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Autore: Dreammy    28/05/2013    3 recensioni
- E quindi... sono sessantanove?
- Già. - se fosse stata un’altra situazione, avrebbe riso per il numero che si era formato. Peccato solo che fosse una casualità e che ogni secondo che passava lo portasse alla morte certa.
- C’è solo una cosa che puoi fare, amico.
- E cioè?
- Hai esattamente sessantanove giorni per farla innamorare.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Day 10.


Giorno 10.

Harry si era presentato, puntualissimo, a casa Smith, suonando il campanello come un vero gentiluomo. Alla fine, aveva deciso di non mettersi troppo in ghingheri, optando per un paio di jeans scuri ed una polo bianca.
Si sentì un rumore provenire dall’altro lato della porta, qualcosa come un urlo e un “Vai tu!” imperioso, fino a che non sentì il chiavistello ruotare e lo sbarramento che lo separava dall’interno della casa scomparve.
Davanti a lui, si era materializzata una Lauren vestita di un paio di pantaloni blu scuro e un maglione un po’ più chiaro. - Ciao, entra. - lo invitò, con un sorriso che andava da parte a parte, prima di lasciarlo passare.
- Buonasera. - disse lui, cortesemente, prima di avvicinarsi a Mortimer, il padre di Lauren.
Un omaccione più largo che lungo, con un viso rubicondo e un ammasso di capelli sporchi, possedeva una morsa ferrea che aveva quasi rischiato di lasciare che la mano del ragazzo cadesse stecchita.
- E questo qui sarebbe il tuo fidanzatino? - rise Mortimer. - Bel tipetto, Lauren cara.
- Grazie papà. - sussurrò lei, cortese, mentre si sforzava di prendere la mano di Harry.
Intanto, l’omone si era disteso sul divano ed aveva cominciato a sbraitare: - Emma, donna disgraziata! Dov’è la cena? Sono affamato, potrei usare persino le materie forti! - esclamò.
Il riccio si voltò, con un’espressione basita dipinta in volto, verso la sua “ragazza”, che scosse la testa.
- Non dice sul serio. - mormorò, per tranquillizzarlo, poi indicò le scale. - Andiamo in camera mia finché non è pronto.
Lui annuì e, insieme, salirono al piano superiore.
La camera di Lauren aveva i muri di azzurro molto chiaro e, a ridosso di una parete, c’era un letto col piumone del medesimo colore. Le pareti erano tappezzate di poster dei 30 seconds to mars, Emma Watson e altri cantanti e attori non ben identificati. C’era una scrivania in legno con sopra poggiato un computer e una moltitudine di libri, penne e matite. Sopra il letto, notò Harry, era stato appeso con cura un pannello di legno, che recava la scritta “Non seguire un sentiero, createne uno tuo”; accanto ad esso c’era un acchiappasogni. La stanza sembrava contrastare parecchio col resto della casa, che pareva emanare muffa da tutte le parti.
Harry si sforzò di dire qualcosa, mentre la ragazza si appoggiava al davanzale della finestra e guardava fuori. - Tuo padre è sembrato un po’... severo. - osservò.
- Già. - borbottò l’altra in risposta, voltandosi verso di lui. - Lo è. Ma aspetta di conoscere mia madre, - le si illuminarono gli occhi. - sono sicura che ti piacerà.
- Se ti assomiglia, sicuramente sì. - le fece un occhiolino. - In ogni caso, devo dire che sono alquanto affamato.
- Calma i tuoi istinti, questo non è un albergo. - rise Lauren.
- Lo dice sempre anche mia madre. - si fece pensieroso per un attimo. - Mi chiedo cosa stiano facendo Charly e Louis in questo momento.
L’altra fece fatica a trattenere una seconda risata. - Presto detto, loro...
 
Charly, sul divano di casa Tomlinson, sbuffò. - Louis! - esclamò. - Non potremmo vedere un film un po’ più intelligente?
- Stai per caso insultando i miei amici puffi? - domandò lui, esterrefatto, spalancando la bocca. - Non puoi farmi questo, Charly. Sai che io li adoro. Ma non li hai visti? Sono così... blu. - fece gli occhi dolci.
Charly rise. - Anche gli Avatar lo sono e io vorrei tanto vedere quelli.
Lui assunse un’aria da maestrina. - Ah, ah, signorina! Nulla da fare. Dai, lasciati trasportare dalla magia. In fondo, Puffetta è carina, no?
- Sì, Louis. - sospirò lei. - Sì.
 
