Libri > I Miserabili
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Autore: pirateforhire    25/06/2013    2 recensioni
Courfeyrac viene gravemente ferito e si rivolge ad Enjolras, portatore di validi principi ed idee, per qualche chiarimento.
Enjolras viene illuminato da Courfeyrac, in cambio.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Enjolras, Marius Pontmercy
Note: Missing Moments, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il link per l'originale di questa bellissima ff lo trovate nel primo capitolo!
Buona lettura. :3


2.

Courfeyrac riuscì a riscuotersi dal sonno. L’orlo della camicia strusciava contro la coscia, che bruciava enormemente, e aveva freddo. Cercò a tentoni la coperta che teneva in fondo al letto e realizzò che non era a casa sua, il ragazzo iniziò quindi a cercare la ragazza che sarebbe dovuta essere a suo fianco, come d’abitudine.

Chiuse la mano attorno a qualcosa simile a…peli di topo? No, troppo solidi per essere peli di topo. Courfeyrac aprì gli occhi: calamite?

«Non sono così idiota,» disse il ragazzo, affondando il volto nel cuscino che sapeva di profumo da donna e sapone. Cercò di ricordare cosa aveva fatto la sera prima. «non sono un così pessimo amico. Non ho-»
 
«No, non l’avete fatto.» arrivò la voce divertita di Musichetta.

Courfeyrac guardò attraverso la stanza e lei era seduta accanto al letto, su una poltrona, che cuciva i pantaloni del giovane. Musichetta era di una bellezza quasi esotica, avvolta in scialli dai vaghi motivi orientali con i capelli neri raccolti in una treccia e gli occhi color nocciola luccicanti alla luce della candela. C’era solo un poco di verde nel suo sguardo, quando sorrideva.
Mise giù il suo lavoro, spostò le coperte di Courfeyrac per mostrargli la ferita medicata sulla sua gamba. «Siamo riusciti a pulirla dal sangue e quell’amico di Joly….qualunque sia il suo nome, è riuscito a portarmi qualcosa con cui ricucire la ferita.»

«Questo è disgustoso e formidabile allo stesso tempo.» disse Courfeyrac, «Mi dispiace di avervi tenuta troppo occupata.»

«Non è stato un problema,» disse Musichetta, riprendendo in mano i pantaloni del ragazzo. «Mi calmo sempre cucendo e stavolta ho anche ricucito la vostra gamba.» gli sorrise debolmente. «Mi è piaciuto più di quando avrebbe dovuto. Dovrei trattenermi dal dirvi qualcosa che le vostre amanti vi avranno di certo già detto, ma se non fossi sicura che Joly si butterebbe nella Senna se lo lasciassi…»

Courfeyrac rise. «Ah, mi ha specificatamente chiesto di non provare a sedurvi e portarvi via da lui. A proposito, dov’è?»

«A mettere ossessivamente in ordine l’attrezzatura in salotto e sta parlando con…Ange qualcosa? Quello che sembra essere uscito dai mosaici di una vetrata portando con sé l’aureola. Prima ho passato dieci minuti solo guardando i suoi capelli, come fa a non usare niente per farli brillare così? L’altro studente di medicina che vi ha procurato questi strappi nei pantaloni si sta prendendo un meritato riposo nella stanza di Bossuet. Oh, vi sentite bene? Avete iniziato a svegliarvi subito dopo che….oh qual è il suo nome? Quello di cui blatera sempre Joly! L’altro studente in medicina. Ha cercato di rimuovere il vetro. Avete iniziato a muovervi e quindi Joly è entrato nel panico e vi ha sedato con il protossido d’azoto.»

Courfeyrac sgranò gli occhi «Avevate finito il brandy?»

«Ad essere onesti, si.»

Courfeyrac sorrise. «Ecco com’è fatto Jolllly, cerca sempre di infonderci ottimismo! Ho terribilmente freddo, ma per il resto sto bene.» A quel punto Courfeyrac decise di mettersi seduto e di muovere, quindi, la coscia, quella fu la cosa più stupida fatta dal pomeriggio precedente, compreso il salto dalla finestra e la corsa di fronte ad una guardia pronta a sparare. «Ritiro tutto.»

Musichetta gli offrì un sorriso compassionevole, «Ricordatevi, avete un paio di punti e Joly mi ha detto che non dovevo chiudere completamente la ferita lasciata dal proiettile, quindi quella è ancora aperta.»

«Affascinante.» disse Courfeyrac, «Penso che stiano ancora sanguinando.»

«O forse avete appena riaperto la ferita?» chiese Musichetta.

«Preferisco la mia versione dei fatti.» rispose Courfeyrac spostando ancora una volta le coperte per controllare. «Penso di aver sporcato le coperte in maniera disdicevole, ma facciamo finta che io abbia sanguinato tutto il tempo; farà sembrare la cosa almeno un minimo sensata e mi farà mantenere un briciolo d’orgoglio. »

Musichetta rise facendo scivolare uno degli scialle che teneva sulle spalle, il che rivelò ciò a cui non aveva fatto altro che pensare Courfeyrac, uno scorcio piuttosto gradito del decolleté della fanciulla. «Se la finzione servirà a guarire le ferite del vostro orgoglio allora così sia. Devo chiamare Joly?»

Courfeyrac annuì. «Mi dispiace così tanto buttarvi fuori dal letto e disturbare sia voi che il vostro compagno ma- ah, fa veramente freddo!»

Musichetta si tolse uno degli scialli, simili a quelli di una zingara, e lo mise sulle spalle di Courfeyrac. «Intanto tenete questo, io andrò a vedere se Bossuet è riuscito a tagliare un po’ di legna o se le sue dita sono finite di nuovo nel mezzo.»

«Odio davvero disturbarvi così tanto.» disse Courfeyrac mentre cercava di capire come tenere uno scialle mantenendo un minimo della sua mascolinità.

«Non mi dispiace, davvero.» replico lei e, impietosendosi, gli prese lo scialle dalle mani mettendoglielo sulle gambe, così sembrava quasi una coperta e a Courfeyrac non dispiaceva. «Mi piace prendermi cura delle persone. Se non mi piacesse sarebbe arduo vivere con Joly, non credete?»

