Quando ti conobbi, eravamo poco più che bambini.
Eppure, entrambi guardavamo il mondo disillusi, più di quanto potesse fare un adulto.
Vivevamo soli, lontani dagli
altri e ammantati di un’aura di tristezza e solitudine che non faceva che
acuire la nostra sensibilità, già provata da quanto ci circondava.
Venivo da una famiglia che
avrei volentieri dato via, tu, invece, rivolevi indietro la tua.
Odiavo mio padre e mia madre,
che mi avevano costretto a questa condizione di mezzosangue che non accettavo e
li detestavo per la vita “metà e metà” in cui mi avevano oppresso, ma, più di
tutti, odiavo mio fratello. Era falso e bugiardo, una persona mediocre e
insignificante che, però, sapeva vendersi bene e propagandava se stesso al
punto da sembrare davvero un eroe.
Cominciai a sognare Hogwarts come il mondo delle fiabe, dove sfuggire ad una
realtà squallida e tetra, pullulante di piccole catastrofi che mi stavano
segnando sempre più.
Conobbi Lily Evans quando
eravamo ancora bambini, ma ci dovemmo separare in fretta a causa della mia
famiglia: la rincontrai solamente sull’Espresso di Hogwarts
il primo giorno di scuola… ed era esattamente come la ricordavo.
Amavo Lily da
quando avevamo cinque anni perché tra tutti era l’unica che non mi
guardasse in cagnesco e non si allontanasse se io invece mi avvicinavo.
La amavo profondamente di un
amore puro e infantile e cullavo dentro di me il sogno che, un giorno, forse, saremmo potuti vivere insieme e sposarci.
Ma si sa, assieme alle cose
belle, arrivano anche quelle brutte.
Fu su quello stesso treno che
incontrai per la prima volta James Potter e Sirius Black.
Odiare Sirius
era facile, con i suoi modi bruschi e il suo fare come se tutto gli fosse dovuto.
Detestare Potter era diverso
perché c’era qualcosa in lui che mi ricordava tremendamente mio fratello e lo
odiavo per riflesso incondizionato.
Fu questione di uno sguardo e
mentre tra noi si instaurava una rivalità che sarebbe durata per tutti i sette
anni di scuola, altri due paia di occhi si incrociavano, quelli di Lily e di James Potter e lessi chiaramente nelle iridi azzurre di
lui, qualcosa che mi fece tremendamente male.
Ero arrivato nel mondo magico
pieno di speranze, ma le disfatte cominciarono fin dal primo giorno.
Quando il Cappello Parlante mi
smistò tra i Serpeverde, ne fui in
parte orgoglioso e in parte rivoltato: tra le fila della Casa di Salazar militavano menti brillanti, ma non ci si poteva
fidare di nessuno e non era consigliabile svegliarsi la mattina e mettersi le
scarpe senza prima aver controllato perbene che nessun buontempone ti avesse
fatto uno scherzetto di pessimo gusto che avrebbe avuto conseguenze molto
gravi.
Fui grato al Cielo che almeno
lei, Lily, non mi avesse abbandonato, ma la Torre
offriva senz’altro una compagnia migliore e più stimolante di quella di un
ragazzino introverso e taciturno e fu con rammarico che la vidi allontanarsi sempre
più.
In compenso, il neonato gruppo
dei “Malandrini” capeggiato nientemeno che da Potter, mi stava fin troppo sul
collo.
Se fossi
stato sincero avrei detto di volervi entrare a mia volta, ma sincero non
lo ero mai stato e la rivalità tra me e due dei suoi membri mi impedivano sia
di ammettere un simile desiderio, sia di metterlo in pratica.
Cercai di allontanarmi da loro
e di rendermi invisibile al mondo, ma la passione che mi spingeva verso la
magia aveva sempre il sopravvento su di me e troppo spesso il mio nome spiccava
sugli altri nelle graduatorie scolastiche, rendendomi la mira preferita dei
miei torturatori.
Nell’aprile del primo anno,
conobbi Zachariah Black.
Era il Caposcuola ed era a Grifondoro.
Frequentava l’ultimo anno di
scuola ed era tra gli studenti migliori del suo corso.
Quando lo guardai per la prima
volta in faccia, trovai in lui una paurosa somiglianza con Sirius
Black e me ne discostai più che potei, terrorizzato che anche lui potesse
essere in combutta coi Malandrini per qualche tiro mancino ai miei danni.
Credevo che fosse suo fratello, ma quella volta mi sbagliavo e lo scoprii
tristemente presto.
-
Chi, il Bastardo? – mi chiese un mio
compagno scoppiando a ridere?
La verità che appresi fu che Zachariah era un Black come Sirius,
ma nessuno conosceva i suoi genitori, anche se circolava la malevola voce che
fosse il fratellastro di Felpato.
Rifiutai quei pettegolezzi e,
tuttavia, più lo guardavo e più credevo di potermi fidare di lui.
