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Autore: Thurin    16/06/2013    3 recensioni
L'immagine di un oscuro passato riaffiora nella mente di Nico Robin, un ricordo a lungo nascosto capace di sconvolgere l'intera umanità. Un segreto a lungo celato ai suoi più intimi amici, il ricordo di un dolore mai sopito, per Franky il viaggio insieme a Cappello di Paglia non è solo voglia di avventura, ma fuga da un destino che lo chiama con voce ossessionante, un destino legato a doppio filo al passato della giovane archeologa. A poco a poco la consapevolezza del legame reciproco porterà i due pirati a ricomporre i pezzi di un puzzle diabolico, portando alla luce ciò che per lunghi anni era stato nascosto.
Vorrei dedicare questo racconto in più capitoli all'utente Avventuriera, che mi ha spinto (dopo un'appassionata discussione) a provare a cimentarmi in una fan-fic. In effetti questa è una commissione per suo conto! Spero che questo mio primo lavoro riesca ad appassionarvi, buona lettura...aspetto i vostri commenti (siete liberi di distruggermi come e quando volete!).
Genere: Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franky, Nico Robin | Coppie: Franky/Nico Robin
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo III
Il silenzio è d'oro, la parola d'argento

 
Isola degli Uomini-Pesce – foresta del mare
 
Nascosti fra i nodosi rami degli alberi dei fondali, due occhi gialli erano fissi su una giovane donna, seguendone passo per passo ogni suo movimento. Con un leggero movimento della pinna, lo squalo bianco gigante avanzò sopra la figura vestita di una giacca violacea ed un pareo variopinto, facendo bene attenzione che la sua ombra fosse nascosta da quelle degli alberi circostanti. Si trovava circa quattro metri al di sopra della preda e la seguiva a breve distanza, un rapido scatto gli avrebbe permesso di azzannarla senza che questa si accorgesse della sua presenza. Pur essendo uno dei predatori più grandi di quella foresta, lo squalo bianco gigante era in grado di tendere agguati improvvisi alle sue prede nascondendo la sua presenza tra le fronde della foresta. Dotato di una certa dose d’intelletto, il grande pesce sembrava esitare di fronte ad un facile boccone, quasi fosse incuriosito da quella figura così strana ed inusuale, tanto diversa eppure tanto simile ad una sirena.
 
Robin si era già allontanata dai suoi compagni, sapeva bene fin dall’inizio che aveva poco tempo per cercare le informazioni che le servivano. Sfogliò il suo taccuino cercando le indicazioni che l’avrebbero portata alla stele nascosta nella foresta del mare.
Secondo le sue fonti, il Poignee Griffe nascosto nell’Isola degli Uomini-Pesce conteneva importanti informazioni riguardanti una delle armi ancestrali, forse anche la sua vera natura; un’occasione troppo ghiotta da lasciarsi sfuggire. Silenziosa attraversò la spiaggia intravedendo in lontananza Franky insieme ad uno strano uomo-pesce piuttosto gioviale; erano entrambi sulla Sunny ma data la grande distanza, non riusciva a sentire di cosa stessero parlando. Decise di proseguire senza far caso a loro, entrò nella foresta tenendo ben saldi la bussola e il taccuino. Appena entrata si accorse che l’aria circostante si era sostituita ad una sorta di liquido simile all’acqua, ma che le permetteva di respirare
“Interessante, sembrerebbe una sorta di liquido amniotico” tralasciò presto quel particolare, si guardò intorno cercando qualche puto di riferimento, ma si accorse subito che orientarsi non era così semplice; in effetti la foresta del mare, pur essendo molto simile ad una foresta terrestre, non offriva tutti quei riferimenti geografici per una facile scarpinata – Non mi sarei mai aspettata un inconveniente simile – sbottò la giovane archeologa. Di fatto si era già addentrata alla cieca per un paio di chilometri, gli alberi intorno a lei cominciavano ad oscurare in parte la luce che proveniva dall’esterno della selva, ed anche i rumori cominciavano man mano a divenire più flebili. Robin proseguiva guardinga, attenta ad ogni alberello e cespuglio, tendeva l’orecchio ad ogni fruscio, qualcosa in quel posto non le piaceva affatto. Decise di fermarsi per qualche minuto cercando qualche indizio sul suo taccuino, tuttavia, nonostante lo sfogliasse già da diverso tempo non c’era niente che la potesse aiutare.
Aveva passato ora a studiare i Poignee Griffe ad Alabasta e a Skypea, entrambi parlavano di una sorta di strada attraverso le volte marine, aveva intuito subito che si trattava della foresta del mare, unico esemplare talmente vasto da poter contenere i resti di una perduta civiltà; nonostante tutto, però, ancora questa strada sembrava celarsi ai suoi occhi. Sconsolata si sedette sopra una piccola roccia, appoggiò le mani sulle, chiuse gli occhi cercando di svuotare la mente, aveva bisogno di riordinare i propri pensieri
Stai ancora girando a vuoto eh piccola Robin?
La voce risuonò alle sue spalle, Robin si voltò di scatto ma non vide che alberi e la strada da cui era venuta.
non dirmi che ti sei scordata come si percorre un labirinto!?
Ancora una volta la stessa voce, ma stavolta sembrava risuonare da un punto più lontano
“Chi sei? Vieni fuori!” nessuna risposta “Se sai il mio nome allora dovresti conoscermi, fatti vedere” ancora nessuna risposta. Robin cominciò a sentire la sua testa pesante e non riusciva bene a capire cosa volessero dire quelle frasi così strane, ma decise lo stesso di proseguire, sempre più dentro la foresta che, sempre più buia e silenziosa, sembrava chiudersi intorno a lei come una morsa.
 