«Giusto.» fu d’accordo Courfeyrac. «Un po’ d’acqua per favore, oh Estia, dea della casa e della terra.»

«La vostra allusione è banale- chiamatemi… Rebecca, piuttosto, colei che si reca al pozzo.»

Courfeyrac si buttò la fine dello scialle sulle spalle, con aria drammatica. «Ditemi, Iris, adorna di tutti colori, messaggera degli dei. Penso che qualcuno dovrebbe interpretare Apollo non può mancare, ma non si addice proprio a Joly…Più ad Enjolras. Ehm, bene, sono andato anche troppo oltre.»

«Coraggio,» disse Musichetta con una luce maliziosa negli occhi color nocciola, «non vi siete spinto troppo oltre, ve lo garantisco.»

«D’accordo.»

Musichetta ritornò da Enjolras e Joly i quali sembrarono compiaciuti e sollevati di sapere che Courfeyrac era vivo.

«C’era qualche dubbio che non lo fossi?» chiese Courfeyrac.
 
Joly esitò solo un momento di troppo. «Io…Be’, no, non proprio dato che eri magneticamente allineato con i poli, quindi le tue energia dovrebbero circolare correttamente.»

Nonostante nel salotto ci fosse una stufa a carbone, in camera di Joly c’era comunque un caminetto. Enjolras era in piedi davanti ad esso, i suoi capelli brillavano nella luce mentre guardava Courfeyrac. Il ragazzo ricambiava lo sguardo con un sorriso quasi forzato.

«Stai bene.» disse Enjolras con un pizzico d’incertezza nella voce.

«Più o meno,» confermò Courfeyrac «Non c’è altra legna per il camino? Ho un freddo del diavolo.»

«Del diavolo?» chiese Joly tastando la fronte di Courfeyrac con aria accigliata.

«Certo. Il diavolo è immerso nel ghiaccio, sai, sopra la testa di Giuda Iscariota e….conosco quell’espressione. Stai tentando di nascondermi qualcosa.»

«No,» disse Joly, con un’espressione colpevole in volto, la stessa che assumeva ogni volta che mentiva. «Non…non è niente.»

«Mi hai toccato la fronte e poi hai fatto quella faccia, ho la febbre?»

«…Si.»

«E’ un brutto segno?»

Joly esitò. «Be’, abbiamo operato piuttosto di fretta, avvolto la gamba nei bendaggi non appena Musichetta ti ha ricucito e Combeferre era esausto, dal momento che aveva dovuto rimuovere pezzi del tuo pantalone dalla ferita ma alcuni sono rimasti lì mentre siamo riusciti a prendere la pallottola. Io poi stavo cercando di mantenere costante il dosaggio di protossido d’azoto così che non ti potessi muovere mandando all’aria l’intera operazione e non c’erano abbastanza persone per tenerti fermo e…sanguinavi molto quindi probabilmente è per quello che hai la febbre.»

Courfeyrac fece una smorfia. «Suppongo che vorrai usare su di me quelle sanguisughe…»

«Dai, Courfeyrac, non c’è niente di sbagliato nell’usare le sanguisughe! Dio ha fatto correzioni nella natura, le fa tutti i giorni. Vedendo che l’uomo era nato con troppo sangue in corpo ha inventato le sanguisughe.»

«Che fortuna,» disse Courfeyrac. «Si da il caso che le trovi semplicemente disgustose.»

«Ma sono utili. Chiudi gli occhi e pensa solo che dopo starai bene. Non so se si possa ravvivare il fuoco, ma sono certo di avere un barattolo di sanguisughe sulla mia scrivania. Forse…hm, l’energia viene immagazzinata nelle tue gambe e stimola la circolazione del sangue, non c’è da meravigliarsi se hai la febbre allora! Alcune sanguisughe e poi andrà meglio.»

 Courfeyrac fece un’altra smorfia. «Sto già sanguinando. Possiamo evitare le sanguisughe?»

«Stai già sanguinando?» domandò Joly allarmato. «Posso dare un’occhiata?»

Courfeyrac annuì e Joly scostò le coperte per vedere i bendaggi impregnati di sangue attorno alla coscia del ragazzo.

«Non è un buon segno, vero?» Quando Joly sorrise lievemente in risposta, Courfeyrac insistette. «Quindi ho la febbre quando non dovrei averla e sto sanguinando quando non dovrei, magnifico.»

«Potrebbe essere solo la reazione del tuo corpo per riparare a ciò che è successo.» disse Joly voltandosi verso il tavolo e tirando fuori diversi fazzoletti.

Courfeyrac esitò. «Joly, starò bene, vero?»

Il sorriso di Joly sembrò infrangersi. «Io…» si strofinò nuovamente il naso. «Io lo spero, Courfeyrac. Lascia che ti applichi le sanguisughe, aiuterà e…Penso che dovremmo spostare le calamite in fondo al letto, così le energie attraverseranno correttamente il tuo corpo. Richard Mead ha sviluppato questa teoria sui magneti e le energie non visibili e D’Elson ci ha detto che il corpo ha dei poli. Conosco un modo per cercare di tenere bassa la febbre…hai fame? Cibo freddo e secco, dovremmo avere un po’ di frutta, da qualche parte, in dispensa. Musichetta, ti spiace?»

La ragazza annuì. «Posso portarti una pera, se vuoi. Il padre di Joly ne ha mandate un po’ dal suo frutteto.»

«Dovrei farmi sparare più spesso,» disse Courfeyrac, nonostante iniziasse a sentirsi in maniera terribile e a malapena riuscisse a sorridere. «Non si prendevano così tanta cura di me da quando avevo dodici anni.»

«Devi mangiare solo cibo secco e freddo,» ripeté Joly con una smorfia di disapprovazione. «Devi mantenere le tue energie equilibrate e il magnete non basta.»

«Sei semplicemente geloso del fatto che Musichetta ha un paziente più affascinante del solito.» replicò Courfeyrac con disinvoltura, non riusciva ancora a sorridere, ma riuscì a darsi un’aria di superiorità. «Dovresti solo accettar- Ah! AH! Santo cielo!!»

