Capitolo 1 - 赤 い Akai
Nessuna
cosa può essere completamente yin o completamente
yang; essa contiene il seme per il proprio opposto.
Edo, 10 ottobre 1851,
notte.
«Sei
sicuro che nessuno ti abbia visto?», si assicurò
Naruto Namikaze, chiudendo la
porta di camera propria, non prima però di aver guardato
fuori ed aver appurato
che fossero soli.
«Dobe,
non sono stupido quanto te», lo schernì
l’Uchiha, avvicinandosi al
compagno con un ghigno beffardo stampato sul volto.
«Teme!»,
si lamentò il biondo, aggrottando la fronte e mostrando il
suo solito
broncio infantile al moro, che gli si avvicinò con dolcezza
e gli spostò via un
paio di ciocche bionde che, con delicatezza, gli contornavano la fronte
bronzea.
«Tanjoubi
omedetou, usuratonkachi1»,
mormorò con tono solenne
Sasuke, circondando la vita dell’altro con un braccio diafano
e attirandolo a
sé con possessività. Si perse a fissare i suoi
occhi cristallini; due zaffiri
nei quali sarebbe affogato se solo uno sguardo avesse potuto uccidere.
«Grazie…»,
sussurrò Namikaze, chinando lievemente il capo nel vano
tentativo di
nascondere quel lieve rossore che gli aveva colorato le gote. Visione
più
idilliaca ed adorabile non v’era, a detta di Sasuke, Naruto
era tutto ciò che
di più bello madre natura avesse potuto mettere al mondo.
Per il biondo
era praticamente lo stesso. Diceva le medesime cose ogni volta
che si perdeva a guardare la pelle nivea di Sasuke, i capelli neri che
gli
contornavano il viso scarno, i lineamenti delicati, i pozzi
d’ossidiana che
erano soliti fissare ogni millimetro del suo corpo.
Sasuke Uchiha
e Naruto Namikaze erano come lo yin e lo yang: uno l’opposto
dell’altro.
Le due
metà che si completavano. Le anime gemelle con i mignoli
congiunti2.
«Questo
è il mio regalo, Namikaze-sama», disse Uchiha,
scostandosi con garbo
dal compagno ed inginocchiandosi davanti a lui, tra le mani un
cofanetto in
legno con dei ghirigori dorati incisi al di sopra, chiuso con un fiocco
rosso e
con incise sopra le iniziali dello Shogun di Edo.
«Ma…
Sasuke…», tentò invano di protestare
Naruto, le labbra socchiuse e gli
occhi che brillavano, in bilico tra emozione e sorpresa.
«Prendilo
e non piagnucolare», ordinò perentorio
l’altro, fulminandolo con lo
sguardo pece e trattenendosi a stento dal baciarlo con foga e farci
subito
l’amore.
«Grazie»,
ripeté lo Shogun, poggiando lo scrigno sulla scrivania
adiacente a
loro e rivolgendo rapidamente la propria attenzione al compagno.
«Mh».
Calò
un silenzio tombale nella stanza. Gli occhi dei due giovani
continuavano
ad essere fissi gli uni negli altri, le loro menti si erano
improvvisamente
svuotate, il lieve scricchiolio delle foglie causato dal vento che
imperterrito
soffiava.
L’atmosfera,
il silenzio, la notte, loro due: tutto ricordava la prima volta in
cui avevano fatto l’amore, confessandosi reciprocamente
ciò che provavano l’uno
per l’altro. Allo stesso modo era impressa in una nottata
ventosa e
apparentemente tranquilla un’estrema malinconia di cui
nessuno dei due riusciva
a liberarsi.
«Di
notte ti ho trovato e di notte ti ho perso»,
mormorò l’Uchiha, più a se
stesso che al compagno. In effetti non era sua intenzione metterlo al
corrente
dei pensieri che vagavano per la propria mente, eppure quando era in
sua
presenza, egli non poteva fare a meno di lasciarsi andare alla
spontaneità.
