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Autore: spaztronaut    18/06/2013    5 recensioni
Il punto di vista di Ian di The Host. Sappiamo tutti quanto Ian ami Wanda, ma non è sempre stato così. Come è passato dal tentare di ucciderla all'amarla? Cosa passava per la mente di Ian durante tutto?
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Traduzione della più bella fic su The Host che io abbia mai letto.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian, Quasi tutti, Viandante
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: L’Ospite appartiene a Stephenie Meyer. Questa storia non appartiene a me, bensì a spaztronaut, su FanFiction.net, e io ho solo provveduto alla sua traduzione in italiano.
 
 

Blurring The Lines


Capitolo 2

Era tardi, quasi l’alba, quando Jeb finalmente tornò alle grotte. Jared, Kyle, e qualcuno degli altri, insieme a me, lo stavano aspettando all’entrata. Volevamo tutti sapere se la persona all’esterno fosse un Cercatore.

Jeb prese la sua torcia dalla tasca e si fece luce sul suo occhi destro, poi sul sinistro. Una volta che fummo tutti convinti che era ancora umano, cominciammo a interrogarlo.

“È un Cercatore?” Chiese Kyle.

“Cosa vuole?” Azzardò Trudy.

Osservai Jared, mentre gli altri continuavano a bombardare Jeb. La pelle sul suo volto era tesa sulla sua mascella, che era stretta. Stava serrando i denti, ovviamente nervoso riguardo chiunque si trovasse fuori. Non ero certo che volesse che fosse la sua ragazza. Se fosse lei, sarebbe uno di loro, e nessuno voleva scoprire che le persone da loro amate erano state rimpiazzate da vermi disgustosi. Ma allo stesso tempo, pensavo ci potesse essere un poco di speranza negli occhi di Jared. Se fossi lui, spererei che in qualche modo fosse lei, non una sua copia, ma proprio lei.

“Non è un Cercatore,” disse Jeb, tentando di soffocare la carica di domande.

“Quindi, è… umano?” Chiese Jared, cercando di nascondere il baluginio di speranza nei suoi occhi.

“Be’, non è quello che ho detto,” rispose Jeb. Si schiarì la gola, prima di continuare. “È sicuramente uno di loro, ho controllato. Dobbiamo tornare di nuovo fuori. Venite tutti con me,” affermò, facendo un cenno verso il gruppo attorno a lui.

Jared fece un passo avanti, la speranza completamente scomparsa dalla sua faccia, ma Jeb afferrò il suo braccio e lo trascinò giù per il corridoio, lontano dal gruppo.

“Dovremmo prepararci ad andare,” feci notare. Era una lunga camminata e avremmo avuto bisogno di provviste… e armi, in caso.

“Buona idea. Prenderò un po’ d’acqua, presto farà parecchio caldo,” disse Trudy, dirigendosi verso la cucina.

“Kyle, dove sono le armi?” Chiese Maggie.

“Le prendo io,” rispose. Io e Geoffrey lo seguimmo.

Tornammo con qualche vecchio attrezzo che avrebbe potuto essere usato come arma, se necessario. A parte il fucile, l’unica vera arma che avevamo era un machete. Kyle lo reclamò per sé. Presi un piede di porco.

Volevamo solo apparire minacciosi. Jeb aveva il fucile, avrebbe sparato. Mi chiesi perché non l’avesse portato con sé la prima volta. Ci avrebbe risparmiato molti problemi. Ma forse era perché non voleva che perdessimo la nostra unica arma da fuoco se fosse stata una trappola.

Per quando tornammo, Jeb era già lì, ma Jared non era visibile da nessuna parte.

“Dov’é andato Jared?” Domandò Kyle.

“Aveva del lavoro da finire,” gli disse Jeb. Capii allora che la parassita là fuori era Melanie. Jared voleva andare. Era curioso di vedere chi fosse. L’unico motivo per cui non sarebbe venuto con noi era che già sapesse chi c’era là fuori e non volesse vederlo.