«Non dovresti scherzare troppo con l’uomo che maneggia le tue bende.» replicò Joly con aria di sufficienza. Musichetta gli stampò un bacio e scomparì in cerca di altre coperte.  Joly riuscì a togliere tutte le bende e iniziò ad esaminare la ferita; Courfeyrac fu piuttosto allarmato dallo scoprire che non aveva una, non due, ma ben tre cicatrici evidenti e mise su il broncio mentre Joly gli spiegava come il proiettile fosse stato rimosso e avesse tagliato un pezzo del muscolo, rendendo più difficile la rimozione della scheggia di vetro. «C’era un netto taglio nella pelle, solo un piccolo danneggiamento al muscolo.» disse Joly, indicando i punti. «Il proiettile è stata la parte peggiore e per di più ti sei appena tolto la crosta, perciò di sicuro avrai una cicatrice lì.»

Courfeyrac continuò con il suo broncio.

«Posizionerò le sanguisughe vicino alla ferita del proiettile per togliere qualsiasi traccia di sangue infetto e se nemmeno questo aiuta dovremo aprire la vena – anche se una vena aperta potrebbe essere un duro colpo per la tua vanità, data la cicatrice che lascerà, e poi potrebbero essere tutti vani tentativi di farti sentire meglio, nonostante tutto.»

«Revoco il tuo privilegio di fare battute fino a che non avrai imparato a non abusarne.» Disse Courfeyrac.

Joly sorrise in risposta e se ne andò per prendere le sanguisughe. Courfeyrac chiuse gli occhi per quella particolare operazione – sapeva che non c’era nulla di male nell’usare sanguisughe, ma lo disgustavano molto. – e serrò i denti fino a che non fu finita. La perdita di sangue l’aveva lasciato stranamente snervato, tanto che si mise un braccio sugli occhi con aria drammatica.

«La febbre dovrebbe abbassarsi tra non molto,» disse Joly, il quale stava facendo qualcosa di strano con le calamite, qualcosa che Courfeyrac era troppo esausto per capire.  «Ad ogni modo, entro domani mattina tutto dovrebbe…risolversi da solo.»

Courfeyrac chiuse di nuovo gli occhi, non sapendo che altro fare. Si sentiva veramente in maniera terribile e la gamba gli faceva male, per di più aveva ancora freddo nonostante Enjolras, nel suo modo competente e silenzioso avesse trovato un po’ di legna nell’appartamento e avesse ravvivato il fuoco. Musichetta gli aveva, invece, sistemato sopra un paio di coperte invernali.

Non gli piacque il tono con cui Joly parlò, che significava che tutto si sarebbe ‘risolto da solo’?!

Significava forse che -

Quel particolare pensiero era troppo orribile per essere espresso a parole. Courfeyrac, con un’indefinita ed insidiosa paura che non si sarebbe mai più mosso da quel letto, iniziò a rigirarsi inquietamente, aspettando il momento in cui si sarebbe sentito meglio; questo non fece altro che allarmare di più Joly, e per poco Courfeyrac non riaprì le proprie ferite.

«Ecco,» disse Joly mettendo un cuscino sotto al ginocchio del ragazzo. «Mettiti a faccia in giù se proprio devi, ma smettila di agitarti come un pesce morente! Sto cercando di riequilibrare le tue energie.»

«Strano, mi sento praticamente privato delle mie energie!» Courfeyrc strinse contro il petto l’altro cuscino che gli era stato dato, cercando di calmarsi. Triste la scelta di parole fatta da Joly, ma non significava certo che -

Courfeyrac gettò fuori dalle coperte l’altro braccio, solo per assicurarsi che funzionasse ancora e sentì qualcuno prendergli la mano. Il ragazzo guardò in quella direzione e trovò Enjolras seduto accanto al letto, con un sorriso calmo e rassicurante. Courfeyrac affondò la testa nel cuscino e strinse la mano di Enjolras con disperazione. Quella stretta era solida e reale, quello era Enjolras, il pilastro di marmo su cui tutti si poggiavano, l’uomo che li conosceva intimamente e sembrava sempre apprezzarli.

Joly finì ciò che stava facendo con i suoi dannati magneti e sistemò le coperte su Courfeyrac, dopodiché sembrò aver finito le cose da fare. Come se fosse un peccato, lo studente in medicina disse «Be’, penso…penso che dovresti dormire un po’.»

«Dovresti dormire anche te.» disse Enjolras, lasciando la mano di Courfeyrac. «Io sto bene, posso vegliare Courfeyrac per un po’.» Quando Joly esitò Enjolras intervenne nuovamente, «Hai consigliato a Combeferre di dormire, ora io faccio lo stesso con te.»

Courfeyrac si ricordava solo vagamente di quella conversazione, attraverso la sonnolenza indotta dai prodotti chimici usati su di lui qualche ora prima; sentì Joly aggiungere qualcosa al dialogo, qualcosa riguardo al fatto che non c’era più niente da fare perciò sarebbe andato a riposarsi anche lui. Courfeyrac sperò che quella fosse solo un’allucinazione.

Il laureando in medicina sistemò ancora una volta le coperte del ferito, «Se vi serve qualcosa io e Musichetta siamo nella stanza accanto.»

«Te e Musichetta….Bossuet non è tornato?» chiese Courfeyrac, cercando di guardare Joly.

L’espressione di Joly parlava da sola. «No, nessuno l’ha più visto dopo l’episodio di Rue de les Clefs. » Joly sembrò realizzare in quel momento che non era possibile rincalzare ulteriormente quelle coperte, dato che c’era Courfeyrac sotto di loro. «Jehan sta bene, comunque. Feuilly ha pensato che lo sparo significasse guai e una ritirata verso uno qualunque dei nostri appartamenti, infatti ha mandato uno dei ragazzini di strada. Musichetta l’ha ricevuto. Sto solo blaterando, scusa, ora dormi. Non discutere, devi dormire anche te Courfeyrac, ti farà bene.» Joly se ne andò chiudendo le porta alle sue spalle.

Courfeyrac cercò di rimettersi sdraiato e provò a dormire un po’, ma era terrorizzato dall’atto di addormentarsi in se, sentiva che se avesse chiuso gli occhi non li avrebbe riaperti mai più.
Forse dormicchiò, di certo perse qualsiasi filo logico dei propri pensieri. C’era solo una vaga paura che non riusciva a placare con il sarcasmo e poi un sacco di altre stupide preoccupazioni: dove erano i suoi genitori, per esempio? Forse avrebbe dovuto scrivere, la sua lettera mensile era in ritardo…Come al solito, d’altronde.
Sentì una mano sulla sua fronte ed Enjolras sussurrò «Courfeyrac, tutto bene?»