Forse il tutto scaturiva da quanto bene lo facesse stare il compagno,
forse si
sentiva denudato dinanzi agli occhi cristallini che lo scrutavano
assorti.
«E
di notte ci siamo rincontrati», affermò
l’altro, alzando con pacatezza una
mano e portandola al viso di Sasuke e spostando con leggerezza un paio
di
ciocche di capelli dietro l’orecchio pallido.
Lasciò che le falangi sfiorassero
quella pelle diafana, liscia, dannatamente morbida; un piccolo gesto
pregno
d’amore.
Solo Sasuke
poteva capire cosa intendesse.
Difatti
bastò un secondo, poi le loro labbra
s’incontrarono e, in un continuo
sfiorarsi ed accarezzarsi, trovarono il letto. Le vesti che fasciavano
con
garbo i corpi di Naruto e Sasuke erano d’intralcio per
ciò che si apprestavano
a fare; le mani eburnee di uno svestirono l’altro e
viceversa, finché le loro
epidermidi non poterono sfiorarsi, toccarsi.
Di solito
Naruto Namikaze parlava molto, ma erano quelli i momenti in cui si
rendeva conto di quanto superflue potessero essere le parole.
Di solito
Sasuke Uchiha era un tipo taciturno che non esternava le proprie
sensazioni, ma erano quelli i momenti in cui si lasciava andare.
Di solito
Naruto sapeva prendere il compagno, sapeva farlo sorridere, sapeva
fargli assaporare la gioia di quella vita che sembrava pesare ad
entrambi.
Di solito
Sasuke non ringraziava il biondo per tutto ciò che faceva
per lui,
per rimanergli accanto nonostante tutto, per non rinunciare mai a
nulla. Per
combattere con e per lui.
Quelli erano i
momenti in cui tutto e niente veniva detto. Quello era il
momento in cui gli ansimi e i gesti contavano più di
qualunque altra cosa, era
un continuo gioco di sguardi e di intraprendenza, di mani che si
allacciavano e
stringevano con possessività, di labbra che si divoravano
fameliche e denti che
imprimevano un invisibile marchio su bocca e collo.
La notte era
l’unico momento in cui potevano appartenersi senza
necessità di
nascondersi.
La luna e le
stelle erano le uniche a conoscenza di quel peccato che sapevano
star compiendo, ma al contempo acquisivano ogni secondo la
consapevolezza che
l’amore era più forte del pregiudizio,
più forte delle responsabilità che i
singoli avevano, più forte anche di loro stessi.
Le mani
esperte di Sasuke andarono a cingere i fianchi del compagno, mentre gli
occhi pece non riuscivano a fissare un solo punto della pelle bronzea
di
Naruto. Pian piano discesero sino ad arrivare all’erezione
inappagata ma tesa
del biondo, in cerca di attenzioni che non le furono negate. E gli
spasmi non
mancarono, così come i gemiti sommessi colmarono il silenzio
notturno, il
tepore del corpo del maggiore che sovrastava quello dello Shogun
riempiva il
suo cuore di gioia, l’espressione estasiata di Namikaze
appagava enormemente
l’Uchiha.
«Sei sicuro
di
voler aprire il tuo cuore?
I pensieri
straripano, questo è il mio amore
Che aumenta
sempre di più
Tutto
ciò che non posso dirti subito
Te lo
dirò un giorno
Anche se mi
servissero mille anni
ma sempre al
tuo fianco».
[Shinee
– 1000 years always
by your side]
**
Sasuke, suo malgrado, non poté fare a meno di sorridere intenerito dalla scena e per un attimo ammise persino a se stesso di voler trascorrere il resto della sua vita con quel dobe. Accortosi della tranquillità con la quale aveva formulato quel pensiero, spalancò di colpo gli occhi e tentò di correggersi, dicendosi che non gli sarebbe propriamente dispiaciuto svegliarsi ogni mattino e trovare Namikaze al proprio fianco.
