1)RETURNS AND NEW
BEGIN
La stazione era un
luogo affollato, c’era un via vai continuo di gente, chi partiva, chi tornava,
chi aspettava.
C’era gente che
amava quella sensazione e lei in una situazione normale sarebbe stata una di
quelle, le era sempre piaciuta l’idea di poter prendere un treno ed essere
altrove in una città diversa, in una vita diversa.
Milioni di
possibilità non realizzate che la aspettavano e quel
profumo di libertà che poteva percepire senza entrare, quella scossa di energia
che provava ogni volta che ci passava vicino.
In un giorno
qualsiasi sarebbe stato così, ma oggi era…speciale.
Una ragazza dai capelli
neri, Yukari Yidashi,
sedici anni, si fece largo tra la folla, faticosamente avviandosi verso
il binario dieci da dove arrivava il treno da Kioto.
Yukari sorrise,
nonostante la folla che al momento si
ritrovava ad odiare,tra le mani una vecchia fotografia che ritraeva una coppia
e due bambini, una femmina mora e un maschio biondo.
La sua famiglia,
prima del disastro,prima del divorzio, quando Deidara stava ancora da loro.
Deidara, il bambino biondo, ora di anni ne aveva
diciotto e finalmente poteva tornare da lei, suo fratello avrebbe vissuto di
nuovo a casa sua, non stava più nella pelle.
Sorrise.
“YUkari!”
Vide un ragazzo
dai lunghi capelli biondi agitare le braccia e trascinare un pesante borsone
che lo aiutava a fendere la folla dei viaggiatori.
“NII-san!”
YUkari si buttò tra le braccia del fratello, lei
solitamente poco affettuosa e un po’ recalcitrante al contatto fisico.
“Ehi
nee-chan!
Quanta energia!
Ti
sono mancato?”
“Certo cretino!”
Del divorzio dei
suoi la cosa che le era pesata di più era staccarsi da
DEidara che era stato costretto a vivere dal padre,
questo avveniva dieci anni prima e da allora si erano visti solamente durante
le vacanze scolastiche.
Suo fratello non
era cambiato molto dall’ultima volta, stessi capelli biondi, stesso sorriso e
ci avrebbe giurato stessa passione per quell’argilla esplosiva che un paio di
anni prima l’aveva privato di un’ occhio.
“Sono molto
felice, ma ora dammi una mano con questo coso, perché mi sta staccando un
braccio. Prendiamo un manico ciascuno.”
Presero la
metropolitana ed arrivarono al piccolo appartamento
degli Yidashi, all’ultimo piano in un caseggiato
abitato prevalentemente da famiglie con bambini piccoli, studenti e pendolari.
La scala esterna
era ingombra di biciclette.
“Merda!”
Deidara era
inciampato per l’ennesima volta nella ruota dei veicoli, Yukari
ridacchiò.
“Dopo un po’ ti ci
abitui…il problema è quando sei di fretta, tipo in ritardo per la scuola,
rischi la vita ogni giorno.”
“Immagino…accidenti
al Giappone e alle biciclette! La mamma è a casa?”
“NO, è fuori per
un viaggio fino a metà settimana.”
“Lo immaginavo.”
Yukari poteva leggergli nel pensiero, sapeva che
i rapporti tra la madre e il fratello erano tesi dall’incidente che gli era
costato l’espulsione da scuola e per il fatto che
l’anno prima era stato bocciato.
“Non
è che non sia contenta…
Ma gli gira che tu
sia stato bocciato e le gira doppiamente perché io ho pestato i piedi per iscrivermi
all’istituto d’arte , che sarebbe anche la futura
scuola, perché pensa che sia una scuola di pazzi e che stia sprecando il mio
talento nell’inglese e i buoni voti che ho preso all’esame delle medie.”
Il fratello scosse
la testa, la loro madre non sarebbe mai cambiata in certe cose, forse era per
questo che aveva divorziato da loro padre, un pittore
geniale quanto casinista che era esattamente l’opposto di lei.
“Sei contento di essere di nuovo a tokio?”
“Contentissimo,
soprattutto perché mi sono lasciato indietro quella palla al piede di Tobi.”
“Chi?”
“Madara UChiha, ma lo chiamano
tutti Tobi o piaga o uomo caramella. È una seccatura
che ti pressa perché non ha uno straccio di amico e ha deciso che io devo
essere il suo sempai.”
“è almeno carino?”
“Fanculo!”
Yukari scoppiò a ridere, le erano mancati quei
momenti.