«Penso che morirò.» disse Courfeyrac, tremando in maniera incontrollabile. «Che maniera stupida di morire! Non uno straccio di gloria sulle barricate, non una denuncia in un tribunale e una folla di donne singhiozzanti mentre la luce abbandona i miei occhi verdi, nessuno sciame di nipoti viziati che si litigano le mie proprietà e l’elezione suppletiva per l’Assemblea Nazionale, non una donna sconvolta che cerca di farsi una ragione della morte del suo amato. Solo un proiettile nella gamba, i miei genitori da qualche parte al sud, mentre Joly ha un esaurimento nervoso perché gli ho chiesto se andava tutto bene e lui non ha saputo rispondermi. Morirò?»

Nemmeno Enjolras aveva una risposta, ma prese la mano gelida di Courfeyrac tra le sue e la tenne fino a che non fu di nuovo calda.

«Che modo di morire,» riprese Courfeyrac, sorridendo debolmente. «Be’, ho Jolllly che mi darà le ali e tu sarai il mio ange-aux-graces**, non importa quanto risulti stupido e Bossuet, se mai ritornerà, povero amico sfortunato, comporrà una bellissima orazione per il mio funerale. Un uomo non può pretendere amici migliori.» Courfeyrac tremò di nuovo, si sentiva talmente male che gli venne da domandarsi se un uomo si potesse sentire così male e rimanere vivo. «Per favore, distraimi Enjolras. Non posso sopportare ciò che penso, al momento.»

Enjolras guardò la mano di Courfeyrac, aggrappata alla sua in maniera disperata e disse «Che devo….Courfeyrac nessuno di noi può conoscere il futuro. Possiamo ipotizzarlo, possiamo cercare di costruirlo tramite le azioni del presente e le lezioni del passato ma non possiamo sapere cosa ci riserverà…Stai tremando.»

«Ho molto freddo.» disse Courfeyrac, cercando di mettersi seduto, ci riuscì solo con l’aiuto di Enjolras, vanificando il lavoro precedente di Joly, dato che gli caddero di dosso gran parte delle coperte. «Non intendevo interrompere il tuo discorso, sembrava bello. Ora che ti sei fermato, comunque, ti spiacerebbe passarmi l’acqua che Musichetta ha lasciato sul tavolo?»
 
Enjolras fece ciò che gli era stato chiesto e Courfeyrac cercò disperatamente di non tremare mentre prendeva il bicchiere. L’altro giovane non disse niente, né mostro di essersi accorto di niente, posò semplicemente la sua mano su quella tremante di Courfeyrac, così che il bicchiere stesse fermo poi lo posò nuovamente sul tavolo, una volta che il ragazzo ebbe bevuto.

«Posso fare altro?» chiese Enjolras, sedendosi sul bordo del letto, accanto a Courfeyrac.

«Parliamo di qualcosa di leggero.» disse il ragazzo, poiché si era sempre chiesto se Enjolras ci riuscisse.

Enjolras lo guardò con un sorriso, «Non ho molto talento per questo.»

«No? Allora ti insegnerò io. Prendi un argomento a piacere, qualcosa che ti piace.»

«Fraternité

Courfeyrac alzò un sopracciglio. «Oh, è un inizio. Hai fratelli?»

«Certo, tu, Combeferre, Jehan, Bahorel, Bossuet, Joly, Feuilly-»

Courfeyrac quasi sorrise. «Intendo di sangue.»

«No.»


«Sorelle?»

«Nessuna.»

«Ah, dovevi essere un bambino solitario. Eri come Prouvarie? Solo libri, la compagnia degli insegnanti…O sei andato a scuola?»

«In un collegio, si.» Enjolras sembrò realizzare che la situazione richiedeva che lui dicesse qualcosa in più . «Prima mi hai chiamato ange-aux-graces. Mi chiamavano così, o in maniera simile quando andavo a suola.» Sorrise lievemente, e gli mostrò i propri capelli. «Perché i miei capelli cadevano giù quasi a boccoli.»

«Tutto questo è molto affascinante. Davvero ti chiamavano ange-aux-graces?»

«Non esattamente, ero anche piuttosto robusto, di costituzione.»

«Ah! Quindi ti chiamavano…fammi indovinare… Ange-au-gras***!»

«Esatto, almeno fino a che non ho compiuto quattordici anni e ho iniziato a perdere peso per non metterne su mai più, come adesso.»


«Perché ti dimentichi di mangiare.» Disse Courfeyrac quasi divertito. «Scommetto un franco che a quattordici anni hai trovato la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, o qualche libro di Rousseau.»

Enjolras sorrise. «Era una raccolta di discorsi fatti da Robespierre.»

«Ah, so anche che sei uno spadaccino, è così che ti ho incontrato, alla scuola in Rue de Cotte e tu continuavi a incontrare Bahorel per farti insegnare il pugilato.
Dovevi essere meraviglioso…Non che tu ora non lo sia, ma spero che i Gesuiti siano stati gentili con te, quantomeno indifferenti.»
 
«I Gesuiti non sono mai stati un problema.» Replicò Enjolras.

«E gli altri ragazzi?»

Enjolras esitò. «Si, diciamo che ho imparato a porgere l’altra guancia. Io picchiavo.»

Courfeyrac quasi scoppiò a ridere. «Enjolras, sei al di là di ogni speranza! Al collegio tutti si baciavano tra loro, non c’erano ragazze. Tutti hanno baciato un altro ragazzo, ad un certo punto; i Gesuiti ci hanno sempre detto che si, tutti lo avevano fatto, anche loro lo avevano fatto con i ragazzi più carini, ai quali non era permesso dirlo ai genitori; ma se proprio volevi baciare un ragazzo dovevi avere la decenza di farlo in privato. Mio padre mi ha sempre detto che è una fase che tutti attraversano, non posso credere che tu non l’abbia fatto.»