Harry rise. - Confinata in casa a guardare i Puffi, eh? Louis è sempre il solito, costringeva anche me. - ricordò con un sorriso.
- Oh, sì, ti immagino molto bene davanti al televisore che saltelli insieme a quegli ometti blu. - rise a sua volta lei.
- Ehi! - la rimbeccò. - Io sono un ragazzo molto maturo, è Louis che... - venne interrotto da una voce armoniosa che fece capolino nella stanza.
- Ragazzi, è pronto in tavola!
Emma Wright, la madre di Lauren, somigliava parecchio alla figlia e pareva emanare dolcezza da tutte le parti, a partire dai lunghi capelli castani e ricci, fino ai grandi occhi dello stesso colore. Aveva un bel sorriso stampato in faccia, nonostante sapesse che sua figlia fosse molto contraria a questa cena e si sentisse parecchio in imbarazzo.
- Scendiamo subito, signora Smith! - il riccio sorrise. - Io sono Harry.
- Emma. - si presentò lei prima di chiudere velocemente la porta, correndo al piano di sotto, dove Mortimer stava sbraitando qualcosa di incomprensibile.
 
- E se non stesse andando tutto bene? - chiese Charly.
- Al massimo Harry la stupra. - Louis masticò rumorosamente un popcorn e Charly, a sentire quella parola, si raggelò.
- Non dirlo mai più. - ordinò, a denti stretti, mentre il suo ragazzo alzava le spalle.
- Okay. Come mai te la prendi tanto? Sai che sto scherzando! - disse lui, sospettoso.
- E’ che non mi piace che si scherzi su questo. - si giustificò lei.
 
Seduti attorno al tavolo, la famiglia Smith ed Harry stavano cenando da un po’ e mai come quel giorno Lauren avrebbe voluto sprofondare, nella speranza di non tornare mai più a galla.
- E così, figliolo, che carriera vorresti intraprendere? - domandò Mortimer, masticando rumorosamente una coscia di pollo.
Lauren guardò schifata i pezzettini che si erano posati sotto al naso del padre, e pregò perché quella serata finisse presto. E sapeva che Harry non le avrebbe mai più rivolto la parola andando avanti in quel modo, perché era tutta colpa sua se erano finiti in quel pasticcio e se il disagio stava per prendere una brutta piega. Una piega dolorosa.
- Io... mi piacerebbe diventare un fotografo. - sorrise il riccio, sfiorando la gamba di Lauren con la propria. - Ma non ne avrò il tempo. - concluse nella sua testa, così che gli altri non lo sentissero.
- Cazzate! - tuonò l’uomo pestando un pugno sul tavolo e facendo trasalire il ragazzo: ormai le due donne di casa ci erano abituate. - Con quel fisichetto magrolino che ti ritrovi, è già tanto se lo troverai, un lavoro! Sembri perennemente malato, e non ho intenzione di dare la mano di mia figlia ad un povero senza-soldi che non è neanche in grado di mantenerla!
Lauren strabuzzò gli occhi e diventò viola in faccia: come si permetteva a dire quelle cose del suo finto ragazzo? Era giunta al limite. Non sopportava che si offendesse un ragazzo così, buono e che non aveva fatto nulla, se non aver raccolto tutta la gentilezza di cui disponeva per aiutare una persona che a malapena conosceva. - Papà! - sbottò, prima di rendersi conto di ciò che aveva fatto. Abbassò il tono della voce. - Noi non... abbiamo intenzione di sposarci. - concluse in un sussurro.
- Sta’ zitta, tu. - si rivolse ad Harry. - E anche tu, non dire una parola che sai che tutto quello che dico è vero, compresa la tua malattia. Di’ un po’, sei venuto qui per appestarci tutti con quella tua faccetta da angioletto mancato?
L’altro chinò il capo.
- Andate via, tutti e due! Fuori di qui. Potrei non rispondere delle mie azioni.
Ma Lauren sapeva cosa la aspettava quella sera, cosa sarebbe stata costretta a sopportare per aver fatto conoscere a suo padre un ragazzo che lui reputava “mancato”. Mentre lì, l’unico uomo mancato era proprio lui. Si alzò dalla sedia e, con sguardo supplicante, senza nemmeno parlare, implorò Harry di seguirla. E fu così che, dopo aver gettato un’occhiata più che sprezzante a colui che, purtroppo, era suo padre, si avviò verso la porta d’ingresso, con una gran voglia di piangere che albergava dentro di sé.
 
