Ronnie.
Toc. Toc. Toc. Toc.
Nessuna risposta. Ormai cominciavo a pensare che fosse morto, o qualcosa del genere. Harry era chiuso in quella esattamente da tre ore: vi era entrato appena dopo pranzo e non ne era uscito più. Non che fosse una novità: ormai da una settimana mio fratello sembrava vivere in stato catatonico, rimaneva chiuso in stanza a fare chissà cosa e ne usciva solo per i pasti – ma questo unicamente perché era nostra madre ad obbligarlo.
Ero confusa: Harry non si era mai comportato in questa maniera nei riguardi di nulla, era sempre stato quello strafottente, menefreghista e insopportabile fratello che vedevo sempre di buon umore. Era raro che Harry fosse triste. A volte era arrabbiato, irritato, su di giri, ma mai triste; probabilmente perché non lasciava mai che niente riuscisse a ferirlo a tal punto da stravolgere le sue emozioni. Era evidente, però, che stavolta qualcosa era successo, ed io avevo una sola parola in risposta a quell'enigma: Destiny. Era l'unica persona della quale ad Harry fosse mai davvero importato qualcosa – a parte me, ovviamente; e sì, forse anche un po' i miei genitori. Quindi ero giunta alla saggia conclusione che fosse colpa sua. Se devo essere sincera, il pensiero che potessero essersi lasciati non aveva mai sfiorato la mia mente durante quella settimana perché, oltre ad avere soltanto undici anni e a non essere pratica in queste cose, era per me assolutamente inconcepibile l'idea di Harry e Destiny che non stavano insieme. Insomma, si trattava di qualcosa che, per me, non stava né in cielo né in terra.
Ritornando alle pene di mio fratello, come ho detto, era perennemente chiuso in stanza e non ne usciva mai, malgrado i miei infiniti tentativi. Non che volessi disturbarlo o farmi gli affari suoi – okay, un po' forse sì –, ma il punto era un altro. Non avrei assolutamente fatto caso alla quantità di tempo che mio fratello impegnava nel suo eremo, se ciò fosse avvenuto nella sua, di stanza. Il punto era che, da una settimana a quella parte, mio fratello aveva scelto la mia stanza come nuova dimora: e così passava pomeriggi interi lì dentro, ed io... Beh, io passavo i pomeriggi dietro la porta a chiedergli di passarmi le cose. Logicamente capivo il suo dolore e via dicendo, ma che male c'era nel fare l'adolescente depresso nella sua stanza?
«Harry, puoi aprire un secondo per favore? Mi servono le scarpe da ginnastica» dissi dopo aver dato qualche altro colpo alla porta.
Nessuna risposta.
«D'accordo...» mormorai sconfitta, dirigendomi giù per le scale e verso il salotto.
In casa non c'era nessuno, e Harry avrebbe dovuto “guardare” me: inutile dire che era l'esatto opposto, considerato che ogni tanto salivo di nuovo al piano di sopra per accertarmi che lui stesse bene.
In tutto questo, i miei genitori sembravano assecondarlo: mio padre aveva fatto sì che cancellasse tutti gli impegni e la registrazione in studio, sebbene volgesse al termine, era notevolmente rallentata a causa della sua assenza. Oliver si era presentato a casa nostra su tutte le furie: Harry aveva semplicemente risposto, con la sua voce atona e disinteressata, che non aveva voglia di andare in studio. Zayn, Liam, Louis e Niall erano passati qualche volta a fargli visita, anche se mi avevano detto che nell'ultima settimana Oliver era diventato un tiranno e a stento li lasciava respirare. Di Destiny, invece, neanche l'ombra.
Malgrado tutta questa comprensione da parte degli altri, io non riuscivo ancora a comprenderne le motivazioni: se lui e Destiny avevano ltigato tutto si sarebbe risolto, come sempre: per cui perché disperarsi?
Sbuffai mentre mi dirigevo verso la porta di casa, alla quale avevano appena suonato. Reputavo quella situazione insostenibile, e non solo perché ero stata sfrattata dal mio stesso territorio, ma perché Harry era mio fratello ed era dura vederlo ridotto in quel modo. Quattro giorni prima l'avevo visto uscire dal bagno, e avrei giurato che avesse gli occhi lucidi di pianto.
Fu una grande sorpresa, una volta aperta la porta, ritrovarmi di fronte proprio Destiny. Aveva l'aria ansiosa e forse anche un po' spenta, e continuava a mordersi il labbro inferiore con nervosismo.
«Tuo fratello c'è?» fu la prima cosa che domandò, e solo allora mi accorsi dello scatolone che teneva per le mani. Non era di dimensioni esagerate, ma neanche troppo grande: mi chiesi, curiosa, cosa mai potesse contenere. Magari era un regalo per Harry, per fare pace.