«Combeferre una volta mi sorprese a picchiare uno che aveva tentato di baciarmi e, dopo averci separati, gli disse di non confondere i cherubini di Ezechiele con il Cherubino di Beaumarchais. Nessuno mi ha più disturbato dopo quell’episodio, penso che abbiano realizzato che non avrei mai fatto niente del genere. Datemi amicizia, vera amicizia, ma non l’incessante drammaticità del contatto fisico.»
 
«Suppongo che tu abbia trovato l’amicizia vera con Combeferre.»

Ad Enjolras spuntava sempre un sorriso felice ogni qualvolta qualcuno gli parlava di Combeferre. «Esatto.»

«Invidio la vostra…’Amicizia Romantica’,» disse Courfeyrac «Non ho mai avuto niente del genere con nessuno. Se sopravvivo a questo penso che proverò con Marius, o forse con Feuilly se mi lascia fare. Dato che te e Combeferre siete già stati presi e non c’è modo di separare Joly e Bossuet potrei tentare con Bahorel, ma non capirebbe e non sono abbastanza presuntuoso da provare a capire Jehan. Mi manca solo uno dei tratti distintivi della nostra epoca. Mi spiace disturbarti, Enjolras, ma sono più freddo delle battute di Combeferre.»

Dato che Musichetta si era ripresa i suoi scialli, Enjolras si tolse la giacca, senza fiatare, e aiutò Courfeyrac ad indossarla.

Era ancora tiepida e Courfeyrac si rannicchiò dentro ad essa come un gattino, tirando a sé il tessuto fino a che gli fu possibile. Enjolras lo guardò, divertito.
 
«I miei genitori non sapevano come gestirmi, a dire il vero, ed ecco perché sono andata a scuola molto preso.» disse Courfeyrac «Mia madre, che sia benedetta, è ancora molto affezionata a me e riesce sempre a convincere mio padre a darmi un assegno, quando mi serve. Ma una volta non avevo nessun controllo di me stesso e mi hanno rifilato ai Gesuiti non appena hanno potuto. Quando hai iniziato a frequentare la scuola?»

«Perché lo chiedi?» chiese Enjolras.

«Perché non me l’hai mai detto.» rispose Courfeyrac. «Posso dire uno ad uno i nomi dei fratelli e delle sorelle di Joly, posso elencare i precettori di Combeferre, posso descrivere tutte le amanti di Bahorel meglio di Bahorel stesso ma di te…Be’, so quello in cui credi e questo viene prima di qualsiasi altra cosa. Grazie.»

Enjolras gli strinse la mano, era ancora seduto sul bordo del letto, una gamba piegata il cui ginocchio sfiorava la gamba scoperta e sana di Courfeyrac.
Il ragazzo chiuse gli occhi e appoggiò la propria testa sulla spalla di Enjolras, sentendosi improvvisamente esausto e così male da non poter stare sveglio un minuto di più.

«Penso di averti chiesto tutto questo ora perché…temo che non chiedendolo stasera non potrò saperlo mai.»

Enjolras prese la mano di Courfeyrac e portò un braccio attorno ai fianchi del ragazzo. Courfeyrac premette disperatamente la fronte bruciante contro il collo di Enjolras.

«Sarebbe stupido chiedere di vedere un prete?» chiese Courfeyrac, non appena iniziò a sentire di stare addormentandosi.

«No.»

«No?»

«Io non detto la religione di nessuno.» disse Enjolras, «Se vuoi un prete ti porteremo un prete.»

«Nascondi la propaganda per la Repubblica, prima; non voglio morire in prigione.» disse Courfeyrac.

«Non morirai.» replicò Enjolras.

«Un giorno moriremo tutti quanti» replicò Courfeyrac melodrammaticamente «E penso proprio che il mio giorno arriverà prima del tuo…E questo mi spaventa più di quanto immagini.»

Enjolras premette la fronte contro quella di Courfeyrac, una mano appoggiata sulla nuca del ragazzo. Non aveva niente da dire, appoggiò solo la sua fronte fredda contro quella calda di Courfeyrac e il giovane si sentì un poco più calmo, permise ad Enjolras di aiutarlo a sdraiarsi e rispose con un mite ‘Signor si, signore’ al consiglio di Enjolras di riposare.
Non lo fece comunque, si girò solamente per guardare Enjolras uscire dalla stanza e prendere posto in salotto; Il ragazzo aveva dimenticato di chiudersi la porta alle spalle, quindi Courfeyrac riusciva di nuovo a vedere Musichetta avvolta nei suoi scialli seduta su una poltrona e Joly addormentato, la testa sulle gambe di lei.

«Courfeyrac vuole un prete.» disse Enjolras.

Joly, disturbato, affondò il volto nel grembo di Musichetta mentre essa gli accarezzava i capelli.

«Va bene, lasciami acconciare i capelli ed andrò. Jolllly, mi servono dei soldi per pagarlo. Sono nel cassetto della scrivania?»

«Il cassetto a destra, la chiave è sul mobile.» mormorò Joly mentre Musichetta gli donava un bacio sulla fronte.

Enjolras scomparì alla vista di Courfeyrac e poi ritornò dando a Musichetta un borsellino. «Volete che vi accompagni, cittadina?»

«Joly, potresti per favore portarmi il vestito che ho in camera di Bossuet? E dovresti anche svegliare il tuo amico.»

Joly si alzò, quasi grato di doversi rimettere in azione per soffocare l’ansia, e si avviò verso la camera di Bossuet. Musichetta alzò il proprio sguardo su Enjolras.

«Sta così male?»

«Non posso dirlo.»

«Non potere e non volere sono diventati un tutt’uno?» Musichetta scosse la testa, i suoi capelli caddero sciolti sulle spalle in un solo movimento, poi iniziò ad annodarli sulla sommità del capo. «Penso che Joly dovrebbe venire con me, non sarebbe utile a nessuno qui. Non sa dove sia Bossuet e non può fare niente per Courfeyrac se rimane qui scaverà un buco nel pavimento per l’ansia. Rimarrà con voi… oh qual è il suo nome?! Dovrei averlo imparato! Joly non fa altro che dire quanto sia brillante.»

«Combeferre.»

«Proprio lui. Porterò Joly con me, c’è qualche prete a cui vanno le vostre simpatie?»

«No.»

Musichetta sbuffò. «Courfeyrac frequenta una chiesa specifica?»
 
