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Autore: Cara_Sconosciuta    21/12/2007    6 recensioni
Ryan è diverso. E' diverso, sì, ma in modo positivo....peccato che non tutti sappiano apprezzarlo. Una storia strana, fatta per far riflettere, nella quale potrete scegliere il finale che preferite. Ho messo rating arancione perchè credo che ci voglia una certa dose di cervello per capirla...ma forse questa è solo presunzione mia.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ryan Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccoci all’ultimo capitolo

Ed eccoci all’ultimo capitolo!!!!!! Non vi preoccupate, è più allegro del precedente (non che ci voglia molto…) e spero vi piacerà altrettanto.

Avrete anche una piccola sorpresa che svelerà come è realmente andata la morte di Ryan nel capitolo precedente….

Mi scuso se ci dovessero essere  recensioni a cui non rispondo, ma come sapete, a causa del problema di visualizzazione di pochi giorni fa, alcune sono state cancellate.

E ora….gli ultimi ringraziamenti!!!!

 

LaTerrestreCrazyForVegeta: la tua recensione è stata cancellata ma mi ricordo che avevi commentato…quindi ti ringrazio, anche se non ricordo molto quello che avevi scritto!

 

miss_ka: mi dispiace per il tuo amico….spero di non dover vivere mai un’esperienza del genere!!!

 

Barbycam: oddio, paura! Non ti uccidere, per favore! Beh, scherzi a parte, come ho detto Ryan in questa ficcy rappresenta un po’ il mio amico, e anche lui ha un carattere davvero dolce e sensibile (a parte un brutto tiro che mi ha fatto, né, vitto?) e assicuro che è una qualità grandissima. E ora leggi e zuccherati un po’ la bocca, che dopo il limone lo zucchero ci sta bene!

 

Vivy93: guarda, il finale allegro è…più allegro, giuro! Mi dispiace di averti fatto male…anzi, no, non è vero: era proprio il mio intento colpire qualche cuore….anche se quelli che dovrebbero rimanerne colpiti di certo liquiderebbero questa storia come una scemenza o una schifezza, come fanno sempre con quello che scrivo. Grazie mille del commento!!!!!!!!!!

 

Piccola nota: sto lavorando a una Ryan/Kelsi natalizia basata sulla fiaba della Piccola Fiammiferaia (la mia preferita!!!) solo che sono un po’ in blocco. Cioè, ho l’idea ma non riesco a metterla giù, quindi può darsi che arriverà un po’ dopo Natale (non a Ferragosto, comunque, non temete). Che dite, vi piace l’idea?

Luv,

Temperance

 

Il dolce

“Sarà che noi due siamo di un altro lontanissimo pianeta

Ma il mondo da qui sembra soltanto una botola segreta…”

(Renato Zero, I migliori anni della nostra vita)

Ryan stava in piedi sul tetto di Palazzo Evans, il grande residence che i suoi genitori possedevano in centro ad Albuquerque. Gli era sempre piaciuto quel posto e amava andare a riflettere o, semplicemente, a riposare seduto ai margini del giardino che si estendeva sopra alla costruzione.

Era irreale vedere la città sotto di lui, le automobili ridotte a minuscole luci lanciate in una corsa folle e, spesso, insensata sul lungo nastro d’asfalto nero.

Quando era lì, dimenticava tutto. I suoi problemi, i suoi affetti, i pensieri belli e quelli brutti sparivano, scacciati da un dolce e straordinario senso di pace, che lo avvolgeva nel suo mantello come il più dolce e passionale degli amanti.

 

Se Ryan Evans avesse dovuto scegliere un posto per morire, di certo sarebbe stato quello.

“Come on come on

Turn a little faster

Come on come on

The world will follow after

Come on come on

Because everybody’s after love”

(Counting Crows, Accidentally in love)

 

Le strade di Albuquerque non erano mai sembrato così buie a Gabriella Montez come quella sera.

Aveva giurato a stessa di lasciar perdere, di non pensare a Ryan, perché, dopotutto, non era un idiota, avrebbe saputo cavarsela.

Starà bene, le aveva detto Sharpay.

