quella sera o semplicemente troppo impegnati a pensare ai propri affari.
Impegnati a meditare altre uscite clandestine che questa volta Raphael avrebbe scoperto e affatto ignorato.
Ora, però, Beaumont era impegnato a torreggiare sulla nuova prigioniera, a fissarla da dietro le spessi lenti nere e tondeggianti con quella che riconobbi come concentrazione. Quella stessa concentrazione che lo aveva reso il vampiro perfetto per diventare Capoclan: un mix letale di spietatezza, menefreghismo e furbizia.
«Celinè DeLacroix». Scandì a voce alta in modo che tutti i presenti sentissero. Con lentezza e voluta malizia allungò una mano verso il viso di lei e lasciò che le sue dita le percorressero il profilo del collo, soffermandosi per lunghi e pesanti secondi sulla sua giugulare prima di risalire fino alla benda che le copriva gli occhi.
La strappò.
«Spero tu abbia fatto un buon viaggio». Affermò in tono colloquiale, facendo un passo indietro e incrociando le braccia robuste sul petto. Celiné sbatté più volte le palpebre prima di ricambiare lo sguardo del vampiro, studiando rapidamente la stanza e soffermandosi con gli occhi fissi nei miei, le iridi castane piene d'odio e qualcosa di più umano… Confusione.
Ebbi una certezza: Celiné non conosceva il motivo per cui si trovava qui, con noi.
E vedeva. Celiné vedeva. Celiné vedeva con occhi che non potevano appartenerle.
«Giochi con il fuoco, Beaumont», disse la donna, la fronte aggrottata e uno scintillio accusatorio negli occhi. Dalla mia postazione potevo vedere i muscoli degli avambracci guizzare sotto la canottiera bianca che portava, far forza contro le catene insanguinate che le circondavano i polsi. «Se credi che gli altri Clan ti faranno passare anche questo ti sbagli. Ho uomini lì fuori pronti a perdere la vita per me».
«Io non gioco, Celiné». Fece Raphael, tornando al suo divano e ricadendovi sopra con estrema eleganza. Questa volta alzò i piedi su uno dei morbidi cuscini che ricoprivano la vecchia stoffa, e il mio sguardo corse alla vampira, la cui espressione mimava ora alla perfezione quella del nostro Capoclan.
Era impassibile.
«Non sei cambiato affatto, vedo. Stupido come al solito».
Raphael sorrise debolmente. «Anche tu sei come ti ricordavo: bugiarda e manipolatrice come poche puttane sono capaci di essere».
L’aria nella stanza sembrò farsi più tesa e Celiné, la furia nello sguardo, serrò la mascella di fronte alle risa denigratorie che alcuni sciocchi le riservarono. Io desiderai appiattirmi ancora di più contro la parete a cui davo le spalle, sprofondando in me stessa e lontana dagli occhi fin troppo capaci di uccidere della vampira. Raphael, però, mi aveva costretta a esserci per quella notte, sostenendo di aver bisogno del mio aiuto.
Peccato fossi certa se la potesse vedere più che bene anche da solo.
«Ma tranquilla, Celiné. Non sei qui per le tue doti a buon prezzo, per quanto sia certo delle tue capacità», continuò il Capoclan, ignorando gli sguardi carichi di terribili promesse di lei, passandosi una mano tra i capelli, per ravvivarli. «Sei qui per alcune accuse che ti sono state rivolte».
«Accuse?».
«Accuse». Confermò lui, riassumendo un tono estremamente annoiato, come se l’unico motivo per cui si trovasse lì fosse la stupidità della vampira – cosa che sembrò infiammarla ancora di più. Raphael iniziò allora a elencare con voce lenta e strascicata, come un bambino che elenca le sue infinite malefatte ai genitori con un sorriso stampato in volto.
L’unica eccezione era che Beaumont non sorrideva.
«Sei accusata in primo luogo di aver alterato la tua versione dei fatti per quanto concerne l’attacco a uno dei covi dei Cacciatori di questa città».
Mi raddrizzai. Avevo sentito parlare dell’attacco avvenuto in uno dei distretti più interni del Bastione, ma non avevo dato troppo peso alla faccenda. Evidentemente avevo commesso un errore.
Celiné puntò lo sguardo chiaro su Raphael, trattenendo con difficoltà una smorfia che poteva significare solo la presenza dei suoi canini, fuoriusciti dalle gengive in un gesto di ribellione e profonda mancanza di rispetto. Per sua fortuna, però, riuscì a resistere all’impulso di mostrarli al vampiro.
«Per quanto apprezzi il tuo spirito di iniziativa», continuò il Capoclan dopo un breve silenzio, il viso imperturbabile. «Le leggi parlano chiaro, e senza un ordine esplicito saresti dovuta rimane a cuccia. Ciò sarebbe facilmente risolvibile, certo, se non per la presenza di alcuni simboli ritrovati dai nostri Cercatori, due giorni fa, sul luogo del delitto».