Tentò più volte di modificare la costruzione della frase, mentre con le mani cercava di sistemare i suoi capelli neri e il respiro regolare si disperdeva nella brezza mattutina. Il cinguettio degli uccelli poggiati sul ramo del ciliegio collocato proprio fuori la finestra invase soavemente l’interno della camera, scuotendo con leggiadria Naruto dal suo sonno, finché non si ridestò totalmente.
I suoi occhi erano più blu del solito e le labbra carnose richiamavano l’Uchiha, in modo tale che le baciasse. Ed infatti non ci volle più di una manciata di secondi così che il giovane Daimyo si decidesse a baciarle.
«Buongiorno, Namikaze-sama».
«Buongiorno, Sas’kè», rispose di rimando l’altro, alzandosi a sedere e strofinando le palpebre, nella speranza che dopo avrebbe visto con più chiarezza l’ambiente circostante. Ringraziò mentalmente il compagno per non aver aperto le tende e fatto in modo che fosse il sole a risvegliarlo con prepotenza.
«Dormito bene?», domandò con accortezza mista ad una finta indifferenza.
L’altro annuì con pacatezza, poi si liberò del lenzuolo e discese dal comodo giaciglio.
«Che fame’ttebayo», sbadigliò lo Shogun, stiracchiandosi e dimenticandosi quasi di essere nudo e di avere addosso gli occhi dell’Uchiha.
«Mh».
«Tu non hai fame, Sasuke?», lo interrogò sottovoce, non stupendosi affatto del mancato appetito, abituato ormai al saltuario nutrimento di cui si cibava il compagno.
«In effetti un po’», affermò in un mugolio incomprensibile, che catturò immediatamente l’attenzione del biondo.
«Non ci credo», sibilò e gettandosi sul letto, incrociò le braccia dietro la nuca e guardò con un sorriso l’amante, «hai davvero fame, Sas’ke?»
«Usuratonkachi», lo ammonì con uno sguardo gelido, per poi raddolcirsi ed afferrare le sue labbra con i denti. Quasi pareva di volergli strappare il labbro inferiore, talmente della forza che aveva impressa in quel morso, eppure Naruto sottostava a quel trattamento senza indugi e godendosi al massimo anche il tocco più rude da parte del moro.
Quando, molti minuti più tardi, riuscirono a disgiungere le loro fameliche bocche, che proprio non riuscivano a starsene buone e distaccate, raccattarono le proprie vesti dal tatami e le indossarono un po’ di malavoglia.
«Un’altra giornata inizia, Sas’kè!», trillò gioioso come al solito il biondo, «Sei pronto per trascorrere un intero giorno con il sottoscritto?»
«Preferivo altro», buttò lì l’Uchiha con nonchalance, fingendo di non essere nemmeno minimamente contento di poter quantomeno guardare lo Shogun per tutto il giorno. E magari quella notte stessa sarebbe sgattaiolato di nuovo via dal suo letto per aggrovigliarsi col corpo dell’altro e avrebbero fatto di nuovo l’amore. Avrebbero di nuovo consumato la loro passione e al solo pensiero il moro fremeva. Ebbe bisogno di tutto il proprio autocontrollo per non lasciar trasparire nemmeno un sospiro fuori posto, dato che Namikaze ormai riusciva a decifrare tutto come se fosse lui stesso protagonista di quelle sensazioni.
«Teme!», sbraitò fintamente offeso il biondo, scuotendo il capo e non riuscendo a trattenere il suo solito broncio infantile, giusto per tentare l’altro e scongelarlo da quell’intorpidimento che sapeva esser dovuto dal non potersi toccare senza destare alcun sospetto.
Nel medesimo momento i due udirono tre tocchi alla porta ed una voce che chiamava Naruto.
«Namikaze-sama, la disturbo?»
«Siediti, Sas’kè», sussurrò il biondo, mentre si sistemava un po’ i capelli e si avvicinava alla grande porta in legno della stanza per aprirla.
