CAPITOLO 2
–
BUONI PROPOSITI
… e
mi trovo
davanti lei, con quel suo vestitino chiaro che le lascia scoperte le
spalle e
le lunghissime gambe, dato che le arriva poco sopra le ginocchia, e con
le sue
amate scarpe tacco 12. Mi sembra di rivivere la scena della puntata di
Natale
di Castle.
Rimaniamo
entrambi a guardarci imbambolati per una manciata di secondi,
finché mi scuoto
dal torpore in cui sono piombato e le chiedo cosa ci fa davanti alla
mia porta.
“Scusa
Nate,
volevo solo salutarti, ma vedo che stai uscendo…”
“Sì…
no… ecco…
beh… insomma… stavo venendo da te.” Mi
lancia un’occhiata delle sue e poi si
apre, di nuovo, quel meraviglioso sorriso sul suo volto.
“Mi
fai
entrare o rimaniamo a chiacchierare sulla porta?”
“Sì,
scusa,
vieni, entra pure. Ti va di bere qualcosa?”
“Sì,
grazie…”
Aspetta un
momento. Realizzo solo adesso che Stana è venuta da me
quando io stavo per
andare da lei! E’ proprio vero che siamo in sintonia. Le
preparo un Martini, so
che le piace tanto, poi la raggiungo e ci sediamo sul divano uno
davanti
all’altra, osservandoci quasi con imbarazzo.
“Perché
sei
qui, Stana? Ci siamo già salutati al
ristorante…”
“Vero,
però
mi ero dimenticata una cosa… E tu perché volevi
venire da me?”
“Beh…
ecco… vedi…
io volevo chiederti una cosa.” Ha uno sguardo al tempo stesso
curioso e
imbarazzato, ma c’è sempre quel suo sorriso che mi
lascia senza parole. Devo
essermi incantato a guardarla, perché lei, dopo un
po’, mi mette una mano su
una gamba e mi chiede: “Nate? Ci sei? Cosa volevi
chiedermi?”
“Sì,
scusa,
è che sei così bella quando sorridi che perdo il
filo!”
Rotea gli
occhi e arrossisce. “Sei sempre il solito
adulatore…”
Prendo un
bel respiro e vado. “No, davvero. Il tuo sorriso è
meraviglioso! Comunque, ti
volevo chiedere… non è che ti andrebbe di venire
con me a Edmonton? Quando
torni dalla Mongolia, intendo. E se non hai di meglio da fare, chiaro.
Ah,
naturalmente sarò un gentiluomo o meglio, sarò il
gentiluomo che tu vorrai che
io sia…. Potrei anche essere un bad
boy,
se tu mi preferissi così…” Aggiungo
malizioso.
Wow, mi sono
un po’ incartato ma gliel’ho chiesto sul serio!
“In
effetti
mi piacerebbe tornare da quelle parti. Sai, da quando i miei si sono
trasferiti
in Illinois non ho più molte occasioni di visitare il
Canada. Mi manca la
natura….”
No, aspetta
un momento. Ha davvero detto di sì? Non sto sognando? Evvai!
“Oh,
se è la
natura che ti manca, lì ce n’è in
abbondanza: c’è un parco non lontano dalla
nostra casa con degli alberi secolari e poi ci sono i laghi, oh Stana,
sai che
in questo periodo dell’anno hanno dei colori bellissimi! Mio
padre portava
sempre me e mio fratello a pescare da quelle parti quando eravamo
bambini. Sono
sicura che ti piaceranno!”
Mi guarda
con tenerezza e sussurra: “Sei molto legato a quella zona,
vero?”
“Sì,
mi
riporta alla mia infanzia… quando sono lì torno
bambino!”
“Oh,
Fillion, non ci vuole un grande sforzo per quello… spesso ti
comporti come un
bimbo di 6 anni nascosto nel corpo di un adulto!”
Le lancio
un’occhiataccia ma davanti al suo sorriso non
c’è niente da fare, capitolo
immediatamente. Ci guardiamo negli occhi per un momento, poi mi ricordo
che lei
è venuta da me, così le chiedo: “Ehy,
un momento, ma cosa ti ha spinto a venire
qui da me?”
“Ah…
già…
sì… vedi… avevo dimenticato una cosa.
Anzi, avevo scordato di fare una
cosa, che dovevo assolutamente
fare prima di partire.”
Si avvicina
ancora di più a me, mi accarezza delicatamente il volto,
prendendomi in giro
per non essermi fatto la barba e poi, improvvisamente, mi bacia.