«Non penso proprio.»

«Be’, io sono talmente peccatrice da poter dire di essere pagana e Joly è un deista. Immagino che nemmeno voi perdiate tempo con le istituzioni religiose.»

«No. Non ho nessun interesse a diventare parte di una religione.»

Joly apparì reggendo in mano tessuti di diverso colore. «Combeferre si sta svegliando, darà un’occhiata a Courfeyrac non appena si sarà vestito. Ti ho preso tutto Musichetta?» le chiese dandogli i vestiti.

«Hai sbagliato la sottoveste, tesoro.» disse Musichetta guardando i vestiti.

«Ho sbagliato? Come fai a dirlo?»

«Lo so, Jolllly, che sei abituato a veder sparire le mie sottovesti ma io so come sono fatte.

Un momento dopo una sottoveste, quella giusta, strusciò dalla camera al salotto.

«Oh, siete molto gentile!» disse Musichetta, raccogliendola. «E se vedete i miei guanti da qualche parte-»

Un paio di guanti atterrarono di fronte ai piedi di Musichetta. «Grazie infinite, siete stato molto dolce.»

«Combeferre, come sapevi dove erano quelle cose quando nemmeno io sapevo dove fossero?» chiese Joly, ricevendo solo un click della porta in risposta. Enjolras sorrise e si voltò mentre Musichetta si cambiava. Courfeyrac non fu così gentile e mentre Musichetta lanciava un sorriso divertito attraverso la porta aperta penso di avere tutto il permesso di guardare l’amante di Joly in quella situazione di déshabillé. Joly sapeva che stava guardando e aiutò Musichetta a vestirsi, in tutta fretta.

«Siete vestita?» chiese Combeferre attraverso la porta.

Joly terminò di allacciare il corpetto del vestito e fece per rispondere quando Musichetta gli dette un bacio. «Come sempre, potete venire fuori.»

Combeferre obbedì, sembrava confuso ed esausto. Era in qualche modo riuscito a mettersi i pantaloni al contrario e aveva rinunciato a gilet, cravatta e giacca. «Vi prego di perdonare il mio abbigliamento informale, cittadina-»

«Avete il mio totale permesso di girare per casa in pigiama, se volete.» disse Musichetta. «Purtroppo non sono una grande casalinga, abbiamo forse un po’ di caffè, se lo volete.»

«Oh, grazie, potrebbe essere una buona idea e…ho sentito qualcosa a proposito di un prete?»

«Dovreste andare dall’amico di Marius.» Urlò Courfeyrac «L’abate Mabeuf. Marius mi ha detto che approva la nostra visione politica ed è anche un curato…o lo era suo fratello… »

«Ah, l’autore di ‘Floradei dintorni diCauteretz’» disse Combeferre. «Penso che il fratello sia il curato, ma anche se viene a visitarlo, poco importa.»

Joly e Musichetta se ne andarono, lasciando Combeferre che tentava di aprire la vena (Courfeyrac non fu molto contento di avere quattro cicatrici a causa dell’avventura della sera prima) e obbligò il giovane e bere il laudano che gli veniva  dato.
La visita del curato fu strana, Courfeyrac era un po’ stordito a causa del laudano e si rifiutò di parlare fino a che Combeferre non fu sicuro che il curato (un amico di Marius, dopotuto) era d’accordo sulla Costituzione Civile e che aveva simpatie repubblicane.

«Mio fratello ed io ci occupiamo di questo.» disse il curato. «Approviamo le vostre simpatie politiche ma ci sono persone che non sanno quando fermarsi. I vostri amici hanno detto che la guardia vi ha sparato alla gamba a causa di un conflitto a proposito di politica, giusto? Questo mi addolora molto, una volta la gente discuteva mai gendarmi non sparavano certo addosso agli studenti di legge a causa delle loro opinioni politiche. Penso che tutto sia cambiato qui a Parigi, ma pensavo che almeno la polizia fosse rimasta la stessa. Voi siete fin troppo giovane per morire difendendo ciò in cui credete.»

«Strano, la penso proprio allo stesso modo.» disse Courfeyrac, «Credo di dovermi confessare, ma non riesco a pensare a niente. Ho amato il mio prossimo come me stesso e sono devoto all’Essere Supremo…voglio dire, a Dio. I nomi alla fine sono quasi intercambiabili, non credete? Non riesco nemmeno a ricordare ciò che dovrei confessare.»

«Be’, non importa,» disse il curato,  posizionando un flacone di olio, una fiaschetta di vino e un’ostia sul comodino. «La memoria di Dio è più lunga della nostra e nonostante tutto ci perdona le nostre colpe. Ora -» disse tirando fuori la Bibbia, «Dove è il mio crocifisso? Dovreste baciarne uno prima di continuare.»


«E’ proprio necessario?» chiese Enjolras, un poco perplesso.
 
«Non avete mai visto dare l’estrema unzione? Oh, bene, dobbiamo proteggere le tradizioni e i gesti fanno anche più di una lunga confessione. Ah, ecco.»

Una volta che il curato ebbe guidato Courfeyrac nelle preghiere e lo ebbe marchiato con l’olio disse «Che Dio sia con voi, figliolo.»

«Temo che ci sarò io con Lui, a breve.» disse Courfeyrac, «Dovrei portare qualche messaggio a San Pietro da parte vostra?»


«Nessuno che non possa portare da solo, quando verrà il mio momento.» rispose il curato, «Ma voi siete giovane, e se Dio vuole vi guarirà. Ora vi benedirò e poi penso che dovreste dormire.»


«Dovrei dormire? Forse dormirò per sempre.»

Il curato non seppe cosa rispondere, inizialmente. «Dovete dormire, non c’è nessun bisogno di temerlo.»

Courfeyrac era scettico a riguardo, nonostante tutto chiuse diligentemente gli occhi, ma si rifiutò di lasciarsi scivolare nell’incoscienza. Il pensiero di non svegliarsi mai più era troppo reale e troppo terrificante per non suscitare in lui alcuna reazione. Courfeyrac si aggrappò quasi disperatamente a questa paura che lo avrebbe certamente tenuto sveglio, e vivo…Magari dolorante, ma vivo. Era così stanco che, per un momento, pensò quasi che il sonno sarebbe stata la via per guarire ma non poteva arrendersi così facilmente, così si concentrò sulla conversazione nell’altra stanza.