Zachiariah
non tradì la mia fiducia e, nonostante si stesse duramente preparando per i M.A.G.O. di fine anno, mi dedicò senz’altro più tempo di
quanto avrei anche solo potuto sperare.
Lo sentii un po’ come il
fratello maggiore che non avevo, o meglio, che non era come sognavo.
In un impeto di follia, una
volta, gli raccontai della mia famiglia e lui mi disse qualcosa della sua.
Un mese dopo, m’invitò a
trascorrere le vacanze da loro.
Rifiutai, sentendomi uno
scroccone, ma lui mi disse allora che, in cambio del mio soggiorno, avrei
potuto fare compagnia alla sua sorellina malata visto che, dopo il diploma,
voleva entrare alla scuola per Auror.
Più che mai tentato, accettai.
Mai e poi mai avrei pensato
che la ragazzina che avrei incontrato sarebbe stata quella che avrebbe cambiato
la mia vita.
Quando ti vidi per la prima
volta, mi domandai perché camminassi così piano e guardassi
fisso di fronte a te, solo quando ti avvicinasti mi accorsi che i tuoi occhi
non potevano vedere e provai un sentimento che, ancora adesso, a distanza di
tanti anni, non riesco a classificare.
Mi sorridesti sincera, mentre
tuo fratello faceva incontrare le nostre mani e io credo
di essere arrossito, esattamente come avevo fatto quando, dopo tanto tempo,
avevo rivisto Lily sul treno.
Rowena Amariah Black, ti ha presentato tuo fratello, poi ci ha
lasciati a fare amicizia.
Parlare con te, all’inizio,
era maledettamente difficile: non avevi i modi coinvolgenti e trascinanti di
tuo fratello e il fatto che non vedessi non mi aiutava molto, non sapevo
proprio cosa dire.
Sei stata tu a parlare per
prima, mi hai chiesto di descriverti Hogwarts e,
nonostante per me ci fossero tanti brutti ricordi, ti ho accontentata.
Tu e quello che non puoi
vedere… non mi hai mai guardato in faccia, ma chissà come hai capito che ci
soffrivo a parlare di scuola.
Tre giorni ed ero già in tuo
potere: ti avevo raccontato dei Malandrini e delle loro stupidaggini, della
vita, della mia famiglia, solo di una cosa non avevo ancora accennato ed era
Lily.
Ma per ogni giorno che
trascorrevo in tua compagnia, l’amore che provavo nei suoi confronti scemava
come le tinte pastello dell’alba dei sonetti che componevo per lei.
Tu mi capivi e io lo sapevo,
mi ascoltavi, non pretendevi di dirmi cosa era giusto e sbagliato, non
giudicavi, non mentivi, non eri ipocrita.
Eri cieca.
E i tuoi occhi vivevano delle
parole degli altri, delle sensazioni altrui, descritte o vissute.
Un giorno ho scoperto il tuo
segreto, mentre stavi vivendo una vita parallela con la personalità di un Black
qualsiasi o qualunque tuo altro parente di cui non hai mai voluto fare il nome.
Mi domandai perché non ti
avessero chiamata a Scuola, mi chiesi che cosa tu sapessi fare esattamente.
Non mi hai risposto.
Non lo hai mai fatto.
Ma non mi sentivo di forzarti
a dirmi qualcosa perché pure io ti avevo taciuto dei segreti.
Ti guardavo con ammirazione
perché quella tua mancanza ti debilitava, ti distruggeva, ma tu non hai perso
un attimo la gioia di vivere.
Eri triste e disillusa sul tuo
futuro, sognavi Hogwarts, ma non potevi andarci,
sognavi di essere babbana, ma neppure quello ti era
concesso, rinchiusa, prigioniera in quella villa che tuo padre vi aveva donato
come addio a tua madre.
In confronto, i miei problemi
sembravano bazzecole, pure e semplici fisime di un ragazzino isolato, ma tu mi
comprendevi ed era questo che io, più di tutto, amavo in te.
È stato
quando ho creduto che tu non potessi più capirmi, che ti ho persa per
sempre.
Ma ho scoperto che, se io
avessi ricominciato ad avere fiducia in te, tu saresti tornata.
Potrei citare a menadito ogni
singolo istante vissuto in tua compagnia.
Se era bel tempo, il grande
parco era tutto per noi, ma il nostro angolo rimarrà per sempre la panchina
sotto il grande salice di fronte alla serra.
Se il tempo era brutto,
l’immenso padiglione di vetro ci proteggeva e rimanevamo lì per ore, mentre io
ti spiegavo come preparare questa o quella pozione.
Un giorno mi raccontasti che
tu e tuo fratello eravate davvero due bastardi Black, dicesti proprio così e
non aggiungesti tutta la storia di tua madre e del fatto che tuo padre fosse
innamorato di lei. Rimanesti sul vago.