Lì per lì
rimango congelato come uno stoccafisso e il cervello va in blackout
totale, ma
poi le poche sinapsi che sono sopravvissute superano lo shock e mi
spingono a
partecipare attivamente. Con un braccio la avvicino a me e appena
schiude le
labbra ne approfitto per approfondire il bacio, mentre le accarezzo una
gamba e
mi ritrovo con le sue mani che mi stringono la camicia, quasi a volermi
tenere
stretto a lei. Ma io non ho alcuna intenzione di
allontanarmi…
Se è
un sogno
non svegliatemi, vi prego.
Mai
più.
Non so per
quanto tempo andiamo avanti a baciarci come due adolescenti,
finché lei si
stacca, delicatamente, appoggia la fronte alla mia e sussurra, con un
respiro
leggermente affannato: “Nate, non sai da quanto avevo voglia
di farlo… Però ci
dobbiamo fermare qui, altrimenti non me ne vado
più…”
“No…
aspetta…
non puoi fare così… ti prego… rimani
con me… poi non ti vedo per un sacco di
tempo… mi mancherai, Stana, non sai quanto… e poi
abbiamo tante cose di cui
parlare….”
Chiude gli
occhi e sospira. Sembra combattuta fra l’idea di rimanere con
me e il proposito
di andarsene; poi si alza dal divano, si dirige verso la porta,
all’ultimo
momento si volta verso di me e mi dice, con un tono quasi accorato:
“Aspettami.
Vado in Mongolia e torno. Ti prego, aspettami…”
E’
uscita.
L’uragano
Katic mi ha travolto e mi ha lasciato totalmente stordito. Ma mi ha
baciato.
Aspetta, me lo ripeto per sicurezza.
Mi.
Ha.
Baciato.
Sissignore, non
eravamo sul set (ah no, non assomigliava nemmeno lontanamente a uno di
quei
baci a stampo che ci scambiamo dopo il ciak) e non me lo sono sognato.
Mi do
anche un pizzicotto per accertarmi di essere sveglio. Ahi!
Sì, sono decisamente sveglio. E sobrio. Ora devo solo
aspettare più o meno sei settimane per stringerla di nuovo a
me. E che ci
vuole? Sei settimane passano presto. No, un momento. Accidenti,
è un mese e
mezzo. OK, intanto vado a dormire. Ci penserò domani. Non
faccio in tempo a
raggiungere la mia camera che mi arriva un sms. Afferro il cellulare e
sul
display appare il suo nome. No, non dirmi che ha cambiato idea. Non
dirmi che
si è pentita….
“Nate,
baciarti è stato titillating.
Ho
ancora il batticuore come se fossi una ragazzina… Ti prego,
aspettami. Non vedo
l’ora di tornare da te. E tieniti questa cosa solo per noi,
ok? Non mi va di
darla in pasto ai giornalisti. Ti voglio solo per me. Love ya.
S.”
Ricomincio a
respirare. Oddio, questa donna mi manda già al
manicomio… Ma mi fa sentire
vivo. Come non mi succedeva da tempo! Le rispondo subito.
“Non
ti dico
quale effetto ha fatto a me baciarti, altrimenti diventa una hotline
*_* Sarei
pronto ad aspettarti anche tutta la vita. Ma torna presto, ti prego. Our secret’s safe with me.
Dormi bene e
fa’ dei bei sogni. I miei saranno spettacolari
perché ci sarai tu di sicuro.
Bacio. N.”
L’indomani
mi sveglio intenzionato a far fruttare questi giorni di lontananza. Ho
deciso
che, per quando sarà tornata, mi troverà molto
più in forma. Huertas ha
ragione, ho messo su troppi chili negli ultimi tempi e non va bene.
Tanto più
adesso che ho un buon motivo per ritornare il figo pazzesco che ero nel
2009.
Dunque, facciamo una lista.
Punto primo.
Innanzitutto devo controllare l’alimentazione. Apro il frigo
e vedo che ci sono
un sacco di cose ipercaloriche. Fillion, non ci siamo. Oggi si va al
supermercato a comprare la verdura. Bene. Poi…
Punto
secondo. Dunque… sì, attività fisica.
Da oggi si va a correre ogni mattina.
Punto terzo.
Mi devo tenere occupato, così evito di pensare a Stana in
Mongolia e a quanto
mi manchi. Ed evito di pensare a quanto ho fame! Mi piacerebbe
organizzare
qualcosa per l’associazione no profit che ho co-fondato, Kids
need to read…
Magari un evento di beneficienza… sì, questa
è una buona idea.