L’enorme sagoma bianca campeggiava ancora sopra la donna dai capelli corvini, aveva osservato con curiosità lo strano comportamento di quella preda fin troppo anomala. Per un attimo aveva temuto di essere stato scoperto. Silenziosamente riprese ad avvicinarsi poco a poco, ma ancora non era il momento; lo squalo bianco conosceva bene quel tratto della foresta, anche se raramente vi passava durante la caccia, un tratto di foresta quasi privo di vita, come se la natura stessa avesse voluto in qualche modo impedire che pesci o altri esseri potessero intaccare la purezza di quei luoghi. Cresciuti liberi ed indisturbati, gli alberi intorno a loro erano spessi e contorti, il fogliame offriva un ulteriore copertura alla sagoma del grande predatore acquatico; il terreno al di sotto si presentava ricco di alghe di diverse altezze, comunque non abbastanza fitte per nascondere la preda ai suoi occhi. Decise tuttavia di scendere leggermente accorciando le distanze, piegandosi verso il basso in un unico e flessuoso movimento, lo squalo eseguì una rapida manovra schivando i rami più intricati, ora si trovava davvero a breve distanza dalla giovane archeologa.
 
Nico Robin si sentiva la testa pesante, aveva passato gli ultimi giorni prima dell’arrivo sull’isola in modo piuttosto tranquillo, aveva scherzato con Luffy, Chopper e Sanji come suo solito e si era dedicata alle sue letture quotidiane senza alcun problema – Dev’essere la grande pressione delle profondità – pensò – anche se questo liquido sembra limitare in qualche modo la pressione, mi sembra in qualche modo diversa da quando sono entrata – ormai era madida di sudore, si tolse la giacca rimanendo con la sola canottiera scura, ripose nello zaino anche il lungo pareo che le cingeva i fianchi.
Ben presto però si ritrovò sfinita dalla lunga marcia che sembrava davvero non avere né una fine né uno scopo. S’accasciò a terra ansimando per la fatica, lo sguardo appannato rivolto verso la foresta che ora sembrava chiudersi in un abbraccio letale su di lei, le gocce di sudore cominciarono ad impregnare il terreno e il respiro affannato agiava in modo irregolare le alghe circostanti. In quel momento scorse una piccola luce provenire dal terreno di fronte a lei, sembrava quasi che diventasse sempre più intensa man mano che il suo sudore toccava il terreno. Con uno sforzo quasi titanico scostò con le mani le alghe per scorgere la fonte di quella luce e notò con sorpresa che erano due piccoli quadratini di colore rosso molto intenso; aguzzò la vista cercando di distinguerli meglio ma sembravano non possedere altre capacità particolari se non quella di brillare a contatto con l’acqua.
La stessa fonte di luce si manifestò sul percorso all’altezza del suo ombelico e dei piedi, sempre una coppia di quadratini di luce rosso intenso. ancora confusa per lo strano fenomeno che stava osservando si rimise a sedere, ma la testa ancora le pulsava, provocandogli non poco fastidio
Ci sono molti modi per uscire da un labirinto piccola mia
“Mamma!?” Robin riconobbe la voce fin troppo familiare risuonarle nella testa poco prima che i dolori sparissero; ora sembrava tutto passato. Nel silenzio della foresta marina l’archeologa della ciurma di Cappello di Paglia non riusciva a non pensare alle parole che aveva sentito dentro di sé, doveva esserci un motivo se proprio in quel momento le erano tornate alla mente quelle parole. Lo sguardo era ancora fisso sui piccoli oggetti rossi sul terreno, mentre un vortice di pensieri sconnessi si faceva strada distruggendo ogni costrutto logico della sua mente. Chiuse gli occhi cercando di placare quella tempesta, ripensò a tutte le strane voci e alle frasi che aveva udito fino a quel momento, quando vide chiaramente la soluzione all’enigma della foresta.
 
La bestia bianca sembrava divertita, vedeva lo sgomento e l’apprensione della sua preda aumentare col passare del tempo, avrebbe atteso ancora qualche minuto in attesa che le sue forze si esaurissero del tutto, poi avrebbe sferrato il suo attacco. Gli occhi gialli seguirono di nuovo la donna tornare sui suoi passi, l’enorme sagoma pallida fluttuò nel liquido della foresta scivolando leggero e silenzioso, come una sentenza. Ora sembrava che qualcosa si fosse risvegliato nella sua preda, ma questo gli importava ben poco, tanto alla fine sapeva bene come sarebbe andata a finire, finiva sempre così, il più forte mangia il più debole, era questa la regola del gioco, e in quella foresta lui non aveva mai perso. Nuoto seguendo la figura sottostante nascondendosi ed attendendo, voleva ancora indulgere in quel gioco dell’attesa, se non altro, quella giornata non sarebbe stata noiosa in ogni caso.
 