“Sono come le tre di notte, che potrebbe…” Cominciò a chiedere Kyle.

“Non sono affari tuoi, Kyle,” disse Jeb, interrompendolo.

Qualche minuto più tardi, eravamo all’esterno. Ci vollero circa due ore per trovare la parassita. Quando inizialmente lo vedemmo, tutti erano in silenzio, pensammo fosse morta. Faceva caldo qui fuori. Persino di notte, il calore era intenso e senza cibo né acqua… sarebbe quasi impossibile sopravvivere.

Era distesa a faccia in giù vicino a un albero morto. Ma dopo qualche secondo, iniziò a muoversi. Stendendo le braccia, afferrò una borraccia che si trovava lì accanto. Si sedette, tracannando l’acqua il più in fretta possibile. Nessun mistero che sia terminata, non sa come razionarla, pensai.

Lasciando cadere la borraccia, sospirò e si prese la testa tra le mani. Era strano come si comportasse in modo così simile a noi. Se non me ne intendessi, avrei detto che quell’essere per terra di fronte a noi era umano. Avrei detto che era una donna. Ma me ne intendevo troppo per credere a quella facciata. Era solo un trucco. Non era umana, non era una donna. Era un alieno parassita da qualche altro mondo. La cosa più spaventosa immaginabile stava seduta per terra, nemmeno dieci metri lontana da me, travestita come una ragazza.

“Perché le hai dato l’acqua, Jeb?” La voce irata di Kyle risuonò forte nella tranquilla aria del deserto.

La parassita si voltò verso di noi, sedendosi sulle ginocchia. Sembrava scioccata di vederci lì. Perché dovrebbe esserlo? Sapeva che vi erano degli umani qua fuori. È il motivo per cui ha fatto tutta questa strada, dopotutto.

Osservò la fila di umani, guardando le armi che avevamo. Sembrava spaventata.

Bene, pensai, deve essere impaurita. Eravamo qui per ucciderla, prima che avesse l’occasione di uccidere noi.

La parassita posò lo sguardo su Jeb. Lo guardai anch’io. Non aveva ancora risposto a Kyle e non sembrava ne avesse l’intenzione. Ricambiò lo sguardo della parassita. Che stava facendo? Aveva il fucile, perché non sparava?

Sentii Kyle grugnire e fare un passo verso l’alieno. Non avrebbe aspettato che Jeb prendesse la situazione in mano. Lo avrebbe fatto lui stesso. Kyle sollevò il machete nella mano destra.

“Aspetta, Kyle” parlò Jeb. Forse voleva spararle, invece di lasciare che Kyle la facesse a pezzi con il machete. Sarebbe stato meglio, più umano.

“Perché? Hai detto che eri sicuro. È una di loro,” grugnì Kyle.

“Sì, lo è senz’altro. Ma è una cosa complicata.” Che stava dicendo? Non era affatto complicato. O la uccidevamo, o lei avrebbe portato i Cercatori perché ci uccidessero.

“In che senso?” Chiesi. Volevo capire perché pensava che qualcosa di così semplice fosse complicato. Sapeva bene quanto me cosa sarebbe accaduto alla nostra famiglia se non lo avessimo fatto.

“Be’, questa è anche mia nipote.” Era fuori di testa? Quell’essere non era sua nipote. Non più.

“No che non lo è, non più,” Kyle diede voce ai miei pensieri e fece un altro passo verso l’alieno. Sollevò il machete sopra la sua testa. Tutto questo casino si sarebbe risolto in un attimo.

Click, click. Mi girai, e vidi Jeb puntare il fucile contro Kyle. Trudy sospirò.

“Ho detto ‘aspetta’, Kyle.” La voce di Jeb era troppo rilassata per la situazione in cui ci trovavamo. Stava puntando un fucile contro mio fratello, un umano, per proteggere un verme alieno parassita.

“Jeb, che fai?” Domandai, terrorizzato. Com’era possibile che stesse facendo questo?