Ciononostante, e nonostante non volessi far altro che gettarmi addosso a lei e abbracciarla, perché era da una vita che non la vedevo e mi mancava, mi sforzai di non sorriderle: era colpa sua se mio fratello adesso si era ridotto ad essere un automa, e io dovevo essere arrabbiata. Faccia seccata Ronnie, faccia seccata.
«Che gli hai fatto?» dissi freddamente, senza neanche degnarmi di salutarla o incrociare il suo sguardo, limitandomi ad osservare lo scatolo che portava.
Malgrado fosse sempre stata gentile e carina nei miei confronti, questa volta la risposta di Destiny non fu per nulla cordiale o pacata, al contrario assunse un'aria infastidita dalle mie parole. «Non gli ho fatto niente, ci siamo lasciati» disse secca, mentre la lasciavo entrare in casa; abbandonò la scatola in un angolo, senza molta cura. «Qui ci sono alcune cose che ha lasciato da me. Non sono venuta per fermarmi».
Lanciai un'altra occhiata alla scatola, stavolta con fare quasi disgustato.
«Ma vi siete lasciati... per sempre?» domandai con fare un po' innocente.
A quell'interrogativo Destiny sembrò intenerirsi, e mi rivolse un sorriso triste. «Sì, ci siamo lasciati per sempre».
Sospirai. «Scusami, Destiny. Non ce l'ho con te, è solo che lui è mio fratello, e non mi piace vederlo così».
Lei, a quel punto, sembrò risvegliarsi dal suo stato di sonnolenza ed interessarsi davvero a qualcosa. «Così come? Perché? Come sta?» domandò a raffica, e cercò di apparire quanto meno indifferente scostandosi i capelli dal viso con un gesto casuale, sebbene la sua curiosità fosse palpabile.
Scrollai le spalle. «A dir la verità non lo so bene, perché sta sempre chiuso in camera. Quando esce sembra indifferente a tutto, come se non gliene importasse più di niente. Va avanti da una settimana» spiegai scrollando le spalle.
«Non è che io sia stata meglio» replicò lei seccamente, e fui sorpresa di sentirla così indifferente di fronte al dolore di Harry.
«Mi dispiace» dissi semplicemente, mettendo su un'espressione triste. No, a dire il vero non capivo gran che, e la visione di Destiny in quello stato – perché di certo quella non era da considerarsi una persona felice – mi confondeva ancora di più. Non riuscivo a capire per quale assurdo motivo, se Harry e Destiny si amavano e stavano così male una volta separati, avrebbero dovuto decidere di lasciarsi! Era assurdo. Il fatto che soffrissero così tanto era la prova provata che erano fatti per stare insieme.
«Grazie, comunque» mormorò Destiny ad un tratto, distogliendomi dai miei pensieri «per non avercela con me».
Le sorrisi, debolmente. «Ma figurati. Io ti voglio bene comunque, Des» la rassicurai con un sorriso, prima di abbracciarla. No, decisamente non sarei riuscita a comportarmi male con lei.
«Comunque Harry non ha preparato uno scatolone per te» osservai, quando mi fui staccata da lei. «Tutte le tue cose sono ancora in camera sua» dissi, e in quello stesso istante capii il perché si rinchiudeva nella mia stanza, e provai ancora più pena per lui. Chi diceva che Harry non aveva un cuore? «Se vieni su con me puoi prendere tutto da sola».
Destiny scosse la testa. «Grazie, ma non importa. Non devo prendere le mie cose».
«Ti prego, sali a prenderle. Harry si è chiuso in camera mia e non esce più. Se tu sali e porti via le tue cose forse riuscirò ad impadronirmi nuovamente della mia stanza» la presi per mano, cercando di trascinarla verso le scale.
Lei sembrò esitare di fronte al mio sguardo implorante. «D'accordo andiamo, ma facciamo in fretta» concesse.
Esultai e la condussi al piano superiore, fino alla camera di mio fratello. Mi sedetti sul letto e la guardai mentre metteva via le foto sue e di Harry dalla bacheca, svuotandola quasi completamente: rimasero solo qualche foto di famiglia, foto di Harry e dei suoi amici di scuola, ed una da solo con me. Le altre erano tutte con Destiny, e quella bacheca ora sembrava terribilmente vuota e desolata.
«Vuoi che tenga io le foto?» mi offrii, notando la sua espressione un po' sofferente nel guardarle. Se Harry non voleva stare in quella stanza pur di non vederle, di certo neanche a Destiny avrebbe fatto piacere averle intorno – ed ecco perché era venuta a riportare le cose. Volevano eliminare i ricordi.
Destiny mi sorrise, porgendomi le foto. «Grazie piccola. Capisci sempre tutto al volo». Sorrisi prendendo quel malloppo e rigirandomelo tra le mani. Mi strinsi nelle spalle al suo complimento, come a dire “faccio quello che posso”.