«Scusi se la importuno di prima mattina», cominciò l’uomo, «ma è importante».
«Entra pure, Kakashi», sorrise lo Shogun, spostandosi dall’uscio per permettere ad un uomo dagli strani capelli argentei di entrare nella propria stanza.
«Grazie… Oh, salve, Daimyo-sama», salutò con cordialità, prima di incrociare le braccia dietro la schiena e schiarirsi la gola.
«Allora, Kakashi-san, cosa succede?», chiese titubante il biondo, nella speranza che l’uomo facesse poco caso al letto disfatto e soprattutto che evitasse di farsi strani pensieri. Fondati, sicuramente, ma restava il fatto che non era il caso che ipotizzasse cose simili centrando appieno la questione.
«È stato catturato questa mattina… un traditore», mormorò pacato, cercando di soppesare correttamente le proprie parole ed evitando con accuratezza lo sguardo curioso di Naruto e quello spaventato di Sasuke.
«Come un tradit-», Namikaze s’interruppe e il terrore si fece spazio sul suo volto. Non che temesse per la propria incolumità o sciocchezze simili, era piuttosto certo delle sue capacità e soprattutto aveva un’armata pronta a difenderlo se fosse stato necessario, ma la sua principale preoccupazione era l’Uchiha seduto dietro di lui con lo sguardo perso nel vuoto.
«È stato catturato, o meglio, si è consegnato Itachi Uchiha», dichiarò con tono piatto, cercando di non tentennare e rivolgendo lo sguardo al pavimento in legno chiaro.
«Dove si trova adesso?», postulò atono il moro, mordendosi una guancia per cercare di sopprimere un grido di rabbia e della lacrime amare che, prepotenti, si accingevano a rigargli il volto niveo.
«Abashiri1», sentenziò Kakashi e, prima ancora che potesse chiederlo, lo Shogun capì le sue intenzioni e lo congedò con un rapido gesto della mano.
«Chiudi la porta, per favore, dopo esser uscito», lo pregò con cordialità Naruto, «a breve io e Daimyo-sama andremo a fare visita ad Itachi».
L’uomo dai capelli argentei annuì e fece come richiesto, lasciando i due soli e nel silenzio più totale e distruttivo che potesse esistere.
Per la prima volta in assoluto in tanto tempo, Naruto non seppe con esattezza come agire. Sentiva che la spontaneità che da sempre l’aveva caratterizzato l’avrebbe aiutato ben poco, così come sproloquiare a vanvera ed ignorare totalmente i sentimenti, d’odio e d’amore, che l’Uchiha covava nei confronti del fratello maggiore.
«Sasuke…», iniziò, avvicinandosi a passo lento e deciso al compagno, cercando di fare il meno rumore possibile, nella speranza che il soffio del vento portasse via anche il minimo suono prodotto dai suoi piedi sul tatami.
«Non dire nulla», lo stoppò quasi immediatamente il moro, alzando un dito dinanzi a lui per tenerlo a debita distanza, «dammi solo un paio di minuti, poi andiamo a parlargli».
«Se non te la senti, posso andare da solo», affermò con decisione, sicuro più che mai della sua posizione: non avrebbe fatto mai del male ad Itachi. In cuor suo sapeva che Sasuke ne avrebbe sofferto ancora di più, perché era l’unica persona che avesse mai tenuto a lui, ad esclusione di Namikaze stesso.
Doveva andarci piano, ma Sasuke sapeva bene che non era nella sua indole puntare il dito contro le persone ed urlare a destra e a manca di uccidere chiunque lo contraddicesse. Nemmeno un traditore come suo fratello meritava una sorte simile, a detta del compagno.
«No, verrò anch’io», disse. Poi si corresse: «O magari andrò solo io».
«Questo non posso lasciartelo fare», ribadì all’istante il biondo, scuotendo il capo convinto.