Rinfrancato
dai miei buoni propositi, decido di dare subito inizio alla nuova fase
di
Fillion: bevo una spremuta d’arancia al volo, mi infilo una
T-shirt, un paio di
pantaloncini, le scarpe da ginnastica, prendo il cellulare per
ascoltare la
musica, inforco gli occhiali da sole e parto. Il lungomare di Santa
Monica è
gremito di persone che passeggiano, corrono, vanno in bici, in
skateboard, in
monopattino: ci sono giovani tutti muscoli, ragazze in shorts (ma non
le
guardo, o almeno non faccio loro la radiografia come invece succedeva
fino a
ieri), bambini e anziani … un bell’insieme di
umanità assortita. Mi metto le
cuffiette, cerco un po’ di musica sul cellulare e comincio a
correre, sforzandomi
di mantenere un’andatura regolare e sostenuta, ma dopo 10
minuti mi sembra di
avere i polmoni in fiamme, il cuore sottosopra e le gambe mi pesano
come
macigni. Ha maledettamente ragione Huertas. Sono proprio fuori forma.
Non mi do
per vinto e cerco di resistere, ma dopo pochi minuti sono costretto a
rallentare per evitare che mi prenda un infarto. Proprio in quel
momento suona
il cellulare. Neanche a farlo apposta, è proprio Huertas.
“Puff…
Pant…. Jon…”
“Bro,
stai
bene?” Mi risponde con un tono di voce allarmato.
Evidentemente deve essersi
accorto che sto per morire.
“Sì…
puff…
tutto a posto… cough… sto facendo…
jogging… a Santa Monica…”
“Bro,
tu fai
jogging? E da quando? Ci credo che tu abbia l’affanno, pigro
come sei! Com’è
che ti è venuta questa idea?”
Decido di
fermarmi del tutto. Non ho fiato per correre, figurati se ce la faccio
anche a
parlare. “Huertas… ho solo…
deciso… di rimettermi… in forma…
Approfitto… delle
ferie… tutto qui. Cosa… posso… fare
per te?”
“Mmmmhh…
tu
mi nascondi qualcosa, bro. Ti ho chiamato per chiederti
cos’era tutto quello
strofinarvi ieri sera a cena.” Lo dice con un tono appena
appena malizioso.
Ops,
mantenere il segreto si rivela già impresa ardua.
“Mah…
niente… Stana e io siamo solo amici…”
“Sì,
certo,
e io stamani ho visto un elefante volare nel cielo di Venice e
atterrare
direttamente sullo yacht tutto rosa di Barbie, scortato da due tomcat*
pilotati
da Minnie e Topolino. Allora, l’hai invitata?”
“No…
come
avrei potuto? C’eri anche tu ieri sera alla cena,
no?”
“Fillion,
sei una delusione.” Me lo dice con lo stesso tono schifato
che aveva usato
Esposito per dichiarare che la dignità di detective di Ryan
era morta quando si
era rifiutato di continuare a indagare su chi fosse il misterioso
fidanzato di
Beckett. Poi aggiunge: “Comunque, se vuoi imparare da un
professionista della
forma fisica, chiamami: ho una lunga esperienza in merito. E ricordati
di fare
stretching al termine della corsa, altrimenti domani non ti alzi dal
letto!”
“OK,
Huertas, agli ordini! Grazie mille per la tua offerta, ci
penserò.”
Chiudo la
chiamata e ricomincio a corricchiare. L’idea di Huertas come
personal trainer
non è malvagia: è un amico e, in effetti, ha una
forma invidiabile. Potrei approfittarne
finché è a Venice… Resisto per un
altro quarto d’ora e poi sono costretto a
fermarmi di nuovo. Sì, ho decisamente bisogno di qualcuno
che mi rimetta in sesto.
Mi allungo un po’, distendo gambe e braccia e poi torno verso
casa.
Dopo una
doccia corroborante, faccio la lista della spesa e vado al
supermercato. Solo
cibo sano. Quando torna, quella donna dovrà essere fiera di
me.
Nel
pomeriggio decido di dedicarmi al progetto per la mia fondazione.
Dunque, chi
potrei contattare…. Ma sì, un altro capitano
speciale: William Shatner, il
mitico capitano Kirk della Enterprise! L’ho conosciuto
recentemente e lo reputo
una persona splendida. Sono sicuro che accetterà di buon
grado di partecipare a
questo progetto. E’ un vero filantropo e, più che
altro, è un tenerissimo
nonno, che si prende cura dei propri nipotini. E poi, fra capitani di
astronave, ci intendiamo! Accendo il mio portatile per accedere alla
mia
casella di posta elettronica, quand’ecco che la stanza si
riempie della
musichina che annuncia “You’ve got mail”.
Clicco sull’icona e….
Nota
dell’autrice:
*
Scusate, sono una vecchia fan di JAG e mi sto riguardando, per
l’ennesima
volta, le repliche!
Comunque,
ebbene sì, alla porta era proprio lei! Che, povera creatura,
s’era dimenticata di fare una cosa. E non poteva proprio
partire senza averla
fatta…. Riuscirà il nostro Fillion a mantenere i
suoi buoni propositi? E chi
mai gli avrà scritto?
Grazie,
davvero di cuore, per aver letto anche il secondo capitolo.
Baci,
Germangirl