- E dopo I Puffi, cosa guarderemo? Dimmi che posso scegliere io! - Charly, abbracciata a Louis, mise in mostra i suoi occhi da cucciolo, un’arma infallibile.
- Eh no, stavolta non mi freghi... - il ragazzo fece una pausa. - ok, ho capito, scegli tu.
Lei sorrise. - Sì! Allora... mmh... che ne dici di un bell’horror?
- No! Io poi non dormo la notte.
- Oh, ok. Allora direi che... - gettò uno sguardo agli scaffali fornitissimi di DVD del suo ragazzo. - questo può andare, sì. - Che L’esorcismo di Emily Rose abbia inizio. - sussurrò in modo da non essere sentita e mettendosi comoda fra le braccia del suo ragazzo.
- Cos’è?
- Oh... vedrai.
 
- Non so cosa dire, sul serio Harry, scusami. - erano almeno cinque minuti che Lauren ripeteva la stessa solfa, ma sapeva che nulla le avrebbe mai scollato di dosso quei sensi di colpa che le opprimevano il petto, facendo in modo che lei faticasse persino a respirare.
Harry si decise a farla smettere, prendendole i polsi con vigore. - Lau, smettila, mi hai già chiesto scusa. Non è nulla, non ce l’ho con te. Affatto. Ok?
Lei abbassò lo sguardo. - Sì, ma ti ha detto delle cose assurde. Tu... malato? Non è così. Ti ha offeso...
La interruppe ancora. - Tuo padre non ha tutti i torti. - prima che si rendesse conto di cosa stava facendo, abbassò lo sguardo e iniziò a mormorare, con un filo di voce. - Cioè... lui ci ha visto giusto, perlomeno per quanto riguarda il mio “fisichetto magrolino”. - mimò le virgolette con le dita.
- Cosa? - fece lei, ad occhi aperti.
Quella era la serata delle rivelazioni.
L’avrebbero mai, i due giovani, dimenticata?
Oh, no.
Ci sono quelle serate che meriterebbero una colonna sonora tutta per sé, per quanto incredibili e tese sono, e forse l’avrebbe meritata anche quella, di serata. Serata che li avrebbe segnati.
Serata che segnava l’inizio di tutto.
- Hai mai sentito parlare di chemioterapia, Lauren? - chiese alla ragazza.
- Sì... - rispose lei, con la voce rotta. - ma questo cosa c’entra con te?
- C’entra, Lau. Ascolta, queste cose non le sanno in molti, ok? Devi promettermi che tutto quello che uscirà dalla mia bocca questa sera, tu non lo dirai ad anima viva. Ne andremmo di mezzo entrambi, altrimenti.
- Te lo prometto.
- Io ho scoperto a luglio di essere ammalato. Una malattia molto... terribile, ecco. Il cancro. Mi ha attaccato il fegato, e adesso mi restano sessanta giorni. - concluse, forse più velocemente di quanto una spiegazione del genere avrebbe meritato, ma non poteva fare troppi giri di parole. Non avrebbe avuto alcun senso.
Lei non sapeva cosa fare? Abbracciarlo? Dirgli qualcosa? Come si consola chi ha la certezza di morire in due mesi? - E allora... - si costrinse a dire. - dovrai goderteli, questi due mesi, Harry. Dovremo... renderli i migliori che tu abbia mai passato. Non puoi avere un brutto ricordo, ti pare?
Le fu grato. Grato per non avergli fatto pesare quella rivelazione cominciando a frignare come una bambina, lo avrebbe solo fatto sentire peggio, grato per avere avuto quest’idea che, per quanto difficile sarebbe stata da realizzare, ci si poteva provare, grato per essere lì, come lui aveva sempre desiderato.
E non avrebbe chiesto di meglio.

 

L'angolo di Dreammy.

*Tadadadaaaaaan*
Faccio schifo.
Ebbene sì, giunta a questa splendida conclusione chiedo scusa per non aver aggiornato prima.
Fra esami, rientri pomeridiani e febbre non ho avuto un istante.
Per cui sì, riempitemi di parolacce.
MA TORNANDO ALLA STORIA.
Allora si è scoperto.
Quante di voi sono felici che finalmente si siano parlati chiaro?
Quante di voi odiano il papà di Lauren?
Quanti di voi pensano che Puffetta sia dannatamente sechisy?
Quante di voi vogliono picchiarmi?
Perfetto, l'ultimo numero è incoraggiante. c:
Farò di tutto per aggiornare al più presto, ve lo giuro. :3
Grazie a tutte. Grazie per tutto quello che scrivete. E' splendido, per me.
Un bacione.

~ Dreammy.

   
 
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