Ignorando la mia domanda, Jeb non levò mai lo sguardo da Kyle, che era immobile con il machete ancora alzato sulla testa.

“Allontanati dalla ragazza, Kyle,” disse Jeb.

“Non è una ragazza, Jeb!” Urlò Kyle, voltandosi verso di lui.

Jeb si limitò a fare spallucce e tenne l’arma puntata su Kyle. “C’è ancora qualcosa da discutere.”

“Forse il dottore potrebbe scoprire qualcosa,” affermò Maggie. Non la conoscevo da molto, ma fui sorpreso di sentirla dire una cosa del genere. Se fosse stata un membro della mia famiglia, non l’avrei consegnata a Doc.

Il lavoro di Doc era importante, ma lo faceva da anni ormai e non aveva ancora scoperto nulla. Se fossi in loro e quello fosse il corpo di mia nipote, mostrerei una qualche compassione e le sparerei. Non avrei potuto sopportare di sapere che il suo corpo era stato mutilato in nome della scienza.

“Zia Maggie?” Disse la creatura, la voce secca e roca a causa della disidratazione.

Era ancora seduta a terra. Me ne ero quasi dimenticato, ero troppo distratto da Jeb che puntava un fucile contro mio fratello.

“Sei qui? Come hai fatto? E Sharon è…” cominciò a chiedere, tentando di ingannarci. Maggie corse verso il corpo di sua nipote e io pensai che fosse finita. Ma invece di colpire la parassita con il piede di porco nella sinistra, Maggie la schiaffeggiò con la destra.

La testa dell’essere dondolò indietro. Maggie l’aveva colpita parecchio forte. Poi, prima che avesse il tempo di riprendersi dal primo colpo, la schiaffeggiò un’altra volta.

“Non tentare di fregarci, parassita,” urlò Maggie. “Sappiamo come lavorate. Sappiamo quante siete capaci di imitarci.”

“Basta, Maggie,” cominciò Jeb.

“Macché ‘basta, Maggie’, vecchio scemo! Come minimo se ne sta portando dietro un esercito,” disse, allontanandosi dalla parassita.

“Non vedo nessuno,” replicò. “Ehi! Siamo qui!” Urlò mentre sollevava la mano libera in aria, l’altra che ancora stringeva il fucile.

Quando iniziò a gridare, sobbalzai. A che stava pensando? Anche alcuni degli altri erano allarmati, inclusa la parassita.

Sta’ zitto,” sussurrò Maggie, strattonando Jeb. Immagino che si sentisse a disagio ad alzare la voce dopo il suo scatto.

“È sola, Mag. L’ho trovata che era mezza morta, e non è in gran forma neanche adesso. I centopiedi non tollerano sacrifici del genere. Sarebbero venuti a prenderla molto prima di me. Qualunque cosa sia, è sola.” Le disse Jeb.

Avanzò fino alla parassita e le porse la mano destra. L’essere fissò la mano per qualche momento, prima che Jeb parlasse.

“Alzati. Se ce l’avessi fatta, ti avrei portata a casa ieri sera. Ti toccherà camminare un altro po’,” le disse.

“No!” Grugnì Kyle.

“La riporto a casa,” disse Jeb, e non era difficile vedere che faceva sul serio. Jeb poteva essere molto testardo quando lo voleva.

“Jeb!” Protestò Maggie.

“È casa mia, Mag. Faccio quello che voglio.”

“Vecchio scemo!” Imprecò, mentre Jeb afferrava la mano della parassita.

La alzò in piedi, e oscillò per qualche istante. Dietro di lui, tutti quanti stavano ancora sibilando di disapprovazione. Nessuno voleva quell’essere in casa tranne Jeb. E le avrebbe persino mostrato la strada.

E se fosse fuggita? Avrebbe saputo dove condurre i Cercatori. Avrebbe saputo l’esatta posizione della mia casa, della nostra casa.

