Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: DontMindMe    29/05/2013    0 recensioni
Sono in blocco dello scrittore, quindi cerco ispirazione in quello che vedo.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Casa di bambola


Mario da piccolo voleva fare il falegname. Non è un sogno comune, niente che ci si aspetti di veder nascere nel cuore di bambino di un qualsiasi essere umano, eppure lui voleva fare il falegname.
Costruire le cose era sempre stato il suo passatempo preferito, dalle pile di cubi, parecchio articolate, quando aveva poco più di dieci mesi, a intricati mobiletti di Lego. Si era fatto regalare un set di attrezzi giocattolo, scalciando e sbraitando per ore, e niente lo attirava più di quelle seghe di plastica, di quei cacciaviti di gomma, neanche i giocattoli più costosi e alla moda che riceveva ogni Natale.
A quindici anni era già perfettamente in grado di costruire mobiletti, anche alquanto complessi, che disegnava lui stesso, progettandoli fin nel più minimo particolare. Ma a quindici anni, sapeva già che i genitori non gli avrebbero permesso di perseguire una carriera così modesta, a parer loro, e che avrebbe dovuto fare l’Università, una che gli avrebbe permesso di fare carriera.
E così si ritrovò a fare, travolto dagli eventi, dimenticando in parte quel semplice sogno che si era portato dietro per una vita. Esame dopo esame, lavoro dopo lavoro, era diventato direttore di banca, tramutandosi rapidamente nell’orgoglio della famiglia, la storia che i genitori raccontavano con le lacrime agli occhi ad ogni festività al resto dei parenti.
Di tempo non gliene rimaneva tanto, e quello che aveva a disposizione lo impiegava per lo più per seguire la sua famiglia. I figli che crescevano a vista d’occhio, la moglie che aveva conosciuto fra le quattro mura della sede. Eppure ogni fine settimana trovava anche un paio d’ore per rinchiudersi nel garage alla ricerca della sua vecchia passione.
Si era costruito una funzionale scaffalatura di legno, così che ogni attrezzo fosse al suo giusto posto, ma non gli bastava. Lui voleva costruire altre cose.
Il compleanno della figlia Annalisa si avvicinava, i dieci anni sono una tappa importante, pensava. Avrebbe costruito una casa per le bambole, completa di ogni piccolo mobile, di ogni piccolo dettaglio.
Ci lavorò per mesi e mesi, finché non fu soddisfatto: aveva tre piani e un tetto spiovente, dipinta di rosa. Aveva cucito tutto, dal rivestimento in pelle dei divani alle tende e al copriletto, aveva persino fatto degli stampi per colare in gesso i servizi del bagno, saldato lampade e letti, inserito il vetro nella credenza, nelle finestre. Era perfetta e Mario ne era davvero soddisfatto. Lo considerò il suo capolavoro di una vita, più anche della piattaia che aveva costruito a tredici anni e che la madre aveva apprezzato tanto, seppur con in faccia la tipica espressione di imbarazzo che mostrava dinanzi l’esprimersi di quell’arte. Eppure la piattaia era rimasta nella sua cucina per decenni e ancora faceva bella mostra di sé in casa, così come la credenza che costruì qualche anno più tardi.
Era un talento, se lo riconosceva. Un falegname molto migliore di un banchiere.
Diede gli ultimi ritocchi al suo capolavoro, aggiungendo la carta da parati, e sistemò ogni mobiletto al suo posto. Aveva l’aspetto di una di quelle costose casette che aveva visto in Belgio, anni prima, e che ad Annalisa erano piaciute tanto. Forse l’avrebbe fatta felice, facendosi perdonare il poco tempo trascorso insieme. Forse aveva fatto la cosa giusta.
E poi il tredici di agosto arrivò, il giorno del compleanno. Impacchettò la casa con della carta a righe rosa e lilla, con un grosso fiocco in cima, e trasportò a fatica tutto al sesto piano, dove c’era il loro appartamento. Non vedeva l’ora di scorgere sorpresa sul viso di sua figlia.
Lasciò che aprisse quel regalo per primo, perché era teso eppure orgoglioso.
“E’ grande, cos’è?” gli disse la figlia strappando via con poca grazia la carta ed esponendo quel meraviglioso oggetto di fine artigianato. E Mario riconobbe quello sguardo, d’imbarazzo, che sua madre gli rivolgeva ogni volta. “Che bella papà, ma io non sono più una bambina!” aggiunse, aprendo gli altri regali, esaltandosi alla vista del cellulare che la madre le aveva comprato.
Mario sentì di nuovo cadere il suo mondo. Nessuno riconosceva e apprezzava il suo dono, nessuno credeva nella sua passione. La moglie gli accarezzò una spalla, come a consolarlo, o a compatirlo, e andò a tirare fuori la torta dal frigo.
Fu quel giorno che Mario decise di non toccare più un attrezzo, era frustrante, doloroso, e non aveva bisogno di sentirsi così inadatto. Avrebbe continuato a fare il banchiere, che forse era quello che gli riusciva meglio, in fondo in fondo. E così fece. Col trascorrere degli anni, anche quando ormai fu un pensionato, non rimise mano a quel qualcosa che per metà della sua vita l’aveva fatto sentire così bene.
Eppure non poteva sapere che la sua nipotina di quattro anni avrebbe ritrovato quella casa di bambole intonsa dopo decenni, ancora perfetta, ancora splendida, e avrebbe trascorso ore a giocarci, da sola, figlia unica, nella sua stanzetta. Non poteva saperlo prima, ma quando andando a trovarla la vide intenta a parlottare con la sua bambolina di fronte a quel capolavoro, una lacrima scese sul viso ormai anziano di Mario che le si sedette di fianco, per giocare con lei e raccontarle di come aveva costruito quella casa, tanti anni prima, per la sua mamma.
La bambina, Gaia, rimase affascinata a sentire la storia, tenendo abbracciato il nonno, che con gli occhi ancora lucidi le accarezzava i capelli neri a boccoli.
Forse alla fine qualcuno che l’apprezzava davvero era arrivato, aveva dovuto solo aspettare, e aspettare ancora.
Gaia gli diede la forza di rimettersi al lavoro, anche solo per svecchiare l’arredamento di casa di due anziani signori come lui e la moglie. Lavorando ancora nel suo garage, altra gente poté ammirare il suo operato e iniziarono commissioni di mobili di ogni tipo o insegne in legno per negozi, alle quali lui prestava una cura ancora maggiore, guardandole poi con un sorriso che gli veniva dal cuore quando le scorgeva affisse in città.
E imparò che ad arrendersi non ci si guadagna niente, che quando qualcosa ci viene dritto dal cuore, non bisogna abbandonarla, mai, per una vita intera, senza dimenticare com’era, senza dimenticare come ci faceva sentire. Perché le ricompense arrivano, prima o poi. Arrivano e ti fanno sentire bene come mai prima.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: DontMindMe