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Autore: LucreziaLavigne    08/06/2013    0 recensioni
Ricordo ancora quando ci sottrassero alla vita….
Per mesi e mesi eravamo riusciti a sopravvivere ma adesso non ce la facevamo più.
....
Con cautela aprii la porta a occhi chiusi e non feci in tempo ad aprirli che svenni.
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
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Perchè doveva capitarmi tutto ciò?


Ricordo ancora quando ci sottrassero alla vita….
Per mesi e mesi eravamo riusciti a sopravvivere ma adesso non ce la facevamo più.
Era Febbraio, un lunedì se non sbaglio ed ero a scuola, non facevo altro che sbadigliare in faccia al professor Franchi che con le sue teorie sulla consistenza dei muscoli ci annoiava a morte; quella mattina l’avevamo fatto arrabbiare tantissimo, mentre ci urlava, contro avevo il volto livido e giurò su se stesso che per due mesi potevamo scordarci educazione fisica. Eravamo rassegnati, tutte le classi erano in gita, e le bidelle spettegolavano sulla relazione tra il prof Di Paolo e la professoressa Ceciliottti. Sperando di poter fuggire chiesi di potere andare in bagno mi ci volle un po’ per convincere il professore ma alla fine acconsentii. Passò una mezz’oretta buona e non avevo assolutamente voglia di tornare dentro si stava così bene fuori!  Un passante sennonché vicepreside mi richiamò e tornai dentro imprecando e trascinando i piedi. Prima di tornare in classe mi concessi un ultimo giro e mi appoggia alla porta sospirando, a un certo punto udii una bidella urlare e poi “bum”! Uno sparo.  Terrorizzata, spalancai la porta sgranando gli occhi e feci, una figuraccia assurda, il professore mi guardò di sbieco per un minuto buono mentre io rimanevo come un palo sulla porta, i miei compagni ridevano, ma poco m’importava; chiusi la porta e tornai al mio posto.
Non riuscivo a smettere di pensare a quello sparo e chiesi di uscire nuovamente, trascorsi tutto il tempo in bagno a riflettere prima di entrare in classe, come mi era consueto fare , appoggiai l’orecchio alla porta in attesa dell’ennesimo richiamo che il professore avesse rivolto a Giovanni. Ma nulla.
Con cautela aprii la porta a occhi chiusi e non feci in tempo ad aprirli che svenni.
Quando rinvenivi, erano sedute lungo il muro affianco ai miei compagini di classe che tremavano dalla paura, un uomo sulla trentina ci teneva una pistola puntata contro mentre uno molto più anziano sfogliava una strana lista e con le labbra serrate  leggeva i registri. Per un nano secondo mi sembrò che mi sorrise ma pensai di essermi sbagliata, aveva una grande cicatrice sull’occhio sinistro l’altro era di colore grigio, aveva denti perfettamente bianchi e quadrati e ogni tanto mentre ci guardava, sorrideva in un modo terrificante. Alla sola vista avvertivo una sensazione di freddo allo stomaco e mi mancava il respiro. Mi girai verso i miei compagni, per la prima volta dopo aver finito di osservare i nostri sequestratori, le ragazze piangevano tutte ed erano dall’altro lato della classe insieme a dei ragazzi. Mi avvicinai all’orecchio del mio migliore amico Matteo che mi spiegò che dopo essere entrati e aver messo K.O. il professore che ora russava disteso sopra la cattedra, avevano chiamato per nome ognuno di noi e ci avevano divisi con me c’erano Matteo, Salvatore, Ismaele, Besar e Riccardo ,non ero spaventata avevo quasi sempre pensato che sarei morta a scuola e tutto ciò non mi turbava.  Un dubbio mi sorse, perché mai avevano lasciato solo me lì? Non terminai di esporre chiaramente il mio pensiero che mi intimarono di alzarmi; con le ginocchia tremolanti e con un nodo in gola mi misi in piedi , quel tizio mi si avvicinò e mi carezzò su una guancia di scatto abbassai il volto e mi ritrassi tutto ciò provocò una sua sberla, barcollai e infine mi accasciai contro la finestra il sangue con il sangue alla testa che mi pulsava. Mi rialzai e prendendomi per i capelli mi disse: "Hai le palle ragazzina, lascerò sia tu ad uccidere i tuoi amici." Non sapevo a cosa fosse dovuta la sua espressione “hai le palle” non mi sembrava di aver compiuto un gesto eroico e ritrarmi da lui non poteva essere considerato tale,o invece si? Era così pericoloso? Mi assalii un senso di nausea mentre mi aprì la mano e vi depose una pistola calibro 22 la riconobbi subito ,mi piacevano le armi conoscevano tutti  i loro nomi dal primo all’ultimo. Afferrai la pistola con entrambe le mani, subito mi sembrò pesasse qualche tonnellata e non riuscivo ad alzarla, avevo il capo chino e la pistola tra le mani non riuscivo a muovermi,non volevo di certo uccidere qualche mio amico! Passarono 5 minuti e lui vedendo che non procedevo mi spinse a terra e sbattendo la testa contro il termosifone che perdeva svenni,l’ultima cosa che riuscii a sentire prima di perdere i sensi fu il netto rumore di cinque colpi e delle urla strazianti dei miei coetanei.

  
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