Ma io ci stetti male.
Trovavo ingiusto che due
persone come voi, speciali in ogni cosa che facevate, compresa quella di
strapparmi alla nebulosa vita di casa, dovessero essere dei bastardi, additati
da tutti e alle cui spalle la gente mormorava
malevola. E trovavo altrettanto ingiusto che uno spavaldo figlio di papà come Sirius avesse avuto la fortuna di una casa lussuosa, ma,
soprattutto, della legittimità
Un giorno te lo dissi e tu
ridesti, anche se sentivo che la tua risata era triste
-
Credi davvero che una antica
famiglia come quella dei Black sarebbe riuscita senza problemi ad accettare una
ragazza cieca? – mi avevi chiesto
Ci riflettei.
Effettivamente, probabilmente Orion sarebbe stato molto fiero di un figlio intelligente
come Zachariah, ma di sicuro quella
famiglia, uscita direttamente dalle fiamme degli inferi, avrebbe fatto
mille storie su di te, probabilmente condannandoti ad una perpetua vita in
convento.
E poi, mi dissi, se voi foste davvero stati legittimi, la vostra educazione sarebbe
stata differente e, con ogni probabilità, non avrei mai potuto conoscervi.
Nessuno si sarebbe interessato a me e io non avrei mai potuto parlare
liberamente con qualcuno come te, Rowena.
Al momento di ripartire ero
triste: non avevo rivisto la mia famiglia per tutta l’estate, ma non era quella
la causa del mio male, era dovermi separare per altri nove mesi da te dopo aver
trascorso ben 12 anni senza conoscerti.
-
Mi mancherai – dicesti appena accarezzandomi
una guancia e mi sentii come un fidanzato che partiva per il fronte della
guerra: forse non sarei tornato
-
Vieni a trovarmi anche nelle vacanze di
Natale – hai aggiunto – mi fa piacere stare in tua compagnia…
Dire che quella era la cosa
più bella che mi fosse stata detta era riduttivo.
Zachariah mi
ha sorriso e ha annuito
-
A noi fa piacere se torni – ha spiegato –
fammi sapere per Natale, non c’è mai nessuno che lo trascorre con noi…
Annuii, ma dentro di me
scoppiavo di gioia: in quei quattro mesi, da settembre a dicembre, non feci
altro che pensare a voi due e, nel frattempo, a guardarmi intorno per poi
poterti descrivere dettagliatamente la vita della scuola e i suoi studenti.
Tuo fratello ti aveva regalato
per il compleanno una penna prendiappunti e così potevamo
scriverci, mi dicevi quanto era noiosa la vita a casa e tratteggiavi con parole
dolcissime quelle poche escursioni per la città, fuori dalle
mura del palazzo.
Il mercato di Covent Garden era il posto dove andavi più frequentemente,
dicevi che aveva dei suoni colorati e io riuscivo a vedere attraverso il tuo
scritto la folla che si accalcava dai fruttivendoli, i venditori che
preparavano le caldarroste d’inverno, l’intenso profumo delle spezie.
Mi spiegavi che ad ogni
musicista di strada lasciavi una moneta perché erano tutti bravissimi, in
particolare, ti piaceva un violinista all’ingresso del mercato che si divertiva
a suonare i Capricci di Paganini più
per divertimento che per altro.
Un giorno mi raccontasti che
tuo fratello e sua moglie, che si erano sposati da poco, ti avevano portata a
teatro ad ascoltare l’opera e un concerto.
Ti piaceva la musica e me ne
accorsi.
Da allora in poi, per cinque
anni, non ho fatto altro che aspettare l’estate e l’inverno per poterti
rivedere.
Perché forse, tra noi due, il
più cieco ero io e tu, con la tua innocenza un po’ fanciullesca, sei riuscita
ad aprirmi gli occhi.
Peccato che io non possa fare
altrettanto con i tuoi.
Studiavo un po’ di medicina
nel tempo libero, ma sembrava davvero che per la tua vista non ci fosse
speranza.
Una volta, mentre ero a Hogsmead, sono passato di fronte al negozio di Madama Piediburro. Detestavo quel luogo come tutti i ragazzi non fidanzati,
ma il passaggio lì di fronte mi aveva portato agli occhi una cosa che mi
sembrava scesa dal cielo: un carillon.
Non ci pensai due volte:
entrai e chiesi di comprarlo alla piuttosto costernata cameriera che, prima di
acconsentire, dovette chiedere conferma alla proprietaria che si disse felice
che qualcuno avesse notato la raffinatezza dei suoi arredi.
All’interno del negozio c’era
anche Lily.
Stava aspettando James e già a quel tempo, nonostante i battibecchi, si
poteva scoprire come sarebbe andata a finire.
La cosa però, non mi faceva
più male.
La salutai e, forse, lei mi fu
grata del fatto che non assunsi la mia consueta posa da cane bastonato.