«Non posso nemmeno parlare da solo con mio fratello?!», sputò amaro l’Uchiha, ringhiando sommessamente e mordendosi poi il labbro inferiore e l’interno di una guancia, mentre volgeva lo sguardo alla finestra spalancata e alle folate di vento che scuotevano le tende, facendole ombreggiare il tatami.
Naruto semplicemente tacque. Sapeva che ogni parola sarebbe suonata ridondante in quel contesto e lasciò che il compagno assimilasse la notizia e placasse il suo animo improvvisamente cosparso di fiamme ardenti.
E bruciava, bruciava da morire. Eppure quel fuoco non voleva saperne di porre fine alle sofferenze immani che brulicavano in se stesso, le emozioni sembravano impazzite e la testa era in procinto di esplodere, ma nessuna di queste sensazioni gli dava pace, nessuna cessava, il dolore persisteva e la confusione si spaziava sempre più nel suo animo.
Le domande tornarono ad assillarlo così come lo avevano torturato anni addietro, quando suo fratello aveva abbandonato Edo per andare solo i Kami sapevano dove.
«Andiamo adesso», annunciò, alzandosi dalla sedia ed accostandosi al compagno. Approfittò di quell’attimo di solitudine per prendergli la mano e stringerla tra le sue, il capo chino e un sospiro frustrato che gli scappò ancor prima che potesse pensare di trattenerlo.
Il biondo, intenerito e rattristato a quella visione, portò la mano libera sulla spalla di Sasuke e lo attirò a sé. Gli fece posare la fronte nell’incavo del suo collo e lo strinse a sé, mentre con le labbra gli sfiorava il collo e lo baciava con dolcezza.
«Andrà tutto bene», lo rassicurò, distaccandosi controvoglia da lui ed incoraggiandolo con uno dei suoi raggianti sorrisi ed intersecando la propria mano con la sua. Sembravano due pezzi di un puzzle, i tasselli principali che avvertivano la necessità di ricostruire l’ambiente circostante per poter stare insieme senza intoppi. Peccato che vi fosse sempre qualcosa a turbare la quiete che sembrava stabilizzare tutto, o almeno a placare le tempeste interiori con le quali i due erano costretti a combattere ogni giorno.
Perché ad un certo punto di una relazione, così come all’inizio, i quesiti si ammassano nel cuore e nella mente, il dubbio, l’incertezza crea scompiglio, le sensazioni spiacevoli distruggono l’umore ed è lì che iniziano i problemi.
Perché una relazione tra due ragazzi non poteva assolutamente essere tollerata, specialmente se erano rispettivamente lo Shogun e il Daimyo. A volte entrambi, pur non avendo esternato il pensiero, avevano constatato che, forse, sarebbe stato meglio lasciar perdere e tornare ad una regolare vita, trovare una donna con la quale mandare avanti una generazione che con molta probabilità non avrebbero sentito davvero come propria, donare un capo allo Shogunato e un nuovo Daimyo sul quale fare affidamento per tenere la pace e il controllo su Edo, gestire il commercio nell’area portuale di Uraga, e soprattutto crescere dei figli che potessero avere la stessa compassione e pacatezza di Naruto, ma al contempo che fossero capaci di provare un amore passionale e profondo come quello di Sasuke.
Non che l’amore che provava il biondo non si potesse eguagliare; ma, nonostante l’Uchiha paresse il più freddo e disinteressato dei due, era il primo che si era buttato quasi a capofitto in quella malsana relazione amorosa che gli corrodeva l’animo da molti anni.
D’altra parte, sapeva bene di non potersi fidare di altri se non di Namikaze, così come aveva acquisito la consapevolezza di non avere l’opportunità di trovare nessun altro come lui.
E in tutta onestà nemmeno voleva.
Rincuorato dal fatto che, anche se il fratello aveva un’importanza inenarrabile ed incomparabile, aveva Naruto al suo fianco, trovò la forza di lasciarsi andare ad un genuino sorriso e poi, stringendo i pugni e digrignando i denti per placare il dolore che percepiva, si avviò a passo spedito verso la porta della stanza, seguito dal compagno.
