Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: Maty66    04/07/2013    1 recensioni
Ben e Semir hanno ripreso, dopo i fatti drammatici dei mesi passati, la loro vita normale. Le loro esistenze sembrano avviate verso una serena e gioiosa quotidianità, fatta di progetti e preparativi per il giorno più bello di Ben ed Anna. Ma nuovi eventi ed un vecchio nemico porteranno Ben al limite della propria disperazione personale e Semir a superare, forse, il limite della propria coscienza morale pur di salvare l’amico
Questa è la seconda parte della FF La paura e la fiducia. E' consigliabile aver letto la prima storia ma non strettamente indispensabile
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Intuizioni

Erano oramai passati tre giorni da quando avevano ritrovato la moto di Ben e Semir era  completamente disperato.
Non aveva neppure il benchè minimo indizio di dove cercare  l’amico. Sull’impianto freni dell’auto sabotata ovviamente non avevano trovato alcuna impronta, le tracce di pneumatici  accanto alla moto non erano identificabili, nessuno aveva visto niente… insomma non avevano nulla. Ed intanto il tempo passava. Semir  sobbalzava ogni volta che squillava il telefono nel terrore che qualcuno gli dicesse di aver trovato il corpo di Ben  in qualche fossato o in una discarica.

Mentre controllava per l’ennesima volta i file dei precedenti casi di Ben, Semir pensò che probabilmente non avrebbe più rivisto il compagno vivo e fu preso da una rabbia incontrollabile.. urlando scaraventò tutto quello che c’era sulla scrivania a terra e poi la prese a calci.

Dall’esterno dell’ufficio di Semir i suoi colleghi si spaventarono a morte. Jenny stava per precipitarsi dentro quando Susanne la fermò con un gesto “Lascia vado io”  disse bussando discretamente alla porta dell’ufficio. “Semir… tutto bene?” gli chiese la segretaria mettendo la testa nell’ufficio ormai ridotto ad un campo di battaglia. Semir si asciugò furtivamente una lacrima “Sì certo Susanne… scusatemi ora rimetto tutto a posto” “Ha chiamato il padre di  Ben, sta venendo qui” lo informò Susanne “Ok, grazie” le rispose l’ispettore  iniziando a raccogliere i fogli da terra e chiedendosi cosa poteva mai dire al vecchio Jager.


Konrad Jager non aveva mai pregato tanto in vita sua come in quei giorni. Anche quando sua moglie era morta, così  come nei mesi passati quando aveva pensato che anche il figlio fosse morto, aveva sì pregato, ma in realtà aveva comunque trovato la forza di rassegnarsi ad un destino avverso e crudele. Ma questo… non sapere dove fosse il suo bambino e cosa gli stesse succedendo senza poter fare nulla era oltre le sue  forze. Aveva persino pregato che qualcuno gli telefonasse per chiedere un riscatto, avrebbe volentieri venduto tutto, l’azienda, la casa, l’intero patrimonio per riavere Ben. Continuamente gli scorrevano in mente le immagini del figlio, i suoi sorrisi da bambino, meravigliosi ed in grado di sedurre chiunque, il carattere volitivo e ribelle, ed i violenti litigi che avevano caratterizzato tutti gli anni dall’adolescenza in poi.  “Forse ho sbagliato tutto con lui” pensò Konrad entrando nell’ufficio di Semir e sperando che non fosse troppo tardi per rimediare.

“Si accomodi sig. Jager” gli disse Semir quando vide Konrad spuntare dalla porta. Konrad entrò nell’ufficio e si sedette sul divano mentre Semir era  ancora intento a raccogliere da terra gli ultimi fogli. “Mi spiace sig. Jager ma non abbiamo novità” gli disse subito Semir togliendo al vecchio ogni illusione sul punto. “Capisco… e cosa facciamo ora?” chiese sommessamente il padre di Ben “Non lo so.. proprio non lo so” confessò Semir mentre sentiva nuovamente le lacrime agli occhi.
In quel momento l’attenzione di Konrad fu attratta da una delle fotografie uscita da un fascicolo sulla scrivania di Semir. “Alberto Maione…”  riconobbe il vecchio Jager “Sì lo conosce?” “Solo di vista, fa parte dello stesso studio associato del mio avvocato. Lui dice che dopo la morte del padre e del fratello è come se fosse  impazzito, non va più a lavorare e sembra totalmente alienato”  Semir sentì un campanello scattare nella sua testa; lui e Ben avevano visto solo una volta il secondo figlio di don Alfonso,  al Distretto quando era venuto a ritirare l’archiviazione della inchiesta sul padre ed il fratello. Semir solo allora ricordò lo sguardò con cui l’uomo aveva guardato Ben… freddo, gelido e forse… vendicativo
Congedò in fretta Konrad e corse alla scrivania di Susanne
“Susanne trovami tutto quello che abbiamo su Alberto Maione… in fretta” chiese ansioso   

