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Autore: isawri    01/07/2013    0 recensioni
"E' per il tuo bene, tesoro."
Non capivano che non bastava spedirmi in un altra città, non capivano che non potevano cancellare il mio passato, non capivano che la storia era destinata a ripetersi. I miei guai mi avrebbero seguita come fossero la mia ombra, non potevo semplicemente scappare.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Paul Lahote, Quileute
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nessun libro/film
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- Questa storia fa parte della serie 'Il passato torna sempre a farci visita'
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"E' per il tuo bene, tesoro."
 
I miei non erano riusciti a trovare una spiegazione migliore al fatto che avessero deciso di scaricarmi da mia zia, di cui ero all'oscuro dell'esistenza se non fino a poche ore prima della partenza; che vive a 9129 Km da casa mia, se potevo chiamarla casa.
Dopo tutto quello che era successo credevano ancora di poter risolvere tutto allontanandomi da quell'ambiente. Non capivano che non potevano cancellare il mio passato, non capivano che la storia era destinata a ripetersi. I miei guai mi avrebbero seguita come fossero la mia ombra, non potevo semplicemente scappare. 
Sapevo bene di non essere la figlia che avevano sempre desiderato, sapevo di essere per loro una continua delusione. Avevano tentato di crescermi a loro immagine e somiglianza, avevano tentato di riportarmi sulla retta via già quando il mio comportamento dava cenni di ribellione, avevano persino tentato di tirarmi fuori dai guai. Ma si erano arresi. Non erano tagliati ad essere i genitori di una ragazza problematica, come io non ero tagliata ad essere la bambola di papà.
 
Dopo dieci estenuanti ore di volo, un atterraggio movimentato ed un tempo infinito prima di poter sbarcare, recuperai le mie valigie per poi dirigermi verso l'uscita dell'aereoporto.
«Sarah!» Una donna minuta e sorridente in strada agitava frettolosamente le mani chiamandomi a gran voce. Doveva essere lei, seppur in lontananza notavo la marcata somiglianza con mio padre. Continuava a dimenarsi dall'altra parte della strada incurante della gente che passando si girava ad osservarla.
Basta per oggi hai dato spettacolo abbastanza, fantomatica zia di cui non sapevo nulla. Mi incamminai in sua direzione.
«Anna?» Le chiedo fermandomi a debita distanza.
«Preferisco Anne ma si, sono io.» Sorride. «Su vieni, abbiamo tantissime cose da fare!»
«Cominciamo bene...» Borbottai seguendola verso la macchina. Aveva una Volvo vecchio modello, V70 se ricordo bene, caricai le valigie nel portabagagli e mi accomodai sul sedile del passeggiero.
Eravamo in macchina da ormai un buon quarto d'ora, osservavo il paesaggio, la strada che stavamo percorrendo divideva in due una fitta boscaglia. Alla vecchia me sarebbe piaciuto vivere in un posto così, ma quella ragazza non faceva più parte di me. 
La suoneria del mio cellulare mi riportò alla realtà. Lo estrassi dalla tasca dei pantaloni, un messaggio.
- Tutti qui si chiedono che fine hai fatto. Che devo dire? - Kate. Faceva le mie veci da una vita, possibile che ancora non sapesse gestire quel branco di pazzi?
- Niente Kate, attieniti a quello che abbiamo concordato. Dì che tornerò presto. Fino a quel momento tieni tutto sotto controllo, mi raccomando. - Finisco di digitare il messaggio e premo invio. Neanche il tempo di rimettere al suo posto il telefono che arriva una sua risposta.
- Riguardo il nostro piano, come devo comportarmi? -
- Per il momento non fare nulla, ti dirò io cosa fare quando sarà il momento. Ti chiamo appena posso! - Invio nuovamente il messaggio e spengo il telefono. Non posso pensare anche alle paranoie di Kate, le voglio bene, siamo amiche dalla preistoria, ma deve imparare a cavarsela da sola, soprattutto perche' nè e' capace e poi dopo tutto un giorno passerà tutto nelle sue mani, meglio che cominci a fare pratica.
«Già gli manchi?» La voce allegra di Anna riempie l'abitacolo. 
«Cosa?» Replico confusa, avrò scambiato si e no quattro parole con quella donna e non nè ho capita mezza nel migliore dei casi. Fortuna che parla Italiano, figurati se parlava in Inglese...
«Ai tuoi amici, intendo.» I suoi occhi sono fissi sulla strada, ogni tanto sposta lo sguardo in mia direzione ma nulla di più. Tentenno nel rispondere, e' un argomento che vorrei evitare. «Sai, tua madre non ha tutti i torti nel dire che sei come tuo padre; stesso carattere, stesse espressioni, stesso modo di porsi...»
«Sai, non dobbiamo parlare per forza.» Affermo interrompendola. 
«Come vuoi.» Replica bonaria.
Regnò il silenzio per il resto del viaggio.
Arrivate a casa Anna mi mostrò la stanza che sarebbe poi diventata mia. Era accogliente, non era piccola ma neanche esageratamente grande. In essa prendevamo il proprio posto un armadio, affiancato da una cassettiera ed una finestra, nel lato opposto della stanza era posto il letto. E su una terza parete vi erano posti una scrivania, munita di computer, subito seguita da una seconda porta. Guardai Anna con aria interrogativa.
«Il bagno.» Spiegò, capendo subito a cosa fosse dovuta la mia espressione. «Ti lascio riposare un po', vado a preparare la cena. Ah, prima che me nè dimentichi, abbiamo ospiti a cena.» Mi informò prima di uscire dalla stanza e chiudere la porta alle sue spalle.
Ospiti. Occasione perfetta! Farmi rispedire in Italia sarà più facile del previsto. 



 
Angolo autrice:
Ciao a tutti! Eccomi qui con una fic tutta nuova, quest' idea mi e' venuta oggi per caso e mi e' piaciuta talmente tanto che ho deciso di pubblicarla sin da subito. Fatemi sapere che ne pensate!
Alla prossima settimana con un nuovo capitolo!
isa.
  
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