Mi domandò per chi fosse il regalo che la cameriera stava impacchettando al
banco e le dissi che era per una mia amica.
Non ho detto altro a Lily, ma
so che lei mi ha letto negli occhi una profonda tristezza e non ha fatto le
consuete battutine di circostanza.
Sono uscito e, grazie al
cielo, per una volta, non c’erano sulla mia strada i Malandrini a rovinare quel
pomeriggio.
Il tuo viso mentre lo scartavo
per te e lo facevo suonare è stato il più bel regalo che potessi
farmi e mi sentii proprio un ragazzo innamorato.
Mi dissi che, terminato il
settimo anno a scuola, ti avrei chiesta in moglie.
Ti avrei sposata.
Ma non arrivammo insieme a
quel fatidico giugno perché le nostre strade si separarono prima.
Ho odiato me
stesso per anni per essere stato così stupido e ancora oggi non me lo sono
perdonato.
Nell’estate del sesto anno,
casa tua pullulava di ospiti: tua cognata aveva invitato la sorellina a
trascorrere le vacanze con lei e tenerle compagnia mentre aspettava il primo
figlio; Rosleen era una tipa stravagante e piuttosto
decisa, ma in fondo era brava e con me sempre gentile.
Tuo fratello portò a casa
anche Sirius Black.
E quello fu un duro colpo,
nonostante io avrei dovuto pensare che, se si era dimostrato buono con me,
avrebbe dovuto farlo anche con altri.
Le strade mie e di Felpato non
si incrociarono mai e io non avevo ragione di essere così preoccupato, ma il
posto che avevo considerato sicuro per tutto quel tempo, all’improvviso, non
era più così inavvicinabile.
Non avevo motivo neppure di
essere geloso, come invece ero, perché tu detestavi Sirius
quasi quanto me. Eppure non riuscii a scacciare quel sentimento.
È capitato un giorno che un
piovasco abbia sorpreso te e il tuo fratellastro mentre eravate in giardino, vi
siete entrambi rifugiati nel gazebo e so che avete parlato.
Quando tu uscisti di lì, mi
dicesti che, forse, avevi avuto un po’ troppi pregiudizi su di lui.
E io ci rimasi male.
Tanto che credevo di averti
perduta per sempre.
Tu eri sempre te stessa, ero io quello che era cambiato.
E quella fu la prima volta che
litigammo.
Ti dissi molte cose brutte che
al solo pensiero mi si torce l’intestino, ti insultai
e tu non facesti una piega, rimanesti in piedi, nella tua regalità da vera Black
purosangue, ad ascoltare la mia collera, la mia gelosia, quell’amore frustrato
che si era trasformato in odio.
-
Tu sai cosa significa volere una famiglia? –
ti limitasti a dire e io rimasi zitto – una volta dicesti di sì, confidavo che
almeno tu avresti capito.
Rosleen
arrivò in quel momento e, dopo avermi tirato un pugno e uno schiaffo, ti
condusse via.
L’ultimo anno a Hogwarts fu il peggiore della mia vita.
Ed era colpa mia.
Non c’era paragone neppure con
quell’orrido primo anno.
In preda al desiderio di
dimostrare che ero nel giusto, entrai in quella cerchia di maghi detti “mangiamorte”.
Avrei dimostrato al mondo che
valevo qualcosa.
Ma quel che feci vedere fu
solo la mia caduta.
E dopo neppure tre anni,
fuggii da quel posto chiedendo aiuto a Silente.
Da allora, è il rimorso che mi
stringe il cuore quello che accompagna le mie giornate e le mie nottate.
Ho visto molti figli di maghi
che erano con me, qui a scuola.
Temperance,
la figlia di tuo fratello, ha fatto il suo ingresso e ormai è diplomata, sposata
e incinta.
Fin, l’altro figlio di tuo
fratello, ancora non ha 11 anni, ma sarà un grande mago.
Il figlio di Lily e James è arrivato a Hogwarts
portando una buona dose di sfortuna tra noi e molti ricordi angosciosi per me.
Ha gli stessi occhi di sua
madre e nel suo sguardo leggo l’amore che legava quei due, brutalmente
assassinati dalla persona che ho servito.
Me ne pento di avergli
riferito la maledizione.
Meriterei una punizione, ma Silente dice che il mio canto del cigno l’ho
già vissuto.
Guardo Harry Potter e vedo in
lui molte cose: un po’ ci vedo la stessa aria di suo padre e un po’ lo sguardo
di Lily.
Mi sento in colpa verso di
lui.
E al contempo lo odio.
E quando Sirius
è tornato a scuola, Dio solo sa quanto sono stato male.
E poi sei arrivata tu.
Ma questa volta, se tu mi
vorrai ancora, non commetterò lo stesso errore.
Una volta ti amavo, Rowena Black e, tristemente, mi accorgo di amarti ancora.