“No Semir mi spiace non può convocare Alberto Maione, non c’è alcuna ipotesi di reato contro di lui, nulla che lo colleghi a Ben, come facciamo ad interrogarlo? Sulla base di una sua intuizione?” “Capo scusi se glielo dico, ma le mie intuizioni sono spesso esatte” le rispose Semir sempre più adirato “Questo è vero Semir ma, in ogni caso cosa crede che ci direbbe sapendo che comunque non possiamo trattenerlo? Si ricordi che comunque è un avvocato, conosce  perfettamente i suoi diritti”. “E che facciamo stiamo ad aspettare che ritrovino il corpo di Ben in qualche fosso? Alberto Maione è la nostra unica pista” le urlò addosso il piccolo turco “Semir, anche io farei di tutto per ritrovare Ben. Crede che io non sia preoccupata? Ma non dobbiamo perdere la lucidità”
Seguirono alcuni secondi di silenzio in cui Semir guardò Kim quasi con odio. “Va bene facciamo così capo, fino a domani sera sono in permesso” disse avviandosi furibondo verso la propria auto.
Kim non cercò nemmeno di richiamarlo. Sapeva bene dove stava andando e che non aveva alcuna possibilità di fermarlo.
 


Ben era seduto su di una panchina in riva ad un lago. C’era un bellissimo sole e faceva caldo. Ben si sentiva incredibilmente bene, non pensava a nulla, era completamente sereno sentendo il sole scaldargli il viso. Si girò ed accanto a lui sulla panchina c’era seduto Emanuel. “Cosa ci fai qui?” gli chiese Ben “Mi hai chiamato tu” rispose il vecchio “Ma dove siamo?” “In un tuo sogno” “E perché sto sognando proprio te?” “Perché tu vuoi così, i  nostri sogni li comandiamo noi” Ben rimase per un po’ in silenzio “Ho paura…” disse alla fine Ben ricordando  “Lo so. Ma tu hai la forza per superare tutto. L’hai dentro te stesso, l’hai sempre avuta, te l’ho già detto” “Ma ho paura…”  “Tu ce la farai…  non ti arrendere, devi solo attingere alla tua forza… la tua forza … la tua forza”

Ben si svegliò di colpo sentendo l’acqua gelida piombargli addosso. Aprì faticosamente gli occhi e si accorse che era  di nuovo steso sul pavimento umido. Gli faceva male praticamente tutto e non riusciva respirare se non in modo superficiale, le costole già ammaccate dagli infortuni dei mesi precedenti dovevano essersi rotte di nuovo. Aveva mani  e piedi legati; a fatica e tossendo  vide confusamente Maione in piedi di fronte a lui con ancora in mano il secchio con cui gli aveva gettato l’acqua addosso. Era già inverno ed in quella cantina faceva un freddo cane, Ben iniziò a tremare violentemente. Maione si accucciò vicino al giovane poliziotto e lo guardò compiaciuto “Sveglia… il pisolino è finito” gli disse sadico
Ben cercò di raddrizzarsi a sedere, ma ricadde sulle costole rotte e non potè fare a meno di lanciare un lamento. “Si può sapere cosa vuoi da me?” chiese mentre strisciava debole contro il muro per mettersi seduto  “Rivoglio la mia vita, ma a quanto pare non puoi ridarmela così ho deciso di prendermi la tua…” urlò Maione.
 “Tuo padre e tuo fratello si sono suicidati” Ben cercava di trovare un minimo di lucidità in quell’uomo. “Bene allora abbiamo ritrovato la memoria. Suicidati dici? Sai che scelta è stata data loro? O lo facevano da soli o l’avrebbero fatto loro. Hanno conservato un minimo di dignità. E tutto questo per colpa tua…” urlò ancora Maione “I tuoi parenti erano mafiosi, sapevano bene a che andavano incontro” rispose orgoglioso Ben
“Stà zitto!!” urlò Maione colpendo Ben con un violentissimo pugno. ”Mi prenderò tutta la tua vita… ho già iniziato con la tua ragazza, anche se devo dire che quello è stato un errore, ma meglio così, ho più tempo per divertirmi…” Ben guardò con occhi sbarrati Maione. Anna… l’aveva uccisa lui….
Una furia incontrollabile si impadronì di Ben che incurante del dolore si scagliò a testa bassa contro Maione. Ma era troppo debole e malconcio per fare granchè, con un calcio Maione lo  stese di nuovo al suolo ansimante. Poi estrasse un coltello dalla tasca e si  inginocchiò accanto al giovane “Vuoi fare il duro vero? Vediamo quanto lo sei davvero…” e con un colpo secco gli inflisse un profondo taglio al braccio sinistro. Ben urlò dal dolore e vide il coltello che si avvicinava minacciosamente al suo viso.

Proprio in quel momento un uomo chiamò Maione dalla porta “Capo devi venire subito sopra, è una cosa urgentissima…”. Maione si alzò, rimettendosi il coltello in tasca

“Che succede?” chiese furibondo uscendo dalla cantina  “Di sopra, alla porta, c’è uno della polizia”    

  
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