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Autore: firelight_96    26/06/2013    2 recensioni
Flavia ha 17 anni ed è una liceale. Nutre una profonda passione, quella per la danza. La sua è una vita semplice, normale e soprattutto monotona.
Uno dei suoi talloni d'Achille è la timidezza che la condiziona in tutto ciò che fa e la spinge a considerare se stessa un inetto. Avrebbe gettato la spugna se solo non avesse incontrato...
Riuscirà a superare questo problema? E soprattutto: chi sarà il pennello che l'aiuterà a dipingere la tela della sua vita?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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A bad day







Era un giorno nero, nero in tutti i sensi. Era nuvoloso e il cielo non accennava a smettere di piovigginare. Avevo preso un brutto voto al compito di greco, essendo assente la prof di filosofia, facemmo due ore di educazione fisica ( come se una non bastasse). Qual’era il problema? Io odiavo educazione fisica.
Come ho detto in precedenza sono molto timida e questo mio lato caratteriale influisce in tutto quello che faccio, compresa motoria.
Avevo rotto il cellulare che , misteriosamente, non mi permetteva di chiamare.
E per completare tutto in bellezza, era venerdì. Odiavo il venerdì.
Avevo sempre odiato questo giorno della settimana , ma questo disgusto venne alimentato da un qualcosa che accadde due settimane addietro, di venerdì appunto.

 
Era il 6 Settembre. Le scuole si sarebbero aperte da li a qualche settimana. Era il giorno prestabilito, era il giorno che speravo restasse un ‘futuro’ anche se sapevo che prima o poi, sarebbe diventato un ‘presente’. Ero lì, dinnanzi a lui e meditavo, pensavo a quando ci sarebbe voluto affinché potessi riabbracciarlo come in quel momento, affinché quelle valige non simboleggiassero una partenza  ma un ritorno. Lorenzo era qualcosa di più che un migliore amico: era la persona che mi conosceva meglio di quanto io conoscessi me stessa, era la persona che aveva sempre una parola buona per tirarmi su di morale, era la persona più bella che conoscessi, era il fratello maggiore che avevo sempre desiderato e che non avevo mai avuto. Nonostante fossimo figli di genitori diversi, nonostante il dna e le leggi dello stato dichiarassero il contrario, noi eravamo fratelli, inseparabili.
Ci conoscevamo da sempre, entrambi uniti dalla fiamma che arde dentro di noi, l’amore per la danza.
Ne era passato di tempo, eppure era giunta l’ora. Quel giorno Lorenzo si sarebbe trasferito, avrebbe seguito i suoi studi in un indirizzo universitario. Quella partenza che , speravo, avrebbe portato tanta fortuna al mio caro e vecchio Lorenzo, era inversamente proporzionale alla mia felicità. Sapevo per certo che con lui, sarei partita io, non col corpo, con l’anima, con il cuore. Il mio corpo sarebbe entrato in un tunnel, buio, e chissà quando i miei occhi avrebbero rivisto la luce.
Per non essere troppo drastica e ,soprattutto, troppo egoista, cercai di scacciare via quei pensieri pensando a quella bellissima carriera che, dalla parte opposta della penisola, stava aspettando il mio fratellone. Cercai di allontanare il terrore dai miei occhi ed indossai la maschera più falsa che possedevo e tutto sarebbe andato per il verso giusto se solo, di fronte a me, non ci fosse Lorenzo che, come sempre riuscì a scavare nel più profondo dei miei pensieri facendo riemergere la ‘vera’ maschera, la vera versione dei fatti che solo lui poteva cogliere senza che aprissi bocca o sbattessi ciglia. L’unica cosa che fece fu un abbraccio. Tra le sue braccia mi sentivo al sicuro, tra le sue braccia ero la piccola sorellina indifesa. Mi guardò negli occhi e , quello sguardo d’intesa, in quel momento così delicato, valeva più di ogni singola parola.
Subito dopo, inaspettatamente, scoppiai a piangere. Piansi da morire, piansi come una fontana, piansi come non mai. Mi sorpresi di me stessa, fredda agli occhi di tutti, che non piangeva mai se non di nascosto e portava il dolore impresso sul cuore , incominciai a piangere, nonostante provassi a chiudere quel rubinetto che rigava le mie guancia, quel rubinetto che solo allora notai possedeva una quantità industriale di lacrime le quali per la prima volta ebbero la meglio rendendomi più debole di quanto già non fossi. Alzai gli occhi posandoli su quella figura che si trovava dinnanzi a me, quella figura gigante rispetto alla mia piccola statura, e nonostante avessi gli occhi annebbiati dalle lacrime, notai un particolare che mi lasciò di stucco. Anche lui piangeva.
Lui ,quell’uomo che odiava farsi vedere in momenti di debolezza, mise da parte l’orgoglio denudandosi dinnanzi a tutti i parenti più stretti.
Mi sentivo come un anziano al quale avevano tolto il bastone e non poteva più muoversi. C’era una differenza però: bastava comprare un bastone nuovo che l’anziano poteva ricominciare ad incamminarsi senza provare nostalgia dell’ altro, io, ne ero certa, non avrei più trovato quel bastone che mi avrebbe sorretto.