Ma come potrai tu amare ancora
un traditore come me?
Io non lo so, ma prego solo
perché possa accadere ancora.
* * *
Quando ti conobbi, credevo che la vita mi avesse
già fatto vedere tutto.
Il nero che copriva i miei
occhi aveva segnato la mia esistenza, costringendomi a vivere come una reclusa,
vittima di maldicenze e di occhiate stranite.
Avevo solo due persone con me:
mia madre e mio fratello.
Zachariah,
mio fratello, era un mago.
Eravamo molto legati, anche se
lui era molto più grande di me e io non ero altro che la “sorellina”.
Zach un
po’ mi capiva perché condividevamo la stessa sorte.
Non mi piaceva la vita perché
era triste e monotona, perché le persone sono false e ipocrite, perché hanno
paura dei loro simili.
Se io avessi avuto gli occhi
come tutti gli altri, avrei camminato ogni giorno per Portobello
Road a testa alta, guardando gli altri che passeggiavano, senza timori, senza
preoccupazioni, senza curarmi di altro, se non guardare quel carosello di
colori.
La
gente troppo spesso sottovaluta quello che possiede.
Quando uno può vedere, sembra
naturale quel che lo circonda e spesso se ne dimentica.
Ci sono persone che, al posto
di ammirare le meraviglie del mondo, guardano a “quello che la gente vorrebbe dire ma non dice” e si perdono l’impareggiabile spettacolo
che gli è stato donato.
Odiavo la gente per questo,
perché non capiva la grande fortuna che aveva avuto e gettavano via e che,
invece, ad altri era preclusa.
Però, anche io avevo un grande
dono, lo riconosco, ed è il poter vedere ciò che è stato.
Leggere la storia senza il
libro, semplicemente riviverla.
Questa è quella che si chiama
Maledizione della Prima Parca: Cloto.
Quando ero bambina, mi
spaventava questo potere di cui in pochi erano a conoscenza. Mamma non ci dava
peso, diceva che papà era un grande mago e che dovevo averlo ereditato da lui.
Quello che non sapeva, era che
anche lei aveva quella maledizione, esattamente come testimoniava il suo nome: Lachesi.
Il mio potere mi faceva
rivivere il mondo con gli occhi di qualcun altro ed era qualcosa che bramavo e
aspettavo per poter finalmente sbirciare oltre la coltre scura.
Non so come, ma imparai a indurmi
questa specie di tance e molto del mio tempo lo
trascorrevo guardando, come al cinema, la vita che altri avevano già vissuto.
Era la mia porta per fuggire.
E ringraziavo di averla.
Mio fratello frequentava una
scuola di magia.
Mamma mi aveva proibito di
parlarne alle persone che vivevano con noi, come i domestici, il postino, i
conoscenti: ufficialmente lui seguiva un corso in una prestigiosa accademia fuori da Londra dove si studiavano duramente molte materie.
Quando tornava a casa, pregavo
Zach perché mi parlasse di quel posto favolistico e morivo dalla voglia di vederlo senza,
tuttavia, riuscire mai a diventare lui.
Quando avevo dieci anni, mio
fratello portò a casa con se un suo amico della scuola e, per la prima volta,
conobbi un altro mago.
Non sapevo come fosse fatta
questa persona, ma ne avvertii subito la presenza quando
Zach mandò una delle domestiche a chiamarmi e io lo
raggiunsi.
Sentii uno sguardo sconosciuto
che mi studiava e non capiva e sorrisi, ben sapendo che, troppo presto, la realtà
gli avrebbe spalancato gli occhi.
Il nuovo venuto si chiama Severus Piton ed era un compagno
di scuola, frequentava il primo anno e apparteneva alla Casa Serpeverde, quella che, a detta di Zach,
gli procurava sempre un po’ troppi grattacapi.
Mio fratello ci presentò, poi
ci lasciò in giardino.
Questo Severus
aveva un odore stravagante, un misto di corteccia, resina, carbone e tristezza
e la cosa mi incuriosiva.
Andammo a sederci su una
panchina sotto il grande salice e cominciai a domandarmi di cosa Zach pretendesse che parlassimo.
Non avevo di idea e
relazionarmi con le persone non era mai stato il mio cavallo di battaglia.
Gli chiesi come fosse la
scuola e percepii il fruscio della stoffa mentre di
voltava a guardarmi, probabilmente chiedendosi come una come me potesse porgli
una simile domanda.
Non mi chiese spiegazioni,
però, e cominciò la sua narrazione del vecchio maniero dove, sapevo, sorgeva
questo posto così curioso.
Mi spiegò qualcosa sulle Case
e sulle materie di studio e chiacchierò anche dei suoi compagni.
Ma sentivo nelle sue parole
un’ombra di delusione mentre parlava delle persone che
popolavano Hogwarts, soprattutto quando giunse a
parlare di un quartetto di studenti chiamati i “Malandrini”, i cui nomi erano James, Sirius, Remus e Peter.