Starà bene, si era ripetuta per tutto il pomeriggio, mentre scarabocchiava quella stessa lettera che ora stringeva tra le mani insieme al berretto azzurro di Ryan.

Starà bene, starà bene, starà bene era stata la sua litania fino a quando, finito il suo piccolo componimento, una domanda non si era affacciata alla sua mente, violenta e non desiderata.

E se non stesse bene affatto?

Poco a poco quel pensiero, nato come un tarlo misero ed insignificante, era cresciuto e cresciuto, fino a raggiungere una misura tale da poter senza problemi essere chiamata vera preoccupazione.

Senza aspettare un secondo di più, prese la felpa e corse fuori di casa, ignorando i richiami di sua madre e di suo padre, un solo nome in testa: il suo.

Sapeva dove trovarlo… È l’unico posto dove riesco a pensare, le aveva detto… L’Evans Building…

Aveva un brutto presentimento e doveva correre, se voleva arrivare in tempo…

 

“Come on come on

Spin a little tighter…”

(Counting Crows, Accidentally in love)

 

Ryan stava in piedi, leggermente curvo, appoggiato alla balaustra che contornava il tetto dell’Evans Building.

Quanti piani saranno stati? Venti? Venticinque?

Chissà che effetto avrebbe fatto prendere il volo da quell’altezza… quanto invidiava quegli uccelli migratori che, ad ogni primavera, cambiavano il luogo dove costruire il nido. Qualsiasi cosa fosse successa durante l’inverno, qualsiasi evento, bello e brutto, era lasciato alle spalle e la vita ricominciava in un altro posto, lontano da tutto e da tutti.

Lanciò uno sguardo alle auto che correvano veloci sotto di lui e un brivido percorse la sua schiena.

Era davvero, davvero alto, quel posto…non ci aveva mai fatto caso, prima.

°E se…. No, Ryan, non ci pensare nemmeno. Non è il modo giusto di affrontare le cose. Uccidersi non è mai il modo giusto

Già…se lo era ripetuto un milione di volte… e allora perché quel pensiero continuava a frullargli in testa?

°Perché non capisco che senso abbia andare avanti così, con degli amici che hanno sempre di meglio da fare che stare con me, con una famiglia fredda come e più del ghiaccio e una reputazione che farebbe pena persino allo scemo del villaggio. Sì, ma basta, questo, per togliermi per sempre qualcosa di così…così… così incredibilmente unico come solo la vita è

Decise che no, non lo era.

Nulla è mai sufficientemente brutto per privarsi della possibilità di migliorarlo. Dopotutto, in fondo al suo cuore, Ryan sapeva che quello era solamente un periodo della sua esistenza.

Un periodo che, come tutti, si sarebbe concluso, molto probabilmente trasformandosi in un futuro molto più luminoso di quanto lui stesso osasse aspettarsi.

Forte di questa convinzione, tornò a guardare il traffico che scorreva ignaro sotto di lui, sempre appoggiato alla pesante balaustra.

Un sorriso comparve sulle sue labbra, il primo sorriso sincero da troppo tempo.

Come aveva anche solo potuto pensare di uccidersi? Non era da lui una cosa del genere!

Lui voleva vivere, voleva andare alla Julliard, voleva diventare il miglior artista che quella scuola avesse mai visto varcare le sue porte, così si sarebbe riscattato di quegli anni in cui non era altro che lo zimbello della East High.

E Gabriella sarebbe stata al suo fianco.

Ci sarebbe stata perché lo amava, lo amava davvero e lui non se n’era mai reso conto come in quel momento.

Così come non si era mai davvero reso conto di essere altrettanto innamorato di lei.

Portò la mano sinistra a ravviarsi i capelli scombinati ma, mentre compieva quel gesto, il vecchio orologio che portava al polso si slacciò, scivolando sul cornicione oltre la ringhiera.

“Maledizione.” Imprecò il giovane.

Non poteva permettersi di perdere quell’orologio….

 

[Flashback]

“Nonno, ma è troppo grande!” Esclamò il bimbo, facendo scivolare via dal polso sottile il pesante orologio che aveva trovato sotto l’albero.