“Okay, chiunque tu sia, andiamocene da qui prima che si riscaldi troppo,” le suggerì Jeb. La sua voce era gentile, troppo gentile per stare parlando con l’alieno che aveva ucciso sua nipote.

Mi avvicinai e lo afferrai per un braccio. “Non puoi mostrarle dove viviamo, Jeb.”

Non ero d’accordo. Voglio dire, portare quell’essere con noi era probabilmente una pessima idea. Potevo, tuttavia, comprendere che volessero darla a Doc. Ma se il piano di Jeb era quello, avrebbe potuto dircelo prima di lasciare le grotte.

“Non è un problema. Non avrà occasione di raccontarlo a nessuno,” disse Maggie.

Jeb sospirò, ma si sfilò la bandana dal collo. “Che sciocchezza.”

Le mise la bandana sugli occhi e iniziò a guidarla in avanti. Sembrava che avesse problemi a camminare. Jeb dovette condurla perché non inciampasse. Nessuno parlò, eravamo paranoici. Nessuno voleva che quell’essere sentisse quello che dicevamo. Alcuni degli altri camminarono in fretta per allontanarsi dalla parassita. Kyle se ne andò appena fu sicuro che non avrebbe tentato scherzi.

Dopo un po’, accanto alla parassita restammo solo io, Jeb e Maggie.

“Non avrai intenzione di dirglielo, vero?” Domandò Maggie. Parlava di Jamie. Non sarebbe stato molto giusto verso il ragazzo, dover vedere il corpo della sorella con un parassita dentro. Meglio spararle in fretta o almeno portarla da Doc senza che lo scoprisse. Non avrei voluto trovarmi da quelle parti quando si fosse scatenata la scenata di famiglia se l’avesse vista.

“Ha il diritto di sapere,” rispose Jeb. Seriamente? Il ragazzo aveva solo quattordici anni. Che aveva in mente?

“La tua è una crudeltà, Jebediah,” disse Maggie.

“La vita è crudele, Magnolia.”

Maggie se ne andò poco dopo. Camminammo per un paio d’ore, la parassita era molto lenta. Le sue gambe cedettero e Jeb la fece sedere per terra, lasciandole bere dalla sua borraccia.

“Fammi sapere quando sei pronta,” le disse Jeb. Tutto questo era ridicolo. Perché era così gentile con lei? Sapevo che quel corpo apparteneva a sua nipote, ma lui sapeva cosa lo controllava ora.

Ci stiamo mettendo una vita,pensai. Se aveva intenzione di fermarsi e lasciarla riposare ogni volta che aveva bisogno di un sorso, saremmo stati fortunati se fossimo stati a casa per il crepuscolo. Faceva caldo, volevo andare a casa e farla finita con quest’aliena.

Sbuffai mentre aspettavo che la parassita finisse di bere l’acqua di Jeb. “Perché lo fai, Jeb? Per Doc? Potevi anche dirlo a Kyle. Senza puntargli il fucile addosso.”

“Kyle ha bisogno di sentirsi un fucile addosso, ogni tanto,” fu la risposta di Jeb. Scossi la testa. Non era il momento di scherzare. Se lo stava facendo perché era il corpo di sua nipote… Non era più lei, e lui lo sapeva. Jeb aveva visto così tante cose nella vita. Doveva saperne più di me.

“Dimmi che non lo fai per pietà. Dopo tutto quello che hai visto…”

“Tutto quello che ho visto, se non avessi capito cos’è la compassione, non servirebbe a nulla,” rispose Jeb in tono piatto. “E comunque no, non è questione di pietà. Se avessi avuto pietà di questa povera creatura l’avrei lasciata morire.”

“E allora perché?”

Jeb non rispose subito, anzi, si accovacciò e prese la mano della parassita. Dopo averla aiutata a rimettersi in piedi, riprese ad accompagnarla in avanti. “Curiosità,” disse alla fine.