Non vedeva l’ora
che fosse domani per vedere la nuova scuola, avrebbe ritrovato alcune vecchie
amiche dell’istituto Kissho, Megumi
MImichi, Asami Amaya, Sakura”Syria” Ashara, SAyuri SAkiyurai.
Solitamente non
credeva nei presentimenti
positivi, temeva di cullarsi in illusioni, ma sentiva che in
quella scuola sarebbe stata bene…
SAsuke Uchiha aprì gli
occhi, disturbato dal suono della sveglia, che cavolo di giorno era? Perché
quell’aggeggio infernale suonava? E perché suo fratello stava bestemmiando come
un muratore incazzato?
“Svegliati
coglione! È il primo
giorno di scuola!
Devi essere là
prima per prendere il posto, senno rompi tutto l’anno
perché ti hanno fregato il posto vicino alla finestra.”
Sasuke bestemmiò a sua volta e si alzò alla
svelta, infilò un paio di jeans neri, una maglia dello stesso colore e si
catapultò fuori dall’appartamento che divideva con il fratello di due anni più
grande.
“Merdaccia! Il pranzo!”
Itachi sbraitò furioso verso il fratellino, ma
quello era ormai troppo lontano.
“Che essere
pesante..
Dovrò
portaglielo io…”
Sasuke arrivò davanti all’istituto d’arte nel
centro di Tokio e stranamente, dato il suo odio conosciuto per qualsiasi tipo di istituzione scolastica, gli comunicò una bella
sensazione, ai lati del cancello c’erano delle siepi alte che sembravano
volerlo proteggere, o nascondere, peccato
che la massa di gente tipica del primo giorno di scuola vanificasse
questi sforzi.
Si fece largo
senza tanti complimenti, entrando in un cortile leggermente in discesa su cui
si affacciavano delle porte dimesse, quel luogo, ne era consapevole, era un
pugno in un’occhio nella
rispettabile facciata dei quartieri alti della città.
Eppure…
Quell’apparente
trasandatezza era accogliente, faceva sembrare il luogo meno austero di quello
che una scuola era normalmente e stranamente si
ritrovò a pensare che quell’edificio ne era in qualche modo consapevole.
“Quante cazzate di
primo mattino, vediamo in che classe sono.”
Consultò un cartellone
e si rese conto di essere in classe con la maggior parte dei suoi compagni di
seconda media, quando aveva l’aveva frequentata al Konoha e un paio di ragazze della classe di terza alla Oto.
“Che palle!”
Salì al secondo
piano.
La scuola era
deserta,erano ancora tutti in cortile e cercò l’aula
9, che si rivelò essere la prima vicino alle scale.
La porta era
aperta e ….
Merda! Qualcuno
aveva già preso il “suo” posto!
I banchi
dell’ultima fila di sinistra erano già occupati, in quello vicino alla finestra
sedeva una ragazza dai capelli neri, vicino a una castana scura, dark, e una
dai capelli mechati di rosso e in quelli di destra
rispetto al corridoio c’era Nara ,che
dormiva, in quello contro il muro, una bionda con quattro codini, una sempai forse, e akimichi su
quello esterno.
Certe giornate era meglio trascorrerle a letto.
Fece per
trascinarsi vicino a un biondo in seconda fila quando qualcuno lo afferrò da
dietro.
Ino Yamanaka.
“SAsuke-kun! Vieni! Sediamoci vicini!”
Si ritrovò seduto
accanto a lei e a Sakura Haruno, che però sembrava
più incazzata che felice di vederlo.
“Ci credo!”Esclamò
la sua coscienza” L’hai lasciata di merda l’ultimo giorno alla konoha.”
“Sasukuccio!”
A peggiorare la
sua già nera giornata arrivò Karin Tsuki, che si
sedette davanti a lui, rivolse un ‘occhiata di fuoco
alla ragazza che era seduta dove doveva essere seduta lui e che aveva pure
l’impudenza di fare colazione tranquilla e beata.
“YUkari-chan!
Il moro emo sembra voglia ammazzarti con quell’occhiata.”
YUkari sollevò lo sguardo dal bicchierino di te
preso alle macchinette.
“Doveva arrivare
prima se voleva questo posto!”
La scuola sembrava
interessante….l’emo più che altro un pirla seccatore, ma Yukari era
ottimista, gli altri sarebbero stati ok.
Sorrise al
fratello e notò che accanto a lui si erano seduti un ragazzo dai capelli rossi
e un moro con una lunga coda che sembrava somigliare molto all’emo incazzato, quello si che era
carino, nonostante le occhiaie e l’aria scazzata.
Sarebbe stato un’anno interessante….