La soluzione era così semplice che la sua mente l’aveva elaborata ancor prima che lei potesse accorgersene, cercando di comunicargliela in qualche modo. La foresta che copriva quasi del tutto la luce e che schermava ogni suono proveniente dall’esterno, era in realtà un grande labirinto, forse costruito proprio da quella civiltà di cui Robin agognava i segreti. La strana voce le aveva suggerito la soluzione, facendole tornare alla mente un metodo semplice per percorrere i labirinti e trovarne l’uscita. In pratica il metodo consisteva nel seguire un percorso scelto a caso all'interno del labirinto fino a raggiungere un incrocio, marcando la via percorsa fino a quel momento. Nel caso in cui il corridoio conducesse ad un vicolo cieco era necessario tornare indietro fino all'incrocio precedente, marcando la via all'andata e al ritorno.
Quando si giungeva ad un incrocio di più corridoi si prendeva preferibilmente una via che non era stata segnata come percorsa in precedenza, e se ciò non era possibile si prendeva una via percorsa una sola volta. Di fatto escludendo tutti i percorsi segnati due volte si era in grado di trovare la via d’uscita. Dunque quelle due luci rosse erano gli indicatori, evidentemente qualcuno aveva già percorso questo labirinto e la via sulla quale si trovava era un vicolo cieco.
Robin si mosse rapida tornando sui suoi passi fino alla piazzola precedente, cercò sul terreno gli stessi segni trovati in precedenza e vide che solo una strada presentava un singolo quadratino rosso luminescente. S’incamminò spedita, per la foresta che ormai non le incuteva più alcun timore, superati altri incroci, scorse i primi resti di quello che doveva essere un lungo muro di cinta; il perimetro del labirinto.
Giunta ormai priva di forze dopo una marcia di qualche ora, la giovane archeologa scorse una luce al termine di un lungo corridoio di alberi bianchissimi, la volta formata dai rami e le foglie era di un azzurro misto a verde acqua che ricordava le onde del mare, proprio come descritto nei suoi appunti sui Poignee Griffe. Si lanciò rapida lungo il sentiero e quando la luce colpì di nuovo i suoi occhi, la vide: un enorme stele cubica intarsiata da misteriosi simboli silenziosi, simboli che parlavano solo per lei e che solo lei sapeva ascoltare.
In quel momento anche i rumori leggeri che prima erano coperti dal manto della selva, tornarono ad affollare i suoi sensi, e proprio uno di questi la fece voltare verso l’enorme figura bianca che la stava attaccando alla sua sinistra: le enormi fauci con tre file di denti spalancate, gli occhi gialli iniettati di sangue, il corpo massiccio lanciato a tutta velocità contro di lei. Di riflesso riuscì a schivare il primo assalto, ma già il grande squalo bianco era pronto a lanciarsi di nuovo all’assalto, con un rapido movimento di coda si spinse ancora verso la sua preda; questa volta Robin non esitò: “Six Fleur” e incrociando le mani fece spuntare sei braccia sul dorso del grande pesce cercando di bloccarne i movimenti, ma senza successo.
“Sono troppo stanca per combattere, non so cosa posso inventarmi”
Lo sguardo di Robin spaziò per tutto il boschetto cercando una via sicura per mettersi al riparo, notò un gruppo di alghe rampicanti che saliva fra le fronde degli alberi alla sua destra, si gettò su di esse prima che il mostro bianco potesse riprendere l’inseguimento, si arrampicò fino in cima cercando di nascondersi alla sua vista, ma l’olfatto sviluppato dello squalo bianco non lasciava scampo a preda alcuna. Il pesce pallido cominciò a mordere furiosamente la corteccia dell’albero bianco fino a scuoterlo pesantemente, Nico Robin dovette ricorrere un’altra volta alle sue abilità per non subire troppi danni: “Cinq Fleur” e subito una liana di braccia accorse in aiuto della donna impedendole una rovinosa caduta. Tuttavia si trovava di nuovo a terra, affaticata e alla mercé del predatore degli abissi. Un terzo scatto repentino della bestia bianca la proiettò a pochi passi dalla preda, immobile di fronte alle sue grandi fauci spalancate quand’ecco un fascio di luce balenò davanti al viso di Robin schiantandosi con gran fragore contro lo squalo gigante. La bestia si accasciò a terra immobile ai piedi dell’archeologa, la quale vide di fronte a sé una figura fin troppo familiare: perizoma, spalle larghe, camicia a fiori, un braccio meccanico fumante teso verso di lei ed una testa rasata a zero con stampata un espressione seria e decisa, gli occhi coperti da un paio di occhiali da sole.
“Franky!?” disse, mentre la vista cominciava ad appannarsi.
“Non mi chiedere” le rispose il cyborg che le aveva appena salvato la vita. Robin si accasciò a terra, poi fu solo buio e silenzio.
   
 
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