Camminammo per un’altra ora o giù di lì, prima di raggiungere finalmente l’entrata alle caverne. Mi trovavo lievemente più avanti di Jeb. Potevo udirlo parlarle, dirle di stare attenta alla testa. Camminavo più velocemente ora che eravamo al sicuro nella buia caverna. E a quanto pareva Jeb non aveva bisogno del mio aiuto, così mi affrettai per trovare Kyle.

Quando arrivai alla stanza principale, erano già tutti lì. Kyle era in piedi con alcuni degli altri, incluso Jared.

Jared aveva l’aria di uno che stava per staccare la testa a qualcuno. Suppongo che Kyle gli avesse già raccontato cos’era accaduto. Era silenzioso, fissava l’entrata, in attesa.

Gli altri stavano facendo la stessa cosa, solo che non erano altrettanto silenziosi. Un mormorio di rabbia riempiva la sala, rendendo difficile udire qualche altro suono.

Ma quando Jeb condusse dentro la parassita, sarebbe stata udibile persino la caduta di uno spillo. Jeb le aveva già tolto la benda, pertanto si stava guardando intorno.

Vidi Jared fare un passo avanti, tra la folla. Si fece strada fino alla prima fila e poi si fermò. Quando i suoi occhi incontrarono il suo volto, la parassita si congelò… all’inizio. Ma poi cominciò a muoversi verso di lui.

“Jared,” gracidò, tendendo le braccia verso di lui. Era davvero così stupida da pensare che ci saremmo cascati? Pensava veramente che Jared l’avrebbe accolta a braccia aperte?

Prima che potesse raggiungerlo, Jared la colpì con il dorso della mano con così tanta forza che i suoi piedi si alzarono da terra. Cadde sulle rocce con un rumore sordo. Stesa a terra, gemette per il dolore mentre Jeb andava al suo fianco. Allungò lamano per aiutarla a rialzarsi, ma Jared si mosse verso di lui.

Se Jared voleva uccidere il parassita che aveva ucciso la sua ragazza, erano affari suoi. Non pensavo che Jeb dovesse mettersi in mezzo, ma in fondo parlavamo di Jeb. Dopo un altro minuto, Jared si fece indietro, e Jeb aiutò il verme a rimettersi in piedi. Quasi cadde un’altra volta, e Jeb dovette tenerla per il braccio per farla restare dritta. Fu in quel momento che Doc apparve.

“Okay, okay. Sono qui. Cos’abbiamo?” Chiese.

“Jeb l’ha trovata nel deserto. Una volta era Melanie, nostra nipote. A quanto pare ha seguito le indicazioni che le ha dato lui,” disse Maggie, lanciando un’occhiataccia a Jeb.

“Mh-hm,” fu tutto quello che Doc disse. Stette lì fermo, osservandola per qualche istante, prima di ripetere, “Mh-hm.”

Allungò una mano per toccarle il mento e quella si ritrasse, rifugiandosi verso Jeb.

“Stai tranquilla. Non ti farò del male,” tentò di tranquillizzarla. Allungò ancora la mano, ma questa volta, quando lei cercò di tirarsi indietro, Jeb la tenne ferma. Doc le girò la testa, esaminando la cicatrice sulla sua nuca.

Quando ebbe finito si allontanò di un passo. “Mi sembra in discreta salute, a parte l’esaurimento fisico, la disidratazione e la cattiva nutrizione degli ultimi giorni. Con tutta l’acqua che le avete dato, la disidratazione non darà problemi. D’accordo. Iniziamo.”

Porse la mano alla parassita, ma lei chiuse le mani a pugno dietro la schiena. Non sarebbe andata di sua volontà.

“Kyle, Ian?” Chiamò Doc, cercandoci nella stanza affollata. Ci facemmo avanti e potei vedere la paura negli occhi del verme. “Mi servirà un po’ d’aiuto. Dovreste trasportare…”

“No,” disse Jared.

“Jared? C’è qualche problema?” Domandò Doc, sorpreso quanto noi dalla frase di Jared.