Gregory Evans sorrise con quel suo sorriso affascinante che aveva incantato milioni di donne negli anni in cui ancora calcava le scene. Quel bambino, il suo unico nipote maschio, gli ricordava tanto stesso alla sua età…all’apparenza esile ma forte e determinato a raggiungere i suoi obbiettivi… e soprattutto, leggero come una farfalla e con la recitazione nel sangue.

Sì, quello scriciolo dai capelli biondi era il degno erede dell’attore che per più di quarant’anni era stato l’indiscusso re di Hollywood.

“Vieni qui, Ryan.” Sussurrò, con una voce debole, ma ancora calda e gentile.

Il piccolo trotterellò fino al divano dove il nonno era seduto e si inginocchiò davanti a lui, fissando i grandi e curiosi occhi azzurri in quelli, più stanchi ma dello stesso colore, dell’anziano progenitore.

“Hai proprio ragione, sai? Quest’orologio adesso ti va decisamente troppo grande ma tra non molto tempo crescerai abbastanza da poterlo portare e allora mi devi promettere che lo terrai sempre con te.”

Perché?”

Perché, mi chiedi? Leggi il retro, Ryan, fammi vedere cosa ti insegnano in quella scuola.”

Il bambino voltò l’orologio e iniziò a sillabare lentamente le parole incise sul retro del quadrante.

Se…se puoi…sogsog…”

“Sognarlo.” Lo aiutò il nonno.

Se puoi sognarlo, puoi…farlo. Se puoi sognarlo puoi farlo. Che cosa vuol dire?”

“È una frase che ha detto uno dei più grandi geni della nostra epoca.

“Chi, Einstein?”

“No, piccolo, Walt Disney.”

“Quello dei cartoni animati?”

Proprio quello. Quel meraviglioso creatore di sogni ha lasciato più verità in queste cinque parole di quanto molti abbiano fatto in tanti e tanti libri. Con il tempo capirai cosa vogliono dire, fidati di me. Ora va’ a giocare con tua sorella!”

[Fine Flashback]

 

Suo nonno era morto pochi giorni dopo quel Natale e nessuno al mondo lo aveva pianto come quel bambino con i suoi stessi occhi e un orologio troppo grande stretto intorno al polso sottile.

Quell’oggetto all’apparenza insignificante era l’unico ricordo che Ryan possedeva di quel grande uomo che era stato Gregory Evans, colui che più di tutti lo aveva incoraggiato nella sua passione innata per la danza e non poteva assolutamente lasciarlo lì ad arrugginire.

Senza pensarci due volte, scavalcò agilmente la balaustra e si chinò a raccogliere il pesante orologio ma, quando fece per rialzarsi, un piede scivolò sul cornicione umido.

 

 

 

 

 

°No….° Fu il suo unico pensiero, mentre si sentiva trascinare verso il vuoto.

 

 

 

 

 

Due mani afferrarono saldamente il suo polso destro, mentre una voce ben nota gridava il suo nome.

“Gabriella!” Rispose subito.

Rayn, tieni duro! Aggrappati al cornicione con l’altra mano!”

Il viso di Gabriella, sopra di lui era terrorizzato, ma la sua stretta era forte, tutt’altro che indecisa.

Lo sguardo di Ryan volò dal volto di lei, sconvolto dallo sforzo e dalla paura, all’orologio stretto nella propria mano sinistra.

°Scusami, nonno…°

Con le lacrime agli occhi, lasciò scivolare l’oggetto fuori dalla sua mano, che poco dopo era aggrappata al bordo di cemento del tetto dell’Evans Building.

Con uno sforzo non indifferente e con l’aiuto di Gabriella si arrampicò e tornò dal lato giusto della balaustra, per poi accasciarsi, stremato, contro il corpo tremante di lei.

Ryan…” Sussurrò Gabriella, appoggiando il viso sulla spalla del giovane. “Ho avuto paura di perderti…”

La mano della ragazza salì ad accarezzare i capelli di lui, mentre l’altra lo stringeva con dolcezza in vita.

“Ho dovuto lasciarlo, Gabriella.” Disse Ryan, alzando gli occhi lucidi in quelli della sua provvidenziale salvatrice.

Che cosa?”