Joly, da volteriano che era, dette al curato una copia di ‘Maometto’ per ringraziarlo, «Per vostro fratello, il guardiano della chiesa.» disse provocando qualche battuta pungente da parte di Combeferre.

«E’ il libro meglio conservato, in questo appartamento.» replicò Joly, «Avevo persino dimenticato di averlo, ad essere onesti. Non avevo niente da dargli!»

«Almeno non era ‘Tartuffe’,» aggiunse Musichetta, «Notizie di Bossuet?»
 
«No.» disse Enjolras , «Ma non abbiamo ricevuto richieste per una cauzione o per un dottore, quindi suppongo che stia bene.»

Joly non sembrava completamente convinto, lanciò uno sguardo alla stanza di Courfeyrac dove il ragazzo giaceva esausto, senza muoversi, con gli occhi semi chiusi, «Non possiamo dire lo stesso di Courfeyrac. Sto diventando pazzo, non possiamo fare niente più di quel che abbiamo già fatto.»
 
«Non possiamo fare niente, ma non vuol dire che tutto sia perduto, è ancora lucido-» disse Combeferre, quasi mormorando.
 
«Non vuol dire niente! E’ solo il primo giorno che ha la febbre! » disse Joly, cercando di soffocare il tono preoccupato attraverso colpi di tosse. Courfeyrac serrò gli occhi e strinse più forte il cuscino. Si sentiva meglio stringendo qualcosa anche se il cuscino contro il suo ginocchio iniziava a dargli fastidio.

«C’è sempre speranza.» disse Combeferre, anche se con un briciolo di dubbio. «Vedremo domani mattina. Enjolras, ti dispiace vegliare Courfeyrac?»

«Certo che no, voi riposatevi.»

Courfeyrac sentì la porta chiudersi e i passi di Enjolras risuonare nella stanza. Il ragazzo serrò la mano sulle lenzuola trattenendosi dal gridare o imprecare, doveva riuscire a trattenersi, nonostante si sentisse estremamente debole e stordito.

Enjolras, delicatamente, strinse la mano di Courfeyrac.

«Confesso di non aver sempre agito pensando alla repubblica.» disse Courfeyrac premendo la propria fronte contro il dorso della mano di Enjolras, e probabilmente lasciandovi sopra un po’ dell’olio usato in precedenza. «Comunque ho sempre provato ad amarla con tutto il mio cuore. Posso avere un amante qui, più lontano, ovunque, ma non ho mai amato la repubblica meno di loro. Ho sempre amato il mio prossimo come me stesso e qualche volta anche di più e così…ho creato una piccola repubblica, se non Giacobina, almeno fatta di amore, in cui vivere. Non riesco a pensare ad altri atti di poca fede ad eccezione di orgoglio, ipocrisia, impazienza, indifferenza ah, vanità. Sono veramente colpevole di quest’ultimo…E questo è tutto, mi perdonerai?»

«Non devo perdonarti di nulla.» disse Enjolras, «Non hai commesso alcun atto contro la repubblica, Courfeyrac.»

«No? Ringraziamo l’Essere Supremo allora,» rispose Courfeyrac, «Penso di essere migliore come rivoluzionario che come cristiano. Non si può essere indifferenti alla sofferenza del prossimo quando si è parte di una rivoluzione organizzata segretamente e volta all’eliminazione della miseria dalla società. Dio, mi sento malissimo.»

Enjolras rimosse i capelli di Courfeyrac dalla sua fronte, le dita erano sorprendentemente fresche contro la pelle ardente, molto più di quelle del curato che avevano segnato una croce su quella stessa fronte.

Courfeyrac strinse il cuscino mentre vi affondava dentro il viso, non stava piangendo, no, non stava piangendo. Stava solo tremando. Sarebbe stato coraggioso fino alla fine e avrebbe affrontato la morte facendo lo spiritoso ed il sarcastico, come sempre.

Enjolras toccò la spalla di Courfeyrac, con incertezza.

«Ho freddo, ecco tutto.» cercò di dire Courfeyrac in mezzo a quelle che non erano assolutamente lacrime.

Enjolras rimosse la propria mano solo diversi minuti dopo e Courfeyrac sentì qualcuno salire sul letto, assieme a lui, quel qualcuno doveva essere Enjolras, ma era davvero tutto molto strano.


Quel qualcuno, che doveva proprio essere Enjolras a meno che Musichetta non avesse deciso di preferire lui a Joly, strinse Courfeyrac al suo petto, un petto decisamente troppo piatto per essere quello di Musichetta, e lo circondò con le braccia. Courfeyrac si girò su un fianco, prima giaceva prono, un cuscino sotto il ginocchio per tenere la sua gamba ferita alzata, e un cuscino contro il petto.
In quel momento iniziò a sentire di poter iniziare a rilassarsi, era confortevole stringere qualcosa di caldo, anche se non riusciva a capire chi fosse.

Doveva essere Enjolras, il quale non si esprimeva molto se non a riguardo della repubblica, ma quando lo faceva non occorreva dirgli niente, un suo gesto valeva più di qualsiasi cosa. Courfeyrac sussurrò un timido «Grazie.»

Enjolras non disse niente, strinse solo la presa attorno al braccio del giovane.

«E’ buio fuori.» disse Courfeyrac, tanto per dire qualcosa.

«Saremo noi a brillare allora.» Disse Enjolras, probabilmente scambiando i discorsi febbricitanti di Courfeyrac con un’elaborata osservazione sulle condizioni umane. Ecco qual era il problema nel conversare con Enjolras, scambiava sempre discorsi semplici con metafore o ragionamenti complessi. Courfeyrac si rassegnò, quindi, a riflettere sul calore dell’abbraccio di Enjolras, il quale stava sicuramente dicendo qualcosa di brillante, Courfeyrac ne era certo, ma era anche estremamente caldo e il ragazzo trovava conforto tra le sue braccia.
La sua gamba ancora bruciava come l’inferno, ma la voce di Enjolras, che di solito tuonava come la tromba di Gabriele che chiamava gli addormentati a svegliarsi per vedere l’alba, era stranamente calma e il suo respiro muoveva appena i riccioli di Courfeyrac. Enjolras era lì, pensò il giovane, e quindi tutto sarebbe andato bene.