Mi si mozzò il respiro in gola quando il nome del mio fratellastro fu pronunciato.
Sirius
era figlio di nostro padre e di una strega, cattiva quanto quella delle fiabe,
era arrogante e viziato ed era colpa sua se nostro padre non poteva più venire
a farci visita, se non sapeva neppure di avere un’altra figlia illegittima,
oltre a Zach: io.
Ero cresciuta con mia madre
che ogni sera piangeva nel letto la mancanza di papà e detestavo coloro che le
avevano impedito di essere felice, sulla mia lista nera, quindi, compariva
anche Sirius Black, anche se il posto d’onore lo
ricopriva Walburga.
Il nostro comune odio per
quella persona ci avvicinò più di quanto in genere il risentimento fa con le persone e, dalle chiacchiere su di lui,
cominciammo a parlare un po’ di tutto.
Eri un incompreso e lo vedevo,
vittima delle aspettative frustrate di due genitori ingannati e diversi che non
riuscivano più ad andare d’accordo. Volevi parlarne con qualcuno e nessuno ti
stava a sentire.
Ti capivo perché anche io per
troppo tempo mi ero tenuta nel cuore quel sentimento di lontananza dal mondo.
Era bello starti accanto
perché non gridavi né gesticolavi, parlavi piano, come per non farti notare, e
chiamavi le cose col loro nome in un sussurro perché un fiore è un fiore, ma
una margherita è diversa da una genziana.
Mi piaceva l’atmosfera
tranquilla che la tua voce riusciva ad evocare e nel mio inconscio cercavo di
immaginarmi il tuo volto. Era una cosa che facevo con tutti, ma con te non mi
riusciva.
Un pomeriggio mia madre
ricevette una lettera da papà e la vidi così divisa tra la gioia e il dolore
che sentii il profondo bisogno di parlati di qualcosa di mio.
Ti dissi che ero una bastarda
e tu ci patisti perché eri mio amico. Perché gli amici, come gli amici veri dei
libri, stanno male con il protagonista e io, quella volta, ero la protagonista
della novella e tu, amico, stavi male per me.
Apprezzavo questo e mi sentii
orgogliosa di essere per te importante fino a questo punto.
Quando partisti,
temetti che il mondo tornasse ad assumere quella gradazione di grigio, la
monotonia della solitudine giornaliera. Ti dissi di tornare, temendo che tu non
lo facessi.
Ma tu tornasti, un anno dopo
l’altro, estate dopo inverno.
Un anno per Natale mi
regalasti un carillon. Aveva un suono melodioso e dolcissimo e sorrisi
pensandoti a comprarlo, un oggetto dalla forma così femminile, acquistato da un
tipo burbero come te. Chissà come dovevi essere in imbarazzo…
Quando avevo
quindici anni, per il mio compleanno, ti chiesi se potevo toccarti la faccia,
perché dopo tanto che ci conoscevamo, non ero ancora riuscita a farmi un’idea
di come dovevi essere.
Ho come il ricordo di te che
arrossisci, anche se non ti ho visto, e ho percorso con le dita le forme del
tuo volto, imprimendomi nella mente ogni singolo particolare
che ti contraddistingueva.
Mia cognata Rosleen diceva che eri un ragazzo così così,
ma io ti trovavo bello.
Quel giorno tu mi baciasti.
E quello fu l’unico bacio che
ricevetti nella mia vita.
Perché l’anno seguente Zach invitò Sirius da noi e
qualcosa nel nostro rapporto cambiò.
Ti sentii distante e
preoccupato, nervoso, agitato.
E mentre tu ti preoccupavi, io
mi arrabbiavo con Sirius finchè
non ci ritrovammo quel pomeriggio nel gazebo.
…e scoprii che sua madre gli
aveva taciuto di avere dei fratellastri, scoprii che anche lui detestava sua
madre e non riuscii a capacitarmene, scoprii che voleva bene a Zach come fratello probabilmente come me e compresi che,
alla fine, era viziato ed arrogante, ma era una brava persona.
E mi sentii stupida ad aver
avuto dei pregiudizi su di lui.
-
E così ho una sorellina – mi disse appena
toccandomi i capelli: dei tanti figli di Orion, solo
io ero femmina.
Da quel giorno, ebbi un nuovo
fratello e persi un amico.
Perché tu non comprendesti e
ti allontanasti e la nostra amicizia sfociò in un litigio come mai aveva fatto
prima: mi insultasti, mi denigrasti, mi offendesti, piangesti.
Ti odiai.
Perché io avevo cercato di
capirti, ma tu non avevi fatto altrettanto con me.
E deludere un amico è grave
quanto un reato.
-
Tu sai cosa significa volere una famiglia? –
ti dissi con voce rotta – una volta dicesti di sì, confidavo che almeno tu
avresti capito.