 
Venerdì.
Era pomeriggio ed il mio stato d’animo non aveva fatto altro che peggiorare.
Guardai l’orologio: erano le sei e trenta. Mi alzai di scatto, ero terribilmente in ritardo.
Presi il mio borsone, salutai a stento mia madre e mia sorella e corsi via. Corsi più forte che potei fin quando non mi ritrovai dinnanzi alla porta della ‘Born to dance’. Mi soffermai per qualche secondo per riprender fiato, subito dopo spalancai la porta. Per fortuna Antonio, il professore di danza, era arrivato da poco e la lezione non era ancora iniziata.
Non appena feci qualche passo in avanti, per raggiungere i miei compagni i quali circondavano Antonio che , avrei supposto, stesse dando loro qualche notizia, si levò un
‘Eccola! ‘ provenire da lì. Dal fondo della cerchia infatti avanzò la proprietaria di quella voce, bellissima come sempre Antonella mi corse incontro abbracciandomi.
Antonella era la classica ragazza capelli sempre in ordine, trucco mai sbavato. Apparteneva al gruppo dei ‘popolari’ ma, al contrario di quei film americani dove le ragazze più ‘in’ sono bionde, tutte tette e senza cervello, Antonella aveva le curve nei punti giusti, era la tipica bellezza mediterranea (capelli neri ricci, labbra carnose, alta) ed era bella sempre, anche in pigiama o senza trucco.
Era la mia migliore amica, l’adoravo. Non riuscivo ancora a capire il come io avessi legato con una delle più popolari. Forse perché lei non era come le altre, era diversa: simpaticissima, sempre con una battuta pronta, non si dava mai delle arie nonostante avesse tutta quella perfezione che le avrebbe consentito di farlo, era molto ambiziosa e ballava divinamente.
Ricambiai l’abbraccio. Le volevo troppo bene e sapevo di averla trascurata in quell’ ultimo periodo. Pensai che mi sarei fatta perdonare. Mi guardò di sottecchi come per rimproverarmi. Sapeva il perché avevo il broncio e sul suo viso intravidi un velo di tristezza. Nel frattempo i miei compagni si erano girati ad osservarmi. Conoscevo tutti e non mi vergognavo neanche un po’. Eravamo una grande famiglia ed avevo un ottimo rapporto con tutti loro fatta eccezione di due elementi.
Il primo è Sara, la tipica ragazza tutta tette e niente cervello sopracitata. Mi aveva preso ad odio e forse avevo capito anche il perché. Siamo l’esatto opposto: lei ama stare al centro dell’attenzione, io odio avere gli occhi di tutti puntati sul mio corpo, incomincio a diventare più impacciata di quanto già non sia e faccio le classiche figure di merda. Purtroppo, ogni qualvolta che qualcuno mi osserva ballare, è come se il mio corpo fosse bloccato e delle catene mi impediscano di muovermi e dare il meglio di me stessa. Credo che sia questo il motivo per cui Antonio mi abbia messo al centro, in prima fila, soggetta allo sguardo di tutti, per superare questo mio punto debole e, non so come abbia fatto ma sta funzionando alla grande. Ed è lo stesso motivo per cui Sara mi odia così tanto: le persone non possono ammirare il suo bel sedere se ci sono io che impedisco la visuale (nonostante sia minuta e di piccola statura). Sotto questo punto di vista credo d’aver fatto del bene all’ intera umanità. Avete presente Mino Franciosa*? Si somigliano così tanto quando incominciano a scatenarsi che mi son venuti sospetti circa una loro parentela nascosta.