NB:
1) Innanzi tutto, vi avverto che ho apportato una modifica ad un personaggio. Avevo inserito Orochimaru come commodoro dalle Americhe, ma con il mio beta ho convenuto che fosse meglio inserirvi il personaggio originale, ovvero il commodoro Matthew Perry. Per cui d'ora in poi ci troverete lui, o almeno lo troverete negli eventi legati al 1853.
2) Il titolo "Akai" significa 'rosso', ed è legato sia alla leggenda del filo rosso giapponese (punto 4) sia ad Itachi, cioè al simbolo e al colore del suo anello nel manga,
3) Tanjoubi omedetou: buon compleanno in giapponese.
4) Anime gemelle con i mignoli congiunti: è un chiaro riferimento alla leggenda del filo rosso del destino della cultura cinese/giapponese. Ve la consiglio, è davvero una bellissima leggenda!
5) Abashiri: era la prigione nella quale venivano rinchiusi coloro che avevano commesso dei crimini politici o comunque a discapito della città.
Note dell'autrice:
Salve! Quasi non ci credo di esser riuscita a pubblicare il primo capitolo giusto dopo una settimana dal prologo! Vuol dire che sto facendo progressi e pian piano sto riprendendo "mano" (lol) a scrivere. Ok, sono pessima e la simil-battuta stessa lo era. Comunque sia ecco a voi il chap! In tutta franchezza si è scritto da solo, ho già capito che questa storia farà ciò che vuole ed io fungerò solo da mezzo per scriverla. *pat pat*
Ordunque, credo non ci sia moltissimo da dire riguardo questo capitolo, però è giusto che inizi a precisarvi la gestione temporale delle vicende: questo e il prossimo capitolo verteranno sulle vicende passate, quindi nel 1851, e si baseranno sulla storia di Sasuke e Naruto, mentre il prossimo sarà perlopiù su Itachi. Poi ci sarà il capitolo che manderà avanti la storia nel 1853. Non so se farò così finché non esaurirò la trama fino alle vicende dell'approdo delle Navi Nere, ma proverò a non farmela sfuggire di mano, promesso!
Ringrazio, come sempre, il mio beta-giappo-amico PunkDario, sempre pronto a correggermi ed aiutarmi con la giappocultura! E un ringraziamento anche a chi ha recensito ed inserito la storia nelle seguite!
tratrin: Amore! Ti rispondo qui perché se provo a farlo nella pagina delle recensioni mi blocco e non scrivo più nulla! Però sappi che la tua recensione mi ha fatto tanto piacere e le tue parole mi hanno resa felice! Nonostante sia solo il prologo già mi hai data fiducia, è appagante, giuro! Mi sento un tantino fiera di me quando succedono queste cose (?) Comunque come avrai letto sopra Orochimaru è stato cambiato con il personaggio che ha effettivamente dato vita a quelle vicende storiche, Matthew Perry *pat pat* mi dispiace, troverò un modo per inserirlo (?) Grazie per aver recensito e per seguire la storia! *abbraccia*
Wania97: Ciao a te! Innanzi tutto scusa se rispondo solo ora anche a te, però vale la stessa cosa che ho detto a tratrin! Quella pagina di risposte mi irrita all'inverosimile ultimamente e, con tutta la buona volontà, non riesco a scrivere più di quattro parole prima di mandarla a quel paese! Che dirti, mi fa davvero piacere che ti piaccia nonostante siamo appena appena all'inizio! Il commodoro ora sarà il personaggio originale (l'ho scritto tre volte, ma fa' come se fosse una risposta singola (?)) e posso solo dire che otterrà ciò che vuole. Le vicende storiche son quello che sono e questo non è affatto uno spoiler (?) Ti ringrazio per i complimenti sul mio modo di scrivere e sono contenta che reputi la storia interessante sin dal principio! Spero che il tuo parere rimanga tale anche col susseguirsi dei capitoli! Grazie per essere passata, un bacione ^-^