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Autore: helly    27/05/2013    3 recensioni
Love is... hope.
Love is... freedom.
Love is... atonement.
Love is... star.
Love is... promise.
Jerza Week collection.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erza Scarlet, Gerard
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Saaaaalve, scusatemi, sto facendo le corse per riuscire ad aggiornare prima di mezza notte ma sinceamente, non so se ce la farò a premere invio in tempo ahaha xD Bando alle ciance, siamo già al secondo magnifico giorno di Jerza week, vorrei dire, e questo è uno dei prompt che più ho amato svolgere, quindi amo in particolar modo questa flash e mi auguro che sia riuscita a trasmettervi tutto ciò tramite le parole.
Ringrazio immensamente tutti voi che con tanta pasienza vi siete messi qui a leggere e recensire, grazie, davvero, vi risponderò presto, promesso e presto passerò anch'io a recensire le storie, sono tutte lì nell'archivio da recensire in attesa di un po' di tempo libero xD ahah
comunque, adesso, vi lascio alla storia e come al solito...


Buonanotte 


 

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              Quando il giorno finì, scese la notte.
Era di notte che i pensieri iniziavano a vagargli per la mente percorrendone ogni minimo spazio, era così che i tormenti, pian piano s’impossessavano di lui. Al buio, tra la fine del vecchio giorno e l’inizio del nuovo, c’era sempre qualcosa che gl’impediva di dormire, sempre qualcosa che lo rimandava, con l’anima e con il cuore, da lei.



 


Love is...freedom.

 