“Sì.” Forse non gradiva l’idea di darla a Doc. Potevo capirlo.

“E sarebbe?”

“Ecco qual è il problema, Doc: che differenza c’è tra lasciarla in custodia a te o farle sparare un proiettile in testa da Jeb?”

“Be’,” esalò Doc.

“La differenza è che se non altro, se ci pensa Jeb, sarà una morte pulita.” Proprio come avevo pensato, non voleva che il corpo della sua ragazza fosse cavia degli esperimenti di Doc.

“Jared. Ogni volta impariamo qualcosa di nuovo. Magari questa è quella buona…”

“Ha! Non vedo tutti questi progressi, Doc.” Ero d’accordo con Jared, ma non c’era bisogno di essere così rude. E non era che Doc si sbagliasse, aveva effettivamente appreso molto dai suoi esperimenti. E se avesse scoperto come rimuovere gli alieni dai corpi umani, forse un giorno ci avrebbe salvati tutti. O, per lo meno, ci avrebbe permesso di morire con dignità, morire da umani.

“Non ha senso sprecare un’occasione,” affermò Sharon, ponendosi davanti a Doc. “Ci rendiamo tutti conto che per te è difficile, Jared, ma in fin dei conti non sei tu a dover decidere. Bisogna pensare a ciò che è più utile alla maggioranza.”

“No,” le ringhiò contro Jared.

“Non è Melanie, Jared. Quell’essere l’ha distrutta. È cattiva. Sono tutti cattivi. E Melanie vorrebbe che facessimo tutto il possibile per combatterli,” sibilò Sharon.

“No,” ripeté Jared. “Lui non la toccherà, mi hai sentito?”

Kyle avanzò, verso l’oggetto della discussione e io lo seguii.

“Jared, la portiamo da Doc. Levati di mezzo,” grugnì Kyle. Stavo dietro di lui, i nostri volti entrambi sfigurati dalla rabbia.

Odiavo gli esperimenti di Doc, ma Sharon aveva ragione. Era nell’interesse comune del nostro gruppo. E se Jared non l’avesse data a Doc, sarebbe stato in grado di portarla fuori e spararle? Qualcosa andava fatto. Non potevamo lasciarla andare, questo era sicuro.

“Non toccatela!” Urlò Jared. Iniziava a sembrare una rissa. Jeb alzò il fucile, ma non era necessario.

La parassita crollò e la discussione fu dimenticata… per il momento. Jared corse al suo fianco e si chinò sul suo viso.

“Jamie,” disse lei. “Jamie? Jamie?”

 “Il ragazzo sta bene. Jared l’ha portato qui,” rispose Jeb.

“Grazie,” sussurrò a Jared, e poi svenne.

Jared restò lì per un secondo prima di prendere il corpo privo di sensi della parassita. Stette lì in piedi, guardando Jeb per un momento.

“Bene, andate tutti alla sala giochi. Sembra che abbiamo qualche cosa da discutere,” disse Jeb, puntando il fucile alla folla.

Si potevano sentire commenti forti e rabbiosi nella sala, ma tutti quanti si girarono e si avviarono verso la sala giochi come Jeb aveva chiesto.

Kyle esitò, ma quando Jared prese a camminare, fece lo stesso. Erano tutti così presi dai loro pensieri e dalle loro lamentele che nessuno notò quando Jared si era dileguato. Kyle non parlò fino a quando fummo arrivati alla sala giochi.

“Dov’è la parassita? ” Tuonò.

“Forza, calmiamoci un minuto,” disse Jeb, la voce calma e il fucile ancora in mano. “Abbiamo veramente qualche cosa da discutere.”







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Mi scuso per il gigantesco ritardo! La scuola mi ha tenuto impegnata, ma ora che le vacanze sono finite dovrei aggiornare più in fretta. Spero che possiate perdonarmi, e godetevi questo capitolo più lungo del precedente. Fatemi sapere il vostro parere. Grazie mille!
  
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