«-Tutte le cose vengono dalla luce e tutte le cose ritorneranno lì. Non c’è niente da temere nel buio che precede l’alba…»

Courfeyrac chiuse gli occhi; suppose di aver dormito, ma sognò solo il sorgere del sole. L’alba però non lo svegliò, si svegliò automaticamente alle undici, la sua solita ora, e si sentì vagamente sorpreso dal fatto di essersi svegliato. Si sentiva debole e la gamba faceva ancora male, ma stava molto meglio.

Grazie a Dio era vivo. Ci volle un momento per realizzarlo ma si, era vivo. Era vivo (la sua gamba non avrebbe fatto così male se fosse stato morto) ed era fantastico essere vivi e per di più senza febbre (Courfeyrac si tastò la fronte per esserne sicuro.) ed era così felice di essere sveglio e del tepore che lo aveva fatto sentire così sicuro –Ah, Enjolras era lì, ancora accanto a lui, che dormiva relativamente sereno. Quindi il ragazzo era rimasto per la notte ed era piuttosto fiducioso che la mattina dopo Courfeyrac non sarebbe stato un cadavere e un compagno di letto piuttosto spiacevole. Che amico meraviglioso, pensò Courfeyrac sorridendo mentre guardava il profilo addormentato di Enjolras.

Courfeyrac si innamorava molto spesso, lo chiamava amore perchè non aveva altro modo per descrivere l’affetto che provava per gli altri e ora lo sentiva.

Mentre guardava Enjolras, ancora un poco abbracciato a lui, con i capelli biondi sparsi sul materasso (Courfeyrac aveva ancora il controllo di entrambi i cuscini) che brillavano alla luce del sole, il ragazzo sentì un impulso così forte da non poterlo trattenere e immediatamente baciò Enjolras sulla fronte.

Enjolras aprì gli occhi guardando Courfeyrac, il qual era contento di essere vivo, ma ancora più contento che Enjolras si fosse svegliato lì, con lui per veder sorgere il sole, o meglio per vedere il sole di metà mattino, ma non importa. Non c’era modo per Courfeyrac di descrivere tutta la felicità, la gratitudine e l’affetto che provava per Enjolras, così si limitò a sorridere.

Enjolras sembrò disorientato, fissava Courfeyrac attonito, con un po’ di stupore. Impercettibilmente strinse il proprio braccio attorno alla vita di Courfeyrac e lo guardò. Il ragazzo pensò che Enjolras fosse una di quelle persone che aveva bisogno di un po’ di tempo per svegliarsi.

«Sorpreso di vedermi vivo?» chiese Courfeyrac, alzando un sopracciglio. «Sono molto sorpreso anche io.»
 
«Sei di nuovo te stesso.» disse Enjolras con un piccolo sorriso, causato dalla veloce ripresa di Courfeyrac.

Il giovanotto poggiò la propria fronte contro quella di Enjolras. «Certo, quando mai non lo sono stato?»

«Mai.» disse Enjolras.

«Forse avevo perso un po’ del mio solito calore.» disse Courfeyrac sottraendosi al tocco dell’altro giovane con un sorriso. «Ma hai sicuramente rimpiazzato la mia luce, mio caro, caro amico. Mi sento debole come un gattino, e la mia gamba fa male qualsiasi movimento io faccia ma…»

«Sorridi come prima.» disse Enjolras sottraendo il suo braccio dalla vita di Courfeyrac per posargli una mano sulla fronte, cercando di capire se avesse la febbre. «O forse anche di più, sorridi perché la febbre si è certamente abbassata?»

«O forse sorrido solo perché ci sei tu.» rispose Courfeyrac, sfacciatamente.

Enjolras sorrise e scese dal letto, con grande disappunto di Courfeyrac il quale ghignò nel vedere Enjolras, tra tutti, con la camicia sbottonata e la cravatta allentata.

«Che giorno è?»

«Venerdì.» disse Enjolras, abbottonandosi.

«Allora non ho lezioni da perdere. Ah, salterò il pranzo con il povero Pontmercy! Non penso che mangi se non ci sono io a ricordarglielo; e poi dovrei anche andare a giocare a tennis con Grantaire ed alcuni della facoltà di legge prima che diventi troppo freddo per uscire senza giacca. Presumo che rimarrò qui anche stasera; di solito vado da Feuilly o da alcuni amici e andiamo a cena assieme. Suppongo che sia una fortuna non avere un’amante in questo periodo, nessuna domanda scomoda a proposito di che fine ho fatto.» Courfeyrac fece una smorfia. «E questa è l’unica cosa positiva di questa avventura. Però verrò lasciato da solo tutta la sera e diverrò molto triste.»

«Una serata da solo ti disturba così tanto?» chiese Enjolras infilandosi la camicia nei pantaloni.
 
«Certo, e una notte da solo sarà ancora peggio! Detesto stare da solo, specialmente quando sono malato. Non c’è niente da fare, se non sentirti escluso dal resto del mondo.»

Enjolras si mise la cravatta, indifferente alle pieghe prese dalla sua camicia. «Non ho nessun appuntamento stasera, posso rimanere qui se vuoi.»
 
Courfeyrac gli lanciò uno sguardo. «Speravo che lo avresti fatto, c’è qualcosa in te, caro amico, che ispira fiducia. Non hai insistito perché io dormissi come hanno fatto i nostri cari dottori o il curato, mi hai solo messo nella condizione di farlo.»

«Mi stai dando troppi meriti.»

«Avanti, permettimi di essere un po’ superficiale!» esclamò Courfeyrac, «Sono vivo e penso di doverti dire grazie.»
 
«Non ce n’è bisogno.»


«Lo voglio fare e sono anche peggio di Jehan, quando c’è qualcosa che desidero fare non puoi fermarmi. Penso di doverti ripagare in qualche modo.»
 
«La tua frase sembra quasi una minaccia.» disse Enjolras sorridendo.
 
Courfeyrac rise, «Forse lo era. Attenzione Enjolras, potrei tentare di farti felice come tu hai fatto felice me.»



** Letteralmente: Angelo nelle Grazie.

*** Letteralmente: Angelo del grasso.

 
  
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