Mentre lei recuperava qualcuna delle sue magliette dall'armadio di Harry guardai le foto, un po' triste. Non era giusto che una storia così bella come la loro finisse così... per cosa, poi? «Sicura di non volergli parlare?».
La ragazza si bloccò, e poi sospirò pesantemente. «Non lo so, io...»
In quell'esatto istante udimmo lo scatto di una porta, e vidi la figura di Destiny raggelarsi per qualche secondo.
«Ronnie, ti ho portato le scar-» Harry si arrestò sulla soglia, con le mia scarpe da ginnastica in mano e lo sguardo bloccato su Destiny, che in quell'istante sembrava tanto aver voglia di sotterrarsi. Poi Harry passò a guardare me, con fare truce, come se l'avessi tradito facendo entrare un acerrimo nemico in casa nostra.
La felpa che Destiny aveva tra le mani era caduta rovinosamente per terra, ma lei si affrettò a recuperarla. «Sono venuta a portarti alcune delle tue cose, non avevo idea fossi in casa e Ronnie mi ha detto di riprendermi le mie» disse a raffica, tanto velocemente che riuscii a stento a distinguere le parole. Harry, nell'udirla parlare, si avvicinò a lei, ma solo all'ultimo secondo sembrò ricordarsi che stava per fare qualcosa che non doveva, e fece un passo indietro. Destiny riprese a frugare dentro l'armadio con fare frenetico ed Harry, vedendola, sbuffò: le si avvicinò e le fece segno di allontanarsi, per poi recuperare altre due sue magliette al posto suo da lì dentro. «Tieni» gliele porse con fare freddo ed indifferente, e lei sospirò.
«Adesso devo proprio andare. È stato bello rivederti, Ronnie» mormorò dolcemente, e io le sorrisi in modo incoraggiante.
«Harry, accompagnamo Destiny alla porta» lo chiamai in causa. Lui se ne stava zitto con le spalle appoggiate al muro, e con il suo solito broncio addosso, misto a quell'aria d'indifferenza che in quel momento mi dava sui nervi. Avrebbe anche potuto mostrare un po' più d'interesse nei confronti di Destiny, visto e considerato che da una settimana ormai faceva il depresso a causa sua!
Avrei voluto prenderlo a schiaffi.
«Destiny, sai che il prossimo mese farò un saggio di danza?» dissi, cercando di cambiare argomento. «Verrai a vedermi? Ti prego, dimmi di sì» la supplicai mentre ci dirigevamo verso la porta.
Lei sembrò rifletterci per un attimo. «Mi piacerebbe tantissimo Ronnie, purtroppo però parto la prossima settimana» si giustificò con aria dispiaciuta.
Inarcai un sopracciglio, mentre Harry apriva la porta di casa come ad invitarla a sloggiare il più presto possibile. «Parti? E dove vai?».
Destiny esitò. «A New York» disse poi, in un tono fermo e deciso.
A quelle parole, Harry sembrò destarsi dal suo profondo sonno eterno. «New York? Hai deciso di andare a New York?» fece voltandosi di scatto, improvvisamente interessato.
Lei sollevò le spalle, guardandolo negli occhi per la prima volta. «Sì, beh, i programmi dell'università sono più interessanti, e poi è una bella opportunità e... credo proprio di voler cambiare aria» disse in un sospiro, e sembrò sforzarsi di sorridere.
«Oh» fece Harry, colto alla sprovvista. La osservò bene, per qualche istante, eppure molto attentamente.
Si guardarono a lungo, prima di abbracciarsi. Era un abbraccio imbarazzato, triste, eppure tanto intimo che avrei voluto distogliere lo sguardo, perché mi sentivo di troppo. Era come se, in quell'abbraccio, entrambi stessero cercando di scaricare le loro frustrazioni e le loro tristezze. Come se sapessero che quella era davvero l'ultima volta.
«Buona fortuna, Destiny» disse poi lui, sollevando un angolo delle labbra nell'ombra di un sorriso.
Destiny si strinse nelle spalle, senza staccare lo sguardo da lui. «Buona fortuna anche a te, Harry».
E questo era quanto. Quando Destiny se ne andò, io e mio fratello rimanemmo sulla soglia guardandola sparire dietro l'angolo del vialetto.
E mentre lui tornava a rinchiudersi in camera, io mi rannicchiai sul divano a guardare la TV. Anche se in realtà non seguii i programmi, non potendo fare a meno di pensare a quanto mi dispiacesse per la rottura di Harry e Destiny; a quanto tutta quella situazione fosse incredibilmente triste, a quanto fossero stati due idioti a lasciar sfumare via la loro storia in questo modo e a quanto, nonostante tutto, nonostante la freddezza e gli sguardi sostenuti, quei “buona fortuna” pronunciati alla fine suonassero tanto come dei “ti amo”.
charlie's corner.
E quindi adesso vi saluto per l'ultima volta, lettori di Lucky... Grazie di nuovo. Un bacio gigantesco!
Carla xx