Udii arrivare Ros e poco dopo uno schiaffo mentre lei mi portava via
piangente.
Non ti ho mai più incontrato,
ma Zach un giorno mi disse che eri entrato nei “mangiamorte” e non si capiva bene se facevi la spia o avevi
paura.
La parte di me che ti
conosceva gridava a gran voce che non saresti stato in grado di compiere simili
gesta malvagie, ma il dubbio, il tarlo del dubbio, da quel famoso giorno mi
rodeva l’animo e così pregai ogni mattina perché tu non fossi davvero diventato
cattivo, perché se così fosse stato, la colpa sarebbe stata anche mia.
Perché in quel caso avrei
dovuto dare via anche tutti i bei ricordi che avevamo insieme.
Piansi per amore perché so di essere stata innamorata.
Piangevo come tutti gli altri
e mi accorsi di essere un po’ ipocrita a mia volta.
Da quel giorno, non sono più
riuscita a detestare gli altri perché forse, quel giorno, avrei dovuto dirti
qualcosa di diverso.
Perché quel giorno, l’orgoglio
di chi è nel giusto ha avuto il sopravvento su di me e per una volta mi sono
comportata da Black.
Avrei preferito essere
bastarda tutta la vita e che quel sangue nero non vedesse mai la luce, invece
quella tradizione, quel cognome antico di secoli vide la luce nel giorno più
triste della mia adolescenza, nell’unico giorno in cui sarebbe stato meglio se
fosse rimasto sopito.
Da allora ne sono successe
tante.
Ho avuto due nipoti, la mia
“sorellina” e il pestifero Seraphin.
I tuoi compari li hanno rapiti
sotto il mio naso, mi hanno picchiata e travestita da
lei, hanno inscenato proprio una bella rappresentazione.
Ringrazio che l’amore di
Alerei vada oltre a tutto questo.
E poi, per salvare la vita a
mio fratello, a quel mio fratello che per anni ho odiato, ho dato via
Perché ormai non ne ho più
bisogno.
Ma è stato nel momento che ho
lasciato la cosa più importante che mi era rimasta che ho ritrovato quella che
avevo perduto.
Che tu sia buono o cattivo non
fa differenza.
Che tu sia mago o babbano neppure.
L’unica cosa è se tu mi ami
ancora, se si può ricostruire quel futuro che è andato perduto.
Io spero di sì.
Io credo proprio di sì.
Forse ci saranno altri errori,
ma l’esperienza ci ha cambiato e ci ha insegnato.
Ora e per sempre, io e te,
saremo insieme.
* * *
Spazio autrice: questo, tra tutti, è il capitolo che mi è
più caro.
Non
so perché…
So
che vengono raccontate due storie molto tristi e,
personalmente, mi sono quasi commossa mentre scrivevo, una cosa che in genere
mi succede di rado con i capitoli tristi, credevo che fosse una cosa che mi
colpisce solo in occasione di un favoloso happy ending
e invece devo ricredermi.
La
storia di Piton e di Rowena
è molto dolorosa, ma nonostante questo, scriverla è stato bello perché ha messo
alla prova le mie capacità in un campo, quello un po’ drammatico, che non
credevo sarei riuscita a toccare con questa storia.
Scrivere
mi diverte e questo è, forse, il capitolo sul quale mi sono divertita di più.
Ciao!
PS:
Se state per dire che sono matta, vi do ragione…
Shavanna: già, sono comparsi nuovi personaggi a
completarne altri… Ahaha, beh, posso provare a
circuirla con qualche scusa, ma al momento credo che sia meglio che continui le
successioni matematiche, sennò alla verifica di sabato prenderò un votaccio…
Grazie
per i complimenti, tu dici che sono meritati, ma mi sento davvero ricoperta da essi e anche molto lusingata, quindi grazie ^^ A presto e un
bacio! Nyssa
Summers84: da quanto tempo, mi fa piacere rileggere le
tue recensioni… beh, grazie di che? Di aver fatto tornare Sirius?
Quello credo che tu debba ringraziare più che altro la mia sopita anima romanticona… cmq sono felice che
ti sia piaciuto il tutto, ciao e un bacio! Nyssa
luana1985: ti ringrazio, effettivamente ho un po’
esagerato con gli intrecci di parentele, ma da qui in avanti prometto che, su
quel piano, sarà tutto liscio come l’olio (credo).
Spero
che mi lascerai altri commenti, ciao e un abbraccio! Nyssa
jennybrava: come vedi, Rowena
e Sev sono tornati anche per un piccolo spin-off esterno che con la storia ha poco a che vedere, ma
credevo che ci stesse bene e così l’ho aggiunto, spero che ti piaccia!