Simboli?
«Non so di cosa tu stia parlando, Beaumont». Fece Celiné, fissandolo con occhi vuoti. I polsi stretti nella morsa della catena insanguinata adesso tremavano appena, ma non riuscii a capire se per lo sforzo di resistere al dolore o quello di far silenzio su ciò che sapeva. «Non sono stati i miei vampiri ad attaccare il covo, anche se mi congratulerei volentieri con i fautori di tale gesto».
«Seconda accusa», la voce di Raphael era ora dura, velenosa, affatto inespressiva. «Sei bollata di alto tradimento quindi, nel bene o nel male, non uscirai viva da questo edificio».
Il silenzio nella stanza venne spezzato. Decine e decine di mormorii si unirono in coro, sussurrando frasi e parole che variavano da tristi “alto tradimento” a divertiti “spacciata”. Gli occhi di Celiné dardeggiavano con rabbia contenuta a stento e rivolta a tutti i vampiri presenti di fronte alla sua vergogna. Potevo leggere nei suoi occhi il desiderio di fare qualcosa, il senso di ingiustizia che sentiva e qualcosa di più intimo, qualcosa che si avvicinava assurdamente ad accettazione. Accettazione di ciò a cui stava andando incontro: un’accettazione infuocata che le avrebbe tolto la vita, o quel che ne restava, lasciandola alla memoria dei Clan come una bugiarda e una traditrice, per il resto dell’eternità.
Perché i vampiri non dimenticavano tanto facilmente.
«Richiedo le prove», disse con voce ferma, sotto cui però si celava un leggero tremito. «Richiedo le prove per un’accusa simile».
Raphael si alzò dal divano, scrollandosi di dosso la lunga giacca nera e rimanendo con indosso un’attillata t-shirt rosso sangue che gli metteva in evidenza il fisico slanciato sopra i jeans scuri. Lasciò la giacca dietro di sé prima di avanzare, lentamente, le mani in tasca e gli occhiali da sole al loro posto, che stonavano alquanto con il resto dell’abbigliamento e della serata.
Poi, visto che la mia forza di volontà non era bastata a farmi sparire oltre il muro, il Capoclan puntò un braccio verso dove mi trovavo e piegò un dito, indicando di avvicinarmi.
Gli occhi di Celiné si fissarono nei miei.
«Susan Blasar», disse Beaumont, piegando la testa verso di me nel momento stesso in cui iniziai ad avanzare. «È con noi da qualche anno, ormai, e ha un talento fuori dal comune».
Si avvicinò a Celiné, che lo guardava fisso negli occhi con freddezza. Qualcosa in lei sembrava sul punto di attaccare per difendere la propria sopravvivenza, nonostante non lo avrebbe fatto.
Sembrava un predatore messo all’angolo da un mostro inatteso e più spietato di lui.
Raphael le mise una mano tra i capelli e tirò all’indietro, senza troppi convenevoli. La vampira gridò, mostrando i canini in un gesto istintivo e meritandosi un secco “tsk, tsk, tsk” da parte del Capoclan. Quest’ultimo mi lanciò un’occhiata da dietro la spalla, facendomi segno di avvicinarmi ed esponendo il collo di Celiné, spostandole con garbo i capelli dietro le spalle. Lei ringhiò, agitandosi debolmente nella stretta del vampiro e delle catene di sangue, ma Raphael fece ancora più pressione sulla sua nuca, sibilando, «Se mi costringi a sporcarmi le mani e gli occhiali, giuro che ti ucciderò ora e subito e cercherò un motivo qualunque per giustificarlo ai superiori».
La donna si immobilizzò, gli occhi castani fissi sul soffitto della stanza.
«Susan», continuò il vampiro in tono colloquiale, senza guardarmi. «Vede cose che gli altri non vedono. E non è una battuta», precisò. «Perché io stesso non ci riesco. Sono però sicuro la nostra ragazza saprà dirmi se dalle tue labbra sono uscite le solite frasi pompose o la pura e semplice verità».
«Non troverà nulla», disse Celiné, la mascella rigida. «E farò rapporto per questo. Non hai il diritto di farlo. Non hai il diritto di tenermi qui».
Con una rapidità fuori dal comune Raphael le afferrò il mento, costringendola a guardarlo negli occhi e sorridendo appena, i canini ben in evidenza. «Guardami mentre ti uccido».
«La pagherai». Sussurrò lei, e Beaumont spostò lo sguardo verso di me – o almeno, voltò il viso, fronteggiandomi con gli occhiali da sole in maniera abbastanza eloquente da farmi venire i brividi.