 
Due dita sfiorarono la porta blindata dietro la quale si celava la stanza di reclusione in cui, i prigionieri più pericolosi, erano stati isolati. Ognuno di loro giaceva, quasi inerme, in una teca che a prima vista poteva sembrare vetro. La cella di Gerard era la seconda, più in alto di quella d’un uomo barbuto, più in basso di quella di una donna dall’aspetto gracile e funesto.
Fece qualche passo avanti e si accorse che dormiva.
Aveva il volto scarnito dai giorni trascorsi a rifiutare il cibo, la pelle arida, le labbra screpolate e i capelli fitti di polvere; non sembrava neanche più lui. Il corpo era stato massacrato da notevoli punizioni, di cui si potevano ancora osservare la lunga serie di ferite rimaste; qualcuna doveva essere infetta, perché in quei punti la pelle era gonfia e rossa.
«Gerard!» sul viso un ghigno trionfale. Allungò il bastone di legno verso il vetro, penetrandolo con facilità; fu a quel punto che gli scosse il corpo con la punta. Lui sembrò non aver preso mai sonno, quando sollevò le palpebre in un sobbalzo. «Avanti, muoviti, vieni con me!». Si alzò lentamente, con le gambe che tremavano. Uscì dalla cella in cui era ormai rinchiuso da così tanto tempo, che neanche più portava il conto.
«Ti ho detto di muoverti Fernandes, non hai sentito forse?» urlò spintonandolo nuovamente con la punta del bastone, ma forse anche quello era troppo per il suo fisico malandato, dato che cadde.
Aveva le mani e le ginocchia puntate sul pavimento di pietra fredda, la pelle d’oca «Avanti, alzati!» stavolta lo prese per i capelli, costringendolo a rialzarsi, e così ripresero a camminare. Il corridoio era buio e silenzioso, avvolto nei sospiri di terrore che emettevano i detenuti meno pericolosi che albergavano nelle celle al loro fianco. Avrebbe voluto chiedergli dove stavano andando, ma in quel momento, ebbe quasi paura della risposta. Sì, aveva spesso paura, nell’ultimo periodo. Aveva paura quando sentiva venir meno nelle gambe, quando i crampi allo stomaco lo pervadevano, quando era troppo debole da non riuscire neanche a chiedere dell’acqua, quando vedeva arrivare una guardia, ormai fin troppo cosciente del trattamento che gli avrebbe riservato. Aveva paura sì, aveva paura perché ognuno di quei momenti, sarebbe potuto essere l’ultimo, e per quanto bramava la fine della sua stessa vita, un lampo di luce, ogni volta, lo riportava a combattere, con la speranza di poter rivedere anche per una sola volta, lo sguardo di Erza; anche se sapeva che non gli sarebbe mai bastato, perché con lei l’ultima volta non sarebbe mai esistita, ne avrebbe voluto sempre di più, non minuti, non ore, non giorni, non anni, avrebbe voluto poterla guardare per sempre.
Tutti questi fantomatici pensieri, lo aiutavano a trascorrere le giornate, a subire le torture più nefaste e adesso, lo avevano portato alla fine del corridoio, dinanzi la porta. Il suo carceriere aprì, intimandogli di uscire. Percorsero poi altri corridoi, fino ad arrivare in giardino, o meglio, lo spiazzale dedicato all’ora d’aria.
Non vedeva la luce da così tanto tempo, che appena la porta si aprì mostrando il candore della luna, sentì gli occhi bruciare, sentendosi costretto a coprirli quasi subito con una mano. «Avanti esci, Fernandes non farmi perdere altro tempo!» lo spinse fuori e richiuse il cancello. A quel punto non capiva, era libero o cosa? Guardò l’uomo, frastornato «C-cosa succede?» quello ghignò, preso dall’eccitazione «Avevo voglia di ucciderti con le mie stesse mani, e quindi, ho preferito farlo fuori di lì!» rise in modo sadico, spingendolo ancora verso il bosco, finché non cadde con le spalle sul terreno.
Lo guardava, inerme, sicuro di un destino che a breve lo avrebbe abbandonato. Abbassò lo sguardo sulla terra umida «Fallo e basta!» sussurrò.
L’uomo tese il bastone alla sua gola, premendo sulla giugulare per farlo tossire; e così accadde. Poi si guardò intorno e quando fu certo che tutto era tranquillo, sorrise ancora, lasciando cadere per terra gli abiti che fin’ora lo avevano etichettato come guardia. Subito dopo un bagliore di luce pervase il bosco e quando terminò, Gerard guardò il suo aguzzino mutare.
Il suo momento stava arrivando, quella luce, presto, lo avrebbe ucciso.
Ma quando l’uomo concluse il processo di metamorfosi, c’era lei «U-Ultear?», erta dinanzi ai suoi occhi a puntargli il bastone e quando il bagliore cessò, Ul sorrise lasciando cadere per terra tutte le armi. «Scusa, non volevo farti male, ma…era il copione!» rise appena accasciandosi per aiutarlo ad alzarsi «Se non ti avessi fatto un po’ male non sarei stata credibile!».
Gerard si aggrappò a lei ma restò in silenzio, ancora incredulo; ma quando realizzò di essere libero, la sua mente vagò senza sosta, attraversando tutti i pensieri che nei giorni precedenti gli avevano pervaso la mente fino quasi ad ucciderlo di malinconia. «Ultear, i-io…s-scusami…» si distaccò riuscendo a reggersi in piedi da solo «io devo andare!» le diede le spalle facendo per incamminarsi «Ma dove vai? Hai la febbre, sei ferito, puoi rimandare a domani!» strinse un pugno contro la cocciutaggine dell’amico che lo portava a proseguire. Quando fu abbastanza lontano da lei, si voltò a sorriderle «Ho rimandato fin troppo, Ultear!» sibilò tossendo ancora, mentre si trascinava la gamba destra dolorante. Lei lo vide svanire nell’oscurità, abbandonandosi all’idea che era Gerard e non poteva cambiarlo.
Così, percorse il bosco; tra gli spasmi di dolore, la stanchezza e la fame.
Albeggiava, quando, finalmente, mise piede sull’asfalto duro. Attraversò la strada e con metodi già ben sperimentati, aprì silenziosamente il portone di un palazzo. Salì le scale, confuso, ma poi sorrise nel vedere ciò che gl’interessava. Aprì l’ennesima porta, l’ultima della giornata, la più importante. Delicatamente prese posto sul materasso. Il respiro si fece accelerato quando avvicinò le mani ai capelli scarlatti di Erza, il cuore gli tremava, ma sta volta non era la paura. «Ciao…» sussurrò a fior di labbra, guardandola dormire. Si chiese cosa stesse sognando per sorridere così, e per un attimo si beò dell’idea che si trattasse di lui, di loro. Non voleva svegliarla, probabilmente, non ci sarebbe neanche stato al suo risveglio, ma doveva vederla, doveva assicurarsi che stesse bene, che fosse sempre lì doveva l’aveva lasciata, che le lacrime non le avessero consumato il volto e che la speranza non l’avesse abbandonata.
Adesso che era lì, in quella stanza, sì che la sentiva, la libertà, la libertà che solo il sorriso di Erza sapeva regalargli, la libertà d’amare.
 
 












 

   
 
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