L’altro elemento è Alessandro. Era nuovo e non l’avevo ancora ben identificato. Le uniche volte che avevamo parlato, era stato per chiedere ‘che ore sono?’ oppure ‘ ripeti il passo, non l’ho capito ‘.
Tutte quelle volte che avevo origliato uno dei suoi discorsi, parlava di calcio. Estremamente antipatico. Non che il calcio non mi piacesse, anzi, solo che non riuscivo a sopportare quei ragazzi che non parlavano d’altro dalla mattina alla sera.
Era amico con Sara. Doppiamente antipatico.
Nonostante avesse una bellezza da mozzare il fiato, non mi andava a genio.
Raggiunsi il gruppo che mi accolse con un grande sorriso caloroso. In quel momento come non mai avevo bisogno di loro. Abbozzai un sorriso di rimando e rivolsi uno sguardo ad Antonio il quale subito accennò a spiegarmi – Flavia, ho appena finito di spiegare ai tuoi amici ciò che dovrete fare entro la prossima settimana, vedetelo come un compito per casa. Oggi vi insegnerò un pezzo, voi dovrete adattarlo a canzoni diverse che vi assegnerò fra poco. Fate ben attenzione: sarà molto difficile , quindi prendetevi tutto il tempo che volete e, soprattutto, ascoltate la musica, se riuscite a cogliere questo mio consiglio, siete a buon punto. Mi aspetto grandi cose. – concluse osservandomi. Una tela bianca sulla quale dipingere, insomma. Il mio pensiero volò da Lorenzo, che avevo sentito poco prima per telefono. Lui, al contrario di me, avrebbe saputo cogliere quel prezioso suggerimento e avrebbe fatto la performance migliore.
-Ah, dimenticavo … Flavia, tu ballerai con Alessandro! – .
Sentite quelle parole si dipinse sul mio volto una smorfia più che evidente la quale provocò una grande ilarità in Alessandro tale che scoppiò a ridere di gusto e terminò dicendo
-Ho la sensazione che ci divertiremo da matti –
-Certo, come no- fu la mia risposta seccata.
Quello era proprio il colmo. Sapevo che non avrei resistito a lungo . Non vedevo l’ora che quel ‘compito per casa’ finisse. Non immaginavo come avrei fatto a sopportarlo una settimana intera,  per lo più soli!
Tornata a casa mi sdraiai sul letto e, solo allora mi ricordai della strana sensazione che ebbi non appena varcai la porta della scuola di ballo: degli occhi nuovi, che mi scrutavano, uno sguardo caldo, rassicurante.  Agitai il capo velocemente scacciando via quel pensiero. Cosa mi stava succedendo? Stavo diventando pazza. Diedi la colpa di quella strana sensazione alla rabbia che aveva preso il possesso di me sin dalla mattina. Decisi di mandare a quel paese tutto e mi coricai.
 
 
 
 

 
 
 
*Mino Franciosa: un tizio che carica video su youtube mentre balla. Vi consiglio vivamente di andare a vederlo, è troppo divertente e… capirete come balla Sara.
 
Ciao ragazzi,
sono nuova su EFP e questa è la prima storia che pubblico. Spero vi piaccia. Mi scuso in anticipo per eventuali errori e sono pronta a ricevere qualsiasi critica, anche quelle negative.
Lasciate un commento se vi va e fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacione, alla prossima :)
  
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