Il
motivo per cui lui entra nei mangiamorte
è una tematica che ho affrontato poco, sia nel precedente cappy
che in questo, una cosa appena accennata, ma cmq, non
riesco proprio a immaginare un tipo come lui convinto seguace di Tu-Sai-Chi, bene o male anche io, che però all’inizio lo
odiavo, parteggiavo per la fazione che lo vedeva come un brav’uomo.
Oh
Cielo, sono davvero così lenta ad aggiornare? Scusami, ti prego… il fatto è che
tra un impegno e l’altro le ore volano, cmq allora ti
sconsiglio di leggere alcune delle fic che seguo io
che mettono un aggiornamento ogni tre o quattro mesi, sono veramente da far
venire il latte alle ginocchia… >_>
Bene,
io ti saluto, spero che mi lascerai un commentino anche a questo nuovo
aggiornamento, ciao e un bacio! Nyssa
Lord Martiya: confermo che il personaggio di Zachariah non è stato ispirato a Nagi
perché, innanzitutto, nella mia idea è un uomo più anziano e responsabile, con
la testa sulle spalle e un forte senso della famiglia.
Nel
suo rapporto con Evangeline, fino ad ora, si è
mostrata solo amicizia, non so se ci sia dell’altro, cmq,
se dovesse esserci, verrà fuori, lo garantisco, anche se, se dovessi aggiungere
un’altra coppia, probabilmente verrei censurata per
eccesso di saccarosio nella mia storia :P
Spero
che ti piaccia anche questo nuovo 25° capitolo, ciao e a presto! Nyssa
PiccolaSerpe: a quanto pare Sirius
è proprio una star visto che non fa tempo ad arrivare che lo stanno aspettando
in massa… cmq mi fa molto piacere sapere che ti sei emozionata quando è uscito integro dallo specchio, in fondo,
anche se è fondamentalmente un irresponsabile, gli sono affezionata pure io ^^
Il
rapporto tra Rowena e Sev viene esplicitato in questo nuovo aggiornamento che, anche
se non è essenziale ai fini della storia, chiarisce un po’ di dubbi su due
personaggi che sono rimasti un po’ nell’ombra.
Mi
fa molto felice, invece, sapere che anche tu supporti la mia
amata Eva: concordo, è una donna grandissima, vorrei averla io
un’insegnante così, ma su di lei tornerò più avanti, credo ci sia ancora
qualcosa da precisare sul suo conto.
E
ovviamente sono felice anche che le varie realtà alternative ti abbiano fatta
ridere, in effetti, come ripeto spesso, l’ironia non è proprio il mio forte, ma
mi fa piacere sapere di aver suscitato qualche sorriso, magari anche
involontariamente *smile*
Spero
che mi lascerai un commento anche al mio nuovo aggiornamento! Ciao e un bacione! Nyssa
potterina_88_: scherzi, il gioco di parole era azzeccatissimo, lo specchio è, effettivamente, una porta
verso altre cose e altre realtà (già, sennò perché l’avrei chiamato così…
>_>)! Cmq sono strafelice che il momento del
ritorno di Sirius ti abbia emozionata, come ho già
detto, è proprio una star visto che ha tutti questi fan che vanno in visibilio
per il suo ritorno… La storia tra Row e Piton, invece, penso sia nata dal fatto che lui è sempre
stato un personaggio misterioso, quindi difficilmente tratteggiabile e mi
sembrava che un personaggio ombroso quanto lui fosse l’ideale per tirarlo su,
dopotutto, anche lui ha bisogno di qualcuno che lo comprenda
per quello che è e che lo stia a sentire…
Rosleen, invece, tornerà in scena probabilmente tra il prox e quello dopo ancora di cappy
che sto finendo di preparare, quindi pazienta ancora un po’ e si saprà qualcosa
di lei.
Bene,
spero ti piaccia anche questo universo parallelo dove viene
raccontata la storia di questi due tramite flashback e mi auguro che mi
lascerai un commentino… ciao! Un bacione! Nyssa
chibi_elyon: potrei dire lo stesso, anche io sono sempre
di corsa, dietro a qualche verifica o interrogazione, mi sento come il Bianconiglio…
Temo
questa volta di averti battuta sul tempo e di aver postato l’aggiornamento
prima del tuo ritorno, no problem, semmai mi
lacerai un commento al nuovo capitolo (io non mi schifo ^^).
Credo
che tu stai esagerando, addirittura la gratitudine a vita? Wow, scrivere ha i
suoi vantaggi…
Ciao
e un bacio! Nyssa
Lisanna Baston: sulla storia originale non dico niente e
non ho idea se succederà qualcosa di simile, ma è da quando
il personaggio di Piton è diventato molto più ambiguo
(nel primo libro sembrava davvero cattivo) che ho cominciato a pensare qualcosa
per lui… chissà che ne sarà.
Grazie
per tutti i complimenti e per la tua recensione, è sempre bello leggerle,
quindi un grazie davvero, spero che leggerai anche
l’aggiornamento! Ciao e un bacione! Nyssa