«Cosa devo cercare?». Domandai con voce che sperai essere ferma e decisa, all’altezza della situazione.
Raphael sollevò un angolo della bocca. Per un momento sembrò che un’espressione amara gli attraversasse il viso, ma subito dopo tornò a essere il solito, inespressivo e sprezzante Beaumont. «Un croce, greca credo, e una scritta che le sia vicino. Veritas lux mea».
Lo sguardo di Celiné si fece tagliente, fisso sul Capoclan, e un sorriso meschino le si disegno sul viso. Non parlò, tuttavia, e io sfruttai il momento per studiarle la linea del collo, fino alla mandibola, non trovando nulla di strano. Fissai intensamente la pelle di seta, cercando di vedere qualcosa, e trascorsero parecchi minuti prima che un’immagine, per quanto sfocata, iniziasse a mostrarsi.
Una croce dalle quattro braccia della stessa lunghezza era apparsa sotto la mandibola, a lato della possente mascella. Bianca, bordata di un nero che, in contrasto con la pelle pallida della vampira, risaltava così tanto da far sembrare assurdo il fatto che solo pochi secondi prima non fossi riuscita a vedere nulla. Ora la croce era evidente, in bella vista, e una scritta in una lingua sconosciuta la attraversava, scritta che non coincideva però con le parole di Raphael.
«C’è, ma la frase è diversa, dice qualcosa come quam…».
«Quamdiu in mundo sum lux sum mundi». Mi anticipò lui, gli occhiali da sole abbastanza bassi sul naso da mostrare i suoi occhi neri come la pece, brillanti di intelligenza e astuzia, spietati come solo la notte gelida può esserlo.
Una strana sensazione crepitò dalle sue parole; un brivido lungo la schiena che in qualche modo voleva avvertirmi di ciò che stava accadendo.
Peccato non riuscii a comprenderlo fino in fondo.
Celiné DeLacroix, a quel punto, sorrise per la prima volta da quando era entrata nella stanza. Un sorriso vero, ampio, sincero. Folle. «Le conosci», mormorò, la voce piena di venerazione e stupore. «Sai. Tu sai e hai taciuto».
Le rispose il silenzio. Silenzio di Raphael, silenzio mio, silenzio di tutti i presenti.
«Sai». Insistette lei, agitandosi con più forza. Io feci un passo indietro, lasciandole il collo, mentre Beaumont continuava a stringerle la nuca, i capelli. Continuava a fissarla negli occhi senza risponderle.
«Parla», sussurrò Celiné, gli occhi febbrili e carichi di una fede nuova, in principio nascosta. «PARLA».
Senza dire una parola, il Capoclan piantò un braccio nudo nel petto della vampira, che immediatamente sbarrò gli occhi. Del sangue le sgorgò dalle labbra dischiuse, scivolandole lentamente lungo il mento fino a unirsi al rosso che copioso fuoriusciva dal punto in cui l’avambraccio di Raphael incontrava il suo corpo.
«Parla…». Mormorò ancora una volta, prima che un ultimo sussulto la colpisse, senza dubbio in seguito a una stretta interna da parte di Beaumont. Io indietreggiai ancora, sentendo le voci che con disgusto commentavano l’esecuzione appena avvenuta, voci di chi poteva vedere la scena che si stava svolgendo e voci di chi aveva con il tempo acuito altri sensi, e la stava adesso sentendo.
Raphael si staccò all’improvviso, e il corpo della vampira cadde a terra, immobile. Lui si fissò la mano insanguinata, leccandosi piano la punta dell’indice ma facendo subito dopo una smorfia e lasciando perdere. Si tolse gli occhiali da sole con la mano bagnata, passandosi quella pulita tra i capelli corvini e irrigidendosi visibilmente dopo aver realizzato quel che aveva appena fatto.
Il silenzio scese nella stanza e Raphael gridò, facendo retrocedere la maggior parte dei vampiri che si era avvicinata a Celiné, fissandosi le mani con un ringhio sommesso, uno sguardo disgustato.
«Ho sporcato gli occhiali».
Strinse la mano a pugno, spezzando l’oggetto con occhi infuocati. Con un’ultima esclamazione frustrata, poi, uscì dalla stanza sbattendosi la porta alle spalle.
 
***
Note: Secondo capitolo in cui viene introdotto un nuovo punto di vista, quello di Susan. D'ora in poi inizierò ad approfondire le tematiche interne alla società vampira, qualcosa che mi diverte davvero molto e spero possa piacere anche a voi! Tra le note, sottolineo le due citazioni latine Veritas lux mea, la verità è la mia luce, Quamdiu in mundo sum lux sum mundi, tratta dal Vangelo di Giovanni (9;5) e traducibile come "Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo".
Baci, Isa.
  
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