“L’orologio di mio nonno… avevo giurato di portarlo sempre con me…ho avuto paura e ho dovuto lasciarlo… non volevo morire, Gabriella, non volevo, io…”

Ryan…” Lo interruppe lei, posandogli una mano sulle labbra.  “Tuo nonno ce l’avrebbe avuta molto di più con te se, per salvare il suo orologio, dal cornicione ci fossi caduto tu, credimi.” Un sorriso comprensivo e dolce illuminò il volto di Gabriella. Non voleva nemmeno pensare a cosa sarebbe successo se fosse arrivata anche solo un secondo più tardi… “Come stai?”

Ryan chiuse gli occhi, e prese tra le sue mani quella della ragazza, posando un bacio leggero sul suo palmo.

“Ora che sei qui, bene…”

 

“She's the giver I wish I could be
And the stealer of the covers
She's a picture in my wallet
Of my unborn children's mother
She's the hand that I'm holding
When I'm on my knees and praying
She's the answer to my prayer
And she's the song that I'm playing”

(Brad Paisley, She’s everything)

 

“Scusami, Ryan, se mi sono intromessa… ero preoccupata…”

Questa volta, fu il turno di Ryan di sorridere.

Gab, ti rendi conto di cosa sarebbe successo se non ti fossi intromessa?”

A quelle parole, anche la ragazza scoppiò a ridere ma di una risata nervosa, non sincera come avrebbe dovuto essere.

“Ehi, calmati!” Esclamò lui, abbracciandola stretta. “Ti rendi conto che mi hai appena salvato la vita?”

“Giurami che sei scivolato per sbaglio….”

Ryan si raffreddò di colpo e mollò la presa, per poi allontanarsi dalla ragazza e tornare ad appoggiarsi al parapetto.

Dopo poco, Gabriella gli si affiancò.

“Ho detto qualcosa di sbagliato?”

“Ci ho pensato, sai?” Soffiò lui, a voce così bassa da essere appena udibile. “Per un momento ho pensato di saltare, di farla finita…”

Ryan…”

“È stato solo un momento, ma ci ho pensato e me ne vergogno in un modo che nemmeno immagini ma non è per questo che stavo cadendo. Sono semplicemente scivolato, perché qualcosa mi ha fatto cambiare idea. Non so bene cosa… ma so che, quando lo capirò, voglio che tu sia vicino a me.”

Gli occhi azzurri tornarono ad alzarsi in quelli neri e Gabriella trattenne il fiato.

“Voglio che tu sia con me, perché mi fai stare bene, perché mi capisci. Voglio che tu mi stia vicino anche se ti ho trattata male….anche se mi sono accorto di ricambiare i tuoi sentimenti troppo tardi, perché anche un solo minuto dopo averti conosciuta sarebbe stato troppo tardi… perché hai preferito me a Troy e questo non è da tutti…e poi  perché , se non ci fossi tu, io non sarei nemmeno più qui.”

 

“She's the voice I love to hear
Someday when I'm ninety
She's that wooden rocking chair
I want rocking right beside me
Everyday that passes
I only love her more
Yeah, she's the one
That I'd lay down my own life for”

(Brad Paisley, She’s everything)

 

Quando le sue labbra e quelle di Gabriella si incontrarono per la prima volta, su quel tetto, dopo una delle giornate più tremende della sua vita, Ryan si chiese come aveva potuto, anche per un solo momento, pensare di poter rinunciare a tutto quello, a quell’incredibile vortice di sensazioni che era l’amore vero per una persona vera, che sapeva apprezzarlo per quello che era e non per una bambolina il cui unico hobby era prendere in giro chi era diverso da lei.

L’amore per Gabriella Montez, una ragazza semplice e speciale che, sola in un mondo, era riuscita a farlo sentire importante.

 

Fine

 

Alloooora???? Che ne dite??? Funghetto come capitolo, eh? Avete capito, allora che è successo? Ryan non si è mai davvero ucciso…solo che, nel primo caso, Gabriella non è arrivata.

Spero vi sia piaciuta questa mia storiella…

Me lo lasciate un commentino? (Guarda il computer con occhini luccicanti)

 

